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Autore: RedLily    13/03/2009    3 recensioni
L’arcana isola di Pangea è afflitta da pestilenze, carestie e malefici: è la vendetta di un implacabile dio senza nome, alla spietata ricerca di un essere antico come l’universo. Ma lo spirito di questo essere è infuso nella creatura più dolce e adorabile di Pangea… una creatura per cui il giovane Luken sarebbe disposto a morire. Accompagnato dall’ostinatissima sorella Caleen, Luken è costretto a intraprendere un viaggio per proteggere la sua terra e i suoi affetti; il loro pellegrinaggio s’intreccia alle vite di Eredin e Hana, l’una una novizia maga, l’altra un’anima dal passato oscuro, entrambe coinvolte nella guerra contro il dio senza nome. Ma come fronteggiare un potere divino, che va al di là di qualunque umana immaginazione?
Genere: Romantico, Azione, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I. New Shores

 

Su. Giù. Su. Giù.

Mi sentivo sbatacchiata di qua e di là come un pettirosso intrappolato nella crudele morsa di un tornado. Cercavo di contrastare quelle forze mostruose, ma era tutto inutile: ero troppo debole per lottare contro una simile ondata di energia, e quella mi scagliava da tutte le parti per poi riagguantarmi e gettarmi di nuovo; ad ogni colpo, stilettate di dolore mi perforavano l’anima. Ciò che ero diventata… un’anima, uno spirito senza corpo, capace di soffrire ma non di difendersi… ciò che ero diventata mi spaventava. Se avessi avuto una bocca, avrei gridato, gridato con forza, fino a consumarmi per l’impeto stesso delle mie urla; però non avevo una bocca, e quindi languivo in silenzio, tormentandomi in muta agonia.

E poi fu il nulla.

Nulla, semplicemente: un Nulla freddo e incolore, odioso nella sua facilità. Nulla…

Infine ebbi un ultimo flash: un’isola, un’isola coronata da una sottile tiara di monti e attraversata da fitte macchie di vegetazione. Un’isola che andava avvicinandosi rapidamente, troppo rapidamente…

 

La nuova anima doveva essere caduta lì, da qualche parte; Merlino non sbagliava mai, quando si trattava di coordinate, ed Eredin sapeva bene quanto fosse puntiglioso.

Certe volte è davvero fastidioso con tutti quei suoi abracadabra, pensò la giovane donna scendendo agilmente dal proprio cavallo, ma il mio signore è un genio, su questo non ci piove.

Si guardò diligentemente attorno: il Lido d’Avorio era splendido, lambito da quel mare così limpido e con la sabbia che rifulgeva come una morbida distesa di fiamma argentea. La nuova anima aveva scelto un gran bel posto per atterrare.

Allora, dove sei, caro il mio Obiettivo?

Iniziò a camminare con circospezione sotto le alte palme che punteggiavano la spiaggia. Ovunque guardasse, lo scenario, per quanto magnifico, era sempre lo stesso: mare, sabbia, palme.

«Giovanni!»

Al suono del suo nome, il cavallo di Eredin si accostò alla padrona e le appoggiò il muso su una spalla.

«Fiuta, Giovanni» lo incitò lei. «Le anime appena cadute hanno ancora addosso l’odore degli oceani cosmici. Avanti, fiuta!»

Il cavallo allargò le froge e annusò cautamente l’aria. Attraverso il contatto con l’animale, Eredin ricevette un turbine di impressioni diverse – l’odore salmastro e pungente del mare, la delicata essenza della linfa di palma, il profumo dei fiori di pesco portato dal vento – ma niente di ciò che stava cercando.

Strano

Eredin si grattò la nuca, perplessa: che il Superbo, Eccelso, Ineffabile Merlino stesse perdendo colpi? Come aveva potuto sbagliare un calcolo tanto ordinario?

E ora? Eredin accarezzò distrattamente la guancia vellutata di Giovanni.

«Cosa possiamo fare, vecchio mio?»

Il cavallo la guardò con i miti occhi scuri, balenanti di azzurre scintille stregate, ed Eredin si decise.

Tornerò da Merlino e gli chiederò delucidazioni, concluse.

Era davvero strano, però; possibile che Merlino si fosse sbagliato? In tanti anni di noviziato, Eredin non l’aveva mai visto commettere un errore tanto banale come sgarrare le coordinate di un’anima.

Eredin balzò in groppa a Giovanni e ne strinse la criniera setosa; non usava le finiture, non con il suo fidato famiglio. Un lieve colpo di tacchi, e il cavallo prese ad avanzare lentamente sotto le foglie ombrose delle palme. Un altro colpetto, e Giovanni accelerò ad un trotto appena accennato.

Forse dovrei prendermi qualche giorno di riposo, meditò Eredin, ammirando il paesaggio rigoglioso e sfolgorante attorno a lei. Il Lido d’Avorio è davvero una favola… Potrei nuotare o rilassarmi al sole anziché passare le giornate col naso nei libri.

Sarebbe stato fantastico distendersi un po’, ma già immaginava la ferma risposta di Merlino: «I maghi non battono la fiacca, Eredin, grattarsi la pancia non rientra tra i nostri doveri»; e ovviamente avrebbe tirato in ballo tutti i suoi sentenziosi proverbi, “l’ozio è il padre dei vizi” e via dicendo e…

«Ehi!»

Eredin fermò di colpo Giovanni; laggiù, dietro quella bassa macchia di tamerici, le era sembrato di scorgere qualcosa… un riverbero, tipo. La novizia maga saltò giù dal cavallo e corse in mezzo alle tamerici: queste, per quanto rade, erano sufficienti a nascondere qualcosa di grandi dimensioni, qualcosa come un corpo umano…

Eredin scostò alcuni ciuffi verdognoli, e subito un sorriso astuto le increspò le labbra.

«Allora eri nascosta qui, eh? Ti eri mimetizzata ben bene, direi.»

Si chinò in avanti e, con forza sorprendente, afferrò l’anima sotto le ascelle e la tirò su: il corpo privo di sensi era piccolo e minuto, e le sue proporzioni, per quanto armoniose, erano quelle esili di una ragazzina.

Più sono giovani, più è facile che vengano attirate a Pangea, pensò Eredin ricordando le scrupolose lezioni di Merlino.

Quest’anima non era proprio una bambina, ma si trattava comunque di un esemplare molto giovane: poteva avere forse sedici o diciassette anni. Chiaramente apparteneva alla stirpe degli elfi nordici di Feyrial, come testimoniavano la pelle quasi trasparente, la vistosa tonalità argentea dei capelli e la logora tunica in pelle di berenoceto.

Al tocco delle mani di Eredin, le palpebre della creatura fremettero e un brivido le scosse la spina dorsale.

«Non preoccuparti» disse la novizia in tono amichevole, tirandola completamente fuori dalle tamerici. «Va tutto bene, sei al sicuro.»

Le classiche banalità da dire per tranquillizzare un’anima debuttante. Eredin la trascinò via dai cespugli e la caricò sul dorso di Giovanni, poi montò dietro di lei. Il pungente odore degli oceani cosmici le schiaffò in faccia una zaffata, e l’apprendista maga fece una smorfia: non si sarebbe mai abituata a quel lezzo alieno e amarognolo, anche se Merlino lo giudicava un raffinato profumo.

Bah…

Eredin arricciò il naso, quindi vinse la propria diffidenza e si chinò sull’elfa per assicurarsi che fosse ben assicurata al dorso di Giovanni; infine diede di sprone all’animale, e quello s’avviò verso casa, verso Fea.  

 

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È la prima fiction originale ke scrivo, per cui un po’ di comprensione ^-^”
Un ringraziamento speciale a Sixy, Ayumi Hamano, WaterGuardian e Iryael

  
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