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Autore: darrencolfer    14/01/2016    1 recensioni
Kurt e Blaine sono innamorati l'uno dell'altro da cinque anni, tre dei quali li hanno vissuti da marito e marito. Hanno il loro appartamento a New York e sono felici, fino a quando Blaine sconvolge la vita di Kurt, comunicandogli che vorrebbe entrare nell'esercito. Kurt è restio, sa benissimo che questa scelta è dovuta dall'influenza del padre e del nonno di Blaine, ma alla fine decide di supportarlo, perché è suo marito e lo ama.
Da lì, cominciano lunghi periodi di assenza da parte di Blaine, ma quando torna a casa vi trova Kurt e il suo amore ad aspettarlo. Tutto procede per il meglio, finché una chiamata cambierà per sempre le loro vite, non facendogli mai tornare indietro.
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Burt Hummel, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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A Rea, 
perché mi ha urlato contro, mi ha incoraggiata e mi ha mincacciata di scrivere e pubblicare questa storia.
Perché senza di lei, forse, non sarebbe mai nata. 


 

I love you more



Capisci che qualcosa va storto quando qualcuno ti chiama alle tre e cinquantatré del mattino, mentre un altro qualcuno si era appena addormentato, aspettando la chiamata di suo marito che era decisamente in ritardo.

Capisci che qualcosa va storto quando al telefono è il New York Presbyterian Hospital e chiedono di raggiungerli al più presto possibile, perché proprio quel marito, da cui aspetta la chiamata, è ferito gravemente.

Capisci che qualcosa va storto quando quel qualcuno giunge - con i capelli arruffati, le borse sotto gli occhi e la pelle più pallida di quanto già non sia - in ospedale e quando chiede del proprio marito, mentre ancora stringe il cellulare, gli sguardi delle infermiere non sono dei più confortanti.

Capisci che qualcosa va decisamente storto quando il medico che ha operato quel marito, stringe la spalla di quel qualcuno e gli mormora mi dispiace, abbiamo fatto il possibile e subito dopo il colonello dell’esercito che riconsegna la medaglietta argentata e così fredda.

Capisci che il mondo è appena cascato quando guardi quel marito con la pelle più pallida che gli avesse mai visto, steso su un lettino bianco, in una stanza bianca.

Capisci che è finita per sempre quando quel qualcuno gli stinge la mano e non sente il solito calore, i battiti del suo cuore e lo scorrere veloce del sangue, poggia una mano sul cuore e non sente nulla.

Capisci che ora sarà solo per sempre, quando il suo viso si sporca di lacrime calde, mentre stringe il polso privo di battiti di suo marito e quel cellulare, dal quale sta ancora aspettando quella chiamata, ma che ora sai non arriverà più.

*

“L’esercito?” Kurt chiese con occhi così grandi e celesticelesti, mentre guardava suo marito come se avesse due teste.

“L’esercito,” ripeté Blaine.

Si trovavano nella loro cucina a discutere di qualcosa di davvero assurdo: l’esercito. Non pensava che avrebbe mai discusso con Blaine di questo argomento. Certo, c’erano il padre e il nonno di Blaine che erano decisamente famigliari in quell’ambiente – “Mio padre è colonello e mio nonno un generale, ma a me davvero non interessa, voglio studiare musica,” – Blaine gli aveva detto mentre erano stesi sul letto di Kurt nella sua casa di Lima a parlare del futuro, del loro futuro insieme, della loro vita a New York, del loro matrimonio, dei loro figli.

Ed eccolo qui, esattamente quattro anni dopo a parlare dell’US Army.

“Sei uscito fuori di testa? Cos’è una delle tue strambe idee, perché non è per niente divertente, Blaine. Se pensavi che avesse suscitato ilarità, non ci sei riuscito per niente,” continuò Kurt, continuando a guardare suo marito che sembrava davvero convito da ciò che aveva intenzione di fare.

“Non sto scherzando, Kurt, okay?” domandò frustrato Blaine, probabilmente già sapeva che non sarebbe stata una battaglia facile quella discussione. “Ci ho pensato sul serio e voglio provarci. Non è per via di mio padre o mio nonno, non pensarci nemmeno,” disse Blaine, fermando Kurt che era già pronto per ribattere. “Voglio farlo perché mi piace, perché mi affascina, perché voglio fare davvero qualcosa per questo paese.”

“Non potresti tipo fare del volontariato? O lavorare con gli anziani? No, ci sono, con gli animali.”

“Kurt—”

“I bambini, Blaine. Tu ami i bambini, potresti fare l’insegnate o il medico o qualsiasi altra—” Kurt chiuse le mani in dei pugni ferrei, per poi liberarli fra i suoi capelli e chiuse gli occhi celesticelesti.

Blaine si avvicino e strinse i suoi polsi, facendolo calmare all’istante e rilassare i muscoli troppo tesi.

“No, Kurt, l’esercito,” sussurrò pianissimo Blaine, come se fossero in mezza ad una folla al centro di Times Square e non nella loro cucina con solo loro due ad ospitarla.

Kurt aprì le palpebre e il suo blu incontrò il dorato degli occhi di Blaine, dalla bocca uscì più un rantolo che un vero e proprio respiro.

“Sei davvero sicuro di questo?” chiese ancora Kurt, perché davvero fra tutti le carriere che esistevano in questo mondo, alcune più rischiose e difficili, altre più facili e semplici, suo marito aveva scelto di entrare nell’esercito e lui non voleva già immaginarsi vedovo a ventidue anni.  

Blaine annuì solamente, perché le parole erano state già pronunciate, gli sguardi avevano già parlato per loro e non voleva dire altro, Kurt lo capiva. L’avrebbe sempre capito.

Annuì anche lui, portò le mani fra i suoi capelli e le braccia di Blaine gli circondarono la vita e non era sicuro di niente, non era ancora sicuro di come sarebbero andate le cose, non era ancora sicuro se avesse stretto per sempre suo marito, non era ancora sicuro se avesse avuto per sempre suo marito.

*

Da lì in poi fu un completo delirio.

Kurt non vedeva suo marito da esattamente sedici giorni e stava impazzendo. Probabilmente da quando stavano insieme non erano mai stati così a lungo separati, ma Blaine era in qualche base di addestramento a New York e lui non poteva farci nulla. Aveva deciso che era meglio fermarsi nei dormitori che erano adibiti, perché dopo ogni allenamento era davvero molto stanco e non riusciva a tornare a casa.

Il padre di Blaine aveva deciso che la sua missione sarebbe stata far esplodere il suo cellulare per via delle numerose chiamate che arrivavano ogni giorno. Kurt non aveva risposto nemmeno ad una, perché sapeva benissimo – per quanto Blaine lo negasse – che questa pazza scelta era dovuta dal colonello Robert Anderson. Forse era poco maturo, ma non era mai stato un grande fan di quell’uomo.

Non aveva mai approvato del tutto l’omosessualità di Blaine e ancora di più non aveva mai approvato lui, ma il giorno del loro matrimonio aveva preso in disparte entrambi e gli aveva fatto un lungo discorso su quanto ci avrebbe provato e che non avrebbe giudicato più le sue scelte – “Sei sempre mio figlio, Blaine.” – e Blaine aveva pianto fra le braccia di suo padre.

Erano le undici e due minuti del mattino e il signor Anderson lo aveva già chiamato innumerevoli volte, ma alla tredicesima chiamata, Kurt aveva due scelte a) lanciare il suo cellulare giù dal palazzo di Vogue o b) rispondere e mettere fine a tutto ciò. Scelse la seconda opzione, ma solo perché era davvero affezionato a quell’iPhone e alle tantissime foto che c’erano al suo interno.

“Colonello Anderson, come la posso aiutare?” esordì Kurt, cercando di mostrarsi davvero molto felice di parlare con il padre di suo marito.

“Kurt! Hai notizie di Blaine?” domandò.

E quello era davvero molto strano, perché il colonello del fottuto esercito americano doveva conoscere benissimo la posizione dei suoi soldati e di ogni base degli Stati Uniti, specialmente se uno di quelli che era suo figlio.

Come poteva lui sapere come stesse Blaine, se a mala pena sapeva dove si trovasse?

“No, colonello. Non lo vedo e non lo sento da sedici giorni. È successo qualcosa?” chiese con forse troppa ansia. Quella domanda lo stava facendo preoccupare seriamente.

E se fosse successo qualcosa a Blaine? E se qualcuno avesse colpito la base? E se—

“No, Kurt. Non ti preoccupare. Volevo sapere se fosse rientrato. Il maggiore mi ha comunicato che sarebbe ritornato a casa nel giro di poche ore,” rispose il signor Anderson, tranquillizzandolo.

Voleva solo sapere se Blaine fosse tornato a casa.

A casa.

Oh.

Oh.

Blaine stava tornando a casa. Nella loro casa.

Blaine stava per rientrando nel loro appartamento dopo sedici lunghissimi giorni e lui era al lavoro e non poteva muoversi di lì con la Fashion Week alle porte.

“Oh. No, non è ancora tornato, ma—” Kurt si interruppe bruscamente, perché davanti a sé c’era qualcuno. Il suo qualcuno.
Blaine.

Suo marito gli sorrise raggiante, non appena i loro occhi si incrociarono, e Kurt aveva amato da sempre il sorriso di Blaine. Erano rare le volte in cui non sorrideva, anche quando tutto era buio e le cose non andavano così bene, c’era il sorriso di Blaine che portava luce all’interno di quel tunnel senza fine.

Indossava la divisa militare, non aveva ancora nessun decoro attorno alle sue spalle o ai polsi della giacca – “Si chiamano distintivi, Kurt, non decori,” Blaine lo corresse, ridendo. “Ma sono tutti dorati e brillano, per me sono dei decori, ti sbagli,” continuò imperterrito Kurt. “Ti amo,” e lo aveva baciato – non era mai stato un grandissimo ammiratore degli abiti militari, ma su di Blaine dio—

“Kurt!” sentì la voce del signor Anderson richiamarlo da pensieri davvero poco casti su suo marito e la sua divisa.

“Sono qui, signore. Blaine è davanti a me, vuole che glielo passi?” chiese Kurt, non distogliendo lo sguardo dagli occhi del suo bellissimo marito che scuoteva la testa, non avendo decisamente voglia di parlare con suo padre.

Kurt non aspettò nemmeno la risposta dall’altro capo del telefono e passò semplicemente il telefono a Blaine e rise piano, mentre vedeva la sua faccia disperata.

Blaine parlò al telefono con suo padre per qualche minuto – non che gli avesse detto qualcosa che non fosse “sì, signore” – chiuse la chiamata e ridiede il cellulare a Kurt che lo accolse con una risata fragorosa, facendo voltare tutti i suoi colleghi.

“Ti diverti, Hummel?” chiese Blaine sarcastico, ma un sorriso gli dipingeva le labbra.

“Non sai quanto, Anderson,” rispose Kurt, sorridendo apertamente. Si alzò da dietro la sua scrivania per abbracciare quell’uomo meraviglioso che sembrava aspettare esattamente questo.

“Mi sei mancato così tanto,” sussurrò Blaine nel suo orecchio.

Kurt sorrise e mormorò, “Mi sei mancato di più tu”.

Blaine scoppiò a ridere, perché fra di loro c’era sempre questa lotta a chi amava di più l’altro, a chi mancava di più, a chi fosse più bello, a chi fosse più talentuoso, ma, alla fine, sapeva benissimo entrambi che si amano allo stesso modo e si vivevano allo stesso modo.

Si staccarono davvero troppo presto dall’abbraccio e tutto quello che avrebbe voluto fare era baciare le labbra rosse come ciliegie di Blaine, ma era sul suo posto di lavoro e – per quanto Isabelle lo adorasse – non era esattamente professionale.

Si schiarirono entrambi la gola come due adolescenti in preda dagli ormoni e Kurt gli prese la mano. Le loro dita si intrecciarono e combaciarono perfettamente. Era sempre una delle cose che aveva amato di più del loro rapporto.

“Sei davvero bellissimo con questa divisa,” mormorò Kurt, arrossendo leggermente.

“Solo bello?” lo provocò Blaine, facendolo arrossire ancora di più. Cinque anni con quell’uomo, tre anni di matrimonio e lo faceva ancora arrossire come un adolescente alla sua prima cotta.

“No, ti direi che sei sexy da morire e che ho davvero bisogno che quella divisa finisca al più presto sul pavimento della nostra camera da letto o del corridoio o del salotto—non importa dove, ma sono sul mio posto di lavoro e non posso dire certe cose,” sussurrò pianissimo Kurt, avvicinandosi a lui e guardandolo dritto negli occhi.

Blaine deglutì, “Hai finito qui?” chiese.

“Ho ancora—” cominciò Kurt, ma fu interrotta dalla voce di Isabelle.

“Porta il tuo soldato fuori di qui, Kurt,” e il modo in cui lo disse non ammetteva repliche, “Ciao Blaine”.

Blaine la salutò di rimando, mentre Kurt raccattava le sue cose più velocemente possibile. Gridò un grazie e un saluto ad Isabelle e volarono, mano nella mano, via di lì.

Fermarono un taxi e per tutta la strada di ritorno verso casa non fecero altro che stuzzicarsi come due adolescenti. Kurt lanciò alcune banconote al tassista e insieme, ridendo come stupidi, salirono fino al loro appartamento. Centrare la serratura non fu semplicissimo con le labbra calde di Blaine che gli sfioravano il collo, ma non appena ci riuscì lo trascinò dentro e finalmente dopo così tanto poté baciare suo marito.

“Le tue labbra mi sono mancate così tanto,” mormorò Blaine fra baci piccoli e bollenti.

Kurt gli incorniciò il viso con le mani e sussurrò sulle sue labbra, “Fa l’amore con me, Blaine”.

Suo marito annuì semplicemente. Si spogliarono lentamente, lenti e dolci baci vennero scambiati, parole d’amore furono sussurrate, Blaine venerò il corpo di Kurt e lui fece lo stesso con quello di suo marito e quando Blaine si spinse dento di lui, non ci fu fretta, non ci furono bruschi movimenti, si lasciarono cullare dalla passione per quelle che parvero ore.

“Ti amo tantissimo, lo sai vero?” chiese Blaine, abbracciandolo e accarezzando lentamente la sua schiena.

“Lo so,” sussurrò Kurt, passando un dito su tutto il suo braccio, “Ti amo di più”.

Blaine sorrise e lo baciò piano e Kurt poté giurare che in quel momento, fra le braccia dell’amore della sua vita, non era stato mai più felice.

*

Blaine ritornò alla base qualche giorno più tardi e ricominciarono quella routine senza il non vedersi per parecchie settimane. Non piaceva per niente ad entrambi, ma sapevano entrambi che con quello a cui Blaine andava incontro, questo era solo l’inizio.

Non si abituarono mai a quell’assenza e Blaine quando poteva, sgattaiolava dai dormitori e raggiungeva il telefono più vicino per chiamarlo e augurargli una buona notte. Parecchie volte era stato beccato e Kurt gli aveva intimato più volte di smetterla e di non cacciarsi nei guai, ma non lo ascoltava e ogni volta che vedeva il numero della base, sorrideva, perché anche se non voleva, gli scaldava il cuore e lo faceva innamorare un po’ più di quell’uomo meraviglioso.

Sei settimane più tardi Blaine tornò a casa definitivamente. Il suo addestramento alla base era terminato e ora doveva solo aspettare che le Accademie Militari gli conferissero la posizione da assumere. Festeggiarono quel giorno con i loro amici e successivamente quando si ritrovarono finalmente da soli e nel loro letto, Kurt gli mostrò quanto gli era mancato.

Vissero in quel paradiso idilliaco per un paio di mesi. Si destreggiavano fra Vogue per Kurt e l’Accademia Militare per Blaine – “Sergente, piccolo”. “Sembra importante, quindi avrai uno di quei decori?” e Blaine rise e lo baciò –, ma a fine giornata tornavano uno tra le braccia dell’altro e si addormentarono stretti l’uno l’altro.

Ovviamente, quella magnifica bolla scoppiò ben presto.

*

Era giugno e a New York faceva davvero caldo quel giorno, Kurt non vedeva l’ora di tornare a casa e togliersi quelle scarpe che lo aveva ucciso per tutto il giorno e magari avrebbe convito Blaine a fargli anche un massaggio.

La moda era bella, ma camminare con quelle scarpe per New York era parecchio scomodo.

Non appena giunse nel loro appartamento – “È questa Blaine, lo senti anche tu?” “Sì, vado a chiamare la signorina e dirle che la casa è nostra”. –  capì subito che qualcosa non andava. La casa era davvero molto silenziosa e sapeva benissimo che Blaine era lì e suo marito non gli era corso incontro felice e pronto a baciarlo, come faceva ogni volta che annunciava il suo ritorno.

Trovò Blaine seduto sul divano, la fronte corrucciata, uno sguardo davvero troppo serio per i soliti occhi brillanti e gioiosi di Blaine e con una mano stringeva forte, da farli diventare le nocche bianche, il suo cellulare.

Kurt si avvicinò lentamente, poggiandogli una mano sulla spalla e Blaine saltò leggermente, non si era nemmeno accorto che lui fosse tornato e questo fece preoccupare Kurt, perché questo atteggiamento non era da Blaine.

“Mi hai spaventato,” sussurrò Blaine, prendendo la sua mano e intrecciando le sue dita con le proprie.

“Non volevo, ma sembravi come in trance e volevo sapere se fosse tutto okay,” mormorò Kurt, sedendosi sul divano.

“Scusami, non volevo farti preoccupare,” lo rassicurò Blaine, baciandolo piano e velocemente.

“Che cosa succede Blaine? So che qualcosa ti turba”.

“Dobbiamo parlare, Kurt,” mormorò ancora più piano, come se con la sua voce non lo volesse ferire o farlo preoccupare ancora di più.

Kurt gli accarezzò una guancia e vi lasciò un tenero bacio, “Sai che con me puoi sempre parlare,” gli sorrise incoraggiante.

Blaine annuì e lo vide deglutire e quando cominciò a raccontare, Kurt avrebbe voluto farlo stare zitto per sempre e avrebbe preferito non sentire mai più quella voce che tanto amava, pur di non sentire quelle parole uscire dalla sua bocca.

“Mi hanno chiamato dall’Accademia e—uhm, hanno bisogno di uomini in Iraq e—” Blaine non riuscì a finire la frase, ma Kurt aveva già capito tutto, non c’erano bisogno di altre parole.

Volevano lui.

Avevano scelto il suo Blaine per combattere a migliaia di milia lontano da lui, contro dei pazzi.

“Devi andare lì, vero?” chiese Kurt, lo sapeva, ma sperava – sperava così tanto – che si sbagliasse, ma quando Blaine annuì, Kurt si irrigidì e si alzo dal divano, passandosi le mani fra i capelli. “Perché tu? Non c’è, non lo so, un legge, un qualcosa che vieta agli uomini sposati di andare via da i loro compagni e con la possibilità di non tornare mai più?” chiese Kurt disperato, lacrime bollenti scendevano, bagnando il suo viso.

Blaine si alzò immediatamente e gli prese il volto fra le mani, scacciando via ogni traccia di bagnato, “Ho provato a ribattere, piccolo. Mi devi credere, ci ho provato con tutte le mie forze. Ho anche chiamato mio padre, mio nonno, affinché potessero aggirare la situazione, ma nessuno ha avuto successo,” mormorò Blaine, continuano a scacciare le lacrime di Kurt con dei piccoli movimenti.

“Papà mi ha spiegato che non chiamano solo gli uomini con figli davvero piccoli, gli altri sono condannati”.

“Non lo dire, okay? Non sei condannato,” sussurrò Kurt, poggiando le sue labbra contro quelle di Blaine e baciandolo forte, come se fosse la sua unica sorgete di salvezza ed era così per davvero. Sapeva benissimo che sarebbe lentamente morto anche lui, se fosse successo qualcosa a Blaine.
“Andrai lì, farai vedere a tutti quanto è forte il mio Blaine e tornerai da me,” affermò deciso Kurt, “Tornerai da me e cominceremo a mettere su famiglia, okay?”

Blaine annuì, sorrise leggermente e gli occhi scintillavano di lacrime non versate, “Sì, torno per te e per i nostri dieci figli ancora non nati”.

Kurt rise, per la prima volta da quando era tornato a casa, “Cominciamo con uno, okay?”

Blaine annuì e sorrise per davvero questa volta e lo baciò. Fecero l’amore quella sera, lentamente e dolcemente, come la loro prima volta insieme, come le loro tante volte insieme. Avevano bisogno di stare l’uno più vicino all’altro possibile. Avevano bisogno di amarsi e amarsi e amarsi ancora, perché nessuno dei due sapeva quando sarebbe successo ancora.

Blaine sarebbe partito fra pochissimi giorni – ancora non gli era stata comunicata una data – e Kurt aveva bisogno solo di stringerlo fra le sue braccia, di lasciargli teneri baci e di sussurrargli quanto lo amasse.

Parlarono del loro futuro quella sera. Parlarono dei figli che avrebbe voluto – “Ne voglio dieci, piccolo”. “Quattro andranno bene”. “Otto”. “Sei”. “Okay, sei, ma solo perché ti amo tantissimo e la paga da soldato fa schifo” – immaginarono come sarebbero stati, con i riccioli, con gli occhi celesti, scelsero nomi su nomi, ma, alla fine, non andavano mai bene. Risero tantissimo. Si amarono ancora. E Kurt avrebbe voluto che quella notte non finisse mai.

*

Passarono esattamente sei giorni e Blaine ricevette la chiamata con una data.

Kurt non voleva pensarci.

Kurt doveva essere forte per entrambi, perché se fosse crollato, Blaine lo avrebbe fatto con lui.
*
Blaine partì il giorno successivo.

Erano entrambi giunti da poco in aeroporto, altri soldati stavano salutando le proprie famiglie. Kurt si aggrappò ancora di più al braccio di Blaine, come a non volerlo fare andare via, come a trattenerlo dall’inevitabile.

“Abbracciami, piccolo,” chiese Blaine dolcemente.

E Kurt lo fece. Porto le proprie braccia intorno al collo di Blaine, mentre le sue gli strinsero la vita e la testa, incastrarono i propri volti l’uno nella spazio fra il collo e la spalla, respirando i loro profumi.

Kurt aveva sempre amato il profumo di Blaine, era un mischio fra caffè, cioccolato e qualcosa di solo suo, sapeva di Blaine.

Si strinsero fino a quando potettero, fino a quando il volo di Blaine non fu chiamato per l’ultima volta, le loro braccia si allentarono e si separano lentamente. Le mani di Blaine corsero sul suo viso e lo strinse forte, prima di donargli un lungo e dolce bacio sulle labbra.

Fu Kurt a staccarsi, le lacrime stavano già scorrendo sul suo viso e Blaine, come sempre, come sempre aveva fatto, le scacciò via.
“Ti amo, piccolo. Ti amo tantissimo. Ti giuro che tornerò e questi sei mesi sembreranno non essere mai esistiti,” mormorò Blaine sulle sue labbra e appoggiando la propria fronte contro la sua.

“Ti amo di più,” affermò Kurt e lo lasciò andare, “Vai e torna da me e i nostri dieci figli non ancora nati,” mormorò ancora.

Blaine sorrise apertamente, gli diede un altro bacio e lo lasciò andare.

Lo vide superare i gates e morargli ancora un ti amo, dopo sparì.

Kurt sperò con tutto se stesso di risentire ancora la sua voce e mormoragli un ti amo, ma al contrario delle speranze di Kurt, non fu così.

*

“È così difficile, papà,” disse Kurt.

Erano passati solo venti giorni da quando Blaine era andato via e Kurt non sapeva né se stava bene, né se era arrivato, non sapeva nulla e questa cosa lo stava facendo impazzire.

Avevano sempre parlato l’uno con l’altro, sin da quando erano stati due adolescenti innamorarti. Anche quando litigavano e volevano solo scagliarsi l’uno con l’altro, alla fine si parlavano e superavano tutto, ma ora non potendo nemmeno fare questo, Kurt stava impazzendo.

Ecco perché aveva chiamato suo padre. Era la voce della sua coscienza.

“Sapevi a cosa stesse andando incontro, figliolo. Posso solo immaginare quanto debba essere difficile, ma devi essere forte,” lo incoraggiò Burt. “E devi pensare positivo. Tornerà da te, non smettere mai di crederci”.

Kurt annuì, ringraziò suo padre e chiuse la comunicazione.

Kurt avrebbe sempre creduto in loro.

*

Solo due mesi e mezzo dopo ebbe notizie su Blaine.

Kurt sapeva che non avrebbe resistito un giorno in più senza sapere nulla da parte di suo marito. Si era già creato nella sua mente, gli scenari peggiori, ma poteva essere certo almeno di una cosa: Blaine stava bene, perché, in ipotesi peggiori, lo avrebbero chiamato e lì Kurt sarebbe crollato per sempre.

Ma quel giorno ricevette una telefonata, rispose senza pensarci e quasi non riconobbe la voce dall’altro capo.

“Ciao piccolo,” disse soltanto.

E Kurt poté tornare a respirare.

“Blaine!” lo chiamò, “Oh mio Dio, ero così preoccupato. È passato tantissimo tempo e non sapevo più che pensare,” disse Kurt, forse un po’ più velocemente di quanto avesse previsto, “C-come stai?” chiese finalmente.

“Sto bene, piccolo. E mi dispiace tantissimo di averti fatto preoccupare, ma qui non c’è molto linea telefonica, ma appena ho potuto, ti ho chiamato,” rispose Blaine.

La comunicazione non era delle migliori, ma a Kurt non importava un accidente, Blaine era lì, al telefono con lui, sano e salvo.

Vivo.

“Stai davvero bene?” chiese ancora Kurt.

“Sì, amore, non devi preoccuparti, okay? Sto bene, starò bene e tornerò da te, te l’ho promesso,” affermò Blaine e Kurt poté sentire la decisione nella sua voce.

Senti degli schiamazzi e delle voci chiamare il nome di suo marito.

“Ora devo andare, piccolo. Ti chiamo appena posso, okay?”

“Okay. Stai al sicuro—” e Kurt non riuscì più a dire nulla, perché la comunicazione si era interrotta.

Non era riuscito nemmeno a dirgli che lo amasse, ma non importava ora, perché Blaine stava bene e sarebbe tornato da lui.

*

Ricevette una chiamata simile un paio di mesi più tardi, Blaine lo aveva rassicurato anche questa volta che stava bene, che era rimasto ferito in un combattimento, ma non era stato niente di grave ed era tornato sul capo di battaglia prestissimo. Gli aveva promesso ancora una volta che sarebbe tornato da lui.

Erano passati quattro mesi da quando Blaine era partito, ne mancavano soli altri due e quel calvario sarebbe finito per sempre.

Kurt non poteva nemmeno crederci.

Il suo Blaine stava per tornare da lui.

*

Da quando Blaine era partito e soprattutto da quando lo aveva chiamato per la prima volta, Kurt non aveva lasciato un attimo il telefono. Lo teneva sempre con sé, o tra le sue mani o nella tasca posteriore del jeans, o nella tasca del capotto, ma con una suoneria così alta che l’avrebbe sentita anche un sordo.

Mancavano solo due giorni e Blaine sarebbe tornato da lui definitivamente, stava aspettando la sua chiamata da giorni ormai, ma ancora non era arrivata e Kurt non voleva preoccuparsi, forse era solo impegnato con il rientro negli Stati Uniti.

Pensava positivo.

Aveva aspettato per sei mesi, due giorni in più non lo avrebbero di certo ucciso.

Tornò a casa il prima possibile, perché la batteria del suo cellulare aveva deciso di abbondonarlo proprio quel giorno e lui come un’idiota aveva dimenticato il caricabatteria sul bancone della cucina.

Preparò la cena, sentendosi felice, canticchiò anche una melodia ed era qualcosa che aveva sempre fatto solo con suo marito, ma Kurt lo sentiva vicino come non mai quel giorno ed era solo felice.

Aspettò la chiamata di Blaine fine a notte fonda, ma alla fine Morfeo ebbe la meglio e vinse su di lui, portandolo in un mondo solo di BlaineBlaineBlaine, quel bellissimo sogno fu interrotto dal suo del cellulare e Kurt si svegliò felice, pensando che fosse il suo Blaine, ma quando sentì una voce troppo alta per essere quella di Blaine o di un uomo, capì che qualcosa era andato storto.

Quando gli fu detto cosa era capitato, capì che qualcosa era andato decisamente storto.

E quando vide Blaine su un lettino bianco, freddo come non lo era mai stato e privo di vita, capì che era finita per sempre.

*

“La morte è la cessazione di quelle funzioni biologiche che definiscono gli organismi viventi.”

Quando si cerca la parola morte su Google, si trova questa definizione.

Ed era vero l’organismo di suo marito si era spento per sempre. Tutte quelle funzioni biologiche avevano cessato di lavorare. Tutto si era spento.
Ecco come si sentiva Kurt in quel momento, ancora seduto su quella sedia di plastica - davvero scomoda se ci pensava, ma che non importava più di tanto – spento.

Kurt era spento.

Non c’era più luce nella sua vita.

Non ci sarebbe stata mai più.

La sua luce personale gli era stata strappata nel modo peggiore e più doloroso che potesse esistere. Qualcuno gliela aveva portata via e Kurt non riusciva a capirne il perché.

Aveva fatto qualcosa di male?

Era stato una cattiva persona nella sua vita precedente?

Era una cattiva persona?

Tutto quello che aveva fatto era cercare l’amore e lo aveva trovato in quella meravigliosa persona che qualche anno più tardi sarebbe diventato suo marito, in quella stessa persona che ora era stesa in quel lettino immobile.

E Blaine non era mai stato immobile era una delle tante cose che amava di lui.

Ora lo sarebbe stato per sempre.

*

Era rimasto proprio lì a stringere la mano fredda di Blaine, fino a quando delle braccia familiari gli circondarono la vita.

“Devi andare via da qui, Kurt,” mormorò piano suo padre, come se non volesse farsi sentire, come se non volesse svegliare Blaine.
Kurt scosse la testa.

“Kurt,” mormorò ancora suo padre.

Kurt scosse ancora la testa.

Non lo avrebbe lasciato. Avevano fatto una promessa – “Fino alla fine dei nostri giorni?” aveva sussurrato Blaine dopo aver fatto l’amore, la notte delle loro nozze. “Fino alla fine dei nostri giorni” – sarebbe rimasto lì, anche tutta la vita.

Gliela aveva promesso.

“Figliolo, devi andare via ora. Non puoi rimanere qui,” affermò piano Burt.

Kurt scosse di nuovo la testa e strinse più forte la mano di Blaine.

Sentì suo padre emettere un sospiro pesante e forti braccia sollevarlo.

Lo stava portando via da lui. Via dall’amore della sua vita. Via dalla sua luce. Via dalla sua vita stessa.

Kurt cominciò a piangere, non aveva mai smesso in realtà, solo lo aveva fatto silenziosamente, ora pianse forte, urlò il nome di Blaine forte, gridò forte, si dimenò forte.

Fece qualsiasi cosa pur di non lasciare quella stanza, ma suo padre lo portò via, nel corridoio dell’ospedale, dove vide davvero tanta gente, tra cui i genitori di Blaine, ma a lui non importava, voleva stare per sempre con il suo Blaine.

Solo con il suo Blaine.

*

Suo padre lo portò nella loro casa – perché non sarebbe mai stata solo la sua casa – lo fece stendere e gli tolse le scarpe. Kurt prese il cuscino di Blaine e lo portò alle sue narici per sentirne il profumo. Ed era proprio lì, quel profumo che Kurt amava così tanto e che ora sarebbe rimasto legato solo a dei vestiti, a delle lenzuola e che pian piano sarebbe sparito per sempre.

Non si era accorto che suo padre si era steso con lui e che lo stava stringendo da dietro, proprio come aveva sempre fatto dopo che la sua mamma era morta, proprio come aveva fatto Blaine, quando aveva bisogno di conforto.

Kurt pianse.

Pianse perché non gli era rimasto altro.

Era completamento solo.

*

Non mangiava, non parlava.

Da quando Blaine era morto tre mesi prima, lui aveva smesso di vivere e non aveva intenzione di ricominciare a farlo.

Che senso ha la vita quando hai perso la persona più importante della tua vita?

Gli altri gli parlavano.

Lo avevano fatto in tanti il giorno del funerale di Blaine, gli avevano stretto un braccio o una mano o una spalla e gli avevano mormorato delle condoglianze.

Non aveva parlato nemmeno durante la cerimonia funebre, solo delle lacrime erano scese sul suo volto. Non aveva nemmeno parlato quando avevano seppellito Blaine, aveva lasciato una singola rosa rossa con le punte gialle ed era ritornato fra le sue braccia di suo padre.

Mangiava solo perché doveva mantenersi in vita e per non far preoccupare troppo suo padre, ma appena ne aveva l’occasione, buttava via tutto.

Non ha nessun senso la vita senza di lui.

*

Gli mancava Blaine.

Erano passati cinque mesi e gli mancava tutto di lui.

Gli mancavano le sue mani che gli accarezzavano il corpo.

Gli mancavano i suoi baci. L’ultimo che gli aveva dato era stato in quella stanzetta bianca, prima di dirlo addio per sempre. Era stato l’unico bacio che Blaine non aveva ricambiato.

Gli mancavano i suoi abbracci, nei quali riusciva a scomparire.

Gli mancava il suo respiro sulla pelle.

Gli mancava il suo corpo pressato sul suo, mentre facevano l’amore.

Gli mancavano perfino i vestiti sporchi che lasciava sempre in giro.

Gli mancava ogni singola cosa, per questo aveva chiesto a suo padre di vendere la casa. Non riusciva più a vivere in quella casa piena di ricordi, piena di loro, piena di Blaine.

*

Sistemare i vestiti di Blaine in degli scatoloni aveva richiesto due giorni, perché ogni volta che Kurt prendeva un indumento se lo portava al naso e ne sentiva l’odore e piangeva più forte.

Non aveva smesso mai di piangere, nemmeno quando dormiva, per tutto il tempo in cui aveva sentito il profumo di Blaine aveva pianto.

Alla fine, se ne occupò suo padre.

*

Era passato esattamente un anno da quando Kurt aveva perso l’amore della sua vita.

Era passato un anno dalla morte di Blaine e Kurt ancora piangeva ogni notte, parlava pochissimo e mangiava ancora meno.

Era passato un anno, ma a Kurt sembrava che fosse solo capitato ieri.

Voleva essere solo in un posto quel giorno.

Chiese a suo padre di portarlo al cimitero, dal suo Blaine. Suo padre annuì e un’ora più tardi, Kurt era steso sull’erba fresca che viveva sopra Blaine.
Non disse nulla per tanto tempo, poi improvvisamente aprì la bocca e fiumi di parole uscirono.

“Sai che non sono mai riuscito a capire perché ti piacesse così tanto stenderti sull’erba a Central Park? Ora lo capisco. Si riesce benissimo a pensare così,” cominciò Kurt.

“Mi sembra quasi di vederti Blaine, fra tutte queste nuvole che riempiono il cielo di New York, riesco quasi a vederti,” prese un grande respiro, “Non riesci nemmeno ad immaginare quanto mi manchi, Blaine. Pensavo che fossero stati duri quei giorni senza di te, quando eri solo alla base di addestramento, cazzo, avevano pensato che fossero tremendi sei mesi senza di te, ma un anno senza davvero te, è troppo. Prima avevo la tua voce, ora non ho nemmeno quella,” non si accorse nemmeno lui che aveva cominciato a piangere.

“Ho letteralmente consumato il dvd del nostro matrimonio. È l’unico modo per sentire ancora la tua voce, anche se non è chiara e limpida, ma va bene così, è senza meglio di niente,” prese un altro respiro, “Ho venduto la nostra casa. Non ce la facevo a vivere lì senza di te. In realtà non riesco a vivere senza di te. Non so nemmeno perché io sia ancora vivo, forse è per via di mio padre, forse perché sono troppo attaccato alla vite e non nemmeno le palle per raggiungerti e ritornare a stare insieme”.

“Sai cosa mi dicono quasi ogni giorno le persone? ‘Devi essere forte, Kurt, Blaine non avrebbe voluto questo’ che cazzo sanno le persone di cosa avresti voluto tu? Non sanno nulla. Solo io sapevo, solo io so,” prese un altro respiro, “So che avresti voluto tornare indietro da me. So che avresti voluto una grande famiglia. So che avresti voluto i nostri dieci figli. So che avresti voluto anche litigare, ma alla fine saremmo stati insieme. Ecco cosa avresti voluto tu”.

“Ti ho odiato per un po’,” rise piano – la prima risata in un anno –  “No, non è vero, non ti ho odiato, ma ero arrabbiato con te, perché mi avevi promesso che saresti tornato e invece non l’hai fatto. Ero arrabbiato perché mi avevi abbandonato. Ma so che se fosse stato per te, saresti tra le mie braccia ora. Per questo ho cominciato ad odiare il mondo.”

“Mi manchi, amore. Mi manca tutto di te. Ti prego torna da me, ti prego, ti prego, ti prego,” Kurt cominciò a piangere più forte, lo fece per dei lunghi minuti, il vento gli scompigliò i capelli, ma gli asciugò il viso bagnato. Kurt non credeva in niente, ma sapeva che quello era stato Blaine, perché lui gli avrebbe sempre asciugato il viso dalle lacrime.

“Mio padre è stato fantastico in questo anno, amore. So benissimo che tu avresti voluto proprio così che lui fosse al mio fianco sempre. E l’ha fatto e davvero non lo ringrazierò mai abbastanza,” si sedette di fronte alla lapide e sfiorò un dito la foto di un Blaine sorridente. “Volevo parlarti, ecco perché sono qui, volevo vederti, ma non posso, perciò mi farò bastare questa fotografia. Voglio ringraziarti, per essere stato il miglior amico di sempre, per essere stato il mio ragazzo di sempre e per essere stato il miglior marito di sempre. Avrei voluto vederti nelle vesti di padre, ma il destino non ce l’ha permesso, mi accontenterò delle fantasie che ci siamo creati insieme,” baciò piano la foto.

“Mi mancano i tuoi baci, amore. Erano la miglior cura al mio cuore rotto,” sussurrò, “Non voglio prometterti nulla. Non ti prometto che andrò avanti, perché non lo farò mai sul serio. Non ti prometto che amerò qualcun altro, perché tu sei il mio unico vero amore, ma ti prometto che ritornerò a vivere lentamente. Perché so che, alla fine, avresti voluto così. Lo faccio per te e per mio padre”.

Sospirò, “Ti amo tanto, amore mio. E mi manchi ancora di più. Ci vediamo presto,” baciò ancora la foto e si alzò da lì.

Il vento gli scompigliò ancora i capelli, ma fu leggero contro il suo viso, Kurt sorrise.

Ti amo di più io.
 
 (Fino alla fine dei nostri giorni)

 

*
 

Ehi there, è da tipo tantissimo tempo che non pubblico qualcosa, ma la vita - che vita? - mi ha decisamente impegnato.
Forse era meglio se non tornavo proprio, vero?
So, questa storia nasce da una giornata letteralmente orribile e tutto quello di cui avevo bisogno era sfogarmi, perciò l'ho fatto. Decisamente.
Se per caso qualcuno sta leggendo queste note, *passa biscotto* ti sono vicino.
Ringrazio tutte le persone che ieri mi sono state accanto e in particolar modo Rea, senza la quale nessuno avrebbe letto questa storia - prendetevela con lei lol 
Sto lavorando a qualcos altro, perciò spero di tornare presto. 
Fatemi sapere cosa ne pensate!
All the love xo
P

 

 

 

 
 
 
 
   
 
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