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Autore: Bay24    15/01/2016    3 recensioni
Perché loro erano una cosa sola. In un modo difficile, irrequieto, spesso doloroso eppure anche giusto. In un modo che conteneva anche sfumature di tenebre e non sola luce ma in cui loro si muovevano perfettamente. E per quanto ci fosse qualcosa che Carol non diceva, Daryl sapeva che c'era. Carol era lì, con lui. Perché lo sentiva, perché lo vedeva nei suoi occhi, lo percepiva nel suo tocco, nel suo modo di dirgli anche solo un semplice sì. Non era facile tra loro, ma era giusto. E Daryl non voleva perdere niente di tutto questo, non per della sciocca paura, pensò mentre permetteva a Carol di indirizzarlo nelle mosse giuste e concedeva a se stesso di stringersi ancora di più a lei. Avrebbe dato a Carol il suo tempo e alla fine lei avrebbe detto quello che doveva. Non sarebbe scappata e non gli avrebbe più mentito. Glielo aveva promesso e Daryl ci credeva. Voleva crederci.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Carol Peletier, Daryl Dixon
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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AVVERTIMENTI: Per capire a pieno l'atmosfera di questa OS credo sia necessario per voi, mentre leggete, ascoltare il pezzo che le da il titolo e che trovate qui- https://www.youtube.com/watch?v=kDCwO96MVGc . E' un piccolo momento di calma in una safe zone. Un piccolo momento, uno dei tanti, che mi piacerebbe vedere anche nello show. Prima o poi.
Spero che la storia vi piaccia.
Buona lettura.


"Quando esci là fuori rischi la vita, quando bevi dell'acqua rischi la vita. E oggi respiri e rischi la vita. Ogni momento qua ti lascia senza scelta. L'unica scelta che puoi fare, è per cosa rischiare la vita."
Diceva il caro Hershel. Io credo che l'amore sia un buon motivo per rischiare la vita. Non pensate?



                                                                                               §§§§§§§




                                                                       -"WHY CAN'T I FALL IN LOVE?"-




Se c'era una cosa che Carol amava, questa era la musica. Sopratutto quella del passato, quando le voci potenti lo erano naturalmente e non grazie a artifici e ritocchi di un computer e dove il suono della batteria, di una chitarra elettrica, di un piano, era dato da un vero strumento e non da un programma. Quando i testi, anche i più semplici, avevano davvero un messaggio da trasmettere e non l'unica preoccupazione di accaparrarsi le vette di una classifica commerciale già molto popolata. Amava sopratutto quella particolare canzone. Era stato così fin dalla prima volta che l'aveva sentita, per caso, schiacciando il pulsante di avvio di un vecchio riproduttore cd che ancora aveva un pizzico di energia dentro di se. Il basso sincopato. La chitarra che suonava lieve accompagnando la voce del cantante senza sovrastarla. Le parole, il ritmo, il pathos dato da ogni passaggio. Ogni nota era un brivido che correva sulla schiena di Carol.
Sì, la donna amava la musica. Quella ancora ascoltabile tranne vecchie musicassette o cd, nelle macchine che trovavano abbandonate lungo la strada. Quel mondo, un tempo tanto tecnologico, forse non era più adatto a fare posto a cose simili, ma da quando Carol aveva trovato quell'album in una delle case vuote della safe zone, aveva sperato di riuscire a trovare una macchina dotata d'impianto audio cd, così da poter avere un attimo di calma tutto per se per mettere su un po' di musica, trovare uno spazio sicuro lontano da orecchie indiscrete o morte e semplicemente ballare. Ballare fino a sfinirsi.
Non era una cosa che le era mai stata concessa di fare liberamente, neanche prima che diventasse un atto pericoloso per il semplice fatto che il mondo fosse invaso da morti che camminavano e che sentendo la tua musica avrebbero potuto aggredirti senza darti tempo e modo per difenderti. Suo marito Ed definiva la musica, qualsiasi tipo di musica, dalla classica al rock, semplice e puro" rumore assordante" e non le concedeva il permesso di ascoltarla in casa. O fuori. Forse proprio per questo per lei era così prezioso poterlo fare. Di nascosto sempre. Come faceva anche adesso, seppur per motivi diversi, quando l'occasione si presentava.

E il momento propizio si era presentato quando Aaron aveva chiesto a Maggie e Glenn di accompagnarlo fuori dal recinto esonerando Daryl dai suoi soliti compiti. Lui era sparito senza dire una parola e due ore dopo era tornato con quel minivan dotato d'impianto stereo e rimesso a posto.  Per lei. Le aveva dato le chiavi assicurandole che " funzionava tutto" ed era nuovamente sparito senza aggiungere una sola parola in più. O aspettare il grazie di Carol. Non lo faceva mai. Daryl agiva ma senza chiedere niente in cambio, quasi credesse di non meritarselo comunque anche quando dava tutto se stesso per gli altri.
Quando Carol era salita sul mini van per andare nel suo posto segreto, un piccolo spazio in mezzo al vicino bosco, che usava anche per migliorare la sua mira con la pistola, lo aveva fatto con la certezza che qualcosa per dire grazie a Daryl avrebbe dovuto comunque uscire dalle sue mani. Forse uno sformato. O una torta. Qualcosa che gli ricordasse che c'era eccome chi apprezzava lo sforzo che faceva per tutti loro, nelle grandi cose come nelle piccole, e che lo riteneva un dono elargito con altruismo e non una cosa dovuta. "Sai quando lasciar perdere? E sai quando non accettare meno di quanto meriti?" Recitava il testo di una delle canzoni che amava sentire in quei momenti. Era un testo perfetto per Daryl e forse un giorno lo avrebbe portato con lei e glielo avrebbe fatto ascoltare.
Per il momento, però, c'era solo lei, che raggiungeva quel piccolo spazio nel bosco, quello dove era certa di essere lontana da orecchie indiscrete, morte o vive che fossero. Scese dall'auto dopo aver avviato il cd, lasciando la portiera aperta perché la musica dell'impianto le arrivasse con più potenza.  Avrebbe benissimo potuto sentire quella musica anche usando delle semplici cuffie e un normale riproduttore portatile, almeno fino a che le pile non si fossero consumate o la batteria scaricata, lo sapeva bene. E di quando in quando lo faceva. Niente però eguagliava la sensazione di completezza che sentiva nel dare libero sfogo alla musica, nel lasciarla libera di vibrarsi nell'aria senza alcun freno o limitazione. Sì, avrebbe potuto essere rischioso, lo sapeva bene. Un gruppo di walker poteva essere vicino e sentirla comunque, ma a Carol non interessava. Era un rischio che era pronta a correre. In effetti, correva quel rischio esattamente come nella sua precedente vita, correva il rischio di farsi beccare da Ed in salotto ad ascoltare musica che le era proibita. Lo faceva perché si sentiva viva, libera in quei pochi minuti in cui una canzone durava e la rapiva totalmente.
Essere libera era una delle cose che Carol più bramava e al tempo stesso temeva, e affrontava quel desiderio come aveva imparato ad affrontare tutto in quel nuovo mondo: mettendo a rischio se stessa per potersi salvare. Che diavolo di paradosso!

Quando la canzone partì, Carol chiuse gli occhi e lasciò che il suo corpo cominciasse a muoversi lentamente dietro le note. Non seguiva una coreografia precisa, non ripeteva movimenti visti in video musicali o in show della tv. Semplicemente si muoveva, si lasciava trascinare dalle emozioni che la voce del cantante e il suono della musica le trasmettevano, azzerando tutto il resto. "Se vuoi tutto, devi perdere tutto", recitava una massima che Carol aveva sempre amato. E perdere se stessa, per ritrovare se stessa, le sembrava un compromesso più che accettabile.
E così, persa nel suono della musica, non si accorse di un paio di occhi fissi su lei.




                                                                                             §§§§§§





Daryl era estasiato. A dirla tutta, non conosceva la definizione esatta di questo termine, non era sicuramente un tipo adatto ai paroloni ricercati o più complicati di "diamine" o "accidenti", ma era certo che ciò che sentiva in quel momento non fosse solo piacere o gioia. Doveva essere quindi un sentimento più elaborato, un'emozione più complessa come appunto l'estasi pura. Qualcosa che raramente aveva sentito in vita sua. Il corpo di Carol in movimento, però, era estasi pura. Con gli occhi chiusi, la testa leggermente gettata indietro, le mani che accarezzavano lieve il corpo, Carol era una visione celestiale. Libera. Indomita. Forte. Del tutto disinteressata agli ovvi rischi che correva in quel momento, trasmetteva tutto questo e molto di più a Daryl, che dietro quell'albero stava rapito a guardarla.

Non era stata sua intenzione seguirla. A dirla tutta, dopo aver portato quell'auto a Carol, si era trovato senza nient'altro da fare e aveva pensato di prendere la moto solo per raggiungere Aaron e gli altri, perché proprio non sapeva come altro impiegare il suo tempo dentro quelle soffocanti mura della safe zone. Se non aveva un motore da rimettere a posto o un opossum da scuoiare, - e con la nuova dieta della safe zone che garantiva cibo in scatola in grande quantità e anche una produzione discreta da animali da macello pronti per l'uso, non era una cosa più richiesta quella - non aveva altro modo di rendersi utile. Lui non era adatto ai comizi, a fare il guardiano delle mura, a intrattenere rapporti con i vicini di casa. Lui era un cacciatore, non c'era molto altro che potesse fare se non seguire tracce e salvare vite. E certe volte, faceva male persino questo. Solo che aveva visto Carol montare nel minivan che le aveva appena portato, con l'aria di chi decisamente sta per fare qualcosa di proibito e si era preoccupato. Sapeva da Rick che nessuno aveva compiti esterni quel giorno, a parte Sasha e Abs, impegnati fuori dalle mura nella ricerca di medicine e Aaron, Maggie e Glenn, alla ricerca di altri sopravvissuti. Ovunque fosse diretta Carol, quindi, non ci stava andando per loro e questo aveva destabilizzato Daryl. Erano passati i giorni in cui Carol aveva sentito il folle desiderio di mollare la sua gente, di questo era certo. Eppure c'erano dei momenti in cui osservandola da lontano, la vedeva incerta, assorta in pensieri sicuramente non felici e come costretta nello stare lì, a fare quello che faceva per salvare tutti loro. Rimorso. Lo vedeva spesso negli occhi di Carol e la conosceva abbastanza da sapere che se avesse provato rabbia per se stessa tanto da sentirsi indegna di stare con loro, per quanto ingiustificato fosse come sentimento, non lo avrebbe confidato a nessuno per non essere di peso e se ne sarebbe andata via. Semplicemente. Lui voleva solo evitare questo, ecco perché l'aveva seguita fino a quello spiazzo. Per impedirle di scappare via da lui, se necessario.
L'aveva già persa tre volte, del resto, ed erano state tre volte di troppo per quanto lo riguardava.

E invece, l'aveva scoperta intenta a ballare. In modo lento, caldo e voluttuoso. Una cosa che da lei non si sarebbe mai aspettato. Certo, quando aveva chiesto ad Aaron il favore di sostituirlo per quella giornata con qualcun altro, lo aveva fatto espressamente per potersi dedicare a riparare quel minivan per lei. Lo aveva notato durante una delle ronde fatte con Aaron e sbirciando al suo interno aveva capito subito che sarebbe stato adatto allo scopo. In quel mondo, nessuno di loro osava ascoltare più musica, neanche con le cuffie, comunque pericolose perché non avrebbero fatto sentire rumori esterni improvvisi. E questo un po' perché non esisteva più elettricità che potesse ricaricare certi apparecchi e trovare le pile per certi altri era in pratica pura utopia ormai, e un po' per non attirare orde di vaganti vicino alle mura dei loro rifugi. Sapeva, però, che Carol amava farlo, non appena le era possibile, in luoghi sicuri, dove non metteva a rischio nessun altro se non se stessa ascoltando un po' di musica. Daryl quindi aveva recuperato quel minivan proprio con l'intento di poterle far sentire quel cd che aveva trovato e di cui ogni tanto gli parlava. L'aveva scoperta spesso a canticchiare rapita qualche parola di una canzone che Daryl non conosceva, la stessa, in effetti, che stava ascoltando Carol in quel momento, e che gli sembrava molto bella. Come Carol quando lo faceva. Così era certo che il minivan sarebbe servito proprio per farle ascoltare quel pezzo indisturbata e lontana da orecchie indiscrete o, peggio, morte. Non aveva compreso, però, che Carol non si limitava solo ad ascoltare la musica ma che la vivesse, in un certo senso. Non aveva capito che sarebbe stato così. Caldo. Seducente. Passionale.
Del resto, però, c'era mai qualcosa che fosse come se lo aspettava lui con Carol?

Già da qualche tempo aveva capito che lei non era come aveva creduto che fosse quando l'aveva incontrata per la prima volta, ancorata a quella bestia di suo marito Ed e stretta vicino alla piccola Sophia, come a volerla proteggere. Ne aveva viste tante di donne come lei nel quartiere dove aveva vissuto da bambino e nessuna di loro aveva mai fatto una bella fine. Allora l'aveva ritenuta una donnina debole e già vinta, una delle prossime vittime sicure. Di uno zombie, di una pallottola vagante, della sua stessa debolezza o, assai più probabile, del marito. Ed però era morto per primo e poi quel mondo si era preso anche sua figlia Sophia ed era stato allora che Daryl aveva cominciato a vedere l'altra faccia di Carol, quella vera. La sua forza, il suo coraggio, il suo dedicarsi agli altri, il suo non risparmiarsi continuo. Carol era una persona danneggiata come lui ma non vinta. E aveva capito che la vita di prima non l'aveva resa una vittima disegnata ma che anzi, l'aveva armata per sopravvivere forse meglio di loro a quell'inferno. C'era una dura lezione che andava appresa e Carol, che non era debole, vinta o stupida, l'aveva appresa meravigliosamente. Non è la tempesta che rende l'oceano pericoloso. Non sono le brutte cose che rendono qualcuno forte. Puoi riscoprirti forte ma non lo diventi. O lo sei sempre stato nel tuo profondo o le cose cattive ti mangiano.  E lei non era stata mangiata. Lei li aveva salvati tutti innumerevoli volte. Aveva salvato lui. Non solo da orde di walker, cannibali o assassini vari. Lo aveva salvato da se stesso, sopratutto questo. Lo aveva fatto liberandolo da molte delle ombre del suo passato, rendendogli noto che era un uomo che meritava rispetto e amore, qualcuno che valeva molto di più di quanto ritenesse. Gli aveva dato nuova vita, semplicemente credendo in lui. Credendo che lui potesse essere migliore di come si pensava, sicuramente più forte e utile e giusto di come ritenesse di dover essere per sopravvivere e basta.
In quel gruppo, molte persone avevano dato qualcosa a Daryl. Qualcuno di loro gli aveva dato tanto. Carol era l'unica che gli avesse dato tutto e lo avesse fatto senza chiedere nulla in cambio, continuando ancora a farlo solo respirando. Lei lo stupiva sempre, fornendogli ogni giorno nuove cose di lei da scoprire e conoscere. Cose che Daryl non avrebbe mai voluto finire di scoprire, perché semplicemente non voleva smettere di essere sorpreso da lei. Carol era qualcuno che conosceva profondamente e al tempo stesso, l'unica che fosse comunque in grado di stupirlo e in bene.

Quando a un tratto Carol si voltò dalla sua parte, per un attimo Daryl fu tentato di nascondersi dietro l'albero da cui la stava spiando, ma nei suoi muscoli sembrava non vi fosse forza per muoversi e poi la donna aveva ancora gli occhi chiusi. Poteva semplicemente restare lì quindi e continuare a guardarla. E magari muoversi con lei. Non se ne era accorto ma era esattamente quello che il suo corpo stava facendo, seguire i movimenti lenti e languidi fatti da Carol.
Solo che a un tratto lei aprì gli occhi e li fissò proprio su di lui, fermando all'istante i suoi movimenti come colta alla sprovvista. Probabilmente era proprio così visto che lui non avrebbe dovuto essere in quel posto.
"Daryl" sussurrò, infatti, la donna stupita. E in un attimo lui pensò che persino il suo nome, pronunciato da Carol, sembrasse più bello.  




                                                                                           §§§§§§






Persa a guardarlo, lì in piedi davanti a lei, gli occhi fissi negli occhi, un silenzio surreale che si protraeva forse troppo, ora che la canzone era finita, Carol si scoprì a pensare che Daryl fosse bello. Forse non canonicamente, ma lo era. Nonostante fosse sporco di grasso, accaldato e con i capelli ormai troppo lunghi, del tutto in balia di quel vento ribelle, con indosso dei vestiti che aveva decisamente visto giorni migliori molti mesi prima, era comunque veramente bello. Non era solo un fattore estetico ma anche metafisico, in un certo senso. Daryl trasmetteva coraggio, forza, cura. Persino nei suoi momenti di sconforto, era capace di far sentire al sicuro Carol, e questo lo rendeva completamente bello.  A un livello profondo. Dentro e fuori.
Quando aveva cominciato a pensare a lui in quei termini? Carol non avrebbe saputo dirlo. Si era avvicinata a lui quando Sophia era sparita, questo lo sapeva bene perché Daryl, fra tutti, era quello che le era stato più vicino, che aveva continuato a darle speranza anche quando non era più logico che una speranza continuasse a esserci. Aveva scelto di aprirsi a lui quando nel suo dolore ci aveva visto riflesso il proprio pesante fardello. Quando aveva cominciato, però, a pensare a lui come a un uomo e non più un ragazzino spaventato dalle ombre del suo stesso passato che lei poteva capire e aiutare? Forse era stato quando lui le aveva salvato la vita, ritrovandola chiusa in quella cella d'isolamento dopo giorni in cui non si nutriva e non beveva, a un filo dalla morte. O forse era stato quando aveva fornito prova di credere in lei e invece di chiederle perché avesse agito come aveva fatto, uccidendo Karen, l'aveva semplicemente accolta a braccia aperte, correndo da lei, felice di rivederla e poi aveva aspettato che lei decidesse di essere pronta a parlarne con lui. Una cosa che non aveva ancora fatto. Eppure Daryl era ancora lì, al suo fianco. Forse era per questo motivo, che aveva cominciato a pensare a lui in quei termini. Daryl c'era sempre. La sceglieva ogni volta senza farsi troppe domande. Senza farne a lei.

"Che cosa stai facendo?" le chiese a un tratto Daryl spezzando così quel silenzio imbarazzato che era nato tra di loro.
"Niente di che. Passavo il tempo." Una risposta stupida che non significava proprio nulla ma che conteneva tutto quello che Carol stava veramente facendo. Passava il tempo, sì, ne dedicava un po' a se stessa, lontano dagli altri che le chiedevano sempre troppo. Tutti tranne Daryl, ovvio.
"Ti muovi bene" continuò piano Daryl quasi quelle parole lo spaventassero. Forse era davvero così conoscendolo. E anche per toglierlo dall'imbarazzo che lo coglieva sempre in certi momenti, Carol si mise a fare due passi di danza molto scoordinati, imitando un po' le movenze di Charlie Chaplin, solo per farlo ridere e rilassare. "Tu come balli invece?" chiese poi.
"Io non ballo. Non so proprio farlo" bofonchiò Daryl alzando le spalle in quel suo classico gesto di non curanza che di solito nascondeva solo molto imbarazzo, mentre smontava dalla moto e la raggiungeva a piccoli passi.  
"Questo non è possibile, Dixon. Tutti sanno ballare. Certo, forse non come farebbe un ballerino di fila a teatro, ma ognuno di noi ha il suo modo di muoversi e di balli ce ne sono tanti. "
"Muoversi come se avessi un topo nelle mutande che ti morde il culo, può essere definito modo di ballare?" Le chiese allora Daryl mettendosi seduto su un piccolo masso scosceso che stava proprio nel mezzo di quella radura.
"Certo, perché no? Il ballo del topo che morde chiappe. Esiste sai?"
"Sono movimenti spastici e privi di senso quelli che faccio io."
"Ecco perché sono sicura che siano assolutamente perfetti."Affermò Carol con calore. E vedendo lo sguardo scettico che Daryl le rivolse a quelle parole, continuò: "Ballare è essere liberi, Daryl. Non è solo conoscere i passi o fare i movimenti giusti per raccontare una storia. Non devi conoscere i passi per essere libero di muoverti e non devi essere un maestro per poterlo fare. Devi solo ...muoverti."
"E' per questo motivo che vieni qui, lontana da tutti e balli? Per sentirti libera?"Le chiese allora a bruciapelo Daryl e Carol non poté evitarsi di sussultare a quella domanda. Così perfetta, così precisa, così in grado di cogliere in quel segno doloroso che tanto bene credeva di aver tenuto nascosto a tutti. Non era così, evidentemente. E forse per questo Carol si lasciò sfuggire la verità, invece di mentire o omettere come faceva sempre:  "Forse. Anche. Sì."
"Da cosa? Da cosa devi sentirti libera?" Chiese ancora Daryl e quella era decisamente una bella domanda, Carol doveva ammetterlo. Forse troppo intima, ma la più giusta che qualcuno le potesse rivolgere in quel momento. E non la stupiva che, fra tutti, a farla fosse di nuovo proprio Daryl.

Il punto però era un altro. Il fatto è che lei non riusciva a tirare fuori quello che aveva dentro. Non era quel tipo di persona, aveva dovuto imparare a non essere quel tipo di persona per salvaguardare se stessa negli anni passati con Ed. Era stata lei stessa a dirlo e proprio a lui. Daryl aveva bisogno di esternare il suo dolore per liberarsene. Lei poteva solo farlo sprofondare dentro di se, scavare una fossa sempre più profonda dove nascondere il suo dolore, sperando che esso non inghiottisse anche lei alla fine. Non poteva semplicemente dire quello che provava. Per una vita aveva dovuto combattere da sola contro il dolore, non aveva mai avuto nessuno che prendesse metà carico sulle sue spalle, anzi! Aveva dovuto essere forte per sua figlia Sophia, per lei aveva dovuto imparare a scavare quella fossa e non esternare il male che sentiva. Scegliere una vita con Ed, una vita con un mostro, era stato un suo errore, ma non avrebbe mai permesso che a patirne le conseguenze fosse sua figlia. Così aveva imparato a contare solo su se stessa, fortificandosi mentre il mondo la guardava e la vedeva, invece, sempre più debole e fragile. E ora, semplicemente, era incapace di credere che qualcuno potesse volere portare sulle spalle metà del suo carico.
Quello però era Daryl. Era la persona che la conosceva meglio di chiunque altro, che la capiva solo da uno sguardo, e che più di una volta le aveva impedito di soccombere vittima di se stessa. Lui c'era anche quando lei non si rendeva conto di avere bisogno di averlo vicino. C'era anche quando Carol era certa di poter essere forte giusto un minuto in più, per scoprirsi poi solo tanto stanca. Lui c'era. E le toglieva quel carico dalle spalle senza dirle niente. Poteva mentire anche a lui? Sarebbe stato inutile, perché Daryl sapeva già. E poi, lei non voleva farlo. Non voleva mentirgli. Non a lui.
"Da questo mondo. Dalla persona che sono diventata. Forse solo dai miei doveri, da quelli che sento tali perlomeno."Rispose quindi con sincerità, facendosi leggermente più vicina a lui.
"Sono le stupide chiacchiere di Morgan che ti stanno facendo venire i dubbi, vero? Eppure dovresti averlo capito ormai Carol. Non è detto che se una persona fa cose orribili sia per forza una persona orribile. "
"No, lo so ma...è solo che fa male." Rispose semplicemente Carol a quella domanda e questo era vero. Perlomeno, lei sapeva bene di non poter condividere il modo di vedere le cose di Morgan. Sapeva anche troppo bene che non tutti si meritavano una seconda chance e che spesso se non uccidevi il mostro, questi tornava per te o chi amavi. Era una lezione che aveva appreso ancora prima di finire in balia di quell'inferno e sospettava che prima o poi, temeva nel peggiore dei modi, anche Morgan lo avrebbe capito. Solo che era stanca, perché forse anche il modo in cui affrontava lei le cose non era quello giusto. Mettersi sempre in prima fila, sacrificarsi di continuo ingoiando il dolore senza mai esternarlo non la stava forse trasformando in qualcuno che temeva? Doveva esserci una via di mezzo, qualcosa che non la consumasse come stava succedendo. Se c'era però, lei non sapeva dirlo ma ammetterlo era semplicemente impossibile.
"Dove ti fa male?"insisté Daryl, davvero interessato. Carol di questo gli era grata ma come spiegarglielo? Come poteva dirgli che sentiva male al cuore, all'anima? Come poteva dirgli che era stanca di sacrificare se stessa, la sua anima, per gli altri? Loro non le avevano mai imposto niente e sarebbe stato un discorso egoistico affermare il contrario, lo sapeva fin troppo bene, ma tutte quelle morti pesavano sulla sua coscienza. E anche se poteva reggerle fino a che restavano solo una cosa che andava fatta per il bene di tutti, cominciare a parlarne le avrebbe rese più reali e allora cosa ne sarebbe stato di lei?
"Dappertutto" rispose allora semplicemente, e in fondo quella era la verità, l'unica che avesse.
"Carol, forse il punto è che deve fare male. Perché se senti male, vuol dire che conosci ancora la differenza tra giusto e sbagliato." Sentenziò Daryl quando si rese conto di quanto Carol fosse in difficoltà con la sua domanda.
"Daryl..-"Cominciò a dire allora lei ma non proseguì perché non sapeva davvero come farlo. O meglio, non sapeva come dire, come spiegare, l'universo di dubbi che aveva dentro.

"Sei stanca di non avere mai una scelta, vero?" La anticipò però Daryl usando le parole esatte che, si rese conto Carol subito, avrebbe usato anche lei. E quello era il punto. Non era il pugno dato o ricevuto. Non era la lama che entrava in un corpo morto o vivo che fosse, o che ne difendeva un altro. Era la scelta che Carol doveva compiere ogni volta per salvare se stessa e i suoi cari. Era il fatto che non ne avesse veramente una. Mai. Perché se si fosse concessa il lusso di poter scegliere, come faceva Morgan, anche lei non avrebbe ucciso i suoi nemici, molte volte. Probabilmente spesso sbagliando, altre volte forse facendo davvero l'unica cosa giusta. Un'incognita che non aveva mai avuto il lusso di concedersi. Perché se lo avesse fatto, come sarebbe andata a finire? Dove sarebbero Glenn, Maggie, Rick, Daryl e gli altri? Dove sarebbe Judith se lei non avesse fatto il suo dovere e non la sua scelta e non l'avesse salvata?
Uccidere però non era facile. Non importava quanto fosse malvagio colui che dovevi uccidere. Davanti avevi comunque una persona, e comunque la frase" uccidere è peccato", riecheggiava nelle sue orecchie ogni volta, ammonendola a credere possibile un'altra strada, un altro modo di affrontare le cose. Che non esisteva. Aveva detto addio a Sophia, ancora prima di ritrovarla cadavere in un fienile. Aveva ucciso Lizzie perché sapeva che era la cosa giusta da fare per Ty e Judith. Questo. La cosa giusta da fare per andare avanti, mai quello che lei voleva realmente. E ogni volta, il suo cuore era stato dilaniato da un dolore atroce. E chi mai avrebbe potuto ripararlo se neanche lei aveva il coraggio di guardare la profondità delle sue ferite?
Era stata religiosa un tempo. Aveva creduto in Dio. Ora non sapeva più se fosse così, onestamente c'erano molte cose che la facevano dubitare della sua esistenza, eppure ogni volta che uccideva, anche quando lo faceva per salvarsi e per salvare i suoi cari, si sentiva comunque in colpa. E succedeva perché non poteva scegliere. Poteva solo agire. Ogni volta. Questo le pesava. Questa la rendeva stanca e incerta del suo dovere.
Non lo aveva detto a nessuno. Non avrebbe saputo neanche come spiegarlo a parole. Daryl, però, lo aveva capito lo stesso. Lui capiva sempre.

"Balla con me, ti prego Daryl" sussurrò allora Carol, avvicinandosi ancora un po' a lui, ancora seduto sul masso. Non era la cosa giusta da dire in quel momento, forse, e sicuramente non era quello che Daryl le aveva chiesto ma era quello che poteva dargli lei, era quello che voleva lei. Per una volta, poteva fare semplicemente quello che voleva senza badare a quello che doveva?
"Te l'ho detto. Non so farlo." Le rispose Daryl in modo brusco, chiaramente preso alla sprovvista dalla sua domanda. Era sempre così che reagiva quando qualcosa lo metteva in difficoltà. O diventava brusco, o diventava strafottente. Anche lei lo conosceva bene, del resto, e niente di lui la stupiva più ormai.
"Magari non ti credo" fu tutto quello che disse divertita Carol prima di piegarsi verso di lui e cominciare a fargli il solletico. "Andiamo, balla con me Daryl e ti lascio in pace". Sentenziò poi quando l'altro cominciò a ridacchiare, per una volta libero dai suoi invisibili paletti. Senza attendere ulteriore conferma, Carol lo afferrò per le mani e lo aiutò a mettersi in piedi. Non si stupì quando Daryl non fece alcuna resistenza e obbedì alla sua richiesta allontanandosi dal masso su cui si era seduto, per seguirla più vicino all'auto, dove Carol lo lasciò per abbassarsi e far partire di nuovo la musica da capo. Quando il basso sincopato fece di nuovo irruzione squarciando il silenzio che li circondava, lasciò che il senso di trionfo che sentiva dentro sfuggisse al suo controllo giusto per un secondo.
Quando si tirò su e si voltò di nuovo verso di lui, vide che Daryl guardava impacciato in terra, alzando lo sguardo verso di lei solo di quando in quando. "Stai tranquillo, non serve che parli." Si sentì allora in dovere di dirgli, mentre gli si avvicinava e cominciava piano a girargli intorno, seguita da Daryl in una piccola parodia di qualcosa che non era un ballo, non ancora almeno, ma ci si avvicinava parecchio. "Non serve che dici niente, né che fai niente. Almeno che tu non lo voglia, s'intende. Lascia solo che questa musica ti guidi. "
"Non so se sono in grado di farlo" bofonchiò Daryl che continuava a far correre il suo sguardo tra lei e il terreno, mentre impacciato, si muoveva e assecondava il volere di Carol avvicinandosi passo dopo passo sempre di più a lei. "Insomma, tu sei....coraggiosa. Mi piacerebbe essere come te" continuò poi, mentre il suo sguardo riusciva a fermarsi dentro gli occhi di Carol creando all'istante una connessione profonda che le fece sentire calore e gioia.
"Lo sei" sussurrò Carol facendosi leggermente più vicina, mentre Daryl scuoteva piano la testa in un cenno di diniego e il suo respiro si faceva più affannoso.
"No. Vorrei esserlo ma non lo sono. Ho paura di tutto. E non so neanche come dire alcune cose. Dirle a te."
"Lo stai già facendo."
"Come?" chiese Daryl confuso ma a quello Carol non rispose. Non a parole almeno. Perché era esattamente così che Daryl le parlava. Non usava mai le parole ma sempre e solo le sensazioni che sapeva trasmetterle. Carol lo capiva. Daryl capiva lei ed era così che avveniva. La connessione che esisteva fra loro era qualcosa che non richiedeva parole o grandi discorsi. Bastavano uno sguardo, un abbraccio, una carezza, un piccolo gesto. Così Carol si limitò a farsi vicina fino a toccare con il proprio petto quello dell'altro e poi strinse le sue mani intorno alle spalle di Daryl. Lo sentì irrigidirsi a quel contatto ma non mollò la presa, portando la propria testa ad appoggiarsi a una delle sue spalle. Piano piano, Daryl si sciolse in quell'abbraccio e anche lui portò le sue mani intorno alla vita di Carol in una presa lieve che non voleva essere invasiva e che pure pesava sulla pelle di Carol come cera fusa. E in quel contatto, in quella stretta i loro movimenti divennero meno confusi e più precisi. Un ballo lento, passionale, dove la musica si confondeva che gli ansimi che entrambi stavano emettendo, totalmente presi da quell'unione.

Carol scoprì che Daryl si muoveva molto meglio di quanto credesse. Stretto a lei, non era impacciato come risultava essere a volte e anzi, sembrava la metà perfetta di Carol nel ballo. E si staccò da lui per poterglielo dire solo che i suoi occhi incontrarono quelli di Daryl e restarono incatenati a essi mentre la musica continuava sovrastando tutto e loro ancora ballavano stretti l'uno all'altra. Daryl s'inumidì le labbra e Carol ne seguì il gesto facendolo a sua volta e scatenando un sorriso divertito nell'altro che ancora imitò.
"Beh abbiamo appurato che mi hai mentito" disse Carol a quel punto per interrompere quel silenzio pesante. E quando Daryl la guardò confuso non capendo cosa intendesse, aggiunse: "Balli davvero magnificamente" scatenando nell'altro la solita reazione imbarazzata che lo portò ad abbassare di nuovo lo sguardo. Anche se a Carol non era per niente sfuggito il sorrisino compiaciuto che aveva fatto subito capolino sulle sue labbra a quel complimento.
"Non ancora" disse poi Daryl tornando a guardarla. "Potrei imparare però se volessi darmi delle lezioni." Continuò stringendola ancora di più a sé, in un gesto coraggioso per lui che era anche un invito e piuttosto chiaro.
Carol poteva dire di no a una cosa simile? Non poteva. Così sorrise e tornò a ballare con Daryl.



 

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In fondo, c'erano cose buone anche in quel mondo completamente andato a puttane, pensò Daryl. C'erano ancora momenti che valevano la pena di essere vissuti, attimi forse irripetibili e tanto più preziosi proprio per questo. Stretto a Carol, Daryl era sicuro che quello fosse uno di quei momenti preziosi e di certo lo era per lui.
Non aveva mai avuto molto nel mondo di prima, forse neanche un posto che gli spettasse. Da quando stava con Rick e gli altri, però, aveva trovato una sua dimensione, un suo perché, un motivo, in effetti, più di uno per alzarsi ogni mattina e combattere. I motivi portavano i nomi di Glenn, Maggie, Rick, Carl, Judith e Carol. Sopratutto Carol.
"Questa vita non è così male come potrebbe sembrare" sussurrò allora, piano, e non serviva che urlasse comunque perché la sua bocca era vicina all'orecchio di Carol e sapeva che lei avrebbe sentito comunque.
"No. E poi hai incontrato me...-" sussurrò Carol incerta, come se non avesse ben presente il ruolo fondamentale che aveva lei nella nuova vita di Daryl. Eppure lei era il fulcro del suo nuovo cuore e della sua nuova anima. Lei era quella che poteva abbracciare il suo passato senza farsene spaventare e dargli un futuro che fosse migliore, perché ne aveva la forza. Lei era tutto.
"E ho incontrato te." Si limitò a confermare Daryl perché dire quello che pensava era troppo per lui. Un universo intero di emozioni che forse non sarebbe mai stato in grado di esprimere a parole. Così strinse ancora di più a se Carol.
Una maglietta fine era tutto quello che divideva la sua pelle da quella calda della donna e la cosa gli piaceva. Gli piaceva molto.
"Va bene così, Daryl. Non serve che parli ancora" disse a un tratto Carol e Daryl lo seppe. No. Non serviva che parlassero. Perché loro erano una cosa sola. In un modo difficile, irrequieto, spesso doloroso ma anche giusto. In un modo che conteneva anche sfumature di tenebre e non sola luce ma in cui loro si muovevano perfettamente. E per quanto ci fosse qualcosa che Carol non diceva, Daryl sapeva che c'era. Carol era lì, con lui. Perché lo sentiva, perché lo vedeva nei suoi occhi, lo percepiva nel suo tocco, nel suo modo di dirgli anche solo un semplice sì. Non era facile tra loro, ma era giusto. E Daryl non voleva perdere niente di tutto questo, non per della sciocca paura, pensò mentre permetteva a Carol di indirizzarlo nelle mosse giuste e concedeva a se stesso di stringersi ancora di più a lei. Avrebbe dato a Carol il suo tempo e alla fine lei avrebbe detto quello che doveva. Non sarebbe scappata e non gli avrebbe più mentito. Glielo aveva promesso e Daryl ci credeva. Voleva crederci.

Perché il suo cuore sapeva quello che il cervello si rifiutava di accettare. Lui aveva già scelto. Da tempo. Lo aveva fatto dopo un ciao che una donna sconosciuta gli aveva sussurrato con timidezza quando gli era stata presentata. Lo aveva fatto quando quella stessa donna, in preda al dolore per la figlia, gli aveva detto" non posso perdere anche te." Lo aveva fatto la prima volta che una sua mano era corsa a stringere quella dell'altra, quando dopo averla creduta morta, se l'era ritrovata invece viva davanti. Lo aveva fatto quando aveva sentito le sue braccia circondarlo con forza, dopo un'assenza di settimane. Lo aveva fatto quando lei gli aveva detto" sei un uomo adesso" e lui aveva sperato di poterlo sempre essere per lei. Lo aveva fatto in quel momento, quando per la prima volta aveva sussurrato il nome dell'altra in preda a una passione che non stava frenando ma manifestando. Lo aveva fatto ogni giorno da quando aveva incrociato i suoi occhi. Aveva scelto mille una volta ancora di amare lei. Ci aveva messo solo un po' di tempo per ammetterlo con se stesso.
"Mi piace questa canzone" sussurrò Daryl a quel punto e Carol ripagò quelle parole con un sorriso che le illuminò il volto. Era come se le avesse detto"mi piaci tu" e lei lo sapeva fin troppo bene.
Un giorno Daryl avrebbe saputo dirle anche quelle parole, ne era certo. Le avrebbe dette chiaramente e Carol sarebbe stata ad ascoltarlo. Allora avrebbero avuto tutto. Tutto quello che meritavano e più di quanto meritassero. E sarebbero stati loro. Due anime danneggiate nuovamente complete.










L'angolo della walker che cammina di fianco a voi:
Io ci ho provato e spero davvero di aver infuso abbastanza tensione sessuale in quel ballo, che era poi quello che volevo fare. Mi spiace di non avervi dato un bacio vero e proprio, l'intento di questa ff era aprire davanti ai vostri occhi uno scenario possibile anche nello show e avere un po' di tensione sessuale chiara direi che è un passo obbligatorio prima di avere scene esplicite no?
BTW vogliatemi bene. Almeno un pochino. Se v'interessa qui trovate la pagina autrice dove sarete sempre aggiornate quando pubblico le varie storie: https://www.facebook.com/Bay24-1678094309114856/?ref=bookmarks
Baci Bay24

  
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