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Autore: Le Jenni    12/01/2016    1 recensioni
ATTENZIONE: INTRODUZIONE MODIFICATA.
"...Sei un casino, insomma."
"E allora cosa ci fai ancora qui?"
"Sono qui perché piuttosto che avere una vita normale ma infelice, preferisco farmela incasinare da te."
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Cameron ha 18 anni, una famiglia perfetta, attira gli sguardi di tutte le ragazze ed è tanto affascinante quanto intelligente. Ma è arrogante, presuntuoso, e non vuole relazioni serie.
Dakota, invece, non ha amici e nasconde la propria tristezza dietro un sorriso sfacciato, che usa per difendersi da chi potrebbe farla soffrire ancora.
Ma all'improvviso tutto cambia.
La vita ha in serbo una brutta sorpresa per Cameron e, come un fantasma che torna a ricordargli che la felicità ha un prezzo, il destino gli porterà via la popolarità per la quale aveva compiuto tanti errori e sacrifici.
E' così costretto a rifugiarsi nelle braccia dell'unica persona con la quale si sia mai sentito veramente se stesso.
Ma Dakota sarà veramente pronta a lasciarsi tutto alle spalle, con il rischio di ritrovarsi nuovamente con il cuore spezzato?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Note dell’autrice…


Ciao a tutte!
Allora, da dove cominciare? Prima di tutto vorrei dirvi che mi dispiace davvero molto del fatto che nessuno abbia recensito lo scorso capitolo e spero che non accada anche per questo, altrimenti ci rimarrei malissimo. 
Come avrete notato, ho modificato l’introduzione della storia, per tentare di aumentare il vostro interesse nei confronti di quest’ultima. Non sono troppo sicura di esserci riuscita, ma incrociamo le dita. 
Questo penso sia uno dei capitoli più… “sereni” di questa storia. Diciamo che siamo arrivate al picco della felicità e purtroppo non potremo fare altro che ricadere, ma non vi anticipo nulla. Chi leggerà, vedrà! 
Nulla, spero mi facciate sapere cosa ne pensate e come sempre critiche e consigli sono accetti. Un bacione, 
Chiara.

 

Capitolo 4- La ruota panoramica. 

Qualche giorno dopo…


Driiiiing.
“Dakota, Cameron è già qui. Scendi o devo salire a prenderti io?” mi urla mia madre, dalla cucina. 
“Arrivo” rispondo, afferrando lo zaino posato sul letto e correndo rapidamente per il corridoio e poi giù, per le scale, rischiando di far cadere i quadri e le foto appesi alle pareti viola. 
Mia madre è sempre stato il tipo di persona che, qualsiasi cosa accada, deve fotografarlo. Per questo motivo la casa è tappezzata di foto di me da bambina, quando venivo lavata, quando mangiavo il gelato, la prima volta che sono salita su un’altalena e la prima volta che sono caduta in bici. Mi ha sempre dato fastidio questa sorta di ossessione, pensando che, perdendo tutto quel tempo per immortalare un momento perfetto, poi esso potesse perdere tutta la sua magica importanza. 
Arrivo alla porta d’ingresso con il fiatone. 
“Ti sei decisa finalmente” Cam è davanti alla porta, con quel suo sorriso fantastico. 
“Scusa, ho fatto fatica ad alzarmi dal letto stamane” lui scuote il capo
“Non fa nulla, ora però dobbiamo correre se non vogliamo perdere la prima ora” annuisco soffermandomi per un secondo su ciò che indossa, che consiste in una maglietta bianca, che si intravede dalla felpa, lasciata aperta sul davanti, di un blu acceso e profondo. Ha sempre avuto buon gusto nel vestire, ed è una cosa che mi fa impazzire.
Dopo essermi posizionata dietro di lui ed aver afferrato le maniglie della sedia a rotelle, cominciamo a percorre il tragitto che ci porterà a scuola. 
“Hai qualcosa di importante da fare, oggi?” mi chiede.
“A dire il vero no. Quella di italiano manca, quindi perdiamo due ore, poi per il resto nulla di che. Sono già stata interrogata in tutto, quindi posso stare tranquilla. Tu, invece?” 
“Stessa cosa” all’improvviso afferra le ruote della sedia, bloccandole ed impedendomi di proseguire. 
“Ma che…?” non riesco a finire la frase che lui, agile come una gazzella, fa voltare la sedia e si mette davanti a me
“Saltiamo?” chiede. Inarco leggermente le sopracciglia 
“Stai scherzando, vero?” domando, ma lui scuote il capo. 
“Dai, tanto non faremmo niente comunque” 
“Ma tu sei matto! Non ho mai marinato in vita mia e non ho intenzione di farlo proprio oggi. E poi, cosa faremmo tutto il giorno?” 
“Beh, le giostre sono aperte…” sussurra flebilmente. Spalanco la bocca
“Ti prego, dimmi che non sei serio” lui scuote la testa
“Sono serissimo invece. Non ho voglia di andare a scuola e poi voglio passare un po’ di tempo da solo con te” 
“Ma se siamo sempre insieme” esclamo
“Sì, ma questa volta sarebbe diverso” scuoto il capo, imperterrita. 
“Non ci pensare nemmeno. Non sono quel genere di ragazza” 
“Proprio per questo lo chiedo a te. Dai, solo una volta” mi implora “Non sei curiosa di provare l’eccitazione e la paura nelle vene?”
“No, grazie. Io passo” dico.
“Andiamo, D. Non sei stanca di essere sempre quella perfettina? Quella che tutti indicano come secchiona, o peggio, cocca della prof?” 
“Io non sono così.” sussurro flebilmente, sentendomi quasi offesa dalle sue parole.
“Lo so anche io che non sei così, ma fidati che appari in questo modo. E poi ti divertiresti un casino con me.” mi mordo l’interno guancia, indecisa. Lui allunga una mano e mi afferra un polso, strattonandomi. Mi ritrovo seduta sopra di lui, che mi sorride a 32 denti. I suoi occhi verdi sono tremendamente incantatori e so già che potrebbero convincermi a fare qualsiasi cosa. 
“Fallo per me” sussurra, a pochi centimetri dalle mie labbra. Sento una sua mano posata sulla schiena, che infonde calore in tutto il corpo, mentre l’altra spinge la mia sul suo petto. Il suo profumo m’investe come un’onda che si infrange sugli scogli, mentre mi aggrappo, per paura di poter cadere, alla sua felpa.
“Va bene” rispondo, quasi ammaliata dalle sue gesta. 


“Non mi sembra affatto una buona idea” dico, osservando la ruota panoramica
“A te tutto non sembra una buona idea. Andiamo, D, è solo una ruota, non puoi soffrire di vertigini” posso eccome, invece!
“E come faccio a metterti lì dentro?” 
“Ce la faremo, ce la facciamo sempre” lui mi guarda con il suo solito sguardo implorante ed io mi maledico di non sapergli resistere. Annuisco alla fine, ben sapendo che qualsiasi cosa dica troverà il modo per ribattere e lasciarmi senza via di fuga. 
Dopo essere saliti ed aver ringraziato un ragazzo per avermi aiutata a spostare Cam fino alla cabina, dalla sedia a rotelle, che viene poi piegata e poggiata ai nostri piedi, comincio a pentirmi di aver accettato tutto ciò. 
Appena la giostra comincia a muoversi, mi viene il panico e mi accanisco contro Cameron, seduto al mio fianco.
“Lo sapevo che non dovevo lasciarmi trascinare da te! Perché mi coinvolgi sempre in questo genere di cose?!? Lo sai che soffro di vertigini, cazzo. Non avrei dovuto seguirti, sarei dovuta andare a scuola e basta” lui non fa altro che ridere e la cosa mi dà solo sui nervi. Più saliamo e più la paura cresce, fino a quando Cameron non mi afferra per le spalle e mi fa voltare. 
“Guarda me, non giù” dice
“Sì, facile per te…” 
“Shh…” sussurra, prendendomi una mano ed iniziando ad accarezzarla. 
“Guarda me” continua “Guarda i miei occhi” all’improvviso tutto, le risate degli altri, le urla dei bambini, persino l’altezza, sembrano scomparire, per lasciare il posto alla visione di Cameron. Sento le sue dita che sfiorano delicatamente la mia mascella, per poi scorrere verso le labbra e seguirne il profilo. 
“Sei così bella…” lo sento sussurrare, quasi impercettibilmente, facendomi credere di essermi immaginata tutto. E’ così vicino a me che posso sentire il battito del suo cuore cadenzato, il suo respiro fresco che si mescola con il mio, il suo profumo pungente… I miei occhi scorrono dai suoi alle sue labbra, fino a quando non resisto più e faccio quello che da anni desidero fare, ma che mai, credevo, sarei riuscita a compiere. Poggio le mie labbra sulle sue in un casto e puro bacio a stampo, che lo sorprende. 
Faccio per allontanarmi quando lo sento sussultare, credendo di aver compiuto una mossa azzardata, ma la sua mano sul mio viso me lo impedisce, mentre anche l’altra vola dalla mia mano ai miei capelli. Mi afferra la testa dalla nuca e chiede con la lingua il permesso di entrare nella mia bocca. Permesso che non riesco a rifiutare. Gli accarezzo i capelli, mentre le nostre lingue si incontrano in una danza vecchia come il mondo. Li tiro leggermente, mentre una sua mano scende a massaggiarmi la schiena. Le nostre bocche si incontrano, giocano, si mordono per poi leccarsi, mentre il suo profumo mi invade le narici. Non riesco a pensare a niente, se non a lui e alle sue mani, che adesso mi stringono in una morsa i fianchi. 
La giostra che si ferma ci ricorda che non siamo soli. Quando ci stacchiamo, mi rendo conto di essere ormai, di nuovo, a terra. Siamo entrambi senza fiato, ma soprattutto senza parole. Decido di evitare di proferire qualcosa che potrebbe rovinare il momento idilliaco. Semplicemente mi alzo ed aiuto Cam a tornare sulla sedia a rotelle, il tutto nel più religioso silenzio. 
Non sapendo cosa fare, decido di fermarmi ad una panchina, poco lontana dalla ruota panoramica. Posiziono Cameron davanti a me, e mi siedo, rossa come un pomodoro maturo.
“Allora…” sussurra lui “E’ stato…” si blocca, cercando forse l’aggettivo più corretto “Interessante” conclude. Corrugo la fronte
“Interessante?” gli chiedo, stranita. 
“Sì. Insomma… Bello” si mordicchia le labbra, mentre mi scruta con attenzione, cercando di scorgere in me non so bene cosa. 
“Sì” annuisco. E di nuovo silenzio, che viene interrotto dopo un tempo che mi sembra infinito dalla sua risata. Vederlo così spensierato, dopo tutto quello che è successo, mi mette allegria.
“Perché ridi?” domando, sorridendo involontariamente. 
“Ho appena baciato la mia migliore amica” dice, come se fosse la cosa più esilarante del mondo. E ride, ride come se non ci fosse un domani. Mi sento quasi in imbarazzo di fronte al suo attaccato di ilarità, ma alla fine mi lascio prendere dal suo entusiasmo. La gente ci guarda e pensa probabilmente che siamo pazzi, ma non mi importa. 
Mi alzo dalla panchina e mi posiziono dietro di lui
“Dove vogliamo andare ora, signore?” gli chiedo. 
“Direi di tornare a casa, sono già la due” mi dice ed io insceno un piccolo broncio.
“Uffa, mi stavo divertendo” mi lamento.
“Che ti avevo detto io? Lo sapevo che ti sarebbe piaciuto. Dovremmo rifarlo”
“No, assolutamente no.” scuoto il capo
“Okay, okay. Vorrà dire che chiederò a qualcun altro di marinare la scuola con me, allora” 
“E a chi vorresti chiederlo?” domando, con un tono che tende all’indignato.
“Non lo so, a Coraline magari”
“Ah” rispondo solamente. All’improvviso tutta l’allegria e la gioia che mi hanno pervaso fino a questo momento scompaiono, per lasciare il posto ad una strana tristezza, arrivata da chissà dove e che mi mette addosso una certa inquietudine.
“Perché non parli più?” mi domanda 
“Cosa dovrei dire?”
“Non lo so, ma sono rari i casi in cui taci”
“Questo è uno di quelli, evidentemente” è incredibile come una sola sua frase possa farmi cambiare umore, perché è colpa sua se adesso sono quasi arrabbiata. E’ difficile per me ammetterlo, ma ormai sento crescere dentro di me la consapevolezza di temere di essere sostituibile, per lui. Il che mi spaventa a morte, perché non mi è mai capitato con nessun altro. 
Percorriamo il tragitto di ritorno, immersi nella vitalità della città, mentre i bambini si rincorrono e le madri parlano fra di loro di cose non ben identificate. Oggi è una splendida giornata e lascio che la mia pelle venga accarezzata dal sole, mentre, ogni tanto, mi guardo intorno constatando che la gente ci fissa, non essendo ancora evidentemente abituata all’idea di vedere una ragazza di 18 anni che spinge il suo migliore amico sulla sedia a rotelle. Mi chiedo come mai il mondo debba essere così vuoto e superficiale, quando, all’improvviso, Cam afferra le ruote, proprio come stamattina e inchioda la sedia. 
“Vieni qua davanti” mi dice. Io eseguo il suo ordine e mi inginocchio davanti a lui, fregandomene altamente di poter sporcare i jeans. Siamo suppergiù alla stessa altezza. Si avvicina a me, prendendomi il viso con le mani
“Ti sei offesa?” mi chiede. Scuoto il capo, abbassando il volto per evitare che i suoi occhi possano leggere nei miei ciò che la mia bocca non ha il coraggio di dire, ma lui mi afferra il mento e mi costringe a guardarlo. 
“Perdonami, stavo solo scherzando” annuisco
“Va bene” gli rispondo solamente. Il suo pollice comincia a percorrere la sagoma delle mie labbra, mentre i suoi occhi non si staccano da esse. 
“Me lo fai un sorriso?” mi domanda, con una dolcezza che credevo non possedesse. Gli sorrido, ma lui scuote il capo, quasi indignato. 
“Un sorriso vero, intendo”
“Cam…” sussurro “Quello che è successo prima, non dovrà accadere mai più” e mentre lo dico un groppo alla gola mi toglie il fiato. 
“Va bene” si allontana dal mio viso, mentre le sue labbra si contraggono in una linea dura. Ci è rimasto male, lo so, e mi dispiace molto, ma la parte razionale di me continua a ripetermi che ho appena svolto la parte dell’amante. Sì, perché Caroline sarà anche una stronza, ma è comunque la sua fidanzata e ciò che abbiamo fatto non è giusto nei suoi confronti. 
Ricominciamo a camminare
“Ho iniziato a leggere un libro che mi sta piacendo moltissimo” dico, cercando di intrattenere una conversazione con lui.
“Sì?” 
“Sì” e di nuovo silenzio. Sembra che per noi essere dei normalissimi amici sia impossibile. 
“Senti…” comincio a dire
“Non devi giustificarti” mi dice “So di non essere il tuo tipo” sbuffo, quasi irritata. Mi posiziono di nuovo davanti a lui
“Sai che non è questo, Cam” gli dico
“E allora cos’è?” mi domanda
“Sei fidanzato ed io sono contro i tradimenti” 
“Ma se odi Coraline!”  mi accusa
“Okay, ammetto di non provare verso di lei una profonda stima, ma non posso farlo lo stesso, perché poi i sensi di colpa mi divorerebbero” 
“L’hai già fatto, Dakota e non mi sembra che tu sia così disperata. La verità è un’altra” così non fa altro che rendere le cose ancora più difficili.
“E quale sarebbe?” 
“Tu hai paura di quello che provi per me, ecco qual è” scoppio a ridere. Una risata isterica, ossessiva, che nasconde le lacrime che in realtà vorrei versare in questo momento.
“Tu sei impazzito…”
“E invece è proprio così, D. E’ sempre stato così, fin da piccoli. Quello che senti verso di me, non lo proverai mai verso nessun altro e questo ti spaventa a morte”
“Che presuntuoso che sei. Mi fai quasi ridere…” 
“Io ti faccio ridere? Sei proprio una bambina Dakota” mi sorpassa e si allontana da me, spingendo con le mani le ruote della sedia. Io non faccio niente, rimango immobile, di schiena e fisso il vuoto. Questa storia comincia a sembrarmi sempre di più senza senso. 
   
 
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