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Autore: lawlietismine    13/01/2016    2 recensioni
C'era una volta– Tutte le belle storie iniziano con un “c'era una volta”, tutte quelle fantastiche, quelle da raccontare ai bambini prima che si addormentino, quelle storie che fanno sognare e che si allontanano fin troppo dalla realtà, creando illusioni che portano solamente delusioni, ma comunque, naturalmente, anche questa storia ha il suo “c'era una volta”.
Dal capitolo 2:
Per poco non gli sfuggì un grido esterrefatto, quando – addormentato ai suoi piedi – non trovò quel lupo dal manto nero e gli occhi verdi, ma un uomo, a vista poco più grande di lui, nudo, il corpo forte e atletico illuminato alle spalle dal camino acceso, il respiro calmo e i muscoli rilassati.
Stiles – fra tutte le cose che avrebbe potuto fare – si riscoprì a pensare che era bellissimo.
#werewolves are known #au
Genere: Mistero, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Si mordeva distrattamente il labbro da un po', lo sguardo fisso sull'interessante libro e un po' lucido, ipnotizzato, una bella sensazione di pace e di caldo, poi lanciò una veloce occhiata amorevole e dolce, quasi affezionata, all'animale che si era addormentato accanto a lui.
E non ce lo trovò.
Per poco non gli sfuggì un grido esterrefatto, quando – addormentato ai suoi piedi – non trovò quel lupo dal manto nero e gli occhi verdi, ma un uomo, a vista poco più grande di lui, nudo, il corpo forte e atletico illuminato alle spalle dal camino acceso, il respiro calmo e i muscoli rilassati.
Stiles – fra tutte le cose che avrebbe potuto fare – si riscoprì a pensare che era bellissimo.

Non riusciva a muoversi, il fastidioso formicolio alle mani iniziò a percorrergli le braccia, ed era semplicemente pietrificato, lo sguardo sconvolto era posato su quel volto sconosciuto, su quell'espressione beatamente addormentata, i capelli corvini che sulla fronte coprivano un po' gli occhi chiusi, le mani sotto la testa a mo' di cuscino, e aveva le labbra schiuse, Stiles sentiva il proprio respiro pesante e il battito così forte che gli pulsava nelle orecchie, impedendogli di ragionare lucidamente, la mente in totale tilt.
Perché quello non poteva essere reale, quel ragazzo era troppo bello e perfetto per essere umano.
Restò imbambolato a fissarlo, gli occhi castani sgranati e il sangue completamente concentrato sul suo volto, si sentiva andare a fuoco, mentre ripercorreva ogni lineamento di quel volto, ogni linea marcata, ogni ombra e ogni dettaglio, la barba accennata, fino a scendere inevitabilmente verso il basso, su quei muscoli che Stiles non pensava potessero esistere su nessun essere vivente, perché quel ragazzo sembrava in tutto e per tutto una statua greca, era per certo un adone, e il petto nudo si alzava e abbassava in un ritmo magnetico, ammaliante, che gli rendeva impossibile distogliere lo sguardo.
Deglutì a vuoto, risalendo fino al volto, il respiro sempre più pensate, gli occhi socchiusi e il battito accelerato, e sentì un incessante bisogno di toccare quel corpo, magari con le proprie labbra...
E poi un'agghiacciante consapevolezza lo travolse: il ragazzo era un licantropo, un licantropo che poteva diventare un vero lupo.

Stiles si ritrovò in piedi prima ancora di rendersene conto, il libro antico cadde a terra con un rumoroso tonfo e lui non se ne curò, corse senza fiato verso la porta, tremando incondizionatamente dalla testa ai piedi senza un serio motivo, ora il sangue era completamente defluito dal suo viso: non capiva – ma in quel momento non riusciva nemmeno a pensare a una cosa del genere – cosa lo spaventasse tanto, lui conosceva dei licantropi, anche se non si trasformavano in lupi, e inoltre se quello l'avesse voluto morto, a quel punto era certo che lo sarebbe già stato, aveva avuto molte possibilità di ucciderlo.
Realizzò che aveva avuto ragione sull'umanità che aveva visto in quegli occhi e si sentì crollare nel realizzare che quindi valeva lo stesso anche per la rabbia e la tristezza che vi aveva letto.
Allungò disperatamente una mano per aggrapparsi allo stipite e darsi una spinta per scattare più velocemente verso l'uscita, facendo una confusione da incosciente per la situazione in cui si trovava, ma incapace di controllare se stesso e il suo corpo, quando una mano lo afferrò per la canottiera sulla schiena e lo sbatté poi brutalmente contro la parete accanto alla sua unica via di fuga, Stiles non sentì neanche il dolore provocato dallo scontro del suo petto con il muro, non riusciva a fare assolutamente niente se non tremare e boccheggiare.
Un brivido gli percorse la schiena nel sentire un respiro caldo sulla nuca, labbra che gli sfioravano la pelle sul collo.
Stava tremando senza controllo, la mente in panne, il corpo schiacciato fra la parete e il licantropo, il cui ringhio basso e furibondo scaturito dritto vicino al suo orecchio, gli fece gelare il sangue nelle vene e strabuzzare gli occhi.
La sua testa era semplicemente vuota, per quanto avesse quel corpo nudo praticamente premuto contro la sua schiena, o per quanto un licantropo stesse letteralmente per strappargli la gola con i suoi stessi denti, la sua mente era vuota, non riusciva a pensare, non riusciva a muoversi, non riusciva neanche a parlare.
“Non dirò nulla!” quasi strillò, cercando inutilmente di alzare le mani a mezz'aria in segno di resa, e il ragazzo dietro di lui lo strattonò di nuovo, per poi fargli colpire ancora con il corpo la parete e ringhiargli contro ancora più forte.
Che poi, si disse, cosa avrebbe dovuto dire? Era già impossibile per lui crederci, nessuno gli avrebbe dato retta se avesse detto che per due volte si era ritrovato chissà come in una casa abbandonata, che pareva autogestirsi per magia e in cui si trovava un lupo che però non era un vero e proprio lupo: certo, gli avrebbero creduto tutti.
“Non uccidermi” piagnucolò supplichevole, stringendo gli occhi pronto a qualsiasi tortura l'altro stesse programmando, e sperò davvero di risultare abbastanza pietoso da fargli capire che non ne valeva sinceramente la pena.

Il licantropo dietro di lui lo lasciò andare all'improvviso a quelle parole, lo liberò di scatto e – dopo qualche secondo – si discostò, indietreggiando per allontanarsi da lui: Stiles non osò girarsi per guardarlo, sentiva il suo stesso respiro mentre boccheggiava in cerca d'aria, il cuore che per poco non gli esplodeva nel petto, gli occhi spalancati che puntavano la parete senza neanche vederla ed era ancora scosso da qualche brivido di troppo, ma percepiva lo sguardo fisso su di sé, sulla sua schiena tremolante quanto le gambe, lo sentiva trapassarlo, studiarlo, e se una parte di lui voleva letteralmente scappare da lì, un'altra – quella più folle – voleva voltarsi e affrontarlo.

Azzardò un'occhiata oltre la spalla, cercando di non essere notato – ma quello dietro di lui era un licantropo, dannazione, non poteva non notarlo – e lo trovò come se lo era immaginato, in piedi a fissarlo con quel solito sguardo profondo e inquisitorio, le braccia lungo i fianchi e la schiena dritta, poi, come se si fosse dimenticato di quel piccolo e insignificante dettaglio, gli occhi per caso gli scivolarono lungo tutta la sua figura e semplicemente avvampò, imbarazzato e attratto allo stesso tempo, perché, diamine, come aveva fatto la sua testa a mettere da parte il fatto che era nudo? Un fatto di primordiale importanza, ora che lo vedeva cosciente e in piedi.

“Oh mio...” si fermò da solo perché non sapeva come far diventare parole i suoi molteplici pensieri in quel momento -ma, poi, esistevano delle parole per descriverlo? Andava tutto oltre la sua esperienza umana- e alzò istericamente le mani in aria, facendo ripetutamente per voltarsi verso di lui ma ripensandoci ogni volta, perché era rosso fino alla punta delle orecchie e in ansia.

La situazione si era trasformata da assurda in generale ad assurdamente imbarazzante, e Stiles era certo che il licantropo – Erica glielo aveva fatto notare più volte, prendendolo in giro – stesse già capendo ogni singola emozione che stava provando: una parte di lui non avrebbe voluto fargli sapere che era un po' spaventato, un'altra avrebbe voluto solamente sotterrarsi.

“Senti... Magari potresti vestirti e potremmo ragionarne da persone civili, no?” sbottò all'improvviso, prendendosi la testa tra le mani per nascondere inutilmente il rossore, senza smetterla di dargli le spalle, e poi aggiunse in modo frettoloso un “o puoi anche non vestirti, se non vuoi, in fondo è il tuo territorio”, pentendosene subito dopo: a volte odiava il suo non riuscire mai a stare zitto, doveva sempre dire la cosa sbagliata nel momento sbagliato, ecco perché finiva sempre nei casini peggiori.
“Naturalmente non volevo dire che... Cioè, tu...” balbettò e – se solo avessero potuto – le orecchie avrebbero iniziato a fumare per la temperatura elevata che il suo corpo stava raggiungendo.
“Perché insomma–” l'ennesimo ringhio basso interruppe bruscamente il suo monologo e – come se quello avesse risvegliato tutto il suo coraggio dormiente – Stiles si voltò di scatto, senza preavviso né logica, testa alta, lo sguardo stralunato e le guance quasi viola per la vergogna, braccia strette al petto quasi a farsi da scudo.

Poi allungò istericamente una mano in avanti verso l'altro – che continuava a fissarlo allo stesso modo, forse maggiormente dubbioso – e “Stiles, io sono Stiles” farfugliò, prima di deglutire a vuoto: quando capì che il ragazzo spaventoso e dannatamente bello non gli avrebbe concesso quella gentilezza, che non avrebbe ricambiato, ritirò la mano e iniziò a torturarsela distrattamente con l'altra.
“Va bene, almeno puoi spiegarmi cosa sta succedendo?” borbottò indispettito, perché, insomma, almeno quello glielo doveva! O forse no... “che problema ha questa casa? Sono sicuro al novantanove percento che non sia normale ed è inutile che mi guardi così, sai, perché – che tu ci creda o meno – non sono stato io a venire qui di mia spontanea volontà!”
Il ragazzo sconosciuto inarcò sorpreso le sopracciglia, perché Stiles sembrava esser passato in un batter d'occhio dall'essere un cucciolo impaurito a essere decisamente più sicuro e padrone di sé, partendo logorroico a rinfacciargli la cosa con fare saccente, un dito puntato minacciosamente contro di lui e lo sguardo di chi era ovviamente dalla parte della ragione.
“No okay, non ti arrabbiare” tornò subito al suo posto, alzando le mani arrendevole “forse dovremmo semplicemente far finta che non sia successo niente e me ne andrò molto lentamente...” iniziò a muoversi di lato verso la porta, senza distogliere lo sguardo da lui e senza abbassare le braccia “...e sarà come se non avessi mai visto niente”
Fu Stiles stavolta a sorprendersi, quando il ragazzo fissò ripetutamente la porta e lui, prima di scattare in avanti e afferrarlo malamente per un braccio per tirarlo via con un ringhio d'avvertimento: quando lo lasciò andare, Stiles dovette fare mille acrobazie per non cadere rovinosamente a terra e si ritrovò scambiato di posto, ora l'altro stava fra lui e la porta e lo guardava con rimprovero e qualcos'altro che Stiles non riuscì bene a classificare, perché no, era impossibile che fosse preoccupazione, apprensione?, proprio impossibile, insensato.
“Okay! Okay” e tornò in posizione arrendevole, un po' sottomessa, per fargli intendere che non voleva davvero innescare una discussione in cui lui ne sarebbe sicuramente uscito ammaccato, per non dire morto, e l'altro parve calmarsi un po', rilassò le spalle e il suo sguardo cessò di apparire perlopiù minaccioso: Stiles non sapeva più seriamente cosa fare, perché una parte di sé si sentiva irrimediabilmente attratta dal ragazzo che aveva davanti, un'altra temeva per la propria incolumità e un'altra, invece, si sentiva irragionevolmente e completamente a proprio agio, come se fosse una cosa normale, pura quotidianità, un'abitudine piacevole. Gli veniva da ridere, non sapeva bene però se di sé o se della situazione in generale.
Poi il licantropo spostò lo sguardo da lui all'angolo lettura in cui si erano messi insieme prima, poi tornò su di lui e Stiles si sorprese ancora di più quando gli venne in mente che forse gli stava dicendo di tornare a fare quello che stava facendo prima che scoppiasse il caos totale, ma lui non riuscì a muoversi neanche di un passo, si sentì ancora completamente pietrificato sul posto, incapace di ordinare al suo corpo di spostarsi.
Poi, inaspettatamente, quello si avvicinò lievemente verso di lui e “Derek” disse piano e un po' brusco, corrucciato, distogliendo velocemente lo sguardo dal suo, e quando Stiles – con gli occhi vispi pieni di stupore – si mosse e fece per ribattere chissà con che cosa, Derek indietreggiò a sparì rapidamente dalla stanza: l'unica cosa che Stiles riuscì a vedere prima che quello lo lasciasse da solo, fu la sua schiena nuda e il tatuaggio impresso sopra.

 


Stiles era in piedi davanti all'ingresso di casa sua, immobile e occupato a fissare il vuoto, quando Scott aprì la porta con il suo personale mazzo di chiavi e sobbalzò spaventato nel trovarselo lì di fronte senza preavviso – per poco non gli caddero i due cartoni di pizza e la busta con le lattine che aveva fra le mani – facendolo risvegliare dal suo stato di assoluta distrazione.
“Amico, vuoi farmi morire d'infarto per caso?” disse, cercando di riprendersi.
Stiles lo fissò senza davvero vederlo, gli occhi spalancati e la bocca socchiusa, fastidiosamente confuso, perché, per la miseria, fino a un attimo prima stava parlando con Derek e adesso che diamine stava succedendo? Non aveva la più pallida idea di come fosse finito in quella che riconobbe essere casa sua, né di quanto tempo fosse passato, né tanto meno di cosa fosse successo: aveva un vuoto immenso in testa, si sentiva stordito e semplicemente fuori tempo, come se – per chissà quanto o come – la sua mente avesse subito un blackout totale, come se si fosse appena risvegliato da uno stato di trance.
Erano trascorse ore? Secondi? Era almeno accaduto davvero? Gli vennero i brividi pensando che potevano essere passati giorni, perché lui davvero aveva perso totalmente la cognizione del tempo, non sapeva spiegarsi come dall'essere in piedi davanti a quel misterioso ragazzo, adesso invece stesse affrontando lo sguardo confuso e preoccupato di Scott: tempo un battito di ciglia e poi era stato come risvegliarsi bruscamente dal sonno, ma non mentre si è al sicuro a letto.
Questa cosa iniziava a essere preoccupante, come se stesse perdendo inspiegabilmente il controllo di sé. Non aveva memoria di niente dopo Derek che si allontanava da lui. Ma, in fondo, era successo davvero? Questo, invece, stava accadendo realmente o no?
“Stiles?” il richiamo del suo migliore amico gli arrivò ovattato, lontano, mentre lui sentiva il cuore palpitare frenetico, la testa girargli, e – con un tremendo senso di nausea, annaspando come se stesse soffocando – capì che gli stava prendendo un attacco di panico, il resto diventò tutto sconnesso: Scott che lo afferrava, che lo chiamava continuamente a gran voce, portandolo verso il divano, i cartoni di pizza che cadevano malamente a terra.
Niente, Stiles non riusciva a capire più niente, né a concentrarsi, né a ragionare, tanto meno a calmarsi, perché stava perdendo la testa, lo sentiva, non riusciva più a capire se fosse tutto un sogno o no, se stesse impazzando o se ci fosse qualcosa sotto, perché il pensiero di non riuscire a ricostruire quel vuoto temporale nella sua testa, lo faceva tremare di paura e frustrazione.
Magari stava esagerando, magari ne stava facendo un dramma e forse avrebbe soltanto dovuto tranquillizzarsi, mettersi da una parte e ragionare lucidamente: per due volte si era ritrovato in un luogo che non sapeva nemmeno collocare su una dannata cartina geografica, ma che probabilmente era lì a Beacon Hills – ma ne era certo? Lui conosceva benissimo la riserva eppure non l'aveva mai visto prima – e poi c'era il lupo, che non era un lupo, e che si chiamava Derek e poi si era risvegliato per tre dannate volte senza sapere niente di cosa gli stesse succedendo e in posti che non aveva idea di come avesse raggiunto.
Stava impazzando e se non fosse morto lì nel bel mezzo di quel catastrofico e incontrollato attacco di panico, l'avrebbe fatto magari in un altro stupido momento in cui la sua mente pareva sconnettersi e agire a modo suo, senza lasciargli neanche l'ombra di un ricordo.
“Stiles calmati, respira” Scott continuò inutilmente a richiamarlo, gli portò dell'acqua che lui non prese, gli si sedette accanto e gli parlò con un tono pieno di preoccupazione – perché dannazione, era da molto che non si trovava in quelle condizioni e lo sapevano entrambi – senza che però lui capisse cosa stesse dicendo.

Ma, per la miseria, la prima volta è un caso, la seconda è una coincidenza, ma la terza volta, beh, la terza volta è destino. E Stiles non sapeva se sperare in una terza o se convincersi che fosse stata tutta una dannata e irripetibile coincidenza.

 


Passarono tre interi giorni, prima che Stiles si ritrovasse di nuovo di fronte a quella casa abbandonata, per la terza volta, mentre un lupo dal manto nero e gli occhi rossi lo osservava silenziosamente di nascosto oltre il vetro di una finestra.




 




Angolo della pazza: 
Okay, okay, non so nemmeno se essere fiera di me o no, perché il tempo che passo a scrivere dovrei passarlo a studiare! ç.ç    
Scrivere questo capitolo è stato più difficile di quanto mi aspettassi, sinceramente, e se non mi fosse venuta l'illuminazione divina fra ieri sera e stamani, probabilmente avrei aggiornato fra un bel po'. 
Ero partita tutta carica, sicura di voler parlare dell'incontro ufficiale fra Derek umano e Stiles e poi nada, vuoto totale. 
Btw, alla fine ce l'ho fatta: stamani sono rimasta a casa perché a scuola avevo assemblea, perciò ho fatto tutto tranne che scrivere e studiare (damn), fino a quando non mi ha colpito in faccia l'ispirazione e... ho finito il capitolo.
Non aggiungo altro, non so davvero come commentare quello che ho scritto! 
Grazie mille a fange69 per avermi lasciato un pensiero e grazie mille anche al numero crescente delle persone che mettono la storia fra le preferite/seguite/ricordate.
Spero vi sia piaciuto il capitolo ^^ fatemi sapere cosa ne pensate. 
Alla prossima, 
Lawlietismine 
  
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