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Autore: Chupacabra19    14/01/2016    4 recensioni
Kendra, una semplice ragazza, vittima anch'essa del nuovo mondo infetto. In queste pagine virtuali leggerete la sua storia, il suo passato, i suoi incontri, ciò che il destino le ha riservato dopo l'epidemia. Questa è la mia prima ff dedicata alla serie twd e segue parte della trama originaria, partendo dalla drammatica situazione della terza stagione.
[Dal capitolo 5] : Mentre Rick, ancora in preda al terrore, poggiava il viso fra i capelli del ragazzo, questo aveva gli occhi fissi su di me. Tornai in piedi lentamente, sperando che quella commovente scena terminasse. D'un tratto, bruciore. Una terribile fitta mi travolse. Un dolore acuto, straziante. D'impulso, mi irrigidii. La lima precipitò al suolo. Abbassai lo sguardo, per capire da dove provenisse tale sofferenza. Un dardo. Un dardo dalle alette verdi conficcato nel fianco. D'improvviso, mi sentii fiacca, debole. La vista mi abbandonò e tutto si fece scuro.
Genere: Avventura, Drammatico, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daryl Dixon, Il Governatore, Nuovo personaggio, Rick Grimes, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 32 : Persone


Le prime luci dell'alba filtrarono attraverso le fessure del legno, confermandoci che eravamo stati svegli per tutta la notte. Sentivo il corpo indolenzito ed affaticato, non ero pronta per un'altra giornata di camminata estrema. Era da qualche ora che non percepivamo nessun rumore dall'esterno, ma ancora non avevamo deciso di aprire le porte, né ci eravamo allontanati da esse. Alcuni sdraiati a terra, altri in piedi ed altri a sedere, come me, con la schiena contro il legno. Sebbene durante la notte avessimo collaborato, Carol e Abraham non si risparmiavano nessuna occhiataccia alla sottoscritta. Fingevo di non accorgermene. Feci forza sulle gambe e decisi di alzarmi, sgranchendo un poco le ossa. Vidi Daryl osservare fuori, poggiando il volto ad un foro su una trave. Non appena incrociò il mio sguardo, fece cenno di raggiungerlo, agitando due dita come al suo solito. Attraverso di quello, vidi la radura attorno fatta a pezzi. Il gruppo di vaganti che aveva cercato di attaccarci era stato spazzato via con parte degli alberi, molti di loro infatti erano addirittura intrappolati sotto qualche tronco.

-Direi che madre natura si è data da fare. – osservò l'arciere.

-Ci ha risparmiato qualche scocciatura. – mi rilassai.

Daryl riferì che fuori era tutto sgombro, non c'era da preoccuparsi. Decidemmo di aprire i portelloni e la luce ci investì, obbligandoci a ripararci col palmo della mano. Sebbene l'immagine che si presentò ai nostri occhi non era delle più felici e rosee, quella desolazione ci fece tirare un sospiro di sollievo. Data la distruzione totale del posto, avevamo un bel vantaggio. Rick, dopo una veloce occhiata, concesse a Maggie e Sasha di farsi un giro. Avrebbero controllato la zona e magari, se fortunate, avrebbero trovato qualcosa da mettere sotto i denti. Con tutto quel trambusto qualche animale poteva essere rimasto ferito. Allungai le braccia in alto sulla testa, sciogliendo i muscoli del collo. La serata era stata un disastro, la notte un incubo, ma ora mi sentivo stranamente di buon umore, a differenza di tutti gli altri. Rick era palesemente nervoso, irascibile. Forse gli faceva male non dormire. Glenn stava organizzando le scorte d'acqua e qualche barattolo trovato nel capanno, cercando di capire per quanto a lungo sarebbero durate.


-Ho sbagliato di nuovo. – disse affranto Eugene.

-Non è vero. Forse sono stata un tantino irresponsabile, ma c'eri tu a tenermi d'occhio, no?

Il suo volto formò un broncio.

-Ma Abraham si è arrabbiato.

-Ma lui si arrabbia per tutto. – sbuffai – Non è una novità.

Mise in modo goffo le mani in tasca.

-Ha colpito anche me. Quando gli ho detto che non ero uno scienziato. Sono svenuto per la botta.

Avevo provato sulla mia stessa pelle la forza di quel bestione, ma con Eugene doveva esserci andato giù pesante.

-Che ci vuoi fare, manifesta così il suo affetto. – cercai di sdrammatizzare.

In realtà se avessi potuto, lo avrei menato di brutto. Ogni volta che mi passava vicino con quella sua faccia disgustata, sentivo la pazienza abbandonarmi briciolo per briciolo.

-Mh. – mugolò serio – E allora perché non picchia anche Rosita? Quando fanno sesso..

Lo bloccai, dandogli un colpetto sul fianco.

-Ma che stai dicendo? – sussurrai – E poi che ne sai.

Temevo che qualcuno lo sentisse, soprattutto lei.

-Ma è vero, li guardo sempre mentre fanno sesso. Certo, lui le dice cose sconce ma non ha mai alzato..

Lo colpii di nuovo, stavolta con un poco più di forza, facendogli cenno di zittirsi all'istante. Rosita incrociò le braccia al petto, fissandoci.

-Di cosa stavate parlando? – disse, alzando un sopracciglio.

Vidi con la coda dell'occhio la bocca di Eugene aprirsi, non potevo permettere che rispondesse. Quell'idiota era così ingenuo che avrebbe detto la verità.

-Niente di che eheh – risi, massaggiandomi i capelli.

Ma non ne parve convinta.

-Ti ho visto colpirlo per dirgli di stare zitto.

Posai una mano sulla spalla di Eugene, cercando di sorridere.

-Mi stava raccontando un'altra triste barzelletta.

-Ed è per questo che sei tutta rossa? – mi fulminò.


Mi toccai d'istinto le guance, assumendo un'espressione ebete. Non sapevo cos'altro inventarmi. Per nostra fortuna, Michonne chiamò la donna. Non appena fu lontana, mi sentii più leggera.

-Cazzo. – inspirai – Non dirmi più una cosa del genere, Eugene.

Mi guardava come se non capisse cosa avesse detto o fatto di sbagliato. Lo sceriffo ci scrutò uno per uno, capendo quanto fossimo effettivamente stanchi. Non aveva molto senso riprendere immediatamente la marcia, saremmo andati poco lontano. Meritavamo del sano riposo, soprattutto ora che la situazione era tranquilla.

-Ascoltate. – proferì - Possiamo restare qua per la mattinata. Abbiamo bisogno di energie.

Tutti mi parvero d'accordo. Forse saremmo riusciti a dormire. Tornammo dentro al capanno, chiudendo i portoni giusto per sicurezza. Maggie e Sasha erano ancora fuori a godersi l'alba. Mi sedetti a terra, adagiando la schiena ad una trave portante. Le parole di Eugene continuavano ad infastidirmi, rimbalzando da una parte all'altra nella mia testa. Guardando Rosita, non facevano altro che scorrermi davanti immagini imbarazzanti. Distolsi immediatamente lo sguardo, fissando il terreno. Daryl si sedette vicino, giocherellando con la balestra.

-Hai ancora il labbro molto gonfio. – disse, guardandomi con occhi sereni.

Mi tastai il labbro inferiore con delicatezza, faceva ancora male.

-Sembro una di quelle che si fanno di botulino, vero?

-Sei un disastro.

Feci spallucce, non c'era altro d'aggiungere. Ero conciata malissimo.

-Uh?

Notai una sorta di curiosità nei suoi occhi.

-Che c'è? – chiesi.

-Nah niente, hai solo un'espressione strana.

Mostrai tutti i denti in un sorriso forzatissimo, sottolineando il fatto che effettivamente c'era qualcosa. Strinse gli occhi come per capirmi meglio. Mi sporsi leggermente, il giusto per sussurragli all'orecchio senza che gli altri lo notassero.

-Si tratta di Eugene.. ha detto che guarda sempre quei due far sesso. – confessai, indicando Abraham e Rosita con lo sguardo.

Daryl trattenne quella che sarebbe stata una sonora risata, finendo in un finto colpo di tosse. Serrò poi la mascella, provando con tutto se stesso a non scoppiare.


-Quel pervertito. – parlò a ventriloquo.


Abbozzai un sorriso e spostai lo sguardo, notando Rick in fondo al capanno. I suoi occhi erano vuoti, fissavano il niente. La piccola era seduta vicino alle sue gambe, concentrata a seguire i movimenti del fratello che ordinava lo zaino. Percepivo una sorta di strano nervosismo nell'aria. D'un tratto, il portone si mosse e dietro di questo apparvero Maggie e Sasha, seguite da uno sconosciuto. Scattammo tutti all'in piedi, pronti a difenderci, ma gli occhi di quell'uomo erano buoni. Che fosse la stessa persona che aveva lasciato l'acqua? L'uomo in questione era magro, alto, capelli corti tendenti all'arancio ed occhi azzurri. Dato il fisico e l'andatura impacciata dava un'impressione debole. Era difficile immaginarselo solo a combattere contro ondate di vaganti. Doveva appartenere a qualche gruppo. I vestiti erano puliti, sembravano nuovi. Proveniva senza dubbio da un luogo sicuro.


-Lo abbiamo incontrato qua fuori. – annunciò Maggie – Era solo. Abbiamo preso le sue armi e tutta la sua roba.

Rick si posizionò al centro del capanno con Judith in braccio. Gli occhi erano puntati sullo sconosciuto. Non sembrava affatto interessato alle informazioni che stava esponendo Maggie. La parte selvaggia dello sceriffo stava prendendo il sopravvento. Non si fidava. Daryl si discostò da me e perquisì l'uomo, dando inoltre un'occhiata fugace all'esterno, come per accettarsi che quanto detto fosse vero. L'uomo portò le mani all'altezza del petto, sottolineando che fosse innocuo.


-Salve. – disse con voce tremolante.

Judith sfociò in un pianto, obbligando il padre a scaricarla nelle braccia di Carl.


-È un piacere conoscerti. – continuò lo sconosciuto, facendo un passo in avanti come per voler stringere la mano allo sceriffo.


Rick però rimase immobile, dichiarando di non aver alcuna intenzione di dialogare con quell'uomo. Lo ignorò.


-Aveva un'arma, giusto?

Maggie portò allo sceriffo la pistola che aveva sequestrato, tornando poi al suo posto. Rick la controllò e poi rivolse parola al nuovo arrivato, con fare affatto amichevole.


-Hai bisogno di qualcosa?


Guardai torva Rick. Comprendevo il suo essere diffidente, ma si vedeva quanto egli fosse una brava persona. Non aveva la stoffa per uccidere. Sasha rispose al posto suo.


-Ha un accampamento qua vicino. Vuole che facciamo un provino per diventarne membri.

L'uomo prese coraggio e parlò, posando gli occhi su ognuno di noi, come per convincerci tutti.


-Sarebbe bello se ci fosse un'altra parola per definirlo. Dicendo provino sembra che si tratti di una specie di compagnia di danza, ma noi balliamo solo il venerdì sera.


Sorrisi ed il gruppo mi ammonì senza aprir bocca. Bastarono i loro sguardi infuocati. Mi incenerirono in un secondo. Lo sconosciuto fu felice di vedere che avessi apprezzato la battuta, ma si ricompose, notando di essere stato inopportuno.

-E non si tratta di un accampamento. – spiegò calmo – È una comunità. Penso che tutti voi sareste delle valide aggiunte al nostro gruppo, ma questo non dipende da me. Il mio compito consiste nel convincervi a tornare a casa con me.


Gli altri non gli schiodavano gli occhi di dosso, analizzandolo. Nessuno però osava dire qualcosa, aspettavano tutti una mossa del leader.


-Sì lo so, se fossi in voi neanche io ci andrei. – rassicurò – Non prima di aver saputo in cosa mi stessi infilando.

Daryl continuava a guardare il tipo e Rick, passando da uno all'altro come un cane in attesa di ordini. Lo sceriffo, invece, continuava ad avere un atteggiamento da duro.


-Sasha, potresti dare il mio zaino a Rick? – chiese con fare gentile.

Vedevo quanto cercasse disperatamente di farci fidare, di mostrarsi amico. Non era una cattiva persona, più parlava e più ne ero convinta. Lei si mosse, liberandosi la schiena da un grosso zaino giallo, il quale porse a Rick.


-Nella tasca davanti c'è una busta. – spiegò.

Rick si abbassò ed estrasse l'oggetto, aprendolo.


-So che non potrei mai convincervi a venire con me parlandovi semplicemente della nostra comunità. – ammise – Quindi ho portato quelle.


Rick estrasse delle foto in bianco e nero.


-Mi scuso in anticipo per la scarsa qualità delle foto. – aggiunse – Abbiamo trovato un vecchio negozio di..

-Non ce ne frega un cazzo. – interruppe l'arciere.

-Daryl! – lo ammonii.

Odiavo quando faceva lo sgarbato. Il tipo aveva una bella parlantina, vero, ma cercava di metterci a nostro agio. Egli si voltò a guardare Daryl, finendo poi con l'abbassare la testa.


-No, ha assolutamente ragione. – disse – Volevo prima mostrarvi quelle foto perché nulla di ciò che posso dire riguardo la comunità avrà importanza, a meno che non sappiate che sia sicuro. Se vi unirete a noi, lo sarete.

Ci raggruppammo intorno a Rick, in modo tale da poter osservare le foto. La prima mostrava un cancello, una sorta di barricata apparentemente resistente.

-Ogni pannello di quel muro è una lastra di acciaio alta quattro metri e mezzo, larga tre e mezzo, ed è incorniciata da una trave di laminato a freddo ed una tubazione a filo. – spiegò nel dettaglio – Nessuno, vivo o morto che sia, può passare da quel muro senza il nostro permesso.

I membri del nostro gruppo iniziarono a lanciarsi delle occhiate. Sembravano quasi credere alle sue parole, pur sapendo che fosse una incognita. Era difficile avere nuovamente fiducia nel prossimo, e ciò era pienamente comprensibile. Ci portavamo appresso terribili cicatrici difficile da ignorare. Lo sconosciuto riprese a parlare. Era molto teso.

-Come ho già detto, la sicurezza è importante, ma c'è qualcosa di ancora più importante per la sopravvivenza della comunità: le persone. – dichiarò con sincerità.

Rick si alzò, muovendosi velocemente nella sua direzione. Socchiusi gli occhi, sapevo cosa sarebbe successo.

–Insieme siamo forti.. e voi potete renderci ancora più forti. – parlò tranquillamente, senza immaginare ciò che accadde.


Un pugno, un terribile pugno venne scagliato sul suo volto. L'uomo cadde inerme a terra. Sospirai. Era svenuto.
 

*
 

Inumidii un panno e lo premetti leggermente sulla tempia e lo zigomo dello sconosciuto, sperando di dargli un poco di sollievo. La sua camicetta a quadri, sebbene blu, mi ricordò quella di Drake. Non ero felice di come erano andate le cose, mi vergognavo del gesto di Rick. Non c'era nessun motivo per picchiarlo, era servito solo a se stesso come sfogo, così per liberarsi dalla tensione. Una soluzione passeggera però. Nel frattempo Carl vuotò lo zaino, non c'era niente di speciale a parte una pistola lanciarazzi. Rick ne fu subito attratto.

-Ci servono occhi in tutte le direzioni. – ordinò lo sceriffo – Stanno arrivando per noi, non sappiamo né come né quando, ma arriveranno.


Michonne raggiunse Rick, cercando di farlo ragionare.

-Giusto per chiarirci, quello sguardo stava per 'quel tipo mi sembra a posto' e non 'mandalo k.o.' !

-Non possiamo fidarci. – disse con voce graffiata.

Lo zigomo del poveraccio stava gonfiando. Sarebbe tornato a casa con un ematoma molto esteso.

-È arrivato da solo, si è fatto disarmare. È praticamente innocuo. Perché mai hai dovuto reagire così? – domandai schietta.


Rick mi sfidò con lo sguardo. Gli dava fastidio quando le persone si mettevano contro di lui, ma non potevamo essere sempre tutti dello stesso parere.

-Kendra ha ragione. – ammise Maggie – Io e Sasha non l'avevamo visto, avrebbe tranquillamente potuto attaccarci.

Il leader ignorò palesemente i nostri discorsi, tornando alla propria paranoia. Camminava su e giù per il capanno, dando un'occhiata agli altri che cercavano di scovare qualcosa all'esterno. Daryl era restio. Bastava che qualcuno o qualcosa scombussolasse l'equilibrio ed egli tornava il solito burbero diffidente.

-Vedete qualcosa? – chiese freneticamente Rick.

-Ci sono molti posti dove potersi nascondere. – osservò Glenn.


Vidi le palpebre dell'uomo muoversi, stava riprendendo conoscenza. Continuai a premere leggermente la garza bagnata sulla zona livida. Aprì gli occhi, assumendo un'espressione addolorata.


-Mi dispiace. – gli sussurrai – Ce la fai a sederti?

-Sta bene. – brontolò Rick – Tiralo su.

Lo aiutai a mettersi seduto. Intanto Daryl gli legò i polsi. Cercai di incrociare il suo sguardo, sperando di fargli cambiare idea, ma egli non mi guardò nemmeno di sbieco, come se lo sapesse.


-Hai un bel gancio destro Rick. – scherzò l'uomo – Volete essere cauti, lo capisco.

Lo sceriffo continuò a mantenere la parte del cattivo che non si fa convincere.

-Quanti altri ce ne sono là fuori? – domandò risoluto – Hai una pistola lanciarazzi, ti serve per mandare un segnale ai tuoi amici.

Lo sconosciuto scosse la testa.

-Ha qualche importanza?

-Sì, ce l'ha e come.

Era una situazione davvero delicata e nessuno di noi stava cercando di tenerla a bada.

-Sì, ovvio che ce l'ha, ma qualunque numero ti dica, non mi crederesti mai. – sbuffò – Otto? O forse trentadue, quattrocento.. o addirittura zero?


Rick corrugò la fronte, si sentiva preso in giro.

-Tsk, è difficile fidarsi di uno che sorride dopo essersi beccato un pugno in faccia.

-E di chi lascia delle bottiglie d'acqua per strada?

Vittoria, avevo ragione. Il mio istinto non aveva fatto cilecca. Guardai immediatamente Carol ed Abraham con un'espressione soddisfatta.

-Visto? Se avesse voluto minacciarci od ucciderci, non avrebbe certamente aspettato fino ad oggi. Ci sarebbero state tante altre buone occasioni.


Rick rimase zitto a fissarmi. Ero sicura che mi stesse maledicendo.

-Da quanto ci seguite tu e i tuoi amici? – interrogò Daryl.


-Da abbastanza tempo per capire che ignoravate un gruppo di vaganti che vi seguiva, che nonostante la mancanza di cibo ed acqua non vi siete mai rivoltati l'uno contro l'altro. – spiegò schietto – Siete dei sopravvissuti.. siete delle persone.


L'ultima parola mi colpì. Mi chiesi chissà quanta altra gente avesse incontrato prima di noi. Non tutti erano usciti indenni da questo inferno, anzi, molti si erano trasformati in belve più pericolose dei vaganti stessi. Noi ne avevamo avuto più di un assaggio. Sebbene i suoi discorsi mi arrivavano, Rick non sembrava provare lo stesso.

-Quanti ce ne sono là fuori? – ripeté.


-Uno. – rispose stanco.

Lo sceriffo scosse la testa lentamente, arricchendo il volto con una smorfia contrariata.


-Perché diavolo continui a fargli domande se tanto non credi nemmeno ad una sua parola? – borbottai.

L'uomo sospirò.

-Sapevo che non mi avresti creduto. Come posso convincervi? – chiese esausto – E se vi ci portassi? Se partiamo ora, arriveremo per pranzo.

Guardammo tutti il capo, sperando che arrivasse al nocciolo della questione. Era inutile stare a ragionare.

-Non so come faremo ad entrare nella macchina con cui siete venuti tu e il tuo amico. – sentenziò ironico.

Lo sconosciuto era visibilmente scocciato, ma non era intenzionato a mollare. Voleva davvero regalarci la pace?

-Siamo venuti separatamente. – dichiarò gentile – In caso avessimo trovato un gruppo, volevamo portarlo tutto da noi. C'è posto per tutti.

Fu allora che Carol si intromise nella conversazione. Fui stupita di constatare che iniziasse ad avere dei dubbi. Gli credeva.


-E avete lasciato le auto non molto lontano da qui?

-Esatto, ad un chilometro ad est. Volevamo avvicinarci di più, ma c'è stata la tempesta e la strada era bloccata.

Michonne annuì. Aveva intenzione di dare una possibilità all'uomo. Dopotutto era un'occasione a cui non potevamo certamente rinunciare così facilmente come se niente fosse. Quando mai sarebbe potuto capitare nuovamente? Era un rischio che valeva la pena di essere affrontato.

-Te la sei preparata proprio bene. – ridacchiò isterico Rick.

-Ma insomma, che prove vuoi? – chiesi nervosa – Ti costa tanto fare uno sforzo?

Si avvicinò a me come una furia, guardandomi dall'alto in basso.

-Possibile che sia solo io a preoccuparmi per noi, eh? Ne va delle nostre vite. Potrebbe essere una imboscata, tutte stronzate.

Michonne si mosse decisa, parlando senza tanti giri di parole.

-Vado a cercarle. – dichiarò, riferendosi alle auto.

-Non c'è nessuna macchina! – obiettò lo sceriffo.

Feci un passo in avanti, scrutando negli occhi Rick, come se non mi sentissi affatto minacciata dal suo atteggiamento aggressivo.


-C'è solo un modo per scoprirlo. – obiettai sorridendo.


-Non abbiamo bisogno di scoprirlo. – ribatté, continuando ad incenerirmi.

Sbottai.

-Non ne abbiamo bisogno? Scherzi? – farfugliai incredula – Guardaci. I nostri desideri sono stati espressi e tu vuoi gettare tutto nel cesso?

Michonne mi spalleggiò.

-Rick, avrai pure le tue ragioni, ma io non sono d'accordo. Vuoi davvero rinunciare ad un luogo dove potremmo vivere tranquilli? Dove Judith potrebbe crescere in sicurezza?


Lo sceriffo si guardò d'intorno, cercando di capire da quale parte stesse la maggioranza del gruppo. Era visibilmente in disaccordo con la nostra scelta, ma sentivamo tutti il bisogno di aggrapparci a quella rara possibilità. Rick formò un gruppo: Michonne, Abraham, Rosita e Glenn sarebbero andati a cercare le auto. Volevamo avere delle certezze. Mi sporsi per sapere se potessi andare con loro, non facevo i salti di gioia al dover restare in compagnia di Rick in quel diavolo di capanno, ma egli me lo vietò, come per punirmi.

-No, non ti muovi da qua. Intesi? – ordinò senza degnarmi di uno sguardo – Formate delle coppie e controllate il perimetro, trovate dei posti dove è possibile tenere bene d'occhio il capanno.

Fu così che, in un battito di ciglia, rimanemmo in tre. O meglio, in quattro, contando anche la piccola. Rick mi affidò la figlia, quasi gli fosse di impedimento. Alzò l'uomo di peso e lo legò ad una trave portante, immobilizzandolo. Lo guardai dispiaciuta, ma non dissi nulla per paura che Rick potesse arrabbiarsi ancora. La piccola giocava coi i miei riccioli, tirandoli a sé.

-Perché non mi hai permesso di andare? – domandai tranquilla.

-Ultimamente non mi sembri nelle condizioni adatte per prenderti cura di te stessa. Le tue scelte mi lasciano abbastanza basito.


Sbuffai, alzando gli occhi al cielo.

-Che stronzo.

Si pulì le mani sui jeans, liberandosi dalla polvere del terreno ormai già secco.

-Piantala di mettere in discussione ciò che dico. – attaccò.


Avendo Judith in braccio non volevo urlare, ne essere aggressiva. Quella piccola mi limitava e forse era una buona cosa. Risposi comunque a tono, pur evitando di fare una scenata.

-E perché mai? Ciò che dici è legge suprema?

-Ho altro a cui pensare adesso. – sbottò.

Lasciai perdere, concentrandomi sulla piccola. Sembrava affamata. Rick continuava a fissare lo sconosciuto, controllando ogni tanto la situazione all'esterno.

-Mi è capitato più volte di avere una pistola puntata, ma voi siete delle brave persone. Non ci ucciderete, come noi non uccideremo voi.

Senza degnarlo di uno sguardo, scrutando la radura attraverso le travi, rispose con una pacatezza disarmante.

-Il fatto che siamo brave persone, non implica che non vi uccideremo. Se quei cinque non saranno qui fra un'ora, ti pianto un coltello nel cranio.

L'uomo abbassò la testa facendo una smorfia. Non riuscivo a guardarlo in quelle condizioni. Colpito, legato e minacciato di morte. Capivo le azioni dello sceriffo, la sua diffidenza dopo quello che ci era capitato a Terminus, ma non poteva trattare tutti come assassini. Essere cauti era d'obbligo. Ma non bisognava superare dei limiti. Forse ero semplicemente matta, ma mi ispirava fiducia. Non emanava cattiveria o secondi fini.

-Come ti chiami? – sorrisi.

Alzò subito gli occhi su di me, abbozzando un sorriso.

-Aaron, grazie di averlo chiesto.

La piccola iniziò a piangere, dimenandosi come una matta. Quel minuscolo corpicino aveva una forza enorme. Impressionante. Rick cercò fra le provviste qualcosa che Judith potesse mangiare, ma non era avanzato niente.

-L'hai visto il vasetto di marmellata di mele nel mio zaino, vero?

Rick si bloccò, finendo con l'osservare l'oggetto in questione poggiato su un tavolino.

-Non ti voglio ingannare. – rassicurò Aaron – Non sto cercando di starti simpatico. È istinto di conservazione. Perché se i vaganti la sentono e vengono qua, so che sarò il primo a rimanerci.

Era un bravo oratore, forse troppo. Finiva sempre col parlare troppo, sebbene sapesse ponderare ogni singola parola affinché facesse sempre centro. Cullavo la piccola sperando di calmarla o almeno di ridurre il volume del pianto. Rick aprì il vasetto, immergendovi un cucchiaino che porse alle labbra di Aaron. Questo ne fu sconvolto.

-Pensi davvero che stia cercando di avvelenare tua figlia?

-È fissato col veleno. – commentai, beccandomi un'occhiatina affatto amichevole.

Rick non si mosse, facendo intendere che non avrebbe cambiato idea.

-Sono legato e hai già espresso la volontà di ficcarmi un coltello in testa. In che modo uccidere barbaramente tua figlia in tua presenza potrebbe aiutarmi?


-Già Rick, sono curiosa di saperlo anch'io.


Si voltò incazzato nero. Lo stavo torchiando. Odiavo che mi trattasse sempre coi guanti di velluto, mi sputava qualche parola infuocata e via, ma non mi faceva mai una vera partaccia. Volevo che mi trattasse come tutti gli altri.

-Magari non muore. – spiegò – Magari si ammala e lui è l'unico in grado di curarla, ed io perdo lo stesso.

-Sono l'unico che può aiutarla perché ho la marmellata. Vinciamo tutti. – sentenziò velocemente Aaron.

Rick insistette, avvicinando con rabbia il cucchiaino.

-Odio la marmellata di mele. – ammise l'uomo con faccia inorridita – L'ho portata solo per farvi vedere cha abbiamo degli alberi di mele.

Spinsi Rick senza troppa forza, sperando di allontanarlo da quel poveraccio.

-Adesso basta, smettila di torturalo. L'assaggio io.


Ma lo sceriffo non si spostò di un centimetro, continuando a tenere sospeso in aria quel boccone.


-Com'è che ultimamente ti piace fare da cavia?

Mentre stavo per mandarlo a quel paese, Aaron mangiò la marmellata, non risparmiandosi le smorfie di disgusto. Forse non ne poteva più di sentirci battibeccare. Soddisfatto, Rick riprese fra le braccia Judith, apprestandosi ad imboccarla. Si sedette nell'angolo del granaio, orgoglioso di come stesse gestendo la situazione.

-Ti restano 43 minuti. – comunicò.

Sospirai. Quando lo sceriffo era bloccato in questi stati emotivi paranoici, era davvero impossibile dialogarci. Aaron era terribilmente nervoso. Temeva che, per un motivo qualsiasi, la nostra gente ritardasse. C'era la sua vita in ballo. Incrociai le braccia e mi sedetti al suo fianco, sperando di farlo conversare per allentare la tensione.

-Allora, ancora convinto di volerci nella vostra comunità?

-Sì, senza dubbio. Quando la vedrete, capirete. Non posso lasciarvi in questo stato, a gironzolare per questi posti senza cibo ed acqua. Non potete sopravvivere in eterno.

Speravo con tutta me stessa che il luogo di cui tanto si vantava fosse davvero speciale, sicuro.

-Abbiamo la pelle dura, sai? – sorrisi – Comunque grazie dell'acqua


Rise, guardandomi con occhi ingenui. A tratti mi ricordava Kioshi.


-Forse non è stata una buona idea lasciarvela così, in mezzo alla strada con un bigliettino. Pensandoci nemmeno io mi sarei fidato, ma tu ci hai creduto.

Sollevai le spalle, serrando la mascella in un sorriso imbarazzato.

-Eheh è stato un azzardo. Per punizione mi sono beccata questo! – dissi, indicandogli la ferita e le condizioni del labbro.


Egli sgranò gli occhi, scrutandomi poi in cerca di qualche altra lesione.


-Tranquillo. – rassicurai – Non hanno mai alzato le mani, è stato solo un.. una discussione finita male, ecco.

Rick intanto mi teneva d'occhio.

-È stato..? – domandò, indicando con un cenno della testa lo sceriffo.

-No, assolutamente. È stato quello grosso, il rosso. Abraham per l'esattezza. Ha un bel caratterino.

Inspirò, abbassando la testa con fare sconsolato.

-Mi dispiace. Non volevo creare tensioni fra di voi.

Gli diedi una pacca sulla spalla.

-Figurati. Se non litigassimo ogni tanto, sai che noia?

Vidi i suoi occhi fissare un punto sul mio braccio. Abbassai lo sguardo e scorsi dei lividi che seguivano la curva dell'avambraccio, quasi fossero dei bracciali o dei tatuaggi tribali. Sollevando l'arto, le maniche rotte della camicetta erano state tirate indietro, mostrando i segni del litigio con Daryl.

-Anche quelle sono state fatte da lui? – chiese, cercando di riderci su, sebbene non approvasse affatto la violenza.


Lo fulminai, sperando che Rick non avesse sentito, ma questo adagiò immediatamente la piccola in quella che era stata organizzata come sua culla, e si avvicinò a noi molto velocemente. Tirai giù quello che restava delle maniche e gesticolai facendo finta di niente.

-Nah, solo un vagante con una bella presa.


Lo sceriffo fu su di me in attimo. Mi afferrò per un braccio, tirandomi su di peso, costringendomi a mettermi in piedi. Sollevò una manica, osservando alla luce quei lividi. Che cretina, si vedeva chiaramente che si trattava di impronte lasciate da una mano ancora capace di stringere con tale forza. Inoltre le dita stampate erano belle definite, e non dei semplici ossicini putrefatti. Cercai di divincolarmi, ma la sua presa era saldissima.

-Chi è stato?

-Rick, ti prego. Non è nulla. – dissi, tirando.


-Chi è stato? – ripeté.

-Non sono affari tuoi.

Puntellai i piedi nel terreno, sperando amaramente di riuscire a liberarmi della presa.

-Lo sono eccome. – grugnì.

La porta si spalancò ed io distolsi lo sguardo, fissando la parete opposta.

-Ah. – pronunciò Rick – Ovviamente.

Daryl interrogò lo sceriffo, cercando di capire cosa stesse succedendo.

-Dimmelo tu. – sbottò Rick, alzando più in alto il mio braccio, affinché anch'egli potesse notare gli ematomi.

-Messaggio ricevuto. – rispose amaramente – Adesso lasciala.

Egli però non rilassò affatto le dita.

-Dammi un motivo.

-Cosa? – domandai confusa.

-Dimmi il perché, dimmi che hai avuto un motivo valido e allora forse, e dico forse, posso accettarlo. – parlò schietto a Daryl.

L'arciere posò la balestra sulla spalla, incrociando poi le braccia al petto.

-Farebbe qualche differenza? Mi stai già giudicando, cowboy. – disse con fare altezzoso, avvicinandosi piano a noi – Fra l'altro, sei l'ultima persona che dovrebbe rifilarmi cazzate del genere.

Posò la mano sullo stesso braccio, sfidando Rick. Li guardavo immobile. Non avevo la più pallida idea di cosa dire o fare. Mi sentivo estremamente a disagio.

-Va dritto al punto, Daryl.

-Davvero vuoi farmi credere che tu sei quello che la protegge, che la tiene al sicuro, mentre io sono soltanto un violento del cazzo? Purtroppo hai dimenticato qualche piccolo dettaglio, fratello. Con chi era quando si è beccata uno schiaffo, chi è che ha permesso ad Abraham di colpirla, eh?! Se vuoi ti faccio un disegnino.

Rafforzò la morsa e mi liberò dalla presa di Rick. Questo indietreggiò, osservandomi con un'espressione completamente differente da quella di prima. Si sentiva in colpa? Il mio braccio era disteso lungo il fianco, ma non era del tutto libero. Daryl mi teneva per il polso, senza stringere. Continuava a fissare Rick, sperando forse in una discussione. Sapevo che per lui litigare poteva essere quasi definita un'esperienza piacevole, poiché lo svuotava di ogni pensiero o preoccupazione. Rick però era diverso da lui, quelle parole lo avevano scalfito. Si era messo in discussione. Feci un passo in avanti, intenzionata a rassicurare lo sceriffo. Non mi importava delle parole di Daryl, odiavo vedere Rick torturarsi e non potevo permettere che aggiungesse un altro motivo a questa inutile azione controproducente. Ma Daryl non me lo permise. Aaron ci guardava imbarazzato. Che figura.

Mi spostai all'indietro, facendo capire a l'arciere di non voler essere toccata.


-Perché sei venuto? – domandai, dopo qualche minuto di silenzio.

-Me lo chiedo anch'io. – borbottò, uscendo senza evitare di sbattere la porta come un adolescente infuriato.

Sospirai, chiudendo le palpebre per qualche secondo. Tutta questa tensione all'interno del gruppo cominciava a farsi pesante.

-Tadà! – sdrammatizzai – Spero ti sia spiaciuto lo spettacolo, Aaron.

Non mi rispose, ma mi fece cenno di parlare con Rick. Incrociai le braccia, tamburellando un poco con le dita. Non sapevo bene cosa dire, ero confusa dall'intera situazione. Feci qualche timido passo in avanti, parlando, sebbene egli mi desse le spalle.

-Rick, senti.. io, mi dispiace ok? – farfugliai – So che ti stavi soltanto preoccupando per me, avrei dovuto chiarire la cosa subito. Avremmo evitato questa stupida discussione.

Si massaggiò il collo, degnandomi di uno sguardo.

-Cerco di avere tutto sotto controllo, ma mi sto accorgendo che molte cose mi sono sfuggite di mano.

Parlava di me? Rimasi in silenzio, comprendendo il suo stato d'animo. Poi si voltò, tornando a fissare serio Aaron come se niente fosse successo.

-Ti resta mezz'ora. – concluse.
 

Angolo autrice
 I dialoghi originali della puntata sono stati mantenuti! Ovviamento con qualche eccezione per via di Kendra :P
Dite che si capisce il fatto che mi piacciano i drammi, scontri, ecc.? ahaha
Comunque ormai siamo praticamente ad Alexandria e lì sì che c'è lo spazio e il tempo per divertirsi u.u 

 

  
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