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Autore: marwari_    17/01/2016    2 recensioni
|Beyond the pale: qualcosa di impossibile, qualcosa di impensabile - rating "giallo" per i riferimenti all'esoterismo, Salem, spiriti, stregoneria ecc.|
E' il 1992 e una ribelle Paige trascorre noiose ore nel museo della città.
L'incontro casuale con la giovane Prue cambierà per sempre il suo modo di vedere il mondo che la circonda.
Una nuova vita è alle porte di entrambe, un futuro di segreti svelati, famiglie in lotta e destini mutati.
Cosa sarebbe successo se, da giovani, la più grande e la più piccola delle sorelle Halliwell -ignare di tutto- si fossero incontrate?
{POV: Paige/Prue}
Genere: Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Paige Matthews, Prue Halliwell
Note: Missing Moments, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Charmed: Legacy'
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Cap.3 – qualcosa di straordinario

Paige si era imposta di non pensare più a ciò che era successo in quel museo. Non ci avrebbe messo più piede in vita sua, non avrebbe studiato le vicende delle streghe di Salem, non avrebbe esaminato quadri o altre opere che riguardavano quell’argomento.. anche se il costo sarebbe stato quello di prendere brutti voti. Avrebbe recuperato.

Guardò per tutto il tempo fuori dal finestrino della penultima fila, riuscendo persino ad ignorare le grida selvagge dei compagni, le sgridata inutili dei professori e i cori stonati che si formavano, a tratti, sulle note di “Everybody Hurts” con tanto di accendini alzati per il solo piacere di vedere i professori e l’autista protestare della loro incoscienza e totale mancanza di rispetto per le regole.          
A Paige non dispiaceva essere nella classe peggiore di tutto il liceo, quella che tutti i professori e gli altri studenti conoscevano come piena di delinquenti, svogliati e falliti, perché in fondo era quella con più potenziale di tutti. Non sarebbe stato molto più soddisfacente riuscire a fare qualcosa che tutti gli altri ritenevano impossibile? Ma no, non poteva prendersi in giro a lungo.. le piaceva perché il fatto di essere tra i peggiori studenti della scuola le dava il permesso di comportarsi come più le piaceva: poteva vestirsi in modo trasandato, ascoltare la sua musica preferita ed essere additata come fanatica insieme ad altra gente come lei, poteva fumare nei bagni senza ricevere null’altro che blande sgridate dai bidelli perché da lei, o da persone del suo genere, in fondo, se lo aspettavano.. la vita era facile, da un lato e terribilmente difficile dall’altro e Paige non aveva abbastanza voglia per prendere la situazione in mano e dare una svolta alla sua miseria. Dopotutto lasciare le cose come stavano non le costava nulla, mentre cambiarle.. le sarebbe costato impegno, fatica e buona volontà.. tutte cose che lei non possedeva e non desiderava affatto sfoggiare.

Sbattè appena la fronte contro il vetro del finestrino quando il veicolo, con una brusca frenata, si posizionò al consueto parcheggio di fronte alla scuola. Paige si massaggiò distrattamente la pelle mentre scendeva le scale ed evitava, senza troppe cerimonie, i suoi amici che la stavano attendendo sui muretti di cinta del liceo

«Ehi dove corri?» Paige si sentì tirare per il braccio; per un momento credette di vedere la ragazza bruna del laboratorio, poi riconobbe la sua amica Michelle «Ti sei scordata che ci avevi promesso il pomeriggio?» la ragazza bionda la osservò da capo a piedi come se non l’avesse mai vista «Dici, ti senti bene? Sei più pallida del solito.» prese a ridere, ma quando vide che l’amica non rideva a sua volta, si limitò a guardarla

«Non mi va di uscire, voglio andare a casa.» balbettò incerta, evitando abilmente il suo sguardo. Voleva andarsene prima che il resto della banda si avvicinasse a loro, cosa che sarebbe accaduta entro pochi minuti «Mi hanno fatto venire il mal di testa.» tentò, cercando di assumere una delle sue solite espressioni scocciate. Michelle sembrò bere la storia, forse attribuendo il suo malessere anche all’alcool della sera prima o al fumo di dubbia provenienza nei bagni la mattina stessa oppure al mix delle due cose, quindi annuì e dopo averla salutata si unì agli altri diretta nei malfamati vicoli del centro più in voga tra i teenager.

Sospirò stancamente, prendendo a camminare per la strada più corta per arrivare a casa. Contrariamente al normale, non vedeva l’ora di tornare nella sua stanza e rinchiudersi lì dentro fino a notte fonda, dormire e far finta che tutto ciò che l’aveva confusa e sconvolta non fosse stato solamente un fantasioso sogno ad occhi aperti.. probabilmente con la sveglia del giorno seguente si sarebbe scordata addirittura tutto quanto.

Aprì la porta della villa dai muri rosa chiaro, richiudendo il cancelletto d’entrata per evitare l’ennesimo rimprovero per dimenticanza o distrazione e si tolse la giacca, depositandola nel guardaroba

«Sono a casa!» annunciò, voltandosi appena verso la cucina dove era sicura sua madre stava cucinando per la cena; lo scrosciare dell’acqua del rubinetto le diede ragione e la ragazza sorrise appena

«Com’è andata la gita?» la voce della donna le arrivò forte e chiara perché aveva urlato, nel tentativo di sovrastare il rumore dell’acqua, dei fornelli e del coltello con cui stava affettando delle verdure.

Paige si affrettò a raggiungere la cucina e, senza pensarci due volte, aprì il frigorifero per prendere una bevanda

«Tutto bene.» rispose sbrigativa, ma quando la madre si voltò lentamente verso di lei, capì di essersi tradita «Ops.»

«Non lo dico a tuo padre solo se mi assicuri che non hai combinato guai.» Paige fissò involontariamente lo sguardo sul coltello che la donna le stava sventolando davanti. Anche se tra di loro c’erano parecchi metri di distanza e il tavolo di marmo, la ragazza si sentì in qualche modo minacciata

«Io?» deglutì, osservandola con un sorriso tirato e l’apparecchio in mostra «Sono stata attenta, potrei raccontarti un sacco di cose strane sulle streghe..» stappò la bottiglia che aveva in mano facendo pressione sullo spigolo del tavolo e prima che sua madre potesse rimproverarla, posò le labbra sul vetro freddo e bevve un lungo sorso

«Carino da parte tua unirti a noi per la cena.» commentò ironica la donna e Paige scrollò le spalle, imboccando di corsa il corridoio e le scale fino al piano superiore, chiuse la porta della sua camera alle sue spalle e si sedette sulla poltrona nera davanti alla finestra. Solo in quel momento si accorse di stringere ancora nel pugno quel foglietto che le era stato consegnato all’uscita del museo

«1329 Prescott Street.» lesse la ragazza a fatica e con un sospiro ricostituì la pallina di carta e la premette tra i palmi.        
Un momento prima di lanciarla nel cestino, però, la riprese cautamente tra le dita e, spinta da una forza ignota soprattutto a lei, ne lisciò la carta, prese il suo diario segreto da sotto il materasso e ripose il pezzo di carta tra le pagine centrali.

⁓✧⁓

Ascolta ora le parole delle streghe…

Paige riaprì gli occhi in un mondo innevato. Sapeva di essere in un sogno, era consapevole che ognuna delle immagini che vedeva erano frutto della sua immaginazione.. eppure era spaventata, sentiva freddo, i suoi occhi cercavano a fatica la poca luce di fiaccole traballanti e sospese per aria, le sue narici erano pervase da un fumo acre che sapeva di bruciato

I segreti che celiamo nella notte…

La ragazza si voltò di scatto quando sentii delle voci infuriate avvicinarsi a lei. Vide torce e fiamme che si facevano strada tra i lunghi rami secchi e spogli, scorgeva il luccichio del metallo di forconi e lance

Gli dei fondatori sono qui invocati…

Si bloccò in mezzo ad una piccola radura quando capì che quelle persone stavano cercando lei.. e che l’avevano accerchiata.            
Avrebbe voluto urlare, ma non pensò che fosse una buona idea.. avrebbe voluto svegliarsi, ma non ci riusciva.

La grandiosa opera di Magia è reclamata…

Era davvero finita così? Perché quel sogno era così reale? Perché non riusciva a muoversi, a fuggire? Forse una volta che l’avrebbero presa, il sogno sarebbe finito?

In questa notte e in questo momento, invochiamo l’antico potere…

Paige non fu sicura di quello che stava osservando: una donna dalla lunga gonna che teneva sollevata con un braccio, stava fuggendo in sua direzione, lo sguardo terrorizzato e i capelli biondi al vento. Quella folla inferocita stava forse cercando lei?

Donateci il potere. Chiediamo il potere.

Perché non si fermava?   
Paige portò le mani davanti a lei per cercare di attutire l’impatto con quella donna che correva e correva, verso di lei, senza spostarsi.. come se non la vedesse. Forse era proprio così: non riusciva a vederla. Forse quel suo sogno era solamente frutto dei tormentati pensieri che aveva avuto dopo il suo incontro nel laboratorio e quelle storie di stregonerie e processi e roghi le avevano traviato il cervello; doveva essere così, dopotutto non c’era altra spiegazione che reggesse.          
la ragazza si impose di rilassarsi e nel momento in cui socchiuse gli occhi, certa che la fuggitiva si sarebbe scontrata con lei, avvertì solo un brivido freddo percorrerle la schiena, mentre quella figura, con la consistenza eterea di un fantasma, la attraversava come se il suo corpo fosse fatto di aria.         
Paige si svegliò di soprassalto pochi istanti prima che la donna, che tutti avevano chiamato con disprezzo “Melinda Warren”, venisse avvolta dalle fiamme di un alto rogo.

⁓✧⁓

Tutto quello era assurdo, decisamente assurdo.      
Paige fissò ancora a lungo la sua immagine riflessa nello specchio del bagno della scuola; ormai conosceva quasi a memoria ogni macchia lasciata sulla superficie lucida, ogni minima scheggiatura o graffio. Si era illusa che il sogno della notte precedente non fosse stato solo un sogno.. o un incubo prodotto dalla sua mente, solo per ricordarle quelle immagini e quei racconti spaventosi.. forse quel sogno voleva dirle qualcosa, voleva consegnarle un messaggio che lei non aveva compreso.         
Era forse il segnale che non avrebbe dovuto dimenticarsi ciò che era avvenuto nel laboratorio del museo? Che avrebbe dovuto indagare? Scoprire la natura di quegli avvenimenti speciali?

Ecco, ci stava pensando ancora.

Paige sbuffò, gettandosi una manciata d’acqua fredda sul viso: stava veramente impazzendo. E poi quanto mancava alla fine delle lezioni? Le serviva una sigaretta.

Forse era semplicemente la coscienza che le faceva venire le paranoie per non aver ancora studiato nulla di Salem o delle inquisizioni o del 18 secolo né per quanto riguardava la storia, né per quanto riguardava l’arte.

Sì, forse era proprio così.
Ridacchiò di se stessa per quanto si sentiva stupida, lì da sola nel bagno, dopo tutti quegli intensi minuti in cui si era concentrata strenuamente nel tentativo di far levitare il tappo della bottiglia di birra che aveva in tasca. Non era magica, non era speciale.. glielo avevano detto tutti quanti dopotutto, perché si stava meravigliando tanto? Per dimostrare di essere una persona totalmente diversa, sorprendente, rispetto alla ragazzina ribelle e delinquente che tutti avevano imparato a riconoscere, avrebbe dovuto fare in altro modo.        
Era stato bello, anche se per pochi istanti, aver creduto di essere una creatura magica capace di tutto, talmente singolare da poter finire persino nei notiziari o nei libri di storia. Un bel sogno ad occhi aperti.

«Ero sicura di trovarti qui.» Michelle la fece sobbalzare. L’amica la stava osservando con aria critica, le braccia incrociate al petto e una smorfia sul volto «Paige Matthews che rinuncia alla birra di contrabbando durante l’intervallo e che si rifugia nei bagni da sola come una novellina.» disse l’altra con tono acido, sottolineando sgradevolmente la sua condotta. Paige se ne risentì, ma cercò di non darlo a vedere; roteò gli occhi con aria scocciata ed eguagliò la sua postura

«Immagino vi siate già spartiti la mia bottiglia.» la ragazza sollevò il sopracciglio

«Immagini bene.» confermò l’altra con aria trionfante «Sbrigati, se arrivi di nuovo in ritardo ti metteranno in punizione.» Paige annuì, camminando lentamente per poter rimanere indietro al gruppetto e da sola con i suoi pensieri.       
Era strano come desiderasse la solitudine, lei che si divertiva tanto a disobbedire agli ordini e alle regole solo per essere al centro dell’attenzione, lei che adorava sgattaiolare fuori dalla finestra la notte per poter girovagare con gli amici, lei che non aveva mai fatto pensieri più impegnativi di come riuscire a camuffare le sue illegali sbronze e le sigarette fumate di nascosto in camera da letto. Ora invece si ritrovava a pensare a quella giornata, ai suoi sogni, a come quegli avvenimenti tanto anomali avessero fatto nascere in lei la voglia di prendere parte a qualcosa di straordinario.

⁓✧⁓

Paige fu l’ultima a sedersi al proprio posto. Osservò con pigrizia la lavagna mentre il gesso bianco del professore di storia sporcava la superficie ancora immacolata di ardesia “il processo di Triora, 1587”

«Chi saprebbe dirmi il significato della parola Triora, che da nome alla località Italiana protagonista di tale vicende?» l’uomo aveva formulato la domanda a bassa voce mentre tornava alla cattedra e si spolverava le mani. Oramai non sprecava nemmeno più fiato per cercare di placare l’irrequieta vitalità dei ragazzi, così come le loro risate strafottenti e la loro palese disattenzione. Per quanto odiassero tutti insegnare in quella classe, avevano imparato a spiegare gli argomenti in programma, senza preoccuparsi di chi ascoltava e chi no.. quel giorno non faceva differenza, se non per una: Paige.

La ragazza, scivolata in una postura scomposta sotto il banco, si raddrizzò titubante e dopo essersi accertata che nessuno avrebbe risposto, si schiarì la voce

«Tria ora.» disse incerta, anche se non ricordava di aver studiato quel termine o averlo mai sentito prima di allora. Quando il professore, sorpreso di sentire la sua voce, le disse di alzare il tono, lei lo fece, combattendo il forte imbarazzo del parlare in mezzo ad una classe urlante di colpo fattasi muta «Tria ora: tre bocche.» l’uomo la guardò a lungo, senza proferire parola, poi alzò con un dito gli occhiali che gli erano scesi sulla punta del naso

«Dalle tre bocche di Cerbero, guardiano degli inferi.» proseguì atono prima di proseguire la sua lettura riguardante avvenimenti precedenti alle inquisizioni di Salem che però, per vari aspetti, erano molto simili ad esse: si trattava di processi alle streghe avvenuti in Italia quasi un secolo prima; a detta del professore avrebbero trattato i vari casi correlati a Salem nelle varie parti del globo. «Le accuse più frequenti sono quelle che trattano di stregoneria nera, infatti, dalle analisi del Liber Mortuorum et Baptizatorum di quell’epoca, a differenza di ciò che era consuetudine, si rileva un violento cambiamento circa la mortalità infantile: le morti infatti erano diminuite ingentemente. Si diceva che molte levatrici, esperte conoscitrici di erbe mediche, riuscissero a curare molti bambini, troppi, persino anche i nati morti. Furono accusate di praticare magie nere per sottrarre le giovani anime dalle grinfie del demonio.» Paige si accorse di aver compreso ogni parola di ciò che aveva detto l’uomo, anche quelle in latino, nonostante non avesse mai studiato quella lingua né nessuno le avesse mai parlato di tali argomenti. Com’era possibile?
Eppure doveva esserci una spiegazione logica.         
Non potevano essere tutte coincidenze.        
Le parole in una lingua che non conosceva per niente, quel sogno e l’incidente del laboratorio.. soprattutto l’incidente del laboratorio.

«Matthews?» nel brusio generale, ricostituito dopo solo pochi secondi di calma, cessò nuovamente. Paige balbettò confusamente cercando di dissimulare il fatto che la sua normalissima penna multicolore stesse emanando una debole luce arancione.

La coprì con il palmo per la sua lunghezza, spaventata e disorientata e si alzò in piedi spostando rumorosamente la sedia di legno con le gambe

«Io.. vorrei andare..» farfugliò la ragazza, la penna al petto e i piedi malfermi

«No, Matthews.» il professore scosse la testa con aria sarcastica «Tu non ti muovi di qui o dovrò riportare il tutto alla preside.» la minaccia non sortì in Paige nessun effetto. Le mancava l’aria, voleva capire, voleva - in un certo senso - che tutto quel mistero l’abbandonasse o si rivelasse a lei in una forma abbastanza comprensibile perché non fosse costretta a temerlo.

La classe la incitava ad andare. E lei voleva fuggire da tutto quel rumore: desiderava solamente un po’ di pace. 
Non recuperò nemmeno il suo zaino prima di uscire dalla porta, imboccare di corsa il corridoio e allontanarsi dai cancelli della scuola.

⁓✧⁓

Non poteva tornare a casa, questo era ovvio. Non aveva la minima voglia di sentire le prediche dei suoi genitori dopo la chiamata che la preside avrebbe sicuramente effettuato, puntuale come un orologio svizzero, per avvisare i suoi del suo comportamento illogico ed irrispettoso. Si era giocata anche la sua credibilità sulle ennesime promesse a cui nessuno avrebbe creduto più.. ma non ci voleva pensare in quel momento.

Sbuffò, stanca, spingendo la bicicletta su una delle ripide salite che caratterizzavano la città. Voleva delle risposte, se ce n’erano, e voleva conoscerle al più presto possibile.. doveva andare dall’unica persona a cui poteva parlare delle cose strane che le stavano capitando, dall’unica che avrebbe potuto capire, se le medesime cose stavano succedendo anche a lei, dopo il laboratorio. Forse non era nulla di sovrannaturale, forse qualche agente chimico che avevano usato là dentro le aveva dato veramente alla testa.. in ogni caso doveva e voleva sapere.  
Incredibile come si ricordasse il suo nome e il suo indirizzo anche se l’aveva vista una sola volta e avesse letto il suo recapito di sfuggita

«Prudence Halliwell, 1329 Prescott street.» si ripeté più volte. Seguiva S. Van Ness Avenue, la strada principale che collegava la maggior parte dei quartieri della città, certa di avere molte più probabilità di avvicinarsi al luogo che le era stato indicato giorni prima. Domandò informazioni circa l’indirizzo a tutti i passanti che incrociava e dopo quasi un’ora di vagabondaggio, finalmente, arrivò in prossimità della casa. La guardò a lungo con le sue pareti rosso scure, i balconi bianchi e le vetrate colorate, il giardino verde e ben curato.

Paige aveva scrupolosamente atteso che si fossero fatte le cinque, così da non causare ulteriori guai né a se stessa, né a quella ragazza che l’avrebbe presumibilmente ospitata e che si sarebbe sorbita le sue lamentele e le sue elucubrazioni.        
La ragazza osservò a lungo la grande porta di legno: si sentiva attratta da quel luogo, ma non avrebbe saputo spiegarne il motivo.
E se quella ragazza si fosse completamente scordata di lei? E se fosse arrivata troppo tardi e Prudence Halliwell non avesse voluto più sentire di lei e di quella faccenda? Sospirò nervosa, tormentandosi le dita delle mani mentre si avvicinava ulteriormente alla porta, prese un profondo respiro e suonò il campanello.

 

 

 

Note:
I poteri che Paige sperimenta sono i poteri tipici di Angelo Bianco, non hanno pertanto nulla a che vedere con i suoi poteri attivi di strega – la natura di questi ultimi, così come quelli di Prue, verrà trattata successivamente.
Nello specifico in questo capitolo si parla di
- l’omnilinguismo, ovvero la capacità di parlare e comprendere ogni lingua;

- la fotocinesi, l’abilità di creare o manipolare la luce.

   
 
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