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Autore: Darth Curunir    17/01/2016    2 recensioni
Saruman il Bianco è uno degli Istari, i cinque spiriti celesti incarnati in corpi mortali che nell'anno 1000 della Terza Era furono inviati sulla Terra di Mezzo per combattere l'Ombra. Di tutti gli Istari, Saruman è il più saggio e il più potente, ma presto verrà a conoscenza di un sentimento ben più forte del sapere o della magia: l'amore. E sullo sfondo di un Regno di Gondor vessato dalla guerra civile, lo Stregone capirà che il suo cuore ha sbagliato tutto.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gandalf, Nuovo personaggio, Saruman
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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2.
L’ombra si addensa
 
 
 
 
Passarono gli anni.
Curunír continuò a girovagare per la Terra di Mezzo, andando ad Arnor, a Gondor e qualche volta anche nell’Est. Iniziò a frequentare molto gli Uomini, che presero a chiamarlo Saruman il Bianco, ossia l’Uomo astuto, nome che si adattava bene al capo degli Istari.  
Saruman (così lo chiameremo d’ora innanzi) incontrò spesso Olórin, che vagava molto più di lui, ed era molto più avventuriero di lui. Olórin aveva stretto amicizia con molti popoli della Terra di Mezzo, ed aveva assunto il nome di Gandalf – Uomo col bastone – il Grigio, col quale lo chiameremo.
Quanto ad Aiwendil, l’Istari Bruno si rivelò poco avventuriero. All’inizio vagava anch’egli per la Terra di Mezzo, e assunse il titolo di Radagast – Custode degli animali – il Bruno. Ma col passare degli anni restava sempre più a Boscoverde, e si interessava sempre meno dei suoi compiti. Spesso Gandalf e Saruman parlavano di lui, e il capo degli Istari non mancava di esprimere il proprio disappunto per il comportamento del “poveraccio”.
Gli Istari avevano stretto amicizia con i principali signori Elfici della Terra di Mezzo: Elrond di Gran Burrone, figlio di Eärendil; Galadriel figlia di Finarfin, saggia e splendida signora dei Boschi di Lothlórien; Celeborn, suo marito; Thranduil del Reame Boscoso costruito fra le fronde di Boscoverde il Grande; e anche Círdan del Lindon.
Gli Istari erano divenuti in breve il nuovo tormentone della Terra di Mezzo. In ogni dove si narrava di questi venerandi maghi sapienti e potenti, in grado di fare qualsiasi cosa. Eppure, la gente aveva reazioni diverse a seconda dell’Istari. Radagast era tenuto poco in considerazione, anche se Gandalf ne parlava sempre bene. Gandalf era amato e temuto: il suo animo buono e allegro lo rendeva simpatico e amato (anche presso i bambini, che lo conoscevano per i suoi fuochi d’artificio!); ma la sua conversazione, la sua possanza, la sua chiara saggezza lo rendevano temuto al pari di un mago potente e tremendo.
Saruman non era molto amato. I re di Arnor e di Gondor lo amavano, perché sapeva donar loro consigli sempre nuovi e sempre giusti. Alcuni Elfi, invece, lo consideravano troppo apatico. In realtà, Saruman era un amante della solitudine e della riflessione, e forse era questo suo carattere schivo a renderlo poco amato ai più. Tuttavia i grandi signori Elfici (come Elrond o Galadriel) lo stimavano per il suo potere e, soprattutto, per la sua enorme saggezza e per la sua infinita conoscenza.
E così, il tempo passava, e l’ombra lentamente si addensava.
 
In un giorno di giugno dell’anno 1103 della Prima Era, Saruman il Bianco camminava verso nord, diretto nel Regno di Arnor. Saruman aveva fatto visita alle Miniere di Moria, il Reame nanico di Khazad-dûm, il più prospero dei regni sotterranei dei Nani, e ora si dirigeva verso il reame umano del nord. Mentre si trovava nell’Eregion, a metà strada fra Moria e Gran Burrone, lo raggiunse Gandalf a cavallo.
Lo stregone Grigio aveva in una mano il bastone, e pareva affrettato e agitato. Non appena scorse Saruman in lontananza, fece la faccia di una persona che ha trovato qualcuno dopo averlo cercato per giorni.
Saruman, che camminava nei pressi di un bosco appoggiato al bastone, si fermò, e Gandalf lo raggiunse. Quando il cavallo dello stregone Grigio si fermò, Gandalf disse affannato:
“Saruman, finalmente! Sono due giorni che ti cerco, e ho saputo che stavi andando nel Regno di Arnor.”
“In effetti è così, amico mio.”
“Saruman, devi venire a Gran Burrone subito!” esclamò Gandalf. “Ci sono già Galadriel, Elrond, Círdan e Radagast, manchiamo solo noi due!”
“È forse accaduto qualcosa di spiacevole?” chiese Saruman.
“Radagast ha detto che ci deve parlare subito!”
“Spero non sia uno scherzo o lo espello dall’Ordine…” mormorò Saruman fra sé. Poi, rivolto a Gandalf, “Ma ora,” disse, “come facciamo ad andare a Gran Burrone? Abbiamo solo un cavallo!”
Gandalf portò due dita alla bocca e produsse uno strano suono, simile a un fischio ma molto grave e sonoro. Dopo pochi istanti all’orizzonte comparve un cavallo grigio, che si fermò davanti a Saruman.
“È un trucchetto insegnatomi da Radagast,” disse Gandalf.
“Se non altro le sue stramberie ogni tanto servono a qualcosa,” disse Saruman montando in sella. I due Istari galopparono veloci come la luce verso Gran Burrone, e vi arrivarono dopo un’ora soltanto, percorrendo una strada segreta nota a pochi, a quei tempi.
I cavalli salirono la strada che conduceva alla meravigliosa città di Imladris, a picco su una rocca immersa nella natura. Poi, i due Istari licenziarono i cavalli, e appoggiati ai bastoni si diressero in una terrazza che dava sul fiume Rombirivo.
Era una loggia sorretta da colonne tortili costruite dalla sapiente arte degli Elfi. Al centro c’era un tavolo rotondo, al quale erano seduti Elrond e Radagast, mentre Círdan e Galadriel discorrevano poco più in là. Elrond aveva una coroncina sui lunghi capelli neri e un vestito rosso, mentre Radagast era vestito con i soliti abiti bruni, e aveva la testa fra le mani. Galadriel era una meraviglia per gli occhi: i lunghi capelli biondi accecavano la vista, e gli abiti smaglianti e il viso benevolo incantavano chiunque la guardasse. In lei si riconosceva la traccia di una storia ormai passata, ma che aveva lasciato ancora delle tracce meravigliose.
“Signori, siamo arrivati,” disse Gandalf.
“Salute a tutti voi,” disse Saruman, “è sempre un piacere vedervi. Oh, Galadriel, buongiorno. Sei sempre un ristoro per i miei occhi stanchi, mia signora.”
“Grazie Saruman,” disse Galadriel con voce dolce, “è un piacere rincontrarti.”
“Ora che ci siamo tutti,” disse Elrond mentre gli altri si sedevano, “possiamo ascoltare ciò che Radagast il Bruno ha da dirci.”
Per un attimo ci fu silenzio. Si udiva solo lo scroscio delle acque del Rombirivo, il canto degli uccelli e il rumore delle fronde degli alberi. Poi, Radagast sollevò il capo, mostrando un volto preoccupato, e disse:
“Mi dispiace avervi disturbato, compagni Istari e Saggi Elfi, ma devo informarvi di alcuni fatti terribili…”
“Vieni al sodo!” esclamò Saruman.
“Su, dicci tutto,” disse Gandalf in tono dolce, come per vanificare le parole brusche del capo dell’Ordine.
“Vedete,” disse Radagast, “forse saprete che da qualche tempo mi sono stabilito a Rhosgobel, nella parte meridionale di Boscoverde il Grande…”
“Contravvenendo al tuo dovere di stregone nomade…” disse Saruman.
“Ebbene?” chiese Elrond.
“Io…” mormorò Radagast; “ecco… c’è qualcosa in quella foresta. Qualcosa è cambiato! Vedo la flora che appassisce, gli animali che si allontanano… e tutto in una zona precisa e circoscritta: Amon Lanc.”
“Sarà che sono poco pratico delle Terre Selvagge,” disse Círdan, “ma non ne ho mai sentito parlare.”
“Amon Lanc è una fortezza in rovina a sud di Boscoverde,” disse Saruman. “Anticamente era abitata dagli Elfi Silvani, ma ora è stata abbandonata e cade letteralmente a pezzi.”
“Sì, ma lì dentro c’è qualcosa!” esclamò Radagast. “L’ombra s’infittisce su quelle rovine, le nuvole sono eterne laggiù, e persino gli animali più feroci temono la fortezza! Gli uccelli iniziano a chiamare quel luogo col nome di… Dol Guldur!”
Colle oscuro?” fece eco Gandalf.
“Gandalf, ascoltami,” disse Radagast. “Laggiù c’è un’ombra… non qualcosa di comune. Sono andato a controllare di cosa si trattasse (mi ci è voluto del coraggio!)… ho visto un’Ombra. Qualcosa di orribile ha preso possesso della fortezza, e… ho trovato questo…” Radagast mise le mani nel mantello e ne tirò fuori un involucro di panno. Lo posò sul tavolo e lo srotolò: al suo interno vi era una spada.
“Questa non è arte elfica,” disse Elrond esaminandola.
“Queste rune sono state incise dagli Uomini molto tempo fa,” disse Círdan osservando l’arma. “Eppure non capisco…”
“Ahi!” gridò Galadriel osservandola. “Ho già visto quest’arma! E avrei preferito non rivederla.”
“A chi appartiene?”
“È…” mormorò la regina di Lothlórien, “è una delle armi dei Nazgûl!”
“Gli spettri dell’Anello?” sussurrò Elrond. “I più crudeli servitori di Sauron!”
“Come può un Nazgûl essere tornato?” chiese Saruman. “I Nazgûl sono legati alla volontà di Sauron. Se Sauron non è tornato, essi non possono tornare. Non si può dividere uno Spettro dell’Anello dall’Oscuro Signore.”
“E se Sauron fosse tornato?” domandò Radagast. “L’ombra di Dol Guldur non può essere dovuta a un banale stregone! C’è qualcosa di più losco all’opera!”
“Non essere sciocco, Radagast,” disse Saruman. “Senza l’Unico Anello, Sauron non può tornare. E noi sappiamo benissimo che Esso è andato perduto dopo la scomparsa di Isildur. Sauron necessita dell’Unico Anello per tornare a possedere una forma fisica. Dunque, non è tornato.”
“Saruman,” disse Gandalf, “non giungiamo a conclusioni affrettate. Hai ragione, Sauron non può essere tornato. Ma Radagast ha ragione: la presenza di una spada dei Nazgûl all’Amon Lanc (o Dol Guldur che dir si voglia) dimostra una presenza oscura molto forte, molto temibile laggiù.”
“Stai dicendo che un Nazgûl potrebbe aver preso possesso delle rovine dell’Amon Lanc?” chiese Círdan.
“Non possiamo negarlo, né affermarlo.”
“Se un Nazgûl non è a Dol Guldur,” disse Radagast, “come può una delle loro spade essere laggiù? Tutti sappiamo bene che esse sono rimaste per secoli nei sepolcri dei loro padroni!”
“Un’ombra in un castello in rovina non significa Nazgûl,” disse Saruman. “Ammetto che le circostanze in cui ci troviamo ci facciano capire che laggiù ci sono grandi potenze all’opera, ma non giungiamo a conclusioni affrettate. Un pezzo di ferro ossidato non basta per dire che Sauron è tornato. Compagni Saggi, tutti ben sappiamo che Sauron non è stato sconfitto, e che il suo spirito aleggia ancora sulla Terra di Mezzo. Potrebbe essere tornato, perché no? Ma non ne siamo sicuri. Benché io non dubiti della parola di Radagast, non possiamo basarci sulle scarse prove in nostro possesso.”
“Bisognerebbe fare delle ricerche a Dol Guldur,” disse Elrond.
“Non essere affrettato, Elrond figlio di Eärendil,” soggiunse Saruman. “Io ritengo che non sia opportuno intensificare ulteriormente le ricerche. Non ora. Se le prove aumenteranno, il Consiglio dei Saggi valuterà di indagare sull’Amon Lanc.”
“Saruman,” disse Gandalf, “permettimi di esprimere il mio parere. Perché non dovremmo fare ricerche? Una spada Nazgûl non capita a Dol Guldur per caso…”
“Ma Sauron non può essere tornato, senza l’Anello, e se l’Oscuro non è tornato, dubito che un Nazgûl abbia potuto farlo,” disse Saruman.
“Ha ragione,” disse Círdan.
“Tuttavia,” disse Galadriel, “l’Oscuro Signore potrebbe essere tornato non come forma corporea, ma come puro spirito maligno. Egli potrebbe non aver assunto una forma fisica, e in tal caso avrebbe potuto richiamare uno dei Nazgûl.”
“Precisamente!” esclamò Gandalf.
“Mia signora,” disse Saruman, “benché io tenga in altissima considerazione la tua opinione, permettimi di controbattere. Non è facile acquisire forma di spirito. Sauron non ne possiede per ora le capacità. Millecento anni fa veniva sconfitto, ed Egli ha continuato a vivere come spettro: ma è qui il punto. Non ha ancora la forza di assumere una qualsiasi forma. Sono scettico riguardo il suo ritorno.”
Per un attimo cadde il silenzio. “Abbiate pazienza, Saggi,” disse Saruman alzandosi, “e se avremo delle prove più concrete valuteremo il da farsi. Perché spendere energie e forze nella ricerca di un qualcosa che non sappiamo se è vero? Date retta al capo dell’Ordine: lasciamo scorrere. Il tempo ci saprà dire se i sospetti che si sono manifestati sono fondati.”
“Faremo come dici,” disse Gandalf, mascherando a stento il disappunto.
“Se saprò qualcosa di nuovo ve lo comunicherò al più presto,” disse Radagast.
“Bene,” disse Elrond.
“A questo punto,” disse Saruman, “tolgo il disturbo. Devo recarmi nel Regno di Arnor, il re Beleg mi attende per questioni di politica alquanto tediose. Al prossimo incontro, amici Saggi.”
“A presto.”
“I Valar ti assistano.”
“Salute, al prossimo incontro,” dissero gli altri.
Saruman si avviò verso nord, e uscì da Imladris, diretto verso la città di Fornost. Da un lato pensava che le prove del ritorno dei Nazgûl fossero inconfutabili, eppure… non voleva crederci. Pareva così strano! Era difficile che Sauron fosse tornato. E comunque, le prove in loro possesso erano scarse, e non si poteva giungere a conclusioni troppo presto.
 
 
 
 
 
 
 
SPAZIO AUTORE
Molti di voi avranno riconosciuto nel capitolo presente un evento che si verifica nel film Lo Hobbit – Un viaggio inaspettato di Peter Jackson. In effetti è altamente probabile che i Saggi abbiano ritrovato a Dol Guldur una spada dei Nazgûl, ma è scorretto (stando alle opere di J.R.R. Tolkien) che questo evento accada nel 2941 della Terza Era, parallelamente al viaggio di Bilbo Baggins e dei Nani di Thorin Scudodiquercia. Infatti, nell’Appendice B de Il ritorno del Re, Tolkien scrive che all’incirca nel 1100 della Terza Era i Saggi sospettarono che Dol Guldur fosse occupata dai Nazgûl. Ho scelto di prendere spunto dall’evento del film, inserendolo nell’epoca opportuna, ossia il 1100 circa, per l’appunto.
 
 
 
 
 
   
 
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