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Autore: Serpentina    14/01/2016    3 recensioni
Ewan Ellis è convinto che per poter ritenere la sua vita davvero perfetta, gli manchi solo una fidanzata. Riassume le caratteristiche della sua donna ideale in un decalogo e non esita a lanciarsi in una serie di appuntamenti ai limiti del surreale, pur di trovarla. Ben presto, grazie anche all'aiuto di una vecchia amica, capirà che ordine e metodo non vanno tanto d'accordo con l'amore!
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Dopo una lunga pausa festiva senza computer, finalmente posso aggiornare! Grazie a tutti i lettori per la pazienza, a Calliope S, LittleDreamer90, marioasi e sunburn1985 per le recensioni e a sil_1971 e swettemma, che seguono la storia.
Il titolo si rifà alla canzone “Season of the witch”, che forse alcuni ricorderanno come chiusura del settimo episodio della ventunesima stagione de ‘I Simpson’ (Bifolchi di coccio e manici di scopa).

 

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The season of the bitch

Non c’è scusa nell’essere cattivi, ma vi è un certo merito nel sapersi tale: fare il male per stupidità è il più irrimediabile dei vizi.
Charles Baudelaire

Albert si era rifugiato nella zona più remota del museo, bramoso di un po’ di pace e tranquillità; si sedette su un gradino e abbandonò il capo sui palmi delle mani, sospirando mentre, a occhi chiusi, massaggiava le tempie nella speranza di calmarsi e scacciare quelle che riteneva allucinazioni: gli era parso, infatti, di scorgere Marion in più di un’occasione, una volta persino intenta a chiacchierare con sua sorella Mitzi cullando Al junior. Se avesse saputo che l’amore lo avrebbe ridotto ad un’allucinata anima in pena, avrebbe continuato ad evitarlo accuratamente.
“Potrebbe trattarsi di una vendetta del karma. Oppure le maledizioni che di sicuro mi hanno mandato tutte le mie ex e avventure di cui non ricordo i nomi hanno avuto effetto. Oppure… sto semplicemente impazzendo. Bella prospettiva!“, pensò, per poi infilare nelle orecchie gli auricolari e spulciare youtube in cerca di video divertenti che lo tirassero su di morale.
Purtroppo, la sua oasi venne violata poco dopo da un bimbetto trafelato, che si accomodò accanto a lui ed cinguettò –Ciao.
–Ciao- rispose il fisico, sforzandosi di celare il proprio disappunto: non era colpa del pargolo se aveva i nervi a fior di pelle, senza contare che, se lo avesse trattato con anche solo un minimo di freddezza, si sarebbe probabilmente ritrovato a fronteggiare degli infuriati genitori, i quali lo avrebbero accusato di aver maltrattato il loro adorato cucciolo.
“Tutti uguali, mamme e papà: tendono a ingigantire qualsiasi cosa, se riguarda la loro prole. Quante noie comporta la prosecuzione della specie!”
–Fico questo video!- trillò il bambino, spalancando gli occhi scuri. –Sono i Simpson, vero? La mia mamma non vuole che li vedo, dice che non sono adatti alla mia età!
In quel preciso istante Homer pronunciò una parolaccia; Albert, rosso pomodoro, si schiarì nervosamente la gola e pigolò –Non ha tutti i torti- quindi, in un impeto di generosità, aggiunse –Vuoi che ti riaccompagni da lei?
–Magari dopo- rispose il suo piccolo interlocutore, scrollando le spalle. –Sono in fuga.
–In fuga?
–Da una femmina.
Istintivamente, Albert scoppiò a ridere senza ritegno, irritando il bambino, che lo rimbeccò immediatamente.
–Non c’è niente da ridere!
–Tra dieci anni riderai tu stesso di questa affermazione- asserì il fisico, faticando a contenersi. –Cosa ha combinato questa “femmina” per farti scappare?
–Sono tutte così: basta che sei un pochettino gentile con loro e… bam! In manette!- sbottò il piccino, enfatizzando la frase con una gestualità ad hoc. –Stavamo giocando, è caduta, l’ho aiutata ad alzarsi e boh, ha iniziato a dire che sono tanto dolce e carino, le piaccio e staremo insieme per sempre, felici e contenti! Io l’ho spinta via e sono scappato, naturalmente.
–Naturalmente- ripeté Albert, camuffando un risolino con un colpo di tosse. –E questa bambina non ti piace proprio per niente? Zero assoluto?
–Mi piacicchia, però non come pensi tu e vuole lei- sbuffò il fanciullo, gonfiando le guance. –Sono troppo piccolo per l’amore! Poi la gente appiccicosa mi stufa.
“Lezioni di vita da un moccioso. Adesso sì che ho davvero toccato il fondo. E il naufragar m’è dolce nel mare dell’autocommiserazione!”
–Gli appiccicosi non piacciono a nessuno. Allora è per questo che non vuoi tornare dai tuoi genitori? Hai paura che ti, uhm, salti di nuovo addosso?- il fanciullo annuì e lui, in un secondo impeto di generosità, soffiò –Ti accompagno io da tua madre. Con una guardia del corpo così, nessuno oserà avvicinarti!
I due si avviarono verso la sala dove erano riuniti gli adulti per il brunch, seguito alla visita guidata della mostra. Tutto a un tratto, il bimbo si bloccò nella sezione “Grandi predatori” ad ammirare estasiato esemplari dei più feroci predatori acquatici.
–Ti piacciono gli squali?- chiese poi, rompendo il silenzio.
–Se sono dietro un vetro. Oppure morti- ammise Albert.
–La probabilità che uno squalo ti morde è quasi quella che ti becchi un fulmine, cioè quasi uguale alla probabilità che vinci alla lotteria- sciorinò il “sapientino” dandosi arie da erudito. –Sono delle innocenti creature incomprese.
–Incomprese, forse; innocenti… mica tanto- esalò il fisico, occhieggiando i denti aguzzi del pesce. –Preferisco animali più innocui. Andiamo?
Contrariamente alle aspettative - era convinto, infatti, che avrebbe dovuto trascinarlo a forza lontano dagli squali - il bambino obbedì senza capricci e, Albert ne era certo, gli sorrise grato per non averlo trattato da moccioso offrendosi di tenergli la mano o parlandogli come se non potesse comprenderlo. I bambini non saranno piccoli adulti, ma quanto a maturità e intelligenza possono competere con molti dei cosiddetti “grandi”.
–Mi piacciono i tuoi occhiali, sai? Sono belli colorati!
–Grazie. Io, invece, non li ho mai potuti soffrire: sono fastidiosi e imbruttiscono il viso- sbottò il fisico, facendo roteare tra le dita le asticelle della montatura verde acqua. –Ne ho tantissimi, di diversi colori, soltanto così riesco a tollerarli.
–A me mi piacciono.
–Quante volte devo ripeterti che “mi” e “a me” sono nemici, se li metti nella stessa frase si fanno la guerra?- sibilò una donna, tamburellando il piede sul pavimento.
–Mamma!- esclamò il bambino.
–Marion!- esclamò l’uomo. –C-Ciao. T-Ti, ecco, trovo bene.
–Albert?
–È Manuel, mamacita.
–Ora so il tuo nome! Piacere di conoscerti, sono io Albert- intervenne per stemperare l’imbarazzo. Il piccolo, a parte l’espressione di assoluta sorpresa, non diede altro segno di stupore, limitandosi a ricambiare il sorriso e la stretta di mano, alternando lo sguardo tra lui e sua madre. –Mai avrei pensato di rivederti; soprattutto, non qui… con tuo figlio. Ne manca uno all’appello, se ben ricordo la nostra ultima conversazione, al supermercato.
–Mariposa, di tre anni- rispose Marion, addolcendosi: nonostante stesse tentando con ogni mezzo di reprimere i propri sentimenti, la vicinanza di Albert le scaldava il cuore, ed era soddisfatta per essere riuscita nell’impresa di fargli conoscere i suoi tesori, sebbene non nel modo e momento giusti. –Eccola, sta sguazzando nella vasca di palline.
–Quella coi codini? Ti somiglia tantissimo!- si rabbuiò. –Ora capisco…
–Cosa?
–Perché ti è stato tanto facile rinunciare a me: hai due figli adorabili, neppure il più disgustosamente perfetto eroe romantico potrebbe competere con la luce dei tuoi occhi. Figurati io!
Calò un silenzio eloquente, di quelli talmente pregni di non detto da non poter essere tradotti in parole. Se fossero stati i protagonisti di una serie televisiva strappalacrime, probabilmente qualcuno, dopo un po’, avrebbe urlato: “Fate qualcosa, porca miseria! Picchiatevi, baciatevi… tutto, pur di porre fine a questa snervante stasi!”.
Provvide Manuel: non aveva nulla contro Albert, semplicemente amava stare al centro dell’attenzione.
–Papà è arrivato?- chiese, intromettendosi - fisicamente e platonicamente -  nella bolla di intimità che aveva avvolto i due adulti.
Marion, scoccata un’occhiata costernata ad Albert, si chinò verso il figlio e sospirò –Mi dispiace, Manuelito… papà non può venire.
–Ma aveva promesso!
–Gli imprevisti capitano quando meno te l’aspetti, per questo sono im-previsti. Il prossimo week end sarà interamente dedicato a voi, me l’ha giurato!
–È la terza volta che non mantiene le promesse- ringhiò Manuel, serrando i pugni. –Scommetto che è colpa di quella strega!
–Ti proibisco di offendere la fidanzata di tuo padre!- ruggì Marion, arrabbiandosi sul serio: era consapevole dell’ipocrisia del suo comportamento - lei e Jodie erano le prime ad infamare Sasha, e con epiteti molto peggiori di “strega” - ma non voleva che il suo ex marito la accusasse di aizzargli contro i bambini come toglierle la custodia; pertanto avrebbe continuato a mantenere la facciata di madre modello, serenamente rassegnata alla nuova situazione, gentile e amichevole nei confronti di colei che aveva preso il suo posto, riservando le fantasie sulle truculente torture alle quali avrebbe sottoposto volentieri Jorge e la ragazza alle ore notturne. –Se gli vuoi bene, devi volerne anche a lei!
–Ma lui a noi vuole ancora bene?- gnaulò il piccolo. –Ogni volta che andiamo a trovarlo ci parcheggia da nonna, o ci costringe a stare con quella lì, dice che vuole passare del tempo con noi e poi non viene… è colpa di quella megera! Lo ha incantato per toglierci l’amore di papà!
–Da strega a megera in meno di venti secondi! Quale sarà il prossimo livello, “Amelia, fattucchiera che ammalia”?- replicò scherzosamente Marion, nel tentativo (inutile) di calmare suo figlio. –Tesoro, capisco che tu sia deluso, ma non permettere che una delusione ti rovini la giornata, finora…
Non riuscì a finire il discorso che Manuel era già corso verso una delle uscite; afflitta, prostrata dalla discussione, Marion si scusò con Albert e lo lasciò per rincorrere suo figlio. Il fisico li seguì con lo sguardo, finché una velenosa voce femminile gli sibilò sprezzante all’orecchio –Quella? Fai sul serio, Al? Sei caduto davvero in basso!
–Stalle alla larga, Caroline!
–Uuh! Caroline! Allora è una cosa seria!- cinguettò perfida. –Peccato che non abbia alcuna intenzione di darti retta.

 
***

Riaccompagnato Manuel nell’ala dedicata ai giochi, dopo essersi assicurata che avesse riacquistato il sorriso, decise di concedersi una bevanda calda e una tregua dalla famiglia Gimpsky. Sembrava che il caso nel quale Jodie credeva fermamente avesse cospirato per farla perseguitare da tutti i parenti di Albert; era stata sinceramente felice di rivedere Mitzi e baby Al, e gli altri componenti del nutrito parentado si erano rivelati gentili e simpatici (salvo un’unica eccezione), però necessitava di quiete, e di aria fresca, per cui andò a gustare il suo tè in giardino.
Sentendosi osservata, zittita la parte di lei che la reputava paranoica, si voltò e, appurato di non soffrire di manie di persecuzione, curvò le labbra in una smorfia simile a un sorriso.
–Spero di non darti fastidio.
–Affatto. C’è spazio per tutti- pigolò Marion, innervosita dall’aura da bulla dell’esile brunetta che non le staccava di dosso gli occhioni da cerbiatta. –Solo, gradirei che la smettessi di fissarmi.
–Dovresti essere abituata a gente che ti fissa e, più o meno velatamente, ti sbava dietro. Io sto considerando, ponderando, riflettendo.
–Ti lascio alle tue riflessioni, allora.
–Per favore, resta! Vedi, l’oggetto dei miei pensieri… sei tu. Mi sto lambiccando il cervello con un quesito apparentemente insolvibile: cosa ci trova in te mio fratello?
Marion impiegò due secondi netti a intuire la sua identità.
–Tu devi essere Caroline.
–E tu l’ultima di una lunga serie di effimere fiammelle che hanno scaldato il letto del mio caro fratello. Non ti nascondo che sono delusa: ho sopravvalutato il suo buon gusto.
–Il tuo meglio non è il meglio di Al- ribatté Marion, sulla difensiva: Carrie corrispondeva perfettamente all’immagine che aveva in mente. Ignorò il suo molesto e rumoroso ruminare e aggiunse –Cosa vuoi da me?  Intimidirmi? Escludermi dalla vita di Albert? Arrivi tardi: ha fatto tutto da solo. Perciò vai a fare il cane da guardia con qualcun’altra, stai ringhiando alla donna sbagliata!
Carrie schioccò la lingua al palato, quindi, giocherellando con i bracciali che portava ai polsi, rispose a tono –Non recitare il ruolo della stronza, non ti si addice. Stronze si nasce; e io lo nacqui, modestamente. Tu no. Evita di renderti ridicola e accetta un consiglio da amica: non farti illusioni, ti risparmierai cocenti delusioni; conosco mio fratello: siamo simili, capricciosi e incostanti. Non siamo da amare, perché l’amore non ci interessa; ci interessa la caccia, e una volta conclusa, svanisce ogni barlume di passione o attaccamento. Ti vuole perché non può averti. Comprendi?
–Comprendo, sì- ripeté Marion, pervasa da un odio viscerale nei confronti di quel folletto troppo cresciuto (“Ha scalzato Sasha dal primo posto nella mia lista nera di persone che ucciderei volentieri, un vero record!”). –Comprendo che non hai sopravvalutato tuo fratello… semplicemente, hai standard troppo infimi.

 
***

Philip entrò nel bar, alitò sulle mani guantate mentre le sfregava per riscaldarle, si guardò intorno, infine, localizzati i suoi amici - non che fosse difficile: erano la principale fonte di inquinamento acustico nel locale - li raggiunse con la frenesia di un adolescente al primo ballo scolastico.
–Eccolo! L’uomo del momento!
–Ehi! E io?- gnaulò Jared, esibendo un broncio da manuale che suscitò l’ilarità del ciarliero gruppetto.
–Hai avuto il tuo momento di gloria, ora cedi i riflettori a Phil! Dy, tu sta’ buono, hai già sparato una quantità di stupidaggini sufficiente per l’intera settimana!
–Altre birre e una Coca-Cola per la rossa di Ross, Joe!- ordinò Calliope, sbracciandosi per emergere nel viavai di avventori senza scomodarsi ad abbandonare la sedia. –Oh, e uno scotch per il dottore e una vodka per me! Grazie!
–Come va, ragazzi? E i vostri preparativi per la luna di miele?
–Missione compiuta! Ho persuaso la mia austenofila metà a staccare la spina per la bellezza di due settimane!- esclamò un compiaciuto Jared, gli occhi color caramello sfavillanti di pura gioia.
–Inghilterra, stiamo arrivando!- trillò sua moglie Calliope.
–Inghilterra? Niente rafting ed escursioni nella natura selvaggia di Madagascar?
–Moglie felice, vita felice- sospirò rassegnato Jared, puntando il caramello sulla consorte.
–Partiremo dopo San Valentino- spiegò lei. –Prima sarebbe complicato, sono giorni di fuoco in libreria. Purtroppo ci toccherà rientrare la prima settimana di marzo, l’otto dovrò per forza stare all’erta per impedire a Sylvia di commentare ad alta voce il “gusto trash” degli acquirenti di “squallidi romanzetti scritti da casalinghe annoiate”!
–Perché non ti siedi, Phil?- chiocciò in tono materno Rachel, ammorbidita in tutti i sensi dalla gravidanza.
–Eri mai stato qui?
–No, e devo ammettere che è una bella scoperta- rispose lui, adagiandosi comodamente sulla panca. Gli piaceva l’atmosfera accogliente, informale e il tanto decantato Joe lo aveva impressionato favorevolmente. –Pessimo posto: nell’angolino mi sento l’imputato a un processo dell’Inquisizione spagnola!
–Tanto meglio: è nostro compito torchiarti- asserì Ross, prima di ingollare un lungo sorso di birra. –Avevi accennato a una grossa novità: avanti, spara, siamo curiosi!
–Ok. Ecco… io… insomma… beh… mi sposo. Ci tenevo foste i primi a saperlo.
–Tu? Tu ti sposi?- ulularono in coro, esterrefatti: della cerchia, Philip sembrava il meno propenso a convolare a nozze (in parte per il suo carattere schivo, in parte per la sfortuna al limite del comico che affliggeva la sua vita sentimentale).
–Santo cielo, non vedevo tanto sgomento da quando Piton uccise Silente! Avrei preferito una reazione meno negativa- latrò Philip, infervorandosi all’istante. –Non sono pazzo: Sarah è la donna per me, l’ho capito non appena mi sono reso conto che il pensiero di essere legato a lei, di “mettere la testa a posto”… non mi spaventava. E non mi spaventa tuttora.
–Ok, è innegabile che la ami… e spero per lei che ricambi, altrimenti le spezzerò le ossa una ad una- intervenne in punta di voce Jared, incurante delle occhiate e gesti ammonitori degli amici –Però non è un po’… prematuro? Vi conoscete da poco, non puoi compiere un simile azzardo alla leggera, rischi di pentirtene! L’amore a volte non basta a tenere in piedi un rapporto!
Alexandra e Nina si coprirono la bocca con le mani, mentre Dylan, Brad, Ross e Rachel si trincerarono dietro i boccali e la borsetta, rispettivamente, in attesa dell’esplosione di Calliope, immediata e di portata devastante.
–Cosa. Hai. Detto? Brutto ipocrita che non sei altro! Il nostro matrimonio è stato un azzardo, allora! Al pari di una partita a black jack! Una roulette russa! Da quanto ci conoscevamo quando mi hai fatto la proposta, eh? Eh? Due mesi! Devo forse pensare che abbia preso le tue promesse alla leggera? “Ma sì, proviamoci, male che vada divorzio e mi faccio consolare dalla cameriera tettona che mi lasciò il suo numero di telefono!”
–Ti prego, piantala con questa storia della cameriera; è stato tempo fa, e ho stracciato il suo numero.
–Se non è lei, sarà un’altra!
–Sei monotona e paranoica, Callie!
–E tu un insensibile!- barrì, gli lanciò in faccia la vodka e uscì melodrammaticamente di scena.
Perplesso quanto sconcertato, Jared si pulì alla men peggio ed esalò –Come siamo arrivati a questo?
–Non chiederlo a me: ha fatto tutto lei!- rispose Dylan, guadagnandosi un’occhiataccia e un calcio da Alexa. –Tranquillo, farete pace: Callie che abbaia non mord… ahio! Basta calci, Lexi!
–Connetti il cervello alla bocca, allora.
–Non iniziate pure voi due! E tu muoviti, valle dietro!- suggerì caldamente Ross, spingendo via l’amico senza il minimo tatto.
–Beh- pigolò imbarazzata Rachel, levando il bicchiere semivuoto. –Auguri - o congratulazioni, non so mai quale sia appropriato - Phil. Portaci presto Sarah, non vorrai tenerla nascosta fino alla data fatidica!

 
***

–Cosa voleva il tuo specchietto per l’allodolo?- chiese Ingrid, particolarmente irritabile di lunedì. Sbuffò di fronte alla perplessità delle amiche e si spiegò. –Albert! Non lo stai usando per togliere il prosciutto dagli occhi di Ewan?
–Con zero risultati- puntualizzò l’impietosa Jane.
–Il poveretto deve fare pace col cervello. “Non so se odiarti o dedicarti una statua”, ha scritto. Un piano geniale sprecato: Marion, testarda, è certa che lui abbia voltato pagina - mal consigliato dalla perfida sorella, che la odia - mentre Albert si è convinto che nella vita di mia sorella non c’è spazio per lui. Sono di coccio, quei due!
–Se la sorella di Albert detesta Marion, un motivo ci sarà. Scoprilo, e sistemerai la faccenda- celiò ansante Sarah, in ritardo, accomodandosi al tavolo con grazia elefantina. Arrossì ai ringraziamenti, conditi di complimenti, rivoltile da Jodie, e soffiò –Spero non abbiate già comprato gli abiti da damigelle: Phil è tanto caro, ma altrettanto influenzabile: la disapprovazione dei suoi amici newyorkesi lo sta facendo vacillare. Il matrimonio è rimandato a data da destinarsi. Che peccato: il quattordici febbraio era una scelta romanticissima!
–Che offre l’impagabile vantaggio di assicurare che - nonostante la proverbiale incapacità maschile - il marito ricordi almeno una ricorrenza su due- malignò Jodie.
–Lo faccio vacillare io a furia di calci in culo!- sbottò Ingrid, agitando i pugni. –Non può tirarsi indietro solo perché dei fessi gli hanno sconsigliato di sposare una che conosce da tre mesi!
–Non puoi chiamarli fessi, non li conosci!- obiettò Sarah, anima candida.
–E loro non conoscono te, non dovrebbero permettersi di giudicare- controbatté Jane.
–Forse hanno ragione, siamo troppo frettolosi- mormorò mestamente la bionda.
–Sarah mia bella, puoi vivere accanto a una persona per anni e non sapere assolutamente niente di lei; Mona Barley scoprì che il marito aveva una seconda famiglia nel Montana al funerale! E Sally Jenkins? Divorziò dopo una settimana perché in dieci anni di fidanzamento - sottolineo, dieci - non si era accorta che lui è gay!
–Vuoi portare sfiga, per caso?- sbottò la rossa.
–No, Ingrid. Jo ha ragione: in questi pochi mesi io e Phil abbiamo appreso l’uno sull’altra più di quanto molte coppie apprendono in tanti anni di conversazione superficiale e barbose riunioni di famiglia, cose più importanti del colore preferito o quanti filmini hard sono nascosti nel computer (che rimanga tra noi, mi raccomando). So che è l’uomo per me perché non ho esitato ad accettare la proposta; non ho paura di legarmi a lui, e se per colpa dei suoi amici non vorrà più sposarmi… lo trascinerò all’altare tramortito!
–Da vera donna del sud!- commentò Jane.
–Sud, nord… non fa differenza- la contraddisse Jodie. –Per tenersi un uomo ci vuole letteralmente il pugno di ferro: una botta in testa a Rhett, Rossella, e ‘Via col vento’ avrebbe avuto il miglior finale nella storia della letteratura!
***
Dopo cena, si recò a casa di Albert per appurare le motivazioni alla base dell’astio di Caroline. Fu proprio lei ad aprire, con addosso una camicia da uomo.
–Al è uscito. A non presto rivederci.
–Non così in fretta- sibilò Jodie, bloccò la porta con un piede e si fece strada nel piccolo appartamento che il fisico divideva con la sorella minore. –È te che cercavo.
L’altra gettò la testa all’indietro, il corpo scosso da risate convulse. Appena si fu calmata, soffiò –Sei venuta a implorarmi di lasciare in pace la tua angelica sorellina? Quella gattamorta non sa neppure difendersi da sola! Patetico! Spiacente, non ho tempo né voglia di sentire lagne, carina, perciò hasta la vista!
–Non ti conviene metterti contro chi pesa abbastanza da frantumare gli stuzzicadenti che chiami ossa.
Sogghignò nel constatare che l’aria tronfia di Carrie era svanita: aveva intuito di trovarsi di fronte a qualcuno tosto almeno quanto lei. Per completare il quadro della serpe bastarda, le strappò di mano sigaretta e accendino e li scagliò oltre il divano, colpendo una porta chiusa. Mai avrebbe immaginato che da quella porta sarebbe spuntata la sua fortuna, il Jonathan ex machina (più bonus lenzuolo a coprirgli le pudenda).
–Che sta succedendo?
–Ti avevo ordinato di rimanere a letto!- strillò Carrie, mimando l’atto di strozzarlo. La rabbia si tramutò in terrore quando Jodie, armata di telefono cellulare, trillò –Sorridete!- e scattò foto all’impazzata. –Sai, ero venuta in pace a domandarti i motivi del tuo odio verso Marion; oramai non serve: sono sicura al mille per cento che d’ora in poi la tratterai col dovuto rispetto. Dico bene?
–Siamo al capolinea!- ululò Jonathan, fingendosi disperato. –Tanto vale confessare: meglio che Al lo venga a sapere da noi. Sei d’accordo, piccola?
–Piccolo è il tuo pisello, idiota! Taci!- Caroline, ribollente d’ira, trafisse entrambi con lo sguardo e ringhiò –Tu… maledetta…
Jodie la azzittì chiudendole la bocca con due dita, sorrise sorniona e miagolò –Ssst! Non sprecare il fiato lasciando uscire dalla boccuccia parole di cui potresti pentirti. Lo so, sono una stronza, ma che vuoi farci? Stronze non si nasce, si diventa; e io lo sono diventata, modestamente. Hasta la vista, carina!

Note dell’autrice:
Scontro tra titane, in questo capitolo! Caroline ha imparato a sue spese che Jodie sa essere la più stronza del reame, se il fine lo giustifica (e credo che la difesa degli affetti giustifichi quasi tutto).
Marion e Albert, invece, vincono il titolo di testoni reali: possibile non riescano a dirsi quanto si amano? L’hanno capito tutti, ormai!
Sarah e Phil usciranno indenni dalla tempesta, oppure daranno ragione a Jared (as always, un oceano di grazie a Calliope S per avermi prestato i suoi personaggi, che ritrovate in "Quando meno te l'aspetti" e "Ti sfido a perdere")? La bionda sarà costretta ad usare veramente il pugno di ferro?
Se vi è mancato Ewan, tranquilli: il prossimo capitolo sarà decisamente Ellis-centrico!
Au revoir! Anzi, hasta la vista, carini!
Serpentina
 
   
 
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