IL CAMMINO DI PITON

Ho camminato a lungo, scalzo, su una strada bianca, dove pietre e ciottoli rendono faticoso il cammino. Con lo sguardo rivolto verso il basso, facendo attenzione a non cadere a faccia in terra. Molte persone che mi odiavano e quasi tutti quelli che mi amavano avrebbero riso a vedere i miei abiti sporchi di polvere e terra, perciò restai in piedi e proseguì.

 Avanzavo speditamente: consapevole dei miei piedi sanguinanti ma indifferente alla sofferenza perché il sangue purifica e la sofferenza plasma. Solo il desiderio di raggiungere l’obiettivo dava forza alle mie gambe quando pareva dovessero cedere per il peso dei miei errori.

 Attraversai la linea del traguardo con il nastro che si rompeva sul mio petto e solo allora, dopo aver ripreso fiato  poggiando le mani sulle ginocchia, alzai lo sguardo per osservare gli spettatori ma tra la folla non scorsi chi speravo ci fosse.

 Ero solo, più di quanto avessi prospettato perché nessuno, neanche uno dei miei nuovi amici, sollevò in aria un bicchiere per felicitarsi con me. E l’effimero traguardo che avevo raggiunto era solo un nuovo punto d’inizio che, senza troppa cortesia, si impose nel mio cammino.

 Ancora oggi vado avanti per una strada difficile da percorrere ma ora non so dirvi se i miei piedi sanguinano  o no, perché da diverso tempo posso camminare a testa alta.

Non ho più traguardi da raggiungere perché chi vuole migliorarsi ai propri occhi trae insegnamento da ogni situazione.

Solo il dolore resta un punto dolente che non posso negarmi per non cadere nel circolo vizioso di chi non prova dolore per non sentirsi ferito e chi  non ammette di  sentirsi ferito per non provare dolore.

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Poche parole che spero vi piacciano. Alida