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Autore: Le Jenni    17/01/2016    1 recensioni
ATTENZIONE: INTRODUZIONE MODIFICATA.
"...Sei un casino, insomma."
"E allora cosa ci fai ancora qui?"
"Sono qui perché piuttosto che avere una vita normale ma infelice, preferisco farmela incasinare da te."
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Cameron ha 18 anni, una famiglia perfetta, attira gli sguardi di tutte le ragazze ed è tanto affascinante quanto intelligente. Ma è arrogante, presuntuoso, e non vuole relazioni serie.
Dakota, invece, non ha amici e nasconde la propria tristezza dietro un sorriso sfacciato, che usa per difendersi da chi potrebbe farla soffrire ancora.
Ma all'improvviso tutto cambia.
La vita ha in serbo una brutta sorpresa per Cameron e, come un fantasma che torna a ricordargli che la felicità ha un prezzo, il destino gli porterà via la popolarità per la quale aveva compiuto tanti errori e sacrifici.
E' così costretto a rifugiarsi nelle braccia dell'unica persona con la quale si sia mai sentito veramente se stesso.
Ma Dakota sarà veramente pronta a lasciarsi tutto alle spalle, con il rischio di ritrovarsi nuovamente con il cuore spezzato?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Note dell’autrice….



LEGGETE! E’ IMPORTANTE. 


Allora ragazze, da dove cominciare? Inizio col dire che mi dispiace davvero molto di dover scrivere queste parole, ma in un certo senso non ho avuto altra scelta. 

Ho deciso di non continuare la storia. I perché di questa mia decisione sono tanti, ma diciamo che ciò che vi riguarda è il numero abbastanza minimo di persone che mi segue. Purtroppo sono sempre stata una persona parecchio insicura e per questo ho impiegato davvero molto a decidermi a pubblicare questa storia. Ho messo davvero tutta me stessa nei capitoli che ho scritto e temevo di non essere in qualche modo “accettata”, finendo con il rimanerci male e soffrire. 

La colpa non è vostra, ma mia, perché sono un tipo che tende a mollare subito le cose che pensa non riusciranno a soddisfarla ed è una cosa che dovrò migliorare col tempo, ma adesso proprio non ce la faccio. 

Mi dispiace moltissimo per le poche persone che si sono dimostrate interessate alla storia, ma non avere nessuno, o solo una persona, che mi dice ciò che pensa mi ha lasciato un po’ con l’amaro in bocca. 

Grazie comunque di tutto e vi prego di non prendere le mie parole con cattiveria, o peggio come una minaccia per incitarvi al recensire, perché non è quello il mio scopo. Sostanzialmente è un po’ come quando ricevi un “no” dalla persona che ti piace… Lo so, sto divagando ahahaha. Comunque, spero mi abbiate capita. 

Forse è solo una cosa momentanea, che mi passerà con il tempo, ma al momento è così, purtroppo. Quindi, con tristezza, vi lascio all’ultimo capitolo che ho scritto e che comunque mi sento in dovere di pubblicare. Un bacione,

Chiara. 


 

Capitolo 5-Alessandra.


Mi infilo sotto le coperte, tirando un profondo respiro. Finalmente questa giornata è giunta al termine. Mi volto sul fianco e chiudo gli occhi, ma l’immagine di Cam tormenta i miei pensieri e le sue parole non fanno altro che echeggiare nella mia mente. 

‘Quello che senti verso di me, non lo proverai mai verso nessun altro e questo ti spaventa a morte’ che sia davvero così? Ciò che provo per Cam è sempre stato un sentimento strano, a me praticamente sconosciuto, talmente tanto da non riuscire a definirlo, a dargli un nome ben preciso. 

Prima lo odiavo e l’attimo dopo lo amavo. Litigavamo e poi ci consolavamo. Un rapporto altalenante, ma di cui mai avrei dubitato. E poi è successo ciò che non credevo potesse accadere. Il tempo cambia le persone e Cam ne è la prova vivente.

Quanto ho sofferto dopo quel suo abbandono? Quante lacrime versate a causa sua, per colpa di quel suo atteggiamento… Ogni singola parola mi feriva a morte, mi pugnalava alle spalle. Io, che ero sempre stata quella che se ne fregava di ciò che diceva la gente, venivo ferita da delle semplici occhiate di compassione, causate dalla mia perenne solitudine, o anche dalla mancanza di quel saluto che mi aveva sempre confortata. Il problema non era ciò che faceva o che mi diceva, il problema era lui. Lui che mi veniva contro, lui che nonostante sapesse tutto di me, si era allontanato e mi aveva lasciata sola. Come potevo perdonarlo per ciò che mi aveva fatto? Eppure sono andata semplicemente avanti, perché per quanto sia dura ammetterlo, nel momento in cui si vive qualcosa, è vero quello che dicono. Il tempo, se non guarisce, almeno allieva il dolore delle ferite. 

Dling. 

Il suono del mio cellulare mi avverte che è arrivato un nuovo messaggio. 




C: scusami per oggi, ho sbagliato. Non dovevo dirti quelle cose. 

D: non fa niente, non pensarci. 




Aspetto che lui mi risponda, con il telefono in mano e lo sguardo fisso sullo schermo. Ma non accade nulla. Non c’è nessun suono, nessuna luce che indichi la presenza di un nuovo messaggio. E piano piano sprofondo nelle coperte, avvolta all’improvviso dalla tristezza, che mi culla come se fosse una madre che tenta di far addormentare la figlia. 

Ho paura. Temo di essere l’unica, tra i due, a cui interessa qualcosa. E non mi va che questo gioco finisca com’è finito molti anni fa. Non mi va affatto. Anzi, non voglio nemmeno iniziarlo, perché sono sempre io quella che ci rimette qualcosa, quella che ci rimane scottata. Come può comportarsi in questo modo, sapendo quanto io in realtà sia fragile? 

‘Che ti aspettavi, Dakota? Che fosse cambiato? Che avesse capito che errore aveva commesso nel lasciarti andare via così? E’ inutile illudersi, tu non sei fatta per lui e lui non è fatto per te. ‘Devi dimenticartelo’ mi rimprovero mentalmente per il mio atteggiamento. Devo andare avanti, come ho fatto cinque anni fa, scordarmi di averlo mai conosciuto, cancellarlo per sempre dal mio cuore e dalla mia mente. 

Perché è questo che si merita, dopo ciò che ha fatto. Mi ha ferita, ha sgretolato il mio fragile cuore e nonostante ciò l’ho perdonato. Per cosa, poi? Per vederlo farmi ancora più male. Io non me lo merito. Non dopo i terribili anni che ho dovuto affrontare da sola, durante i quali l’unica persona che mi dava un po’ di sostegno ero io. E’ tutta colpa sua. 

E’ colpa sua se sono così abituata alla solitudine da non avere la necessità di cercare qualcuno con cui riempirla, perché il dolore che mi ha fatto provare lui, l’ho giurato, non voglio sentirlo mai più. Sono fatta per stare da sola, in pace, circondata dai miei libri, dalle mie canzoni che mi urlano la stessa straziante sofferenza che provo in fondo all’anima. Non ho bisogno di nessun altro, tantomeno di lui. Lui, che con le sue stupide battute sul mio carattere non si è mai accorto che contribuiva a renderlo peggiore, lui che a forza di ripetermi quanti fossi sola, mi ha spinto a chiudermi in me stessa. 

Chiudo gli occhi, abbandonandomi al sonno e promettendo a me stessa che mai più nessuno, soprattutto Cameron, mi farà soffrire. 




Mi sveglio prima del solito e dopo essermi preparata ed aver fatto colazione, esco di casa. Cammino, con le cuffie nelle orecchie, beandomi della sensazione che la solitudine può dare, quando il mio cellulare vibra. Lo prendo e leggo il messaggio




C: oggi non riesco a passare a prenderti, scusa. 




Scuoto il capo. A quanto pare non sono l’unica che ha deciso di essere arrabbiata. Ripongo il cellulare nella tasca destra dei jeans e non mi degno nemmeno di rispondergli. Giungo in fretta davanti al cancello della scuola e senza aspettare che la campanella suoni, mi dirigo all’interno dell’istituto, diretta verso la mia classe. Entro e mi posizione al mio banco, nel più completo e totale dei silenzi, quando mi accorgo di non essere sola. In fondo all’aula, all’ultimissimo banco, chinata su se stessa in una sorta di protezione per impedire agli altri di vederle il viso, una ragazza dai lunghi capelli rossi singhiozza senza tregua, convinta probabilmente, come me poco fa, che non ci sia nessuno ad osservarla. Cerco di capire chi possa essere, ma non riuscendoci decido alla fine di avvicinarmi. 

Mi piego davanti al suo banco, senza che lei se ne accorga e le alzo una ciocca di capelli morbidi come la seta

“Tutto bene?” le domando. Lei sobbalza quando si rende conto della mia presenza. Si affretta ad asciugarsi il volto 

“Sì, sì. Sto bene” sento uno strano accento italiano nella sua voce. 

“Non direi…” sussurro appena. Lei mi sorride, cercando di nascondere la tristezza che fino a qualche secondo fa le scorreva sul viso, sbavando il trucco. 

“Sei nuova?” le domando “Non mi sembra di averti mai vista in giro” lei annuisce

“Sì, mi sono trasferita una settimana fa dall’Italia, ma ho iniziato oggi” 

“Quindi questo è il tuo primo giorno qui” constato e lei annuisce nuovamente, chinando il capo. 

“Hai paura?” le chiedo, sedendomi accanto a lei. Non mi è mai capitato di dovermi trasferire, di dover stravolgere la mia vita, cambiare scuola e lasciare gli amici, ma immagino sia difficile.

“Un po’. Sai, nella mia vecchia scuola non avevo molti amici” mi spiega “Ho paura che possa accadere lo stesso qui” 

“Per questo piangevi?” mi sento un po’ come una mamma nei suoi riguardanti. La vedo così dolce e fragile, un canarino con le ali spezzate. 

“Sì. In realtà non solo per quello. Credo sia anche tutto il resto” 

“Specifica il ‘tutto il resto’” la ragazza si morde il labbro, abbassando il capo. Capisco di essere stata forse troppo esuberante e ficcanaso 

“Sempre se vuoi” mi affretto ad aggiungere.

“E’ complicato” mi risponde solamente. 

“Beh, lo è solo se credi che lo sia” lei alzo lo sguardo, immergendo i suoi meravigliosi occhi blu, ancora arrossati a causa del pianto, nei miei.

“Io sono Dakota” mi presento, porgendole la mano.

“Alessandra” sorrido, quando la campanella interrompe il nostro breve momento di conoscenza. Mi alzo, tornandomene al mio posto, mentre le persone cominciano ad entrare nell’aula ed a posizionarsi ai proprio posti. Alessandra è costretta ad abbandonare l’ultimo banco, reclamato da Caroline e si posiziona in quello accanto al mio, sorridente come se non avesse appena pianto per un quarto d’ora. 

Comincia a raccontarmi della sua casa, della sua vita, allegra e spensierata come non credevo una persona potesse essere dopo aver versato tante lacrime. 

“E’ incredibile la facilità con la quale cambi umore…” constato ad alta voce, spiazzandola. 

“Beh, non mi piace essere triste. Lo trovo inutile” scuoto il capo, completamente in disaccordo.

“Il dolore non è mai inutile” la contraddico. 

“E a cosa serve?” mi chiede, osservandomi come un bambino guarda la mamma che gli spiega cosa siano i fiori, o il fuoco che arde nel camino. Come se nessuno le avesse mai insegnato niente. 

“A trovare la felicità” 

“E’ una cosa incoerente… Come può la sofferenza aiutarci ad essere sereni?” mi chiede, quasi indignata, come se quello che le ho detto fosse la cosa più irrazionale al mondo.

“Beh, più che a trovarla, ci aiuta a riconoscerla. Pensaci bene, non ti accorgi mai di essere veramente felice, fino a quando qualcosa non arriva a trascinarti nel baratro della tristezza. Solo quando se giù, ti accorgi quanto fossi in alto il momento prima. Purtroppo l’uomo non ha ancora imparato a capire il valore di un attimo” lei mi rivolge un sorriso sornione

“Certo che sei proprio un bel tipo tu, eh?” mi chiede, ma non faccio in tempo a risponderle che la professoressa varca la soglia della classe.




“Dakota!” sto camminando verso casa, con le cuffie nelle orecchie ed il cappuccio sollevata, timorosa che possa iniziare ben presto a piovere, quando una voce mi ferma. Mi volto e trovo la mia nuova compagna di banco che mi corre incontro

“Dimmi” la incito, mentre, affannata come se avesse appena corso la maratona più lunga della sua vita, si china, appoggiando le mani sulle ginocchia, per riprendere fiato. 

“Odio correre” annuisco

“Su questo siamo d’accordo” le rispondo, sottolineando per la milionesima volta la nostra totale differenza caratteriale. Lei ridacchia, ma tempo due secondi e si fa seria. Raddrizza la schiena e mi guarda

“Ho visto un ragazzo” sorrido leggermente, avendo già capito ciò che vuole dirmi. 

“Era carino…” sussurra, mentre le guance si imporporano, rendendola quasi buffa.

“Ti piace?” le domando, curiosa come poche volte lo sono stata. 

“Ho solo detto che è un bel ragazzo, non che mi piace. C’è differenza” 

“Hai ragione” annuisco. “Sai già come si chiama?” 

“No, per questo ti ho fermata. Forse tu lo conosci…” 

“Descrizione” dico solamente, aspettando impaziente che lei parli. Sono sempre stata un po’ il cupido della situazione, quelle rare volte in cui mi capitava un’occasione per poterlo essere, mi divertivo a far innamorare le persone che ritenevo perfette per stare insieme. Non ho mai sbagliato in questo. 

“Capelli castani e due favolosi occhi verdi. Oggi indossava una felpa grigia ed una maglietta con sopra disegnato Spongebob. Sembrava avere un fisico particolarmente definito e chiacchierava con un tipo piuttosto basso e brufoloso” no, non può essere. Ti prego, non dirmi che… 

“Ah, ed era sulla sedia a rotelle” il gelo si dipinge sul mio viso, mentre il cuore batte talmente svelto che potrei pensare stia per uscirmi dal petto per andarsene chissà dove. 

“Cameron Johnson” dico, fredda come un robot, volenterosa nel non farle capire ciò che sta accadendo in questo momento nella mia testa. 

“Lo conosci? E’ simpatico? E’ davvero carino come sembra?” oh, no, lo è di più. Molto di più. 

“Non lo conosco.” scuoto il capo “So solo il suo nome. Ma quello lo conoscono tutti praticamente” 

“Oh. Allora è meglio lasciar perdere, non si accorgerà mai di una come me…”

“So che è fidanzato con Caroline, la ragazza che questa mattina ti ha costretta a lasciare il tuo posto all’ultima fila. Gira la voce che sia in atto una crisi tra i due, anche perché è da una vita che non li si vede parlare, perciò potresti anche provare” tento di incitarla, per quanto stia morendo dentro.

“Non è un cattivo ragazzo e nonostante mezza scuola gli vada dietro, parla anche con quelli praticamente invisibili come me” spiego. 

“Allora ci hai già parlato…?” e ora che le dico? Sì, era il mio migliore amico, poi mi ha abbandonata, ha avuto un incidente, i suoi amici non lo consideravano più allora è tornato da me, ci siamo baciati ed ora fingiamo di non vederci? Non se ne parla. 

“Solo qualche volta, ma cose molto futili. Non lo conosco bene” mento. Mento spudoratamente. “Comunque se fossi in te proverei a farmi avanti” lei sorride, all’improvviso mille volte più serena di prima. 

“Grazie, grazie, grazie…” comincia a cantilenare, buttandomi le braccia al collo per stringermi in un abbraccio talmente veloce che non riesco nemmeno a ricambiare. Poi se ne va, corre via, diventando sempre più un puntino minuscolo in mezzo alla gente che riempie il parcheggio scolastico. 

Ricomincio a camminare.

‘Ci mancava solo questa…’ penso. Perché, di tutti i ragazzi dei quali si poteva interessare, proprio lui? Proprio il mio? Che cosa vai a pensare Dakota? Lui non è tuo, non lo è mai stato. Nemmeno quando eravate legati come un nodo potevi definirlo in questo modo, figuriamoci adesso. 

Dovevo aspettarmelo infondo. E’ così bello che chiunque faticherebbe ad non innamorarsi di lui, con quegli occhi così profondi, penetranti e quel carattere da stronzo, nel profondo talmente dolce che quasi fa paura. Sì, perché è impossibile non amarlo, una volta conosciuta quella parte di lui. Nessuno meglio di me sa quanto sia fragile e profondo il suo animo, proprio per questo fatico a stargli lontano. 

E’ come se lui fosse la mia personalissima calamita vivente. Non fa altro che attrarmi a lui inevitabilmente ed inesorabilmente, fino a quando non mi sarò lasciata corrompere dalla potenza dei miei sentimenti, e rimarrò fregata un’altra volta, forse per sempre. 

No. Non è così che voglio che vada. Io non lo voglio più, quell’amore che mi ha dato molto, ma che mi ha tolto forse di più. 

E’ giusto che sia un’altra ad avere l’esclusiva su Cam. Prima o poi succederà, arriverà quella ragazza troppo bella e perfetta, esattamente come lui, ed io dovrò rimanere in silenzio a guardarli da lontano, ad odiare lei perché ha ciò che io non ho mai avuto. Il suo cuore. 

Come ho potuto innamorarmi di lui? Perché è successo proprio a me? Eppure ero convinta che il suo abbandono avesse troncato dentro di me la speranza ed il sentimento che provavo nei suoi confronti… E allora cos’è quella strana gelosia che mi corrode lo stomaco? Cos’è quella cosa che mi porta via il sonno, l’appetito e la voglia di studiare? Cos’è quella paura che possa un giorno trovare una persona che lo renderà più felice di quanto abbia fatto io?

“Ehi” sobbalzo, spaventandomi. Mi volto ed in parte a me si materializza la figura di Cameron. 

“Mi hai fatto prendere un colpo!” lo accuso, arrabbiata. 

“Scusami” mi dice, ridendo senza freni. 

“Cosa vuoi?” gli chiedo. 

“Perché siamo così scontrose oggi?” chiede. Non gli rispondo e continuo a camminare, tentando di ignorarlo 

“Dakota, non riesco a starti dietro” dice quasi con il fiatone, mentre cerca di andare alla mia stessa velocità spingendo con le mani le ruote della sedia. Mi fermo all’improvviso, aspettando che mi raggiunga. 

“Non dovresti essere allenato? Con tutta la palestra che facevi…” 

“E tu come fai a sapere che andavo in palestra?” mi mordo l’interno della guancia. Lo spiavo, ecco perché.

“Beh, perché… Hai un bel fisico, credo sia logico pensare alla palestra” 

“E come fai a sapere che ho un bel fisico?” mi chiede malizioso. 

“Voci di corridoio” mi affretto a spiegare 

“Cos’è, non ci credi? Vuoi controllare?” se ci fosse un buon momento per avere un calo di zuccheri e svenire per evitare imbarazzanti conversazioni, sarebbe adesso. 

“No, no” dico, forse troppo velocemente. Percepisco i suoi occhi perforarmi, mentre evito accuratamente di osservarlo, timorosa di potermi perdere nel suo sguardo. 

“C’è una nuova studentessa, vero?” mi congelo sul posto, continuando a percorre il tragitto che mi porterà ben presto a casa. Quello che temeva si sta forse avverando?

“Sì…” il mio è un sussurro, che però lui è riuscito a sentire. 

“E’ carina” blocco all’improvviso la mia camminata ed anche lui si ferma, per voltarsi a guardarmi, non capendo il motivo della mia brusca reazione. Lo guardo, fisso il suo viso, la sua espressione confusa. Mi piego sulle gambe e mi avvicino velocemente al suo capo. 

Poggio le mie labbra sulle sue delicatamente, lasciando un bacio a stampo su quelle che credo possano diventare l’ottava meraviglia del mondo e subito dopo mi allontano, mentre lui è ancora scombussolato e incapace di capire ciò che sta accadendo nel profondo del mio animo. Senza dire una parola mi giro e me ne vado, correndo lontano da Cameron e dal bruciante amore che si sta prendendo troppo di me. 
   
 
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