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Autore: Ilary90    14/03/2009    3 recensioni
Mi strinse ancora di più a sé mentre io sentivo una gran voglia di piangere, come faceva a sapere che ero sola? Che avevo una gran voglia e un gran bisogno di affetto? E soprattutto, come era riuscito a levarmi la maschera, così velocemente senza che mi accorgessi di nulla? Lo strinsi a mia volta, forse la mia vita stava cambiando, forse ogni singola cosa sarebbe stata migliore, forse lui era la mia risposta. Troppi forse e nessuna certezza ma stavo iniziando a fidarmi davvero, lui mi capiva, lui era come me, lui... lui era...
Genere: Romantico, Triste, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Ryo Shirogane/Ryan
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Sono stata una stupida ad avvicinarmi a te, a voler scoprire ciò che in realtà non eri, a voler vedere in te un'anima buona, nonostante non ti conoscessi affatto. Ricordo che quando ci incontrammo bastò un tuo sguardo per farmi capire, o illudere, che tu fossi un angelo e di questa mia illusione mi innamorai anche se inconsapevolmente. Fu il mio più grande sbaglio.

Come ogni giornata stavo tornando a casa da scuola, sperando di non incrociare qualche malintenzionato, tenevo sempre lo sguardo concentrato, l'udito attento ad ogni possibile rumore pericoloso, pronta a scattare in caso di necessità e allontanarmi da ogni pericolo, per quanto potessi. Fu quel pomeriggio che incontrai il gruppo di teppisti più pericoloso del quartiere.

-Ma ciao bella, vieni qua, fatti abbracciare-

Mi disse uno di loro, strattonandomi a sé, facendo cadere la mia cartella al suolo. Sentivo chiaramente la sua mano sulla mia schiena, sotto la maglietta. Il peggio fu quando si avvicinò ancora di più e allora sentì perfino il suo membro premere contro la mia femminilità, fu orrendo. Urlavo, certo che urlavo, cercavo di divincolarmi ma cosa potevo fare io? Piccola e indifesa non potevo fare altro che subire, nessuno sarebbe venuto in mio soccorso, nessuno..

- Michael smettila dobbiamo andare-

-Shirogane mi stavo solo divertendo, 'sta tipa è eccitante guarda come si agita-

Mi mise una mano sotto la gonna e in quel momento non so con che forza, ne con quale coraggio, ma gli tirai un calcio. Neanche immaginavo in che guai mi ero cacciata, ma presa dalla paura non feci altro che scappare, allontanarmi il più possibile, dimenticando la cartella là, nel punto preciso in cui l'istante prima era caduta. Quando mi accorsi di averla lasciata in quel luogo mi imposi di andarla a recuperare, sempre ammesso che quei ragazzi se ne fossero andati, fatto sta che quando arrivai la trovai esattamente nel punto di prima, una strana allegria mi pervase, in quella cartella vi erano tutte le informazioni necessarie per potermi rintracciare, nome, cognome, indirizzo, numero di telefono, nel diario avevo scritto tutto ciò, se uno di quei ragazzi ne fosse entrato in possesso sarei stata in guai più grossi di quelli che potevo immaginare. Credevo di averla scampata, di avere avuto fortuna, ma ben presto imparai che la fortuna è cieca, non vede chi ha bisogno di lei.

Le giornate seguenti furono calme, o meglio calme nella loro normalità, continuavano le risse, i furti e tutto il resto, ma di quei ragazzi neanche l'ombra e questo mi sollevava si, sentivo che tutto era come sempre, non vedevo nemmeno lontanamente un possibile nuovo incontro con quei tempisti, anche perché in quel caso sarei corsa via ancora prima che mi potessero riconoscere, o almeno così credevo. Credevo di non essere più spaventata fino a quando..

Il telefono suonava, certo che strano, non era certo l'orario di ricevere telefonate, erano quasi le due di notte! Feci una fatica assurda ad alzarmi dal letto, inizialmente preferii non andare a rispondere, ma visto che insistevano optai per mandare a quel paese colui che avesse osato far squillare l'oggetto in questione a quell'ora, senza contare che entrambi i miei genitori erano fuori casa, quindi dovevo andare a rispondere per forza io. Ma quando alzai la cornetta non sentì nulla, solo dopo aver ripetuto Pronto? iniziai a sentire un soffio, prima leggero ma che divenne sempre più forte, fino a diventare addirittura fastidioso. Allontanai immediatamente il telefono dall'orecchio, chi poteva fare uno scherzo così idiota? Soprattutto a quell'ora. Pensai a qualche bambino, si ma i bambini a quell'ora dormono e allora chi poteva essere? Alle due di notte tutti dormono, vero?

Il dubbio rimase, perché a quella domanda non ebbi risposta, o almeno non tanto presto.
Dopo quello strano avvenimento feci fatica a riaddormentarmi, non sapevo perché, ma sentivo paura e di conseguenza tenni gli occhi serrati tutta notte. Il mattino seguente infatti fu ancora più faticoso alzarmi e sul banco di scuola non feci altro che dormire. Al mio risveglio certo non mi aspettavo di trovarmi il professore di fronte. Mi diedi della stupida, gli altri erano già usciti e probabilmente da un bel po', presa in pieno!

-Buongiorno, dormito bene?-

Lo sguardo serio, troppo serio, gli occhi di un uomo che vuole imporre paura e che sa che basta davvero poco per raggiungere il suo obiettivo, troppo poco. Mi fece andare in presidenza dove, oltre alle sue, dovetti subirmi anche le prediche del preside. Disciplina, responsabilità, studio loro volevano questo, esigevano da me questo, ma ancora oggi mi chiedo: a cosa servono se poi ci si ritrova sempre e comunque spalle al muro?

Per punizione dovetti fare ben tre ricerche, questo mi aiutò a non pensare e a concentrarmi solo su di esse, considerando che avrei dovuto consegnarle proprio il giorno successivo, ma ahimè certi libri proprio non erano alla mia portata, essendo posti troppo in alto senza l'aiuto di qualcuno non sarei mai e poi mai riuscita a prenderli e mentre mi alzavo sulle punte dei piedi, mentre cercavo di arrivare ad essi con un piccolo salto vidi una figura che, preso il libro in questione, me lo porse.

-Cercavi di prendere questo?-

Mi voltai per rispecchiarmi in due splendidi occhi celesti, limpidi come solo il cielo senza nuvole sa essere, coronati da un bellissimo sorriso stampato sulle sue labbra, quella voce apparteneva ad un bellissimo ragazzo. Non so per quanto rimasi a fissarlo, ma deve essere stato diverso tempo, perché dopo un po' iniziò a guardarmi con aria interrogativa ed io come una stupida balbettai un qualcosa prima di dire un semplice si, grazie , per poi prendere in mano l'oggetto di mio interesse e vedere lui voltarsi e andare via, ammirando i suoi incredibili capelli dorati. Chi era? Non l'avevo mai visto prima di allora e che fare gentile, non tutti avrebbero fatto lo stesso, anzi probabilmente si sarebbero messi a ridere alla scena di una ragazzina che cerca di prendere un libro posto troppo in alto per lei, lui invece mi aveva aiutata senza che io chiedessi niente. Si, mi ero autoconvinta che fosse proprio un bravissimo ragazzo, di quelli che come lui pochi ne erano rimasti. Imparai ben presto anche un altra grande lezione: mai giudicare dalle apparenze.

Quel giorno tornai a casa distrutta, non cenai nemmeno, mi limitai a raggiungere la mia camera, buttarmi sul letto e sprofondare in un sonno più tranquillo del normale.

Il giorno dopo mi aspettava una altra grande scoperta, certo non immaginavo di ritrovarmi quel ragazzo a scuola, e invece scoprì che frequentava la quinta del mio stesso liceo, avessi avuto due anni in più saremmo stati compagni di classe, ma solo il fatto di sapere che avrei potuto vederlo in qualsiasi ora scolastica mi faceva stare bene, anzi mi faceva addirittura apprezzare la scuola! Assurdo, neanche conoscevo quel ragazzo eppure, nonostante tutto, già ne ero affascinata, che stupida, se avessi anche solo immaginato chi lui fosse non avrei mai..
Non appena lui si accorse della mia presenza nelle terze mi si avvicinò salutandomi, quella conversazione mi parve la più lunga di tutte quelle che avevo affrontato fino a quel momento, forse perché i protagonisti di quello scambio di conoscenza eravamo proprio io e lui

-Ciao! Ma guarda frequentiamo addirittura lo stesso istituto, a quanto pare è destino!-

Destino? No che stava dicendo? Fatto sta che in quel momento non connettevo più niente, l'avermelo ritrovato di fronte in tutta la sua bellezza mi aveva lasciata senza parole. Fu lui a risvegliarmi chiedendomi se mi avessero mangiato la lingua, certe cose proprio non le sopportavo e così scoppiai, urlandogli contro, chiedendogli chi diavolo si credesse di essere per fare simili affermazioni e a quella domanda lui mi rispose:

-Semplicemente io-

Risposta più semplice non poteva esistere ma bastò questo a zittirmi, se avessimo continuato quella conversazione mi sarei esposta troppo e non dovevo, perché in fondo, i miei ideali, il mio "non fidarmi di nessuno" prevaleva su qualunque altra cosa e di lui non conoscevo proprio niente.
Lo vidi sorridere divertito, chissà magari non si aspettava che mi sarei zittita e la nostra conversazione finì così, con la campanella della ricreazione che suonava ed entrambi che ci dirigevamo alle nostre aule, o meglio IO mi dirigevo verso la mia aula..
Non lo vidi all'uscita, certo che sciocca, perché mai avrebbe dovuto aspettarmi? Però sarebbe stato carino se lo avesse fatto.
Passai l'intero pomeriggio a domandarmi chi fosse e a rendermi conto che effettivamente non lo avevo mai visto prima a scuola, un ragazzo così di certo non passa inosservato e allora? Che fosse stato assente per qualche motivo? Comunque sia non erano affari miei ed avrei fatto meglio a non impicciarmene e infatti non lo feci, attesi solo il giorno successivo per poterlo rivedere e magari scoprire qualcosa di più su di lui. Certo, peccato che il giorno seguente era domenica, questo voleva dire che la scuola era chiusa, da non credere ma in quel momento avrei davvero voluto entrare in quell'edificio scolastico, mi chiesi se mi stavo ammalando, eppure febbre non ne avevo, ma era qualcosa d'altro che stava per ammalarsi, mentre io non mi accorgevo di nulla e vivevo la mia vita da semplice liceale.
Domenica, quante volte non vedevo l'ora che arrivasse quel giorno ma in quel momento non ce la facevo a stare a casa, dovevo uscire, andare al bar dove tuttora lavoro e chiedere di fare un orario speciale, almeno per quel giorno e così feci trovandomi ben presto con la divisa da cameriera ed un vassoio, stracolmo di dolci, in mano. Sarebbe troppo strano dire che quel pomeriggio non successe niente e invece è proprio così, non vidi nessuno di mia conoscenza e passai l'intera giornata tra bar e compiti.
La settimana seguente passò lentamente, di lui neanche l'ombra, ne a scuola, ne in giro, sembrava quasi essersi volatilizzato ed io iniziavo a chiedermi se fosse davvero uno studente della mia scuola, oppure se mi stava semplicemente prendendo in giro.
Come quasi tutti i pomeriggi stavo andando nuovamente a lavorare al bar, mi chiedevo ancora dov'era finito e perché non si facesse nemmeno vedere, ma quando fui tra tavolo e tavolo per prendere le ordinazioni lo vidi entrare, così semplicemente, proprio come era sparito era riapparso ai miei occhi, fui sorpresa nel vederlo lì dentro ma allo stesso tempo felice. Decisi che lo volevo come amico, perché lui era diverso ed in effetti in quel momento, ai miei occhi, lo era.

-Ciao! posso portarti qualcosa?-

-Ma ciao! Non sapevo lavorassi qui-

-Certo, come avresti potuto saperlo?-

Non so nemmeno io il perché, ma questa frase mi intristì non poco, è vero eravamo estranei, semplicemente due estranei, non sapevamo niente di niente l'uno dell'altra. Mi ripresi velocemente domandandogli nuovamente cosa desiderava che gli portassi e la risposta mi lasciò a dir poco senza parole

-Si, il tuo numero di telefono, cellulare ovvio-

Lo fissai incredula, certo che per avere una gran faccia tosta aveva un bel caratterino! Per mia fortuna avevo la risposta pronta

-Ti dispiace ordinare qualcosa che puoi avere?-

Mi guardò e mi mostrò nuovamente quel sorriso, così solare, così incredibilmente bello, quel sorriso che tanto cercavo sul volto di ogni persona, ma che mai mi era stato possibile vedere, ed in quel momento lui lo mostrava a me così come la cosa più naturale del mondo, così proprio come avevo sempre fatto io con quelle poche persone di cui mi fidavo anche solo un po'.

-Una coppa al cioccolato, proprio come i tuoi occhi, lascio scegliere a te quale, basta che abbia la stessa tonalità-

Lasciava scegliere a me, non capì che era un antifona, lui non voleva un gelato con lo stesso colore dei miei occhi, ciò che desiderava era molto di più e io ovviamente eseguì l'ordine proprio come una perfetta stupida, guardandolo con aria di sfida, convinta che fosse solo un modo per prendermi in giro. Ma il nostro incontro non finì lì, non appena chiese di pagare e io mi voltai per andare alla cassa, sentì prendermi per un braccio, senza forza, aveva semplicemente poggiato la sua mano sul mio braccio destro, mi voltai verso di lui con aria interrogativa e nel momento in cui lo feci dovetti maledirmi mentalmente, quegli occhi erano troppo belli per poter essere solo semplicemente fissati, se volevano qualcosa la ottenevano

-Sei davvero sicura di non volermi dare il tuo numero?-

-Devo?-

-Dipende solo da te-

-Scoprilo-

-Una sfida? D'accordo ci sto, comunque piacere, io sono Ryan-

-Strawberry-

Mi limitai a dire il mio nome. Scoprilo? Da dove mi era venuta una simile idea? Se anche avesse voluto, come avrebbe potuto fare? Il mio numero di cellulare era altamente riservato, quasi nessuno ne era in possesso, ed io con quella stupida frase speravo che lui riuscisse a scoprirlo, o forse, più semplicemente, cercavo di scappare, deviare quell'argomento perché per quanto mi affascinasse, non riuscivo a fidarmi completamente di lui, ma in fondo era giusto così, non lo conoscevo e come niente era entrato nella mia vita, non potevo fidarmi, mai abbassare la guardia.
Si era così che dovevo pensarla, era così che dovevo fare, non dovevo piegarmi, non dovevo assolutamente fidarmi e per qualche tempo ci riuscì.
Le giornate passarono così, con lui che cercava sempre di avvicinarmi ed io che cercavo sempre di sfuggirgli, come quando ci ritrovammo entrambi in presidenza..

-Allora, hai fatto ancora la Bella Addormentata?-

Come faceva a conoscermi così bene? Come faceva a sapere che spesso venivo richiamata proprio perché mi addormentavo sul banco?

-Senti un po' chi parla e tu che ci fai qui?-

-Questi sono solo fatti miei-

La freddezza con cui pronunciò quella frase mi lasciò completamente senza parole, sembrava quasi che per quella semplice domanda si fosse arrabbiato, eppure non pensavo di aver detto qualcosa di male, mi intristì e non parlai più, e forse, proprio stupito da questo mio cambio di atteggiamento, cercò di rimediare, o almeno di porre fine a quel silenzio che si era instaurato tra di noi, come se lui stesso non potesse sopportarlo, come se si preoccupasse di come stavo io e forse era così

-Da quanto lavori al bar?-

-Da qualche anno-

In quel momento fui io a rispondere distaccata, con una freddezza non mia, infatti quella semplice frase bastò a scatenare in lui un qualcosa che ancora non conoscevo, ma che in quel precisò momento mi lasciò senza parole, un'altra volta.
Eravamo seduti sulle sedie poste al di fuori della presidenza, attendendo di essere chiamati dal preside. Dopo aver sentito quella frase lui si alzò lentamente e si mise davanti a me, mi prese entrambe le mani, facendomi alzare, i suoi occhi erano fissi nei miei e restammo così, con le mani intrecciate, io quasi spalle al muro e lui davanti a me, con gli occhi fissi in quelli dell'altro, con i nostri cuori che battevano forse insieme, forse no, ma il mio batteva davvero forte, se uno dei due avesse fatto un solo passo avanti i nostri visi sarebbero stati immediatamente uniti in un bacio.. un bacio, forse in quel momento desideravo veramente che lui mi baciasse. Non avevo il coraggio di dire niente, di chiedere niente, ma non avevo alcuna intenzione di abbassare lo sguardo, no ero molto, fin troppo testarda per dargliela vinta ma in quel preciso momento la porta della presidenza venne aperta e mentre lui si allontanava io mi resi conto che avrei preferito restare in quella posizione per sempre.
Stranamente il preside chiamò entrambi ad entrare contemporaneamente. Quando uscimmo mi avviai velocemente all'uscita ma lui mi fermò un altra volta, stavolta con forza, ma senza farmi male, mi strattonò a sé, abbracciandomi, facendomi sentire le sue forti braccia sulla schiena, che mi cingevano senza volermi lasciare andare e in quel momento non capì, esatto non capì cosa voleva dire, cosa voleva che facessi e soprattutto cosa voleva da me

-Non essere così fredda, non con me-

-Ryan... io...-

Mi mise un dito sulle labbra per farmi tacere

-Non sei sola, fino a quando ci sarò io con te-
  
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