Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: himporn    18/01/2016    1 recensioni
Sei il mio inverno, ma bruciami come fossi estate e bagnami come le piogge autunnali, oh mia dolce pirmavera.
Genere: Angst, Dark, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Eren, Jaeger
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Seasons.






winter
La fioca luce mattutina batte timida sull'asfalto della sterrata stradina che si accinge all'agglomerato urbano- quattro case in croce- dal nome Shingashina. Codesta vede ogni giorno passare regolarmente senza mai sgarrare, eccetto quei giorni in cui il tempo implora di stare in casa, una figura dall'aspetto mite con grandi occhi che riflettono il celo plumbeo. Timidi si tengono celati dietro le ciocche del taglio trasandato come per paura di mostrarsi al più temibile dei predatori. Spettatrice di geloni, le piogge più copiose e il caldo afoso d'agosto ella se ne sta lì per scortare chi vi s'inoltra in cerca di pace. La figura dal taglio di occhi glaciale, si addentra ogni primo mattino e compie una passeggiata. Quello che era una volta il tragitto che compieva in presenza di sua madre ora è diventata una stanca abitudine solitaria.

Due giorni a seguire, l'uomo è ancora occupato a seguire la stradina con attenzione, studiando ogni minima sfumatura che l'orizzonte offre. Le mani sono rintanate nelle tasche del giubotto imbottito mentre un sospiro si lascia sfuggire una nuvoletta di aria condensata. Quest'oggi, la temperatura sembra offrire una tregua al solito freddo invernale che penetra fin nelle ossa. Eppure il giovane gira coperto come fosse un rifugiato, sulle spalle porta una sciarpa tanto grande da ricoprirlo su fino al naso mentre il cappello lascia intravedere a malapena le sopracciglia. La sciarpa avvolge quel corpo fine in modo quasi grazioso donandogli un tocco tenero che stona con il taglio affilato degli occhi, i quali adesso si poggiano su una figura che compare poco dopo una piccola curva che affianca una famigliola di abeti. Lo sguardo corre lungo l'esile statura che slanciata, un passo dopo l'altro, cammina nel lato opposto a quello che invece il corvino occupa. Suscita un misto tra stupore -nel notare un'anima viva nei dintorni- e curiosità, oltre quel classico impulso di non dar pane ai suoi capricci che di solito sente.
Si fa largo tra le pietroline che affibbiano al sentiero un tratto più impetuoso. Avanza e nell'avanzare scorge come la figura dal suo canto faccia lo stesso, le sue premesse sullo scorgerlo in viso si sfumano davanti al gesto della figura che slitta via all'udire il passo affrettato dell'altro. Richina il volto sui suoi piedi, si sente quasi ferito ma ciò non ha neanche interesse, non vuole un amico.

Eppure l'indomani forse una remota parte di sé ci spera, alzandosi dal letto con una marcia in più rispetto al suo solito. Le faccende monotone prendono atto senza che se ne accorga per quanto abituali esse siano. In men che non si dica, è già fuori che si dirige con passo impaziente ma dall'aspetto calmo verso la parte più periferica del paese. S'inoltra nella fitta coltre di abeti, mirando a destra e a manca nell'attesa di veder avanzare la slanciata figura che la notte precedente ha suscitato parecchie attenzioni. E come il sole pone fine al freddo glaciale che incombe sugli abitanti di Shingashina, anche il sentiero termina, e con lui l'impazienza sostituita da un'amara sensazione di delusione che timida si cela dietro una maschera d'indifferenza.

Così i giorni a seguire.

La settimana seguente, la stradina giacerà sola per ben tre giorni, senza nessun ospite a farle compagnia. Il giovedì mattina la figura slanciata di riaddentra ancora una volta in cerca di pace e forse questa volta al ritorno saranno in due.
La monotona mattinata scorre abile mentre l'orologio già punta le sette e il corvino non è ancora pronto. Sta per far saltare ancora una volta questa insolita tradizione, ma un non so che di inspiegabile lo traina come fosse una calamita a inoltrarsi nel sentiero e così fa. A metà strada, subito dietro una curva che affianca una famigliola di abeti dormienti, scorge ancora una volta la figura slanciata. Come la volta che precedeva questa, al solito punto ma con una nota differente, stavolta lo sguardo della sagoma incognita è rivolto a lui. Quasi freme, mentre le smeraldine iridi incantevoli si poggiano civettuole sul suo grigio glaciale. Un sorriso piega le labbra del più alto e il corvino muove per primo parola. « Hai una tale espressione da idiota che mi è irrifrenabile confessartelo» parla ma senza dar la minima impressione di fermarsi. Il giovane dal suo canto sorride e si incammina al suo fianco, come fossero vecchi amici, eppur non sono lontanamente conoscenti. « Tu invece mi sembri un cadavere ambulante» ammette con un pizzico di euforia per la banale battutaccia appena proferita. « Per la cronaca -aggiunge mentre prende passo portando le mani nelle tasche della giacca lunga che indossa- sono Eren» «Levi».






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L'inverno è la stagione più dura per quanto riguarda le classiche passeggiatine mattutine accompagnate però da una calma che solo esso può conferire all'ambiente che intanto riposa.
Non sarà di certo il sole a svegliarlo, come non smuoverà la coltre di cristallini che albergano sopra ogni filo verde d'erba.
Una nebbiolina umida poggia sul sentiero, è possibile scorgerla in lontananza mentre si avanza verso l'altro capo del paese. L'insolito rumore di passi che scricchiolano all'acciacciare la ghiaia sotto i loro piedi stona con il resto, eppur destando un suono quasi armonioso. Levi anche quest'oggi è accompagnato dall'allegra figura esile che veste panni troppo larghi e ingombranti per lui. A detta di Levi, sotto quell'involucro di abiti risiede un corpo magnifico che spera un giorno di poter scorgere con i suoi occhi anziché ricercarlo nella più remota fantasia. Il corvino colloca abilmente quel ragazzo alla sua stagione preferita, l'inverno. Insolito da dire quando i suoi occhi ammirano i colori esotici che caratterizzano il ragazzo. Dalla pelle ambrata a quei fantomatici occhi dal colore che è un misto tra il verde e il blu, dalle ciocche ribelli al sorriso smagliante che a malapena ricorda qualcosa di lontanamente nostalgico. Eppure c'è qualcosa in lui che ricorda al più grande la dura stagione invernale. Qualcosa di terribile che si cela dormiente dietro una facciata pura tanto quella del bianco della neve che nelle serate più fredde scende giù abilmente dal cielo. Esatto, Eren è un dolore sprezzante servito su un piatto d'argento, una scultura in marmo collocata su un materasso infoltito da piume. Dietro la graziosa figura si nasconde qualcosa che comunemente viene definito amore, ma che Levi interpreta più come una “condanna”. La sua condanna non appena l'ennesima occhiatina gli raggela il sangue e intanto le guance del castano prendono a colorarsi di un porpora appena accennato. Lì Levi è esattamente sicuro che quel che stanno intraprendendo si rivolgerà loro come il più madornale degli errori, eppure, come dapprima, il corvino non offrrirà pane ai suoi capricci.




«Allora? » la voce del castano giunge ovattata, impedita dal morso del cornetto che si affretta a consumare. Levi rimima la sua domanda, con un fil di voce mentre mantiene abilmente le mani nelle tasche, con evidente paura che queste possano raggelarsi. Lo sguardo poi corre sul moretto, perplesso nomina qualcosa simile a una risposta, un passo dopo l'altro, « 35 ».
«Diavolo! -esclama a gran voce il più giovane- non ti facevo così vecchio ».

I giorni passano lesti, uno dietro l'altro tra un passo e un altro. Abilmente i due ragazzi in poche settimane sono riusciti a stringere -se così si può definire da parte del più grande- un rapporto più solido di tutti i precedenti incontri dell'appunto acido corvino. Impressionante come il castano sia capace di smuovere il bassetto, e sopratutto, come in quei giorni di gelo in cui il tempo implora di stare in casa, riesca a farlo uscire solo per potersi poi incontrare. Levi si dichiara innocente, e sopratutto ripete a se stesso che l'unica cosa a spingerlo ogni mattina da Eren è la sua insolita e monotona abitudine. Eren invece, ammette spudoratamente di essere preso con anima e corpo dalla figura possente se pur mite del brunetto mentre nel suo cuore coltiva un affetto nei suoi confronti che va man mano crescendo.

Eppure non conta se i due si attraggono fisicamente, o se solo vogliono passare qualche minuto in più del tempo che regala loro il piccolo tragitto, essi continueranno ad incontrarsi lì solo e soltanto. È così che Eren diventa una abitudine per Levi, e viceversa dal canto opposto.

Quando poi la stagione sarà più calda, verso febbraio le loro mani usciranno timide dalle loro tasche, e con una assoluta lentezza che comprenderà forse giorni o settimane, queste si uniranno in una stretta che scalderà i loro cuori e colorerà le loro gote di un tenero rosso.

Ed è quando che una cosa bella si muta in una abitudine che la cosa bella mette le radici in te.
Ti accarezza, offrendoti tutto il conforto e il riparo di cui hai bisogno, si propone come indispensabile e poi se ne va, rompendo la routine.
Tu, testardo e ormai vittima ti senti soffocare dalla libertà e strisciando torni a chiederne ancora. Perchè l'oppressione di una vita all'insegna del dolore è tanto meglio di una esistenza libera senza però quel sapore di appartenenza.
E il mondo ti sembra sbagliato mentre comprendi di essere troppo libero allora ti getti tra le braccia di una madrigna malvagia che offre te riparo. E quel riparo diventa una abitudine e l'abitudine rende te vivo. Non fuggi anche se fa male, perchè senza staresti peggio e lo hai testato tu stesso sulla tua pelle che un'esistenza senza appartenenza è una vita di stenti.
Ti ripeti di non caderci, tu ci provi, ma poi ella ti prende e prima ancora che tu te ne accorga ne sei già tristemente vittima. Eppure è così che ti va bene.


“Levi” è la sua voce che lo chiama, con un tono gentile ma prepotente. Da un canto vuole che si giri dall'altro glielo sta chiedendo. E lui non può fare a meno di voltarsi e sorridergli. Si ferma mentre le loro mani sono impegnate a stringersi, e in un piccolo ma nobile attimo, il più basso si alza sulle punte, arpiona il collo del compagno con la mano libera e lo bacia.
  
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