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Autore: DorotheaBrooke    19/01/2016    1 recensioni
Raccolta di One shot e flashfic per analizzare il rapporto di amicizia/rivalità tra Aro e Carlisle.
1-Primo contatto
2-Invano
3-Punti di vista
4-Dies Irae [Il capitolo si è classificato SECONDO al contest "il lato oscuro della forza (multifandom)" indetto da Petunietta sul forum di Efp]
5-Esperimenti fallimentari
6-Demoni
7-Una passeggiata notturna
8- Due Vampiri, un cinghiale e un bacio
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aro, Carlisle Cullen
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Precedente alla saga
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~~Quando si vive in eterno, la noia è una sgradevole compagna con cui ci si deve spesso confrontare. Ancora oggi ci sono momenti in cui il sangue, la giustizia e la ricerca di tesori non sono sufficienti a ricolmarmi di ebrezza. Allora un nauseante senso di vuoto emerge come un fiume carsico da chissà quale infernale luogo della mente e affrontare il lento scorrere delle ore è un compito particolarmente detestabile. In tali momenti mi affido al mio ingegno per trovare nuove imprese grazie alle quali ubriacarmi di gloria e terrore, come un miserabile che cerca nel vino scadente di una squallida taverna qualche attimo di oblio. Devo tuttavia ammettere che non sempre il risultato dei miei piani è particolarmente brillante. Quel giorno fu a dir poco catastrofico.

-Jane, mia cara, che ne diresti di provare i tuoi poteri su di me? - Riponendo il volume di “La filosofia nel boudoir” nello scaffale ligneo della biblioteca, sorrisi placidamente, mentre gli occhi rossi dei presenti fiammeggiavano nella mia direzione.
-Ma... ma… Maestro…. Io… - Balbettava. In piedi a pochi passi da me Jane, la più terribile e letale arma nelle nostre mani, farfugliava in modo penoso. Gli occhi sbarrati, la bocca semiaperta, le sopracciglie inarcate, tutto in quel volto angelicamente perverso comunicava un cieco sgomento. Il resto dei presenti non era da meno: Felix e Demetri si guardavano stupefatti, mentre Alec si limitava a osservare la sorella impietrito.
-Ah… Ah… Ah…- dissi, mentre mi voltavo, scuotendo l’indice in aria in segno di diniego –Non vorrai mettere in discussione la mia autorità? Sai come divento quando qualcuno mi nega qualcosa. Soddisfa questa mia piccola curiosità. – Tornando a sedermi su una poltrona ricoperta di velluto nero, a stento potevo trattenermi dal ridere osservando lo stupore degli astanti. Mi congratulai con me stesso per la reazione spassosa che avevo suscitato.
Jane si ricompose in un istante -Molto bene- disse, tornando ad assumere il tono distaccato di sempre, mentre si raccoglieva alla ricerca della concentrazione.

Strinsi con forza i braccioli della poltrona. Il dolore sarebbe giunto, ma io dovevo rimanere impassibile come una statua. Non potevo gridare o supplicare come quei miserabili traditori che regolarmente subivano il nostro giudizio. Dopotutto ero stato io a chiedere di sottopormi a un tale esperimento. Ero un architetto geniale che tutto aveva sotto il proprio controllo. No. Il capo dei Volturi non avrebbe mostrato il minimo segno di debolezza. Così pensavo, mentre attendevo che Jane portasse a termine il suo compito.

Mi sbagliavo.

Fu una fortuna che Caius e Marcus non fossero presenti. La vergogna non mi avrebbe più abbandonato se avessero assistito allo spettacolo indecoroso che offrii.
La pena si rovesciò acuta e improvvisa come un lampo.
Migliaia di aghi incandescenti trafissero il mio corpo.
In un battito di ciglia persi il controllo di me stesso e, contorcendomi con violenza, rovesciai la poltrona di lato, ritrovandomi rannicchiato e tremante sul pavimento di marmo. La bocca mi si spalancò e dalla gola emerse un suono che non avrei mai creduto di poter emettere. Mentre il dolore mi percorreva la schiena come una scossa elettrica, mi resi conto di star urlando. Se fossi stato più lucido, se fossi stato in grado di pensare, avrei provato rabbia e disgusto per ciò che ero diventato. Quel patetico essere che gemeva in posizione fetale, dimenandosi e boccheggiando come un pesce fuor d’acqua, non era degno di portare il mio nome ed essere capo dei Volturi. La sofferenza mi toglieva la ragione, trasformandomi in una bestia rabbiosa prigioniera di un mondo di agonia a angoscia.
 Il mio strazio era così grande da non sentire che la massiccia porta di legno intarsiato della biblioteca veniva sfondata con un sol colpo.

Il sollievo giunse con la stessa velocità del dolore. Per un istante rimasi stordito sul pavimento, incapace di ragionare e di spiegarmi il conforto inatteso.  Il sorriso di gioia che stava per rischiarare il mio volto tuttavia si spense sul nascere.
Udii di nuovo delle urla, ma non ero più io a gridare. Era qualcun altro. Qualcuno il cui dolore non mi procurava alcun divertimento.
In un secondo fui di nuovo in piedi. La scena che si mostrò ai miei occhi era assurda e inspiegabile. Perché Carlisle urlava in ginocchio, mentre Jane si concentrava su di lui? Perché, anche in preda all’agonia, il dottore continuava a tenersi aggrappato alle mani della ragazzina immortale, che dimenava i polsi furiosa nel tentativo di liberarsi? Perché la porta era stata scagliata contro la parete opposta a diversi metri di distanza?
Fu solo quando, tremando fra gli spasmi di dolore, il mio singolare amico riuscì ad articolare poche ingenue, strazianti, splendide parole che capii –Aro… Scappa… La tengo io…-
Mi guardai attorno. Felix, Demetri e Alec osservavano l’agonia del dottore divertiti. Io invece ero ben lontano dal rallegrarmi. Io da solo con alcuni componenti della guardia che urlavo, mentre nessuno interveniva a fermare Jane. Era fin troppo evidente come poteva essere apparso a un osservatore esterno: una ribellione, un colpo di stato.

Rimasi impietrito. Molti avevano sofferto a causa mia, ma nessuno mai per la mia salvezza. Carlisle stava patendo per me, era disposto a sacrificarsi per me. Una sensazione sconosciuta mi pervase: gratitudine. La sublime delizia di quando al primo morso il sangue caldo di una vittima si riversava a fiotti nella bocca in un istante di selvaggio sollievo. L’inenarrabile soddisfazione di quando un nuovo potere si aggiungeva alla mia corte, un nuovo tesoro alla mia collezione. L’indicibile diletto di vedere un nemico piegato e sconfitto. Quegli istanti che fino ad allora avevo chiamato felicità, ora apparivano insignificanti. Era stato lo sciocco, ingenuo, sconsiderato gesto di uno bizzarro vampiro a ridurli in cenere. Ora sapevo cosa significava sentirsi amati e nessun piacere avrebbe mai potuto eguagliare quella sensazione. Era una gioia folle e inebriante. Un fuoco che tutto riscalda, tutto illumina e nulla divora. Non volevo che finisse. Volevo che Carlisle continuasse ad amarmi più di se stesso, a combattere per me, a lasciarsi straziare per me.

-Aro… Che aspetti? Fuggi! -  Gridò disperato, chiudendo gli occhi e mi accorsi di quanto il suo volto contratto per il dolore fosse luminoso, quasi accecante.
 Dovevo ordinare a Jane di smettere di tormentarlo… ma non subito. Mi lasciai deliziare ancora per qualche istante dalle urla di Carlisle, incapace di smettere di assaporare quella spezia pregiata che il mio più caro amico mi stava offrendo.
  
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