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Autore: Newtmasinmyveins    17/01/2016    9 recensioni
Il principe non indietreggiò, le bloccò i polsi, lei continuava a divincolarsi, sferrando pugni innocui. Gridava, mentre tutti guardavano, Richard era appena sceso, fissava la scena con sguardo inespressivo.
«La colpa è vostra! Siete un essere insensibile, » le sue grida agonizzanti, il suo pianto irreparabile, la stanchezza di lottare, ma il coraggio di continuare a sferrare pugni, la rendevano più forte di quanto credeva.
Alfred lasciò la presa, la fissò mortificato, spalancò le braccia,
«Colpite, vi aspetto » il viso piangente di Elena lo rendeva così debole, perché quella donna aveva una tale influenza su lui? «lasciate che paghi per questa colpa che ho»
* PRIMI CAPITOLI IN REVISIONE*
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Temo che il mio angelo sia mutato
in diavolo, non ne sono certo;
ma sono entrambi lontani,
fra di loro amici,
credo l’angelo nell’inferno dell’altro.
Non lo saprò mai, vivrò nel dubbio
finché l’angelo cattivo
avrà bruciato il
buono.

William Shakespeare

 
Sedicesimo Capitolo


Elena seguì dubbiosa la baronessa e sebbene la donna non le ispirasse fiducia, voleva concederle una seconda opportunità come aveva già fatto col suo futuro consorte.

“Non è forse vero che le persone fredde son quelle più bisognose d’aiuto?”

Con questa frase semplice e concisa, Elena si rassicurò, entrando apparentemente tranquilla nella camera della nobile francese.

Le stanze, ampie come le altre del castello, si differenziavano per la loro poco luminosità accennando un’atmosfera piuttosto cupa; ciò non preoccupò Elena che come sempre si mostrava tenace a qualsiasi tipo di sfida che la vita le poneva.

A distoglierla dai pensieri fu Karine che le pose una domanda chiara, diretta.«A breve ci saranno le vostre nozze, com’è il Principe nei vostri confronti, lady? » domandò con atteggiamento da ficcanaso versando il tè nelle corrispettive tazze.

«Bene … - rispose Elena titubante- perché tale domanda? » domandò a sua volta, scrutando ogni minimo gesto della rossa. Corrucciò la fronte confusa; sicuramente la baronessa, come tutte le altre nobili, era una ciarlatana, ma il tono con cui aveva proferito la frase aveva un pizzico di malvagità. In cuor suo, la nostra contessa, sapeva di dover essere cauta.

«E’ un uomo irrequieto … insaziabile, oserei dire. » dichiarò l’interlocutrice accennando un sorriso ipocrita. Elena fissava interdetta ogni movimento della donna, rivolgendo occhiatacce poco rassicuranti al tè.

Quella donna, quel tono e quell’invito … qualcosa non quadrava. La piccola Hemsworth percepiva qualcosa di sbagliato in quella stanza, forse era una suggestione della baronessa che, scrutando la futura regina dall’alto verso il basso con aria disgustata, confermava ogni minimo dubbio.

«Sembra che lo conosciate bene …» costatò Elena e con codesta frase semplificò il lavoro di Karine che, felice, stava raggiungendo il suo scopo nel minor tempo previsto.

«Sì lo conosco da anni, strano come il Principe non vi abbia parlato di me, siamo amici … INTIMI.- scandì l’ultima parola con uno sguardo pieno di malizia e lussuria, al punto che, anche una ragazzina ingenua come Elena capì a cosa la rossa si stesse riferendo. La fanciulla cambiò radicalmente; una reazione di gelosia o soltanto la rivendicazione di una mancanza di rispetto? Iniziò a guardare la donna con aria sdegnata; serrò la mascella provando un profondo ribrezzo e sebbene voleva interrompere la conversazione, decise di restare e calmarsi, dopotutto non era da lei ingelosirsi né tantomeno per Alfred Grayson.

Karine Dubois avvertì l’agitazione e, sentendosi vicina al traguardo, non risparmiò a Elena la stangata di grazia. – L’ultima volta che ho consolato sua altezza è stato per la morte di vostra madre, ancora tante condoglianze. » recitò, la sua falsità era così chiara. Elena voleva contenersi, ma non ci riuscì.

Si alzò senza pensarci, notevolmente travolta dal disgusto; Karine fu sorpresa, non si aspettava una reazione diretta ma ciò aveva anche la sua positività: Elena avrebbe odiato maggiormente Alfred e questi sarebbe andato da Karine … per consolazione o ancora meglio, le avrebbe chiesto di sposarlo. La nobile Dubois, regina di Scozia. Aveva sempre sognato diventarlo e ci sarebbe riuscita non le sarebbero importati i mezzi, doveva raggiungere l’obiettivo a ogni costo.

«Ho capito chi siete, - esordì Elena - il vostro gioco, il vostro invito … è una provocazione? Non osate rispondermi – pronunciò a denti stretti agguerrita più che mai- ma vi avviso: non permettetevi più di nominare mia madre, la mia genitrice era una nobile in tutto non come voi! » sbottò infuriata. Poche parole, non esplicite, ma il senso era ben comprensibile.

 Sbottò tutto come un fiume in piena, aveva voglia di sfogarsi, di piangere ma non l’avrebbe mai fatto: doveva stringere i pugni e trattenere le lacrime, non avrebbe mai dato una tale soddisfazione a quella femmina; abbandonò la stanza in fretta e furia incurante di urtare contro qualcuno o qualcosa.

 Intanto per Karine ancora nulla era sicuro, il suo stratagemma avrebbe portato a due conclusioni: o avrebbe avuto il principe tutto per sé o l’avrebbe perso per sempre, rischiando persino di essere esiliata.

 
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Correva a perdifiato e a ostacolare la sua voglia di fuga erano le scarpe che indossava: non c’era tortura peggiore o forse si? Certo che vi era, continuare una viscida conversazione con quella “femmina” malvagia. Per la contessina, Karine Dubois era una femmina non una donna.

Elena aveva sempre distinto le due parole; come una vecchia saggia si ripeteva sempre:“ Femmine ci nasciamo tutte, siamo noi che dobbiamo diventare donne.”

E sicuramente la baronessa francese non era una donna, bensì una femmina facile, materialista, vuota.

Stufa di non riuscire a evadere-e travolta dalla rabbia- semplificò tutto privandosi delle scarpe; con le sue mani rosee reggeva le calzature, e sebbene udiva voci che la pregavano di calmarsi o semplicemente di fermarsi, continuava a correre a testa bassa urtando di tanto in tanto con oggetti e persone.

Quell’atteggiamento tanto ribelle quanto inspiegabile non impiegò molto a catturare l’attenzione di tutti: guardie, servi, maggiordomi; tutti erano esterrefatti dal comportamento della piccola inglese, mai nessuna nobile aveva corso per i corridoi scalza, mai nessuna aveva portato luce in quel castello quanto lei.

Ora ciò che tutti si chiedevano era: perché quelle lacrime? Perché quell’angoscia che le stringeva il cuore? Molti servi provarono a fermarla tra cui anche il fedelissimo Lorry, ma non ci fu verso, ormai nella testa di Elena rimbombavano le frasi di quella nobile senza cuore o meglio “le frasi dell’amica intima del Principe ”. Non riusciva a capacitarsi di come quella avesse avuto il coraggio di parlare della buona e defunta Annalisa Roccaforte, sua madre.

Uscì in giardino, da qui si poteva distinguere perfettamente come si snodava l'intricatissimo labirinto posto sul retro del palazzo: al centro vi era un albero dai frutti maestosi e sebbene fosse febbraio, un mese invernale, i candidi fiori erano lì … sbocciati, bagnati dalla rugiada. Elena credé opportuno allontanarsi, se doveva piangere, voleva farlo dove nessuno l’avrebbe vista. Entrò senza porsi problemi di come sarebbe uscita, dalla finestra della sua stanza ogni sera fissava il dedalo, dall’alto sembrava così piccolo e, invece, l’aveva sottovalutato: era più grande e sorprendente.
Non le importò, stare sola le avrebbe fatto bene. Si alzò la gonna per evitare di inciamparvi e cominciò la sua irrefrenabile corsa. Tutto era imbiancato. Erano le 15:00 e circa un’ora prima, dal cielo erano caduti fiocchi di neve assomiglianti a batuffoli di lana, il terreno era più ghiacciato di sempre, ma stranamente era anche soffice, infatti, i suoi piedi minuti vi affondavano perfettamente come se il suolo fosse gelatina. Dopo dieci minuti di corsa, sospirò vedendo una panchina, finalmente si sarebbe riposata. Si sedette e senza pensarci si massaggiò i piedi ormai cubetti di ghiaccio.

Volse lo sguardo al cielo e, una goccia di pioggia le cadde sulla guancia destra, per un attimo, le lacrime del cielo si unirono alle sue.

« siamo amici intimi» imitò tra un singhiozzo e l’altro.

“Al diavolo le buone maniere, l’amore, i sogni, i cambiamenti. Al diavolo Alfred Grayson”, pensò. Come un barile, i suoi genitori l’avevano scaricata a quel trentenne che, sicuramente da lei come da tutte le altre, desiderava soltanto una passione carnale. Ciò che forse il Principe non sapeva di Elena era la sua unicità, l’impossibilità di essere comparata ad altre donne.

 
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 Lei aveva a malapena diciotto anni, era cresciuta tra i libri e i fiori, tra le lezioni di piano e la danza, non poteva gareggiare con le donne dell’alta società, materialiste, capaci persino di arrivare ai propri fini con mezzi subdoli. Non avrebbe mai dato scandalo né avrebbe commesso un adulterio … Elena non sarebbe mai stata quel genere di donna nemmeno con l’avanzar degli anni. Lei era diversa, necessitava distinguersi in quella società fredda e vuota.

Il vento, insistente com’era, in pochi secondi le scompose i capelli, l’aria le gelò per un attimo la tempia e si sentì ibernata. Un brivido le salì lungo la schiena facendola sobbalzare ma non le interessò più di tanto. I battiti del cuore stavano rallentando. Meccanicamente chiuse gli occhi immaginandosi di essere da tutt’altra parte, magari in uno dei suoi libri preferiti, con un bel cavaliere, qualcuno che avrebbe amato. Si abbandonò completamente che neanche il gelo la destò.

Era forse quella la morte?

No … era soltanto delusa.

Appena aveva serrato gli occhi, mentre immaginava un suo futuro anziché apparire il solito mr.Darcy o  altri personaggi irreali, si era raffigurato proprio lui: il temibile e donnaiolo Principe di Scozia.
Ultimamente, quell’uomo dal comportamento incomprensibile spesso occupava i suoi pensieri, che ne fosse attratta?

Si alzò stizzita, spalancando immediatamente gli occhi, incredula e disgustata di ciò che aveva pensato.« Cosa diamine mi viene in mente! Il freddo mi sta gelando il cervello in tutto e per tutto! »  si auto-rimproverò, pregando il Cielo di non pensare a quell’uomo né alla parola “noi”. Aveva un credo, una vera e propria bibbia e su questa una frase scritta a caratteri cubitali: mai provare sentimenti per uomini come il Principe, egoisti ed egocentrici.

«Beatrice! - esclamò una voce alle sue spalle. Una voce inconfondibile, che non sentiva da qualche tempo. Solo uno poteva chiamarla in quel modo. Si voltò di scatto, sorpresa, vedendo il cadetto biondo che le sorrideva incredulo. - Perdonate, volevo dire contessa.» proferì continuando a sorridere, si avvicinò a passi d’elefante e la abbracciò senza tentennamento; in un primo momento Elena fu esitante, dopotutto non vedeva il milite da quando a Herthford, in quella situazione inopportuna le aveva chiesto un bacio, ma poi si lasciò trasportare da quell’abbraccio che le emanava tanto calore e protezione.

Gli abbracci la salvavano sempre.

Si staccarono dopo interminabili minuti e il primo a rompere il silenzio fu Marco.

«Mi siete mancata in un’ entità che non riesco a quantificare … - proferì inaspettatamente.-Dopo il triste avvenimento, il Principe mi ha ordinato di ritornare con lui in Scozia e ho dovuto obbedire, ma appena l’ho accompagnato, a sua insaputa mi sono rimesso in viaggio per ritornare in Inghilterra, per raggiungere voi … avevo escogitato una fuga, la nostra. Volevo rapirvi- sorrise scioccamente ed Elena lo accordò per quieto vivere-volevo scappare con voi di notte, esplorare nuove terre solo voi ed io. - narrò tenendole le mani, gli occhi azzurri di lui erano fissi in quelli castani di lei.-Molte volte mi sono sconfortato, credevo di non avervi più vista.- calò un profondo silenzio, ma poi la vivissima proposta- Stasera, Elena partite con me. A mezzanotte nella stalla, ci sarò io e due cavalli. Scappiamo da questa realtà e siamo felici insieme. »

Elena lo fissò interdetta, era confusa e non avrebbepreso una decisione su due piedi, una scelta del genere necessitava tempo.

Dove sarebbero andati? Che cosa avrebbero fatto? Se il Principe si fosse messo sulle loro tracce, ci sarebbe stata la morte per entrambi. E ciò era tutto certo.

«Elena, voglio portarvi in salvo. » enunciò determinato. La giovane sapeva che avrebbe sposato un uomo superficiale, legato al piacere terrestre, ma l’espressione usata dal soldato faceva trasparire tutt’altro. Possibile che vi fossero celati dei veri e propri misteri nella fortezza scozzese? Chi era davvero Alfred Grayson?

Non ebbe tempo di porre alcuna domanda che qualcuno da non molto lontano, frustato, gridava il suo nome. Era proprio Alfred.

Marco come un ladro salutò Elena fugacemente ripetendo «Pensateci, a mezzanotte nella stalla ovest. Non vedervi mi procurerà una ferita indelebile. » le strinse le mani e si affrettò a nascondersi,
scomparendo tra i cespugli. Elena non diede risposta né al milite né al Principe che passo dopo passo inconsapevole si avvicinava a lei.

La breve ma intensa conversazione con il soldato le aveva fatto sottovalutarele gambe seppellite nella neve. Poteva persino morire per ipotermia, le temperature stavano sfiorando i gradi sottozero. Tentò di infilarsi le calzature per riscaldare i piedi ma erano troppo scivolosi perché adattassero perfettamente alla suola delle scarpe. Fu inevitabile il grande starnuto, che rumoroso, giunse anche ad  Alfred. La rintracciò in pochi istanti. Le apparve dinanzi e lei non ebbe neanche il tempo di nascondere le scarpe, che sfortunatamente, avevano deciso di non entrarle. Le gettò di colpo dietro a un cespuglio, ma erano visibili anche a un cieco.

“Maledetta mira!” pensò lei sfiduciata.

«Elena! –esclamò sorpreso ma anche sollevato. Le apparve dinanzi ed Elena non ebbe neanche il tempo di nascondere le scarpe, che sfortunatamente, avevano deciso di non entrarle. Le gettò di colpo dietro a un cespuglio, ma fu inutile:erano visibili anche a un cieco.“Maledetta mira!” pensò lei sfiduciata.- Che cosa ci fate qui, al freddo e da sola?Vi stiamo cercando da molto tempo.»domandò lui, rilassando i muscoli facciali, sereno di aver ritrovato la sua metà. Accennò un sorriso sebbene la fanciulla evitava guardarlo.

Si avvicinò lentamente, come un cacciatore con la sua preda, temendo che la giovane potesse allontanarsi bruscamente o addirittura sfuggirgli. Erano vicini ma lui la sentiva lontana, assente, non gli aveva ancora rivolto uno sguardo, neppure uno di quei soliti da bambina capricciosa, e ciò era maledettamente preoccupante.

Iniziò ad agitarsi cercando di non manifestarlo, doveva rimanere lucido e fare la cosa più sensata.

Non avrebbe dovuto e potuto perderla.

La fissava, mentre lei immobile continuava a guardarsi il vestito rosso.

«Capisco che amiate la natura ma … non credete di esagerare? Dopotutto ha appena nevicato. » nel vedere le scarpe gettate alla rinfusa accennò un risolino, sperando di essere affiancato dalla risata di Elena.

In quell’istante pensò di non averla mai vista ridere solo arrabbiarsi e piangere. L’aveva vista piangere stremata, uccisa dal dolore eppure appariva perfetta. I suoi occhi lucidi erano come due cristalli che lui voleva proteggere con cura, a ogni costo.

Non gli era mai capitato di stare bene con una donna semplicemente parlandoci, non aveva mai catturato l’essenza delle piccole cose.

Era sicuro: Elena era un angelo e lo stava conducendo in paradiso.

Lei continuò a tacere e Alfred capì.

Anche stavolta aveva sbagliato; possibile che fosse ancora arrabbiata, perché le aveva rivelato di aver visitato la sua stanza quando era a Herthford?

Elena alzò lievemente il capo, ma evitò comunque di rivolgergli qualsiasi occhiata.

«Elena finalmente … temevo di conversare con un corpo senz’anima. » proferì sollevato e senza pensarci due volte, si privò del suo pastrano per metterlo sulle spalle di lei. Involontariamente le sfiorò il collo e costatò quanto fosse freddo, avrebbe voluto abbracciarla, riscaldarla con tutto il suo corpo ma si sentiva impotente: come un bambino con la sua prima cotta. Una cotta? Amore? Alfred David Alexander Grayson non poteva essersi innamorato, eppure, come l’eccezione che conferma la regola, una sera, pensando a lei e a tutti i momenti trascorsi -tra litigate e tregue-le aveva scritto una poesia, un componimento che sicuramente le avrebbe consegnato ma anonimamente.

Le sistemò accuratamente il cappotto sulle spalle ed Elena inaspettatamente alzò il capo, i loro sguardi si scontrarono e le loro bocche erano più vicine dell’impensabile.

Lei rabbrividì e molto probabilmente anche lui.

Terrorizzata dal pensiero di provare qualcosa per Alfred distolse lo sguardo, avvicinandosi e sedendosi sulla panchina di marmo. Tremava e stringendo a se il cappotto cercava di riscaldarsi.

“Beh, non deve essere tanto arrabbiata con me, non ha rifiutato il mio cappotto.” Pensò Alfred accennando un sorriso di sollievo.

Le si sedette accanto. In silenzio le prese la mano tra le sue e cominciò a massaggiarle il palmo e il polso con vigore e, allo stesso tempo, delicatamente. Elena continuò ad avere il capo abbassato, ma gli osservava le mani; le infastidiva ma doveva ammetterlo: il contatto con Marco non era stato così avvolgente come quello con il Principe.                                                                                                                                                                                                                 
 «Tremate come una foglia, sarà meglio rientrare. »sostenne il sovrano, il desiderio di stringerla forte tra le sue braccia superava tutte le volontà, sarebbe stato un piacere sentire  il corpo minuto di Elena schiantarsi leggermente contro il suo, un piacere che gli avrebbe appagato l’animo da troppo tempo in subbuglio.

Era sempre stato un uomo insoddisfatto, qualsiasi cosa era sempre il nulla ma non da quando aveva conosciuto quella giovane ragazzina della campagna inglese. Aveva iniziato ad attribuire più valore alle cose, ai gesti, agli affetti … lei aveva una luce diversa, lei era il sole e, il sole si sa, splende di luce propria.

L’avrebbe conquistata come a Elena sarebbe piaciuto: l’avrebbe fatta sognare a occhi aperti.

«Grazie, è passato» mormorò lei. Alfred tratteneva ancora la sua mano.

«Credevo foste divenuta muta …»sorrise serafico, cercando di farla ridere con poco, non ci riuscì. Che cosa poteva inventarsi?Doveva prendere in mano le redini.

«E io credevo che voi foste diverso o per lo meno cambiato. » sbottò lei fissandolo. Grayson non disse nulla. Tenne i suoi occhi chiari fissi su di lei, con un’espressione imperscrutabile.

Ella fece per alzarsi ma lui la trattenne per la mano che teneva ancora fra le sue e la fece risiedere.

«Lasciatemi» enunciò risoluta.

Alfred spalancò gli occhi, meravigliato. Sapeva che la giovane aveva un carattere fuori le righe ma nel suo sguardo vi era vero e proprio odio. Dicendo quella parola, una scarica gialla le aveva illuminato lo sguardo e la sua mascella si era irrigidita al tal punto da assumere un’espressione seria, diversa dal suo solito.

«So che non sono nessuno per voi, e sappiate che non vi costringerò a fare nulla se non che sia di vostro gradimento. Non comprendo la ragione di questo vostro risentimento improvviso nei miei confronti, oggi in particolar modo siete gelida come questa neve, ma vi chiedo un favore, entriamo … continuate a tremare e vedervi congelare non potendovi abbracciare … » non poteva crederci, l’aveva detto! Si bloccò arrossendo improvvisamente. La giovane lo fissò interdetta, come se davanti a lei avesse un angelo, un essere divino. Il suo sguardo prudente si era addolcito, rilassato. Alfred avrebbe voluto dirle altro, avrebbe continuato con: “vedervi congelare non potendovi abbracciare è una tortura che il mio cuore non riuscirebbe a reggere.” Ma preferì rimanere in silenzio, aveva detto abbastanza e si sentiva ridicolo.

Elena deglutì, si alzò meccanicamente mentre boccheggiava incredula.

«Avevo omesso: questa sarà l’unica volta che vi costringo a fare una cosa senza il vostro consenso. - si fiondò su lei e avvenne tutto così velocemente che, Elena non riuscì a opporsi alla sua forza. Si trovò tra le braccia di Alfred, caricata come un sacco di patate sulle sue spalle, quel contatto le urtava maggiormente. Lui le teneva i fianchi, stringendola delicatamente per evitare di farla cadere-Pensavate davvero di camminare scalza? Non ve l’avrei mai permesso.- accennò una risata, fingendo di aver dimenticato il “E io credevo che voi foste diverso”.

«Mettetemi giù! » Strillava lei dimenandosi; tutto era futile, Alfred non l’avrebbe mai messa a terra.

Lui cominciò a camminare e, dopo tanti inutili sforzi, Elena capì che non c’era verso per scendere; si concentrò sul suo profilo: era così dritto e aristocratico e le sue labbra, erano di sicuro morbide. Era così perfetto. Come aveva potuto non notare prima quanto fosse bello? O aveva volutamente negato il suo fascino per riuscire, almeno per un po’, a sfuggirgli?

Lui se la rideva e sotto sotto sperava che a Elena quel comportamento non dispiacesse, e segretamente fu così: Lei lo odiava ma in quell’istante, inspiegabilmente, era felice.

 
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Era stato imbarazzante sostare per interminabili minuti in braccio ad Alfred, pochi istanti che le erano sembrati lunghi un’intera vita. Era così astuto e forte e solo in quella situazione si era resa conto di quanto la affascinava. Dall’altro però, lo detestava dal profondo dell’animo, non aveva dimenticato le parole di Karine e al 99,9 % con la mente perversa che si trovava il Principe sicuramente durante il rientro, le aveva fissato il fondoschiena appena visibile dalla gonna poco rigonfiata. Appena giunti nel grande atrio, provò a toccare con la punta dei piedi il pavimento ma Alfred si propose di accompagnarla nella sua stanza.

Nel corridoio incontrarono alcune vallette che, da consuetudine, cominciarono a spettegolare. Da precisare: Elena era ancora in braccio ad Alfred e le sue guance avvamparono più del dovuto, altro che freddo!

«Preparate un bagno caldo per la principessa e del brodo caldo. Muovetevi! » ordinò fermo. La piccola Hemsworth non poté credere ai suoi occhi, le aveva dato della “principessa”?

Alfred corse su per lo scalone ed entrò con foga nella camera di Elena, dopo aver dato una spallata alla porta. La depositò sul grande letto,«Riscaldatevi con un bagno caldo … tornerò appena sarete pronta. »proferì, abbozzò un sorriso rassicurante e andò via chiudendo la porta.

 
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Appena fu pronta la vasca di legno battuto contenente l’acqua calda, Elena si precipitò denudandosi velocemente. Maggy - la sua valletta personale- propose di lavarla ma umile com’era, Elena rifiutò palesemente. Dopo essersi asciugata e aver indossato la camicia da notte bianca con sopra la vestaglia di un rosa cipria, si  sedette al centro del letto.

Aveva un gran mal di testa. Si sdraiò e coprì i piedi nudi. Si appisolò.

Non passarono che pochi minuti, quando venne svegliata da Maggy che, come ordinato da Alfred, entrò nella stanza  e depose un vassoio sul comò.

«Contessina mangiate, altrimenti vi ammalerete! » disse premurosa, Elena accennò un sorriso congedendola. La serva lasciò la porta aperta.

La giovane rimase ferma, sebbene stesse sotto le coperte e il camino fosse acceso aveva ancora freddo. Prese a massaggiarsi le tempie e in quel momento lo vide, riflesso nello specchio della porta.

«Non avete ancora mangiato» affermò.

«Non ho fame. »

«Come volete.» diede risposta lui, si avvicinò al comò e prese il piatto. Si sedette sull’alto letto, facendo attenzione a non rovesciare il contenuto. Prese il cucchiaio e cominciò a imboccarla.

Elena si ritrasse.

«Mi sembrava di aver capito che non mi avreste mai costretto a fare nulla senza il mio consenso ad eccezione di prima, quando, senza rispetto mi avete caricata sulle vostre spalle come se fossi un sacco di patate. » sbottò nervosa e Alfred non captò la tensione, bensì scoppio a ridere per l’espressione “sacco di patate”.

«Avevo dimenticato anche questa eccezione … perdonatemi, sono profondamente amareggiato. » recitò scherzoso.

«Vi diverte prendermi in giro? » domandò seccata.

«Se volete che non vi prenda in giro … sapete cosa dovete fare. » sollevò il piatto, abbozzando uno dei suoi sorrisi perfetti.

Scocciata, Elena aprì la bocca e mandò giù il primo cucchiaio.

«Brava bambina.»

«So mangiare da sola.-fece una pausa- Perché non andate a imboccare la vostra amica intima, invece d’importunare me?»

Alfred si tirò indietro,  corrucciò la fronte confuso, gli occhi  erano due fessure.

Elena voltò il viso dall’altra parte. Era furiosa « Mi riferisco a Karine Dubois … sembra che vi siate divertiti quando ero a Herthford a piangere la morte di mia madre. »

Riportò lo sguardo su lui, gli rivolse un’occhiata sdegnosa, lui era impallidito.

«Cosa c’è Principe? Pensavate che non l’avrei scoperto? Pensavate che non avrei capito che genere di uomo siete? Voi siete il più infido, degenerato, mascalzone bugiardo che sia mai esistito!- sbottò e quasi le uscivano le lacrime.-Per un attimo ho creduto che foste cambiato ma il lupo perde il pelo non il vizio- si girò dall’altra parte per  nascondere le lacrime- per favore, uscite da questa stanza. » esortò tremante poi con i capelli che le caddero dalle spalle, si coprì il viso. Sentì dei passi allontanarsi e quando si girò dove lui era seduto, appurò con profonda malinconia che non c’era più. Le lacrime le caddero nel brodo e sentì freddo, un freddo interiore.

 
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«La baronessa è in camera? » domandò Alfred apparentemente calmo alla valletta personale di Karine Dubois.

«Sì, vostra altezza. »

La stanza non era chiusa a chiave, entrò senza bussare e richiuse la porta dietro di sé sbattendola con forza.

La francese era seduta allo scrittoio intenta a pettinarsi i capelli, dal rumore della porta e dall’espressione facciale del Principe aveva dedotto un cattivo segno.

«Alfred!» esclamò sorridente fintamente sorpresa.

«Non permetterti di chiamarmi Alfred - digrignò avvicinandosi a lei sdegnato -anzi non chiamarmi per niente!- sbraitò, i suoi occhi erano due tizzoni ardenti.-Che cosa hai osato dire a Elena, lurida sgualdrina?» domandò serrando la mascella e manifestando il più assoluto ribrezzo.

«Che cosa dite voi, sire? Io non ho fatto nulla.» fece lei scandalizzata.

«Non avete fatto nulla? - gridò lui, si avvicinò allo scrittoio e afferrò il collo di Karine.- Siete una prostituta, non avete valori, e invidiate Elena … ma vi do ragione, essere come lei è impossibile. Non a tutte è destinata la perfezione, no?Meritereste le pene peggiori ma l’inferno esiste e mi auguro che voi ci brucerete dentro, giorno dopo giorno , minuto dopo minuto. » lei mantenne lo sguardo, uno sguardo pienamente accidioso, le mani di Alfred continuavano a premerle il collo e se avesse continuato, l’avrebbe soffocata;dopo interminabili minuti mollò la presa, schifato. Lei tossì ripetitivamente.-Preparate le vostre cose e sparite, non vi voglio più tra i piedi e ringraziate la mia futura consorte che mi ha fatto cambiare, altrimenti a quest’ora già sareste al patibolo.  Non ordino né di impiccarvi né trucidarvi, ma state pur certa che le mie guardie saranno sempre sulle vostre tracce e se vi troveranno, non esisterà Dio che potrà salvarvi. State lontano da me e dalla mia Elena. »enfatizzò mia.

Karine evitò il suo sguardo e ad alta voce chiamò la serva, che poco dopo, sopraggiunse. Insieme cominciarono a preparare i bagagli ma era davvero la fine? La resa di Karine Dubois?

Certo che no.

Sarebbe scesa in campo e, quando l’avrebbe fatto, sarebbe stata sicura di vincere. Avrebbe cercato il fedele servitore di tanti anni fa, quello che aveva tolto la vita a Mira Speranski e se questi si fosse rifiutato, non avrebbe avuto problemi a ucciderla con le sue stessi mani.

 L’unica cosa certa fin da sempre era che Elena Hemsworth doveva morire.


 
Spazio Autrice:
Non trucidatemi, vi supplico!
So benissimo che sono due mesi e anche più che non aggiorno, ma avevo 0 ispirazione … vi sono sincera.
Un giorno però, scrivendo qualcosa-che inizialmente non mi convinceva-
ho iniziato a scrivere come un fiume in piena e con l’immaginazione ho messo giù qualcosa.
Come l’ennesima volta, ho cambiato il presta volto di Elena,
tranquilli adesso sarà per sempre e solo Lily Collins, poi immaginatela come vi pare :P .
Ci saranno sicuramente errori o sviste, ma è uno dei capitoli che amo, ci sono davvero tanti avvenimenti:
Karine non è riuscita nel suo intento, anzi è stata persino esiliata.
Marco è tornato e progetta una fuga con Elena, cosa le dirà?
Alfred, secondo voi, come si è comportato?
Spero davvero di sentirvi, mi auguro dal profondo del cuore che non mi abbiate abbandonato.
Un appello va a quelli che seguono, ma non recensiscono:
mi piacerebbe sapere cosa vi ha catturato della mia storia,
il vostro personaggio preferito, anche solo una riga.
Baci e al prossimo capitolo, vi amo!
   
 
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