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Autore: callingonsatellites    19/01/2016    1 recensioni
L'aria fresca sulle braccia. Il sole che brucia negli occhi. Le gambe leggermente indolenzite, e una melodia sconosciuta che girava nella sua mente. Poi un forte dolore alla testa. E ora fissava quegli occhi color nocciola, e ogni domanda veniva annullata come se quei due pozzi scuri fossero l'unica cosa importante ed esistente, l'inizio e la fine di tutto.
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota: non chiedetemi perché abbia questa fissa dei capelli colorati. SONO FIGHIIIII li voglio blu sparafleshato. *-*

Una settimana, due, tre, un mese, due. Il tempo passava in fretta per Kim, confinata nella sua camera in un appartamento malandato di Magdenburgo, semidistesa sul letto a leggere, tagliati tutti i contatti con il mondo esterno. I curiosi avevano smesso di darle fastidio, ormai quello scatto rubato era storia vecchia; ma ormai si era abituata a tenere sempre tutto spento, a stare chiusa in casa come era stata costretta a fare in quel breve e disastroso periodo, e in fondo doveva ammettere che non si stava affatto male.
Ovvio, non si era data all’asocialità, almeno finché si stava a scuola; sorrideva a tutti, che ormai in bene o in male la conoscevano, passava il tempo a chiacchierare con Joey e con la sua comitiva di amici rockettari che ormai erano diventati anche amici suoi. Non andava neanche male nello studio, superata la difficoltà della nuova lingua non aveva più grossi problemi … insomma, se messa in confronto con quella di altre persone, la sua esistenza era un sogno.
Però, il carattere pigrone le era rimasto. Anzi, a dire il vero un po’ pigra lo era sempre stata, si vede che a forza di tenere la serranda abbassata era emerso il suo lato ciabattone. Beh, per un motivo o per l’altro, aveva una buona occasione per fare ciò che si prefissava da anni: l’intera collana dei sette libri di Harry Potter di suo fratello, abbandonata in uno scatolone nello sgabuzzino, non aspettava nient’altro che qualcuno che la tirasse fuori. Sì, è vero, forse era un po’ grande per i fantasy da ragazzi, ma era da quando aveva cinque anni che fissava quei benedetti libri come se contenessero un tesoro segreto, e non ne aveva mai aperto uno. In poche parole, fregatene e leggi.
Dunque, in questo momento  la nostra protagonista stava proprio seduta sul letto con ‘La Camera dei Segreti’ in mano, quando squillò il cellulare.
Un attimo … il cellulare? Pensava di averlo spento. Mah. Diede un’occhiata al display … premette il tasto verde, e le rispose la voce squillante di Joey.
 
-Hey, polenta!
 
-Polenta sarà il tuo gatto!- in effetti sì, Joey aveva proprio un gatto marroncino, così pigro da essere chiamato Polenta.
 
-Sabato pensi di venire con noi?
 
Kim aggrottò le sopracciglia. Non le risultava niente di previsto per quel giorno.
-Vengo dove, di preciso?
 
-Scusa, nella patria del tè delle cinque non si fanno i balli scolastici?
 
-Davvero? Sabato c’è un ballo a scuola?!
 
 
-No, per finta. Certo, intelligentona! Dov’eri quando Mercy distribuiva i volantini?
 
-…- Kim ci pensò su. –Non lo so. Non mi risulta.
 
-…
 
-Un attimo, ma di solito non è che i ragazzi invitano le ragazze, o al contrario, insomma, una di quelle cose lì?
 
-Beh, in teoria i ragazzi invitano le ragazze, ma noi ce ne freghiamo e andiamo in blocco.
 
-E secondo te ci lasciano entrare?
 
-Non sono previsti bodyguard di cinquecento chili, quindi non credo che ci siano grossi problemi.
 
-Ok … ma … senti …
 
-Sento cosa?
 
-Devo venire … insomma, tirata a lustro?
 
Joey tacque un attimo. Parve pensarci su.
 
-Metti quello che ti senti di mettere. Noi veniamo vestiti a caso.
 
Kim sorrise. ‘Vestiti a caso’, per Joey e la sua banda, significava ‘facciamo vedere che siamo metallari seri’. Quindi, erano previste borchie, pelle, e forse anche qualche cresta blu.
 
#
 
Alla fine, giusto per prendere un po’ di aria, aveva deciso di uscire a prendersi qualcosa per sabato. Giusto uscendo, aveva trovato posta: una cartolina, proveniente da Londra, con la bellissima foto del London Eye. Il retro era scarabocchiato con una grafia illeggibile, riconducibile probabilmente all’egualmente disordinato Tom Kaulitz. ‘Siamo quasi a metà! Finalmente. Questa sera ci aspettano in uno stadio enorme, sarà pieno di inglesini denti gialli come te! Bill non vede l’ora, si gasa ogni volta. E dai che ti vogliamo bene! I poveri disgraziati Tokio Hotel’. Vicino alla scritta c’era il disegno di una mano malformata che faceva ‘ciao’, e le firme dei quattro.
Kim sorrise. Visto il normale ritardo delle poste internazionali, doveva essere di almeno qualche settimana prima, ciò significava che, se non ricordava male dalla veloce sbirciata che aveva dato alla scaletta del tour, a quel punto erano già in America, oltre oceano. E pensare che le mancavano, anche, quei quattro terremoti. Le mancavano le stupidaggini di Tom, i sermoni di Georg, le mancava vedere Gustav con la faccia dentro la dispensa. E le mancava vedere Bill che le faceva gli occhioni. Coraggio, sono solo tre mesi, ormai. La sua vita era troppo tranquilla senza di loro. Tranquilla, noiosa.
 
Passò tutto il pomeriggio prima che la malandata palazzina di periferia vedesse ritornare la giovane Wendell, carica di borse, a dispetto del ‘paio di magliette’ che aveva intenzione di prendere. Senza salutare nessuno, Kim salì diretta le scale, mollò il malloppo sopra il letto e si diresse con una piccola busta in mano in bagno. Si piazzò convinta davanti allo specchio, e aprì una delle scatole contenute nella busta. Si guardò allo specchio, con un sorrisino maligno.
 
#
 
-Tesoro! Sono a casa- Karen entrò sbattendo forte la porta, segno che era appena tornata dal supermercato e non aveva mani libere per chiudere la porta.
 
-Papà dovrebbe arrivare tra po … -non riuscì a finire la frase.
 
Quello che comparve sul volto della figlia era un sorrisone a trentadue denti, tipico dei bambini entusiasti di essersi sporcati la faccia con il pennarello indelebile.
 
-Non … non stai male- riuscì a biascicare la madre, superato lo shock iniziale. Se qualcuno avesse visto lo stato in cui era ridotta la donna in quel momento, avrebbe potuto dire che sua figlia si era tinta all’improvviso i capelli di blu. Ipotesi più che giusta! Infatti, da sotto la capigliatura scalata castano chiaro di Kim uscivano lunghi ciuffi blu elettrico. Detto così potrebbe sembrare strano, ma bisognava ammettere che nel complesso, con la camicia a quadretti blu e rossi che Kim indossava in quel momento ci stavano.
 
-Davvero? Grazie mamma!- Kim le saltò al collo. –Ero indecisa tra blu, fucsia e verde lime.
 
-Ehm … blu ti sta bene. Puoi staccarti?
 
Kim si scostò (anzi, si staccò) dalla mamma, e volò in camera. Prese il cellulare al volo, e compose velocemente il numero di Bill.
Attese un paio di squilli, poi ci ripensò e buttò giù. Voleva fargli una sorpresa, meglio  non far intuire nulla.
 
#
 
Mattina. Kim si alzò a razzo dal letto, prese una brioche al volo e si fiondò nell’armadio. Prese una camicia a caso, e un paio di pantaloni praticamente stracciati, e si infilò le Converse di mille anni prima.
 
-Ciao mamma, papà- salutò velocemente, e infilò la porta sgusciando dietro al padre, fermo in mezzo alla cucina, più di là che di qua.
Il povero signor Wendell si svegliò solo qualche minuto dopo.
 
-Ma … quando si è fatta i ciuffi blu?- chiese, con la voce assonnata.
 
-Ieri- rispose la moglie stancamente.
 
-E dove va così di fretta?
 
-A scuola, che dici?
 
Lui ci pensò qualche secondo.
 
-Sì, può darsi.
 
#
 
Aveva passato la giornata praticamente al centro dell’attenzione. Il gruppo di perfettine la guardava di sbieco, mentre Joey non smetteva di toccarle quei benedetti capelli.
A ricreazione, le era sembrato che pure Chistina la guardasse sorridendo. Quel giorno aveva i capelli blu anche lei.
Comunque, passiamo al momento che aspettava da tutto il giorno. Tom le aveva detto che tutti i giorni erano liberi fino alle tre-quattro del pomeriggio, quindi in teoria poteva ancora sperare di trovarli in Skype.
 
-Rispondi, rispondi, rispondi, rispondi …
 
La schermata della si accese sul soffitto di una stanza.
 
-Vai!
 
Una mano passò davanti alla telecamera, e raddrizzò lo schermo, dove apparve il faccione dubbioso di Georg.
 
-Georg!
 
-Io? Ah, ciao bella!
 
-Come gira? Siete già oltreoceano?
 
-Gira abbastanza bene, e sì, siamo a New York, precisamente.
 
-Perché ‘abbastanza bene’?
 
-Perché Gustav ha mangiato un hot dog di troppo e adesso ci vede triplo. Chissà cosa c’era dentro …
 
-Pensavo fosse un pozzo senza fondo!
 
-Beh, devo sfatarti il mito. Tu come stai?
 
Kim sorrise malignamente. Si alzò in piedi, e sciolse la coda di cavallo facendo cadere tutti i ciuffi blu sulle spalle.
L’espressione che si dipinse sul volto del bassista era esilarante.
 
-No, aspetta … che fighi! Li voglio anche io così!
 
Kim si risedette di fronte al pc, ridendo.
 
-NO, non ridere!! Dico davvero. No dai, sto scherzando. Per me verdi.
 
-Ti donerebbero.
 
-Sicuramente! Aspetta che vedo se quegli zoticoni degli altri tre sono ancora vivi. Tokio Hotel! Venite qua.
 
Tre sagome indefinite sfrecciarono sullo schermo, distorte dai pixel, per poi piazzare i loro nasi a qualche centimetro dalla telecamera.
 
-Ma chi si vede!- esordì Gustav.
 
-Cosa hai fatto ai capelli?- venne fuori Bill.
 
-Sposta il tuo culo grasso …- tutti si voltarono verso Tom. –Parlavo con Gustav! Con voi mi sento incompreso.
 
-Io non sono grasso.
 
-Sì invece!
 
-No, dai, solo qualche chilo di troppo … - mormorò il cantante.
 
-Parli tu che sei anoressico!
 
-Scusate?- si intromise Kim, schiarendosi la voce.
 
I quattro si voltarono verso di lei.
 
-Hey! Ti è arrivata la cartolina?- chiese Tom dopo qualche secondo.
 
-Sì, circa ieri. Quanto tempo fa l’avete spedita?
 
-Un mese fa, più o meno.
 
-Ah, le poste stanno peggiorando … - commentò Gustav, l’esperto di turno.
 
-Cosa hai fatto ai capelli?- chiese di nuovo il vocalist.
 
-Tinti ieri!- sorrise a trentadue denti, proprio come aveva fatto il giorno prima con la mamma. –Come mi stanno?
 
-Spettinati, in questo momento- commentò Tom.
 
-Sssh, te non capisci niente di queste cose- lo sgridò il fratello. –Ti dona- aggiunse poi, sorridendo appena.
Rimasero in silenzio qualche istante.
 
-Cos’era l’altra cosa che dovevamo chiederti?- venne fuori Georg da dietro la giungla di capelli del cantante.
Il chitarrista gli sussurrò qualcosa all’orecchio.
 
-Ah, sì!- il bassista parve illuminarsi. –Tieniti buoni tutti i fine settimana di Febbraio, che uno di quelli torniamo.
 
Gustav lo guardò, sussurrando un ‘e…?’.
 
-…e facciamo una festa mega-super-disastro-APOCALITTICA!- urlò Bill in preda alla crisi mistica.
 
-WOW! E quanta gente invitate?
 
-La domanda giusta sarebbe: quanta vodka comprerete?- aggiunse Tom furbescamente.
 
-Non ne abbiamo idea. Probabilmente … trecento persone?
 
-Sì, trecento è un numero che mi piace.
 
-Perfetto … metterò le scarpe alte, così mi vedrete da lontano in mezzo alla folla.
 
-Cosa sono le scarpe alte?- chiese innocentemente Bill.
 
-Vedrai vedrai. Anche se devo ancora comprarle. Comunque scarpe belle. Te le farò provare.
 
Il viso del vocalist si illuminò di un sorriso infantile.
 
-Raga io vado. Il mio panino si sta raffreddando- Gustav si alzò dalla sedia.
 
-Ma non stavi crepando fino a cinque minuti fa?
 
-Cinque minuti sono tanti, giovane inesperto! Ho fame.
 
-Lo sai solo tu, eh.
 
In breve, dopo qualche chiacchiera inutile, anche gli altri due musicisti sparirono dalla vista della telecamera, dopo essersi fatti promettere che sarebbero stati richiamati presto.
Kim e Bill rimasero a fissarsi per un po’. Forse nessuno sapeva cosa dire, o magari si stavano solo scrutando a vicenda. Bill aveva un’espressione vagamente malinconica. Dopo qualche secondo si riscosse:
 
-Beh, penso che sia meglio che vada dietro a quei tre. Sai, non mi fido di lasciarli soli.
 
Kim sorrise. –Ti capisco. Nemmeno io mi fiderei.
 
Si fissarono ancora.
 
-Beh, ciao- fece infine il ragazzo al capo americano.
 
-Mi manchi- concluse la ragazza al capo tedesco.
 
Chiusero la chiamata.
 
 
 
 
AW! Si, oggi vi lascio con l’amaro in bocca. Non sapete cosa ho in serbo per voi, AHAHAHHAHAA!! NO, scherzo, non ho in serbo niente, devo ancora pensarci. Beh, se avete notato però è un po’ prima del solito!! :DDD No, forse è solo un’impressione mia.
Se vi state chiedendo quando finirà questa polenta infinita (a proposito: NON HO IDEA se in Germania esista o meno la polenta, licenza d’autore), vi dico che abbiamo superato la metà. EVVIVAAAAAAA :D
Adesso vi lascio, babes!! Un bacione a tutti quelli che leggeranno e recensiranno. Ciao belliiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!! xD                       Happy_Moon
   
 
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