10 times you said goodbye
6) The sixth – To him
“Non ce la faccio”, aveva detto James. “Non ce la faccio, Sirius!”, aveva ripetuto.
Con i suoi occhi grigi, il Black lo aveva fissato dall’alto. Non avrebbe retto un altro abbandono, e lo sapeva. E sapeva anche che James era seduto sul letto, con il volto tra le mani, distrutto dentro e fuori, corroso da senso di colpa e vergogna. Non si erano baciati questa volta. Era stato qualcosa di molto più sottile e delicato, ma, forse, doppiamente forte. Si erano incontrati, soli, a casa di James, vicino al letto in cui – chissà quante volte – avevano dormito assieme. E sapevano di non poterlo più fare, e ne avevano parlato. E James era scoppiato.
“Non ce la faccio”, e questa volta l’aveva sussurrato. “Mia mamma mi chiede quando sposerò Lily, non vede l’ora, io non ce la faccio a dirle la verità.”
Sirius sapeva di non essere in grado di capirlo. Lo sapeva perché lui non avrebbe avuto neppure una persona a cui “dire la verità”, perché al di fuori di James non c’era nessuno che lui avrebbe potuto deludere. Al di fuori di James, non c’era nessuno che lui avrebbe potuto amare. Al di fuori di James, Sirius sapeva di essere solo.
“Prongs… mi stai dicendo addio?”
Ed era stato in quel momento, quando James non aveva più alzato lo sguardo, che nel mondo di Sirius avevano iniziato a farsi strada crepe che non sarebbero mai più state riparate. Erano entrambi sicuri, però, che il loro amore, prima o poi, le crepe le avrebbe saldate. E come James gli aveva insegnato ad amare, gli avrebbe anche insegnato a guarire.
Eppure quell’anno, il regalo della signora Potter, Sirius non l’aprì.
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