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Autore: _Tenshi89_    14/03/2009    2 recensioni
*Postato cap. 47!*
Per tanti anni mi sono detta che quella gente doveva morire. Per tanti anni mi ero giustificata dicendo che qualcuno doveva pur fermarli.
Balle. Tutte balle.
Io ero un’assassina.
Ero la più perfetta delle macchine per uccidere, in fondo. Un predatore micidiale.
Ho sempre avuto la pretesa di giudicare quella gente perché seguiva un folle ideale, ho sempre preteso di dire che loro erano la feccia, che io ero nel giusto. Era giusto per me vederli morire uno per uno, con il terrore marchiato per sempre nei loro occhi.
Se è vero quel che si dice, che l’ultima immagine vista in vita rimane per sempre impressa negli occhi, loro vedranno me per l’eternità.
Li uccisi tutti. Come loro avevano fatto con la mia famiglia; li avevo uccisi perché erano delle persone malvagie, avevano fatto soffrire tante persone innocenti. Avevo messo finalmente fine a quei massacri assurdi.
Erano i cattivi.
Ma io ero forse migliore di loro?

Gli errori si pagano, sempre.
Ma le conseguenze non sono sempre facili da affrontare...
Questa è la storia di Elian.
Una storia di odio, una storia di amore.
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Lemon | Avvertimenti: Spoiler!
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***















Caspita. Non avevo mai visto niente del genere. Edward gongolò nel sentire i miei pensieri. «E’ straordinaria». Guardavo quella meraviglia nascosta dietro alle ginocchia della madre, e non riuscivo a credere che quella fosse davvero una bimba reale. Possibile che fosse nata appena due anni prima?
Lei mi restituì lo stesso sguardo curioso di prima, senza parlare. Mi piegai sulle ginocchia, e le rivolsi un sorriso. Lei ricambiò, e fece per avvicinarsi a me, senza timore. Si muoveva con una grazia degna di un cigno, e, quando fu a pochi centimetri da me, si fermò. Tese le piccole mani verso il mio viso, e ricordai quello che mi avevano detto a Denali, sul modo di comunicare della bambina. Le feci un gran sorriso, e chiusi gli occhi, aspettando pazientemente.
Quando mi mise le mani sulle tempie, un fiume di immagini colorate, nitide e distinte mi invase la mente.
Vedevo Edward e Bella in un luogo che non conoscevo, sembrava una piccola abitazione di pietra; poi, un piccolo letto in ferro battuto, all’interno di una luminosa camera con il pavimento di legno chiaro.
Sorrisi. Mi stava mostrando alcune cose della sua vita. «E’ la tua cameretta? E’ davvero molto carina». La sentii ridere, e le immagini cambiarono.
Vidi un ragazzone alto e scuro che correva nella foresta, lo vedevo ridere e giocare con lei; non lo conoscevo, ma percepivo chiaramente l’affetto profondo che li legava. Vidi i volti di tutti i presenti, momenti di vita quotidiana; poi un altro volto che non conoscevo, un uomo dai capelli scuri, stempiato, con una divisa da poliziotto, che rideva beato tenendola in braccio.
Poi, nuovamente, mi mostrò Edward e Bella; sentivo chiaramente quello che le stavano dicendo, parlavano di me.
«Vuole mostrarti che ti conosce», disse Edward sorridendo. «Le abbiamo parlato di te, e lei vuole che anche tu sappia qualcosa di lei».
«Lo vedo, lo vedo», dissi a mia volta ridendo, «ho visto molte cose di te, piccola. Sono contenta di conoscerti finalmente».
Aprii gli occhi, e vidi il visetto di Renesmee illuminarsi in un sorriso.
«Anche io, zia Elian». Zia Elian. Che carina! Era la prima volta che la sentivo parlare, aveva una vocina piccola, dolce, come il canto di un usignolo. Quella bimba aveva stregato anche me.
Spostai lo sguardo su Edward, che lesse la domanda nella mia mente.
«E’ il padre di Bella l’uomo in divisa che hai visto». Lesse lo stupore nel mio volto, e mi girai immediatamente verso Bella. Edward mi anticipò. «Non sa niente, non ha voluto», disse con un’alzata di spalle, «si accontenta di sapere il meno possibile, e in più è pazzo di Renesmee».
Guardai Bella, che guardava adorante la sua bambina. «Sei davvero molto fortunata, non c’è che dire». Mi rivolse un sorriso luminoso. «Lo so Elian, lo sono davvero».
«Un’altra cosa», dissi, ripensando alle immagini che avevo appena visto, «chi è lui?».
Riconobbi, a pochi passi da Renesmee, il ragazzone bruno che avevo visto nei ricordi della bambina. Era gigantesco, molto più grande di un normale essere umano, i capelli e gli occhi neri, le robuste braccia incrociate sul petto immenso. Guardava la piccola con un misto di amore e venerazione, uno sguardo diverso da quello dei genitori, molto, molto più intenso. E non ne capivo la ragione.
Senza contare il dettaglio più importante, il fetore che avevo sentito appena messo piede nella casa, adesso ne ero sicura, proveniva indubbiamente da lui. E gli esseri umani non avevano quell’odore.
Fu Bella a parlare. «Lui è Jacob, ed è un nostro caro amico», disse tranquilla.
Il ragazzo di nome Jacob alzò riluttante gli occhi verso di me, gettandomi un rapido sguardo. «Cia’», disse a malapena, e tornò a fissare Renesmee. C’era qualcosa di strano, e continuai a fissare il ragazzone chiamato Jacob con sguardo interrogativo.
Edward lesse il dubbio in me, e soffocò una risata. «Elian, è tutto a posto».
Appunto. C’era decisamente qualcosa che non andava.
«Ragazzi, cosa mi sono persa?».



***



  
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