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Autore: Water_wolf    19/01/2016    2 recensioni
ATTENZIONE: seguito di "Sangue del Nord", "Venti del Nord" e "Dispersi nel Nord".
Evitare la guerra tra Campo Giove e Campo Nord, impedire il risveglio di Gea, fermare l'avanzata di Ymir: normale routine per i semidei Alex, Astrid ed Einar. Eppure, è davvero così? La posta in gioco è sempre più alta. L'unica soluzione è una triplice allenza tra Greci, Nordici e Romani. Ma il compito è tutt'altro che semplice se braccati da quelli che pensavi alleati. E Roma nasconde molti più segreti di quanto si creda...
«Molto bene. In bocca al lupo, Lars. Mi fido di te. Che gli Dèi siano con te» mi augurò, sorridendomi. «Anche io mi fido di te… ma dubito che gli Dèi saranno con noi, visto quel che dobbiamo fare.» || «Perché sai che cosa succede ai personaggi secondari che provano a diventare degli eroi?» Non attese risposta. «Muoiono, Einar Larsen. Ecco, che cosa succede.»
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Annabeth Chase, Gli Dèi, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: Cross-over, Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache del Nord'
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Incontriamo il padre di Magnus Chase (anche se non abbiamo idea di chi sia questo tizio)


►Piper◄

 
La prima cosa che vidi fu un’immensa distesa erbosa. La prima cosa che pensai, invece, fu VERDE. Be’, ovvio, quando stai sorvolando un mare d’erba. Ma quell’erba non aveva un colore normale, il suo verde era così luminoso e brillante da rimanere impresso sulle palpebre e poterlo vedere persino ad occhi chiusi. In una stanza buia, il verde intenso avrebbe fatto lo stesso effetto di una lampadina accesa. Il colore era così forte che sembrava gridarlo: VERDE.
Scrollai la testa e mi girai per catturare le espressioni degli altri, usciti non appena ci eravamo liberati di Thor. Leo era imbambolato coi comandi in mano. Frank, invece, era letteralmente a bocca aperta. Alex e Jason fissavano con muta ammirazione il paesaggio.
Poi, Astrid saltò al collo del suo ragazzo ed esclamò: «Ci hai portati nel mondo giusto!»
Il figlio di Odino fu costretto ad appoggiarsi al parapetto per reggere l’assalto improvviso. Scambiò un bacio tenero con la sua fidanzata che gli lasciò un sorriso sulle labbra. «Che c’è, dubitavi delle mie abilità?»
Einar ghignò e intervenne, insinuante: «Di quali abilità stai parlando, di preciso, capo?»
Alex mollò la presa e Astrid riappoggiò i piedi per terra. Entrambi, incredibilmente sincronizzati, incrociarono le braccia, inclinarono la testa a sinistra e lo guardarono storto.
«Quelle di farti stare zitto, Larsen» replicò il semidio, secco.
Il figlio di Loki soffocò una risata e fissò lo sguardo all’orizzonte, fischiettando. Di tanto in tanto, però, lanciava qualche occhiata alla coppia. Incorreggibile, pensai.
«Comunque» riprese Astrid, alzando la voce per sottolineare il cambio d’argomento, «non dubitavo di te, Alex. Solo, non si è mai troppo sicuri quando si viaggia tra i mondi… Avremmo potuto finire nell’Hellheim, o peggio.»
«Hellheim? Il regno di tua madre?» domandò Jason, aggrottando le sopracciglia. «C’è qualcosa di peggio di capitare per sbaglio in una landa desolata destinata ad accogliere i peggiori criminali dopo la morte?»
La semidea alzò le spalle. «C’è Muspellheim, per esempio. Il regno dei Giganti del Fuoco.»
Alex annuì. «Saremmo potuti finire in un lago di lava, o direttamente in un muro di fiamme.»
Leo fischiò. «Mi piace, il posticino. Mo… no, Mus… Mus-Qualcosa-Heim» commentò. «Il fuoco è il mio elemento.»
«In momenti come questo, penso che ti manchi qualche rotella» dissi. «Ma ti voglio bene lo stesso.»
Il figlio di Efesto mi fece l’occhiolino.
A velocità di crociera, sorvolammo la pianura più vasta che avessi mai visto. Vanheim sembrava del tutto privo di pericoli o minacce. Era piacevole starsene tranquilli sul ponte senza temere un attacco da parte di Octavian, degli Dèi o degli scagnozzi di Gea. Con il sole che mi scaldava le spalle e il venticello che giocava con le piume nei miei capelli, sembrava di stare in vacanza.
Mi rilassai accanto a Jason e, per una volta dopo troppo tempo, chiacchierammo come avremmo fatto se ci fossimo trovati ancora alla Scuola della Natura. Non ci stavamo toccando, ma quella vicinanza e quella tranquillità mi infondevano un senso di tepore pari a quello di un bacio o delle nostre mani unite.
«Ci stiamo avvicinando a una città» sentii dire da Hazel. Ad alta voce, chiese: «È normale che ci sia una città, qui?»
«Sì. A Vanheim…» le stava spiegando Astrid, quando venne la sua voce venne sovrastata da un rumore di tavole di legno che si inclinavano.
L’Argo II traballò e noi venimmo sbatacchiati di qua e di là. Leo si fiondò sui comandi, afferrando il timone e impedendogli di girare a ruota libera.
«Che cosa sta succedendo?» domandò Percy, concitato.
Frank impallidì. «Non è che Thor…» Lasciò la frase in sospeso e rabbrividì.
Annabeth scosse la testa. «Se fosse stato Thor…» Non avrebbe mai detto cosa sarebbe accaduto, se fosse stato Thor.
Un colpo molto più potente del precedente si abbatté sullo scafo e, questa volta, sentimmo chiaramente il legno spaccarsi. La nave si inclinò a destra all’improvviso. Riuscii a vedere mozziconi di remi che precipitavano nel vuoto, prima di essere ribaltata all’indietro. Cercai di aggrapparmi a qualcosa, ma non c’era niente che potesse frenare la mia caduta. Scivolai sulla pancia per mezza nave, prima che Leo riuscisse a raddrizzarla ed evitare che finissi fuori bordo.
«Stiamo perdendo quota!» gridò. «Non riuscirò a reggere a lungo! Ho bisogno d’aiuto!»
Mi misi carponi e mi girai verso di lui. I muscoli delle sue braccia ossute erano tesi allo spasimo nel tentativo di trattenere l’Argo II in posizione. Sotto di lui, Einar era riuscito ad aggrapparsi alla base del timone. Si rialzò a fatica, barcollando, ma prese in mano il comando e diede uno strattone. Ci raddrizzammo ulteriormente.
Leo guardava il figlio di Loki con gli occhi sgranati. Balbettò qualche parola sconnessa. «Einar…» riuscì alla fine. «Perché mi stai aiutando?»
L’altro ragazzo si voltò bruscamente verso di lui. «Perché…» Un’ombra passo sul suo viso. «Una viverna!» urlò. Poi, più sconcertato, domandò: «Una viverna?»
Il figlio di Efesto gli fece eco. «Perché una viverna…?»
«Oh, merda!» esclamò Astrid, rimettendosi in piedi. «Alex, ho bisogno che tu mi dica che mi stia sbagliando e quelli non sono i guerrieri di Volkvanger.»
Sopra di noi, qualcuno rise. «Certo che siamo noi, mezzosangue!» rispose un uomo, a cavallo della viverna che volava esattamente sopra le nostre teste. Il sole mi impediva di vedergli il volto, ma le sue armi scintillavano e sembravano parecchie. «Chi dovremmo essere, altrimenti?»
«Non siamo nemici!» urlò Alex.
Un altro uomo fece capolino da dietro le sue spalle. «No, avete ragione, siete solo di passaggio, vero?» rispose, facendolo girare di scatto.
«Come fai a saperlo?»
«Oh, be’, Freyr ci ha descritto la nave» fece quello, agitando una mano. «Abbiamo l’ordine di abbattervi. Il fatto che abbiate scoperto la spaccatura ed eliminato Thor per riuscire ad arrivare più in fretta in Europa ha fatto infuriare le alte sfere. La vostra missione, il vostro viaggio, non può continuare.»
Mi avvicinai ad Alex e guardai quel tizio dritto in faccia. Un mezzo elmo gli oscurava parte del volto, ma non portava barba e, dalla voce, sembrava giovane. Aveva già aperto un buco nella nave, però, e convincerlo a lasciarci andare – finché avessimo potuto, con l’Argo II in quelle condizioni – poteva non essere semplice anche se era giovane e più condizionabile.
«Ci dispiace per Thor» mentii. «Ma lei comprende che era necessario. Non avremmo mai arrecato alcun danno alla sua divina persona, altrimenti. Siamo stati costretti a farlo. La nostra impresa è di fondamentale importanza per evitare la fine del mondo. Non crede che i suoi ordini possano essere trascurati, in favore della salvezza di tutti?»
Il guerriero mi fissò per un attimo. Mi parve di vederlo sbattere le palpebre. «Figlia di Freyja, riconosco il dono di tua madre nelle tue parole. Se potessi, non farei precipitare questa nave con una sua discendente a bordo» mi rispose. «Ma ho ordini precisi e aspetto la fine dei tempi da trecento anni. Non vedo l’ora del Ragnarok, così potrò partecipare a una vera battaglia.»
Rimasi sconcertata. Non negai nemmeno di essere figlia di Freyja. «Cioè, desidera la fine dell’interno mondo conosciuto solo per poter appagare la sua voglia di combattere?» parafrasai.
«Tutti noi guerrieri di Volkvanger, qui a Vanheim, lo desideriamo, in realtà» fece quello. «Faremo vedere a quegli spocchiosi degli eroi del Vahlalla che non siamo da meno. Ora scusami, ma devo portare a termine il mio compito. Gerard!»
L’altro soldato rispose al richiamo. «Sono pronto!»
«All’attacco!»
Nello stesso momento, Alex gridò il nome di una runa. Poi crollò a terra e noi precipitammo nel vuoto senza controllo.
 
 
♣Annabeth♣

 
Nel mio ultimo momento di lucidità, il mio cervello ebbe la correttezza di informarmi che l’equazione “trenta metri da terra” e “schianto” avevano come risultato “morte dolorosa”. Poi il sangue freddo mi abbandonò e riuscii solamente a strillare.
Incrociai lo sguardo di Percy e vi vidi riflessa la mia stessa, primitiva paura. Avevamo cinque anni di imprese alle spalle, ma non eravamo mai scampati a un disastro aereo. Quando era stato sputato fuori dal vulcano, il mio ragazzo, uno degli eroi più potenti della nostra generazione, aveva avuto bisogno di due settimane di riposo sull’isola di Calipso. Ed era atterrato sul morbido.
Mi presi la testa tra le mani e mi ordinai: PENSA! I figli di Atena hanno sempre un piano, no? Trovane uno, che diamine. Ma pensare mentre precipitavo non era affatto semplice.
Passai in rassegna a tutte la abilità dell’equipaggio. Io avevo solo il mio ingegno, mentre Piper, Hazel ed Einar non erano utili in questa occasione. Alex era K.O. e nessuno aveva idee del potere della runa che aveva lanciato, se fosse di attacco, difesa o qualcos’altro. Percy, al massimo, poteva farci impattare contro un muro d’acqua. Leo non sarebbe mai riuscito a creare un congegno in grado di salvarci in tempo. Astrid poteva fare un viaggio d’ombra, ma non c’era luce e trasportare tutti noi avrebbe potuto ucciderla, o farci arrivare in Tibet. Frank non era in grado di trasformarsi in un animale abbastanza grande da frenare una nave volante grossa come l’Argo II. Jason sarebbe riuscito a creare una corrente d’aria abbastanza forte da rallentarci?
«Jason!» urlai, cercando di farmi sentire al di sopra del fischio del vento. «Grace!»
Il figlio di Giove si voltò. «Hai un piano?»
«Tu prova solo a fermarci» risposi. «Prova, o moriremo.»
Il semidio annuì, risoluto. Un tuono rimbombò, ma il cielo rimaneva sereno. La terra si avvicinava sempre di più. Nessuna corrente d’aria ci stava facilitando l’atterraggio.
Contai i metri che ci mancavano. Arrivata a tre, Percy mi strinse tra le braccia e sussurrò il mio nome. Ne mancavano due e gli strinsi forte la mano. Un metro e qualcosa ci fermò. Poi fu come rimbalzare più volte. La terra e il cielo si confusero davanti ai miei occhi e avvertii una sgradevole sensazione allo stomaco. L’Argo II smise di capovolgersi e atterrò, scavando un buco nel terreno finché non smise di muoversi. Incredula, mi guardai attorno.
Avevamo praticamente arato un campo. Mucchi di terreno smosso avevano finalmente arrestato la nostra corsa e, ora, coprivano quasi interamente la testa di Festus.
«Jason?» chiesi.
Il figlio di Giove ricambiò il mio sguardo confuso. Poi, Astrid si alzò in piedi e vomitò sulle scarpe. La scena era così assurda, e noi eravamo così assurdamente vivi, che scoppiai a ridere. Percy si unì a me, seguito a ruota dagli altri.
«Ah ah ah» ci fece eco il biondo. «Grazie mille, Astrid.»
«Di nulla» replicò lei, ancora pallida in volto. «Non è che avresti un fazzoletto?»
«E tu non è avresti delle scarpe nuove?»
La figlia di Hell gli sorrise e gli chiese scusa. «Però, se riesci ancora a scherzare, vuol dire che non ti sei fatto nulla» aggiunse.
«Sì. Per fortuna.» Jason sospirò e si passò una mano sui capelli. «State tutti bene?»
Rispondemmo tutti di sì, tranne Leo, che si fece sentire solo con un “la mia povera Argo II. Distrutta. Distrutta” ed Alex, che emise un mugolio incomprensibile. Astrid si precipitò accanto a lui, buttandosi sulle ginocchia e controllando freneticamente se stesse sanguinando. Altrettanto preoccupati, noi altri la raggiungemmo e formammo un capannello attorno a loro.
L’apprensione della mia amica non sarebbe servita ad aiutare il figlio di Odino e, in mancanza di un medico, serviva qualcuno che riuscisse ad agire in maniera distaccata, perciò mi chinai e chiesi: «Dove senti dolore, Alex?»
Il ragazzo guardò me, poi la sua ragazza, e ridimensionò la sua risposta: «La mia testa. Io… Io penso di averla sbattuta nell’atterraggio.»
«Non c’è sangue» intervenne Astrid. «Per tua fortuna.»
Alex cercò di mettersi seduto. «Piano» ammonimmo io e Astrid nello stesso momento, ma non c’era bisogno di ricordarglielo, viste le smorfie che faceva ad ogni movimento troppo brusco.
Mi rialzai. «Qualcuno sa se nell’infermeria abbiamo un antidolorifico, o qualcosa del genere?»
I nostri sguardi si puntarono inconsciamente verso la figura slanciata del figlio di Giove.
«Jason?» fece Leo, esprimendo il quesito comune.
«Che c’è?» ribatté quello, incrociando le braccia.
«Amico, davvero non capisci?» lo punzecchiò Percy.
Jason strinse gli occhi. «No» rispose, lapidario.
«Sei tu quello che si è beccato un mattone in faccia e una zoccolata sul cranio» gli spiegò Leo. «In teoria, dovresti conoscere piuttosto bene l’infermeria.»
«Non ha la testa dura come quella del capo» commentò Einar, lanciando un’occhiata ad Alex.
Jason divenne rosso in faccia. «Tu-voi-»
Piper sospirò e lo prese sottobraccio. «Vieni con me. Io mi ricordo benissimo» disse, trascinandolo via.
Alex li seguì con lo sguardo e ghignò.
«Oh, quindi la situazione ti diverte, eh?» lo rimbrottò Astrid. Se non fosse stato ferito, ero certa che gli avrebbe dato una scrollata, come si fa coi cuccioli disubbidienti. «Lanci rune a destra e a manca, svieni per lo sforzo, rischi un trauma cranico o un coma e poi te ne stai lì a ridere, giusto?»
«Hai dimenticato “vi salvo la vita”, tesoro» rispose.
«E non chiamarmi tesoro!» sbottò lei. La sentii borbottare un “idiota egocentrico”.
Forse per evitare che il silenzio si protraesse troppo a lungo, o più probabilmente perché lo pensava davvero, Frank disse: «Ad ogni modo, grazie, Alex.»
«Di nulla, amico» ribatté lui. «Non potevo certo permettere che ci spiaccicassimo al suolo.»
«Né resistere alla tentazione di rischiare la vita un’altra volta.» Astrid sbuffò e scosse la testa. «Lasciamo perdere.»
Mi morsi l’interno della guancia. Astrid avrebbe dovuto essere grata per essere amata da una persona come Alex. E credo che lo sia, pensai. Anche se per ragioni diverse da quelle che ho in mente io.
Avrebbe dovuto essere grata, perché Alex non avrebbe mai lasciato indietro nessuno. Non aveva lasciato indietro me, quando ero stata così ardita da voler cercare Percy in una terra di neve e ghiaccio. Aveva convinto la sua orda ad attraversare le parti più gelide e inospitali della Norvegia per riportare a casa me.
Alex considerava suo dovere salvare gli altri e, nel farlo, superava ogni volta i suoi limiti. Ma sarebbe arrivato un giorno in cui non sarebbe riuscito a saltare più in alto dell’asticella che lui stesso si era posto, e avrebbe fallito. Il senso del dovere poteva anche essere il suo difetto fatale, riflettei, però era sicuramente la sua più grande virtù.
Percy mi strinse la mano, strappandomi alle mie considerazioni. «Annabeth, lo vedi anche tu?»
Stavo per replicare “vedere cosa?”, quando li notai. I due guerrieri che ci avevano abbattuti stavano volando verso di noi. Accompagnavano un terzo uomo, a piedi, che puntava dritto verso di noi.
«Sì» dissi, stringendo la mano al figlio di Poseidone. «Lo vedo.»
«Ragazzi» chiamò lui, attirando l’attenzione di tutti. «Tenetevi pronti.»
Dietro di noi, la voce di Piper domandò: «Tenerci pronti? Cos’altro è andato storto?»
Leo scosse la testa, sconsolato. «Tutto è andato storto» si lamentò. «Aprire un buco nella pancia della nave non era abbastanza? Adesso, devono anche assicurarsi che siamo morti?»
Mentre la figlia di Afrodite porgeva il kit di pronto soccorso ad Astrid e, insieme a lei, cercava di aiutare Alex, Jason si accostò a me e scrutò l’orizzonte.
«Chi è il terzo guerriero?» indagò. «Alto, biondo e scintillante. Sembra Apollo. Solo che è impossibile, dato che siamo a Vanheim.»
Alex ed Einar si scambiarono uno sguardo. «È Freyr» spiegò quest’ultimo. «Dio dell’estate, della pioggia, eccetera. Il fratello di Freyja. Ci ha prestato la Skidbladnir a tempo indeterminato.»
«Se è dalla nostra parte, perché ha ordinato di eliminarci?» domandò Hazel, confusa.
«Chiediamolo a lui» replicò il figlio di Loki.
Aspettammo in trepidante attesa che ci raggiungesse. Man mano che si avvicinava, notavo diversi dettagli. Aveva parecchio in comune con Apollo, anche se era più basso e non aveva lo stesso incedere armonioso. Al fianco, portava un fodero intarsiato di pietre preziose e rune scintillanti, ma l’elsa che spuntava da esso non aveva niente a che fare con lo splendore del suo contenitore.
Si fermò davanti al muso di Festus. Benché fossimo sull’Argo II, la sua forma divina era abbastanza imponente da non farci sentire protetti. Si rivolse ai soldati, atterrati al suo fianco.
«Sono ancora vivi» disse. Non sorrideva.
Il tizio con cui aveva parlato Piper alzò le spalle prese parola: «Questi mezzosangue vogliono salvare il mondo. Hanno capito che, per iniziare, devono essere in grado di portare a casa la loro pellaccia.»
«Già. Suppongo sia così.» Freyr saltò sopra Festus e da lì sul ponte della nave. Si riportò indietro i lunghi capelli biondi e si presentò. «Benvenuti, semidei. Io sono Freyr, il signore di Vanheim.»
«Benvenuti?» ripeté Leo. «I suoi guerrieri avevano l’ordine di abbattere l’Argo II con noi a bordo, e saremmo i benvenuti?»
«Mi dispiace per quanto riguarda l’atterraggio rocambolesco» replicò il dio. «Odino disapproverebbe, ma io sono felice che siate vivi.»
«Non si direbbe» commentò Astrid.
Alex, che si reggeva a lei, chiese: «È stato mio padre a volere tutto questo, non è così?»
Freyr sembrava lievemente a disagio. «Non potevo rifiutarmi» farfugliò. «Ho sempre sostenuto i semidei, io. Non sono loro nemico. Però…»
«Sappiamo che è dalla nostra parte, divino Freyr» intervenne Piper. «Ci domandiamo solo perché non possa continuare ad esserlo.»
«Odino…»
«Teoricamente parlando, ha già eseguito gli ordini di Odino» lo anticipai. «Doveva abbatterci e l’ha fatto. Non siamo morti, è vero, ma lei ha fatto quello che doveva fare. Se ora ci permette di continuare la nostra missione, non le potrà essere mossa alcuna accusa.»
«Mi piacerebbe che fosse così, ma, mio malgrado, Odino sa come funzionano gli scontri aerei. Ho ordini e contrordini da eseguire.» Freyr sospirò. «Siete sopravvissuti per caso. Ora, il mio compito è quello di uccidervi.»
«No!» gridai. Il dio mi fissò con un’espressione stupita in volto e mi costrinsi a mantenere un tono pacato. «Ucciderci non è la soluzione. Se lo facesse, nessuno eviterebbe il risveglio di Gea. Insieme ad Ymir, i due giganti distruggerebbero il mondo. Divino Freyr, sa bene che questo non può accadere. È di vitale importanza trovare un’altra soluzione.»
«Annabeth ha ragione» mi spalleggiò Alex. Si appoggiava ad Astrid, ma la sua voce era ferma. «Lei più di tutti comprende che gli Dèi e loro figli devono collaborare. Ci ha fatto dono della Skidbladnir. Ora, ci dia le possibilità di portare a termine la nostra impresa.»
Il dio rifletté. «Sono da sempre molto sensibile al tema Ragnarok» disse, studiando attentamente le parole. «La fine dei tempi… è qualcosa di cui conosco gli aspetti più oscuri. Per questo, non posso permettermi di disobbedire a Odino. Ma, dall’altra parte, impedirvi di compiere il vostro dovere mi è altrettanto intollerabile.»
«Quindi ci aiuterà?» chiese Hazel.
La divinità annuì. «Sì, lo farò. Per quanto possibile» confermò.
Un barlume di speranza si accese dentro di me. Ringraziai mentalmente Freyr per non essere un dio accecato dall’odio. Poter trattare con lui era una vera benedizione.
«Vi lascerò procedere» disse. I suoi occhi verdi si fecero impenetrabili. «Ma i Romani resteranno a Vanheim.»
«Cosa?» esclamò Alex. «Non possiamo separarci!»
«Sono incredibilmente dispiaciuto» continuò Freyr, in un tono che non esprimeva affatto il suo incredibile dispiacere. «Comprenderete che è l’unico modo. Odino non permetterebbe mai a dei semidei romani di attraversare uno dei nove mondi e passarla liscia. Di voi dieci, tre verranno con me. Sette mi sembra un numero più che sufficiente per procedere.»
«Non è una questione di numeri» tentai di spiegare. «C’è una profezia…»
«Il Fato è mutevole» mi liquidò Freyr. Alzò una mano e, senza nemmeno voltarsi, comandò: «Guerrieri, catturate i Romani.»
 

♦Astrid♦


 
«Che giornata meravigliosa!» esclamai.
Il sarcasmo che trasudava dalle mie parole avrebbe potuto uccidere un uomo. Questa era una giornata tutt’altro che meravigliosa.
Ovviamente, quando Freyr se n’era uscito con quella battuta rubata a una film dedicato alla storia degli Antichi Romani, non ce n’eravamo rimasti con le mani in mano. Per il tempo che i guerrieri di Volkvanger avevano impiegato a salire a bordo, noi dieci avevamo sguainato abbastanza armi affilate da poter riempiere una rastrelliera da addestramento.
Frank si era trasformato in un grizzly e aveva caricato i nemici. I due l’avevano evitato gettandosi a terra e, quando si erano rialzati, avevano le loro viverne a spalleggiarli. Una delle due aveva emesso un grido che mi aveva perforato i timpani. L’udito animale di Frank era ben più sensibile e quel suono lo aveva costretto a ritornare umano. Alla viverna era bastato afferrarlo per la maglietta e levarsi in volo. Einar l’aveva bersagliata di frecce, finché non era stata troppo lontana. Se avesse continuato, avrebbe potuto colpire accidentalmente il figlio di Marte.
Da quel momento in poi, la situazione aveva iniziato a degenerare. Tenere a bada una viverna e due soldati super addestrati – i Berserkr morti finivano anche a Vanheim? – era molto più difficile di quello che sembrava. Io e Jason combattevamo schiena contro schiena. Piper lanciava prosciutti contro la viverna rimanente, che non sapeva se ingoiarli al volo o scansarli. Stufa di vederla ancora volare, Hazel aveva sollevato un blocco di granito e lo aveva scagliato nello stomaco della creatura.
Forse il rumore delle costole che si spezzavano e le strida di dolore della viverna erano state abbastanza per allarmare Freyr e indurlo a intervenire. Gridando in una lingua scandinava che non si sentiva più da ere, aveva ordinato ai suoi uomini di stare giù. Poi, aveva cominciato a brillare.
Jason aveva già avuto una brutta esperienza con gli Dèi che decidevano di assumere il loro vero aspetto. Aveva smesso di combattere per portarsi le mani davanti agli occhi. Gli avevo gridato nell’orecchio qualcosa tipo “siamo nel mezzo di un combattimento! Che diavolo ti prende?”, prima di rendermi conto del pericolo. Avevo appena fatto in tempo ad abbassare le palpebre.
Fu come se il mondo esplodesse. La luce andava al di là del concetto umano di potenza. Era come abbronzarsi sdraiati su un lettino direttamente sulla superficie del sole. Credetti che i miei occhi sarebbero bruciati. Per fortuna, non fu così.
La luce smise di premere contro le mie palpebre, le macchie che vedevo dietro di esse svanirono. Esitai comunque ad aprire gli occhi. Ne schiusi prima uno, poi, constatando che il bagliore era cessato, aprii anche l’altro.
Vidi due cose: la prima, che tutti noi eravamo vivi; la seconda, che Hazel e Jason erano scomparsi assieme a Freyr e i suoi scagnozzi. Era rimasta solo la viverna, che agonizzava al suolo.
Adesso, intenta a inchiodare assi sotto il sole cuocente, ironizzavo su quanto meravigliosa fosse la giornata.
Avrei di gran lunga preferito nuotare in una vasca piena di squali. Riparare l’Argo II? Non c’è problema. Il lavoro manuale mi dava fastidio? Affatto. Sudare a causa del caldo? Ci potevo passare sopra. Fare tutto questo senza una crema solare protezione cinquanta? Neanche per sogno.
Ero vestita di nero – novità – e tutti i raggi erano attirati da quel colore. Sentivo le spalle scottare e la pelle tirare. Prima di sera, avrei vinto il premio per Miss Gambero e non avrei potuto dormire sulla schiena per una settimana. Non avevo nessun motivo di sottoporre la mia pelle color cadavere a quella tortura, se non fosse stato che o riparavo la nave insieme agli altri e raggiungevamo i nostri amici a Volkvanger, o eravamo fottuti. Grande scelta.
Per lo meno, le chiacchiere mi distraevano dalla sofferenza fisica. Dovevamo ancora attraversare l’Atlantico e arrivare a Roma prima che Nico esaurisse i semi di melagrana che lo tenevano in vita, ma abbandonare Frank, Hazel e Jason non era un’opzione contemplabile. Non saremmo mai riusciti a sconfiggere Freyr in uno scontro frontale, sebbene avessi sistemato Thor per benino.
Questa volta, però, giocavamo a carte scoperte. Alex, Einar ed io avevamo studiato la geografia e la storia dei nove mondi nelle nostre estati al Campo Nord. Il figlio di Odino conosceva in dettaglio la formazione di Vanheim e i suoi miti, ma c’era un “ma”. Mentre il mio ragazzo sarebbe sopravvissuto a un’interrogazione di Hermdor sulle nostre radici perché aveva studiato i fatti più importanti, io e il figlio di Loki, per sconfiggere la noia, ci eravamo interessati ai fatti di cronaca nera. Per questo, eravamo a conoscenza delle prigioni di Vanheim, presiedute dai guerrieri di Volkvanger. Giravano strani racconti su quel luogo. Se il nostro piano fosse riuscito, sarebbe diventato uno di essi.
 
 
«Sei sicuro di riuscire a tenerli occupati, Percy?»
«Ho distratto mostri peggiori» rispose il figlio di Poseidone con un’alzata di spalle. «Non è così, Annabeth?»
Annabeth brontolò qualcosa che suonava tanto come “odio questo piano”. «Sì, Piper» rispose a denti stretti. «L’ha fatto.»
«Non preoccuparti, Miss Mondo. Hai già partecipato a un’evasione» tentò di rassicurarla Einar. «Recuperare il tuo amato sarà un gioco da ragazzi.»
La figlia di Afrodite si sforzò di sorridere, senza ottenere grandi risultati. «Atterriamo, allora.»
L’Argo II si produsse in strani e inquietanti rumori. Temetti che le riparazioni avrebbero ceduto e noi avremmo assaporato un secondo, terrificante atterraggio di fortuna. Il mio stomaco si rivoltava al solo pensiero. Grazie agli Dèi, arrivammo a terra senza alcun intoppo. Leo sospirò così forte che i suoi ricci si sollevarono sopra la sua fronte.
«Si va in scena» mormorò Einar, strofinandosi le mani.
Alex si apprestò a scendere. Lo fermai un attimo prima che salisse sulla scaletta e gli baciai delicatamente le labbra. «Niente più rune, okay?» dissi, guardandolo negli occhi.
Mi sorrise. «Starò attento» replicò. Dopodiché, si affrettò a raggiungere Percy e Annabeth.
Io, invece, mi avvinai a Piper ed Einar. Ci nascondemmo dietro Festus e, attenti a non farci scoprire, spiammo la scena che si stava svolgendo di sotto. La mia amica si era già calata nel ruolo di venditrice d’auto.
«È il semidio più potente del suo tempo!» stava dicendo. «Figlio di Poseidone, fratello di Zeus, il Re degli Dèi Olimpici!»
C’erano due soldati a guardia dei cancelli d’ingresso delle prigioni, un edificio che ricordava un’enorme drakkar rovesciata. Al suo interno, però, lo spazio era sapientemente organizzato in modo da creare corridoi labirintici. Non eravamo a conoscenza del numero di prigionieri, ma supponevamo non fossero molti: più che altro, eroi impazziti nell’attesa del Ragnarok e rovinavano l’atmosfera pacifica di Vanheim, o coloro che avevano fatto un torto a Freyr o Freyja.
In ogni caso, saremmo dovuti entrare per ritrovare Frank, Hazel e Jason. Percy sarebbe stato l’esca, che avrebbe distratto le guardie dalla porta principale, sperando che, con l’aiuto di Annabeth e Alex, avrebbe attirato anche gli altri uomini appostati lungo perimetro dell’edificio.
«Quindi non è il figlio di un re» insinuò uno degli uomini.
«No, avete ragione» disse la figlia di Atena. «Però, sapete… È risaputo che Zeus non sia poi così potente…»
«Alcuni dicono che non si meriti il trono» le venne in aiuto il mio ragazzo. «Ho sentito mio padre, Odino, discuterne con Tyr…»
«Odino e Tyr?» fece quello, scambiando un’occhiata con il suo compagno. «Vediamo che cosa sa fare.»
«Va bene. Mi sto annoiando» accettò l’altro.
«Ah, no» saltò su Annabeth. «State scherzando? Il figlio di Poseidone non si esibisce mai di fronte a un pubblico così esiguo.»
«Non spreca certo i suoi enormi poteri solamente per uno spettacolino da niente» continuò il figlio di Odino.
La bionda annuì convinta. «Da buoni manager, non possiamo permettere che l’eroe si stanchi così.»
«Sottoscrivo» disse Alex. «Se la situazione è questa, ritorniamo sulla nostra nave e ce ne andiamo.»
«Non avreste altri amici da invitare?» domandò Annabeth. «Disdire la tappa a Vanheim sarebbe un vero peccato. La tournée ne risentirebbe.»
Trattenni a stento una risata. Mi girai verso gli altri e sorrisi ancora di più, nel constatare che anche i miei amici si stavano scompisciando dalle risate.
«Alberigo, che dici?» chiese una guardia.
«Ah, Gottfried, io sono curioso di vedere lo spettacolo. I greci sono sempre stati bravi in queste cose, no?» ribatté Alberigo. «Vado a chiamare Hartmann e gli altri. Nelle loro postazioni ci si annoia sempre a morte.»
Non appena lo vedemmo allontanarsi, io, Einar e Piper abbandonammo il nostro nascondiglio. Corremmo sottocoperta e uscimmo dal portellone sul fondo, dopodiché costeggiammo l’Argo II e aspettammo il segnale di Annabeth. Quando disse che Percy, nel frattempo, avrebbe fatto qualche esercizio di riscaldamento, uscimmo allo scoperto.
Rapidi come furetti, superammo la guardia Gottfried e ci infilammo al di là della porta. Giusto il tempo di respirare, prima di continuare la missione di salvataggio. Procedemmo spediti lungo il corridoio principale. Alla prima svolta a destra, ci imbattemmo in due uomini in armatura, che ci bloccarono l’ingresso.
«Siamo qui per conto di Freyr» esordì Einar, usando un pizzico dei suoi poteri. «Dobbiamo controllare le condizioni dei nuovi prigionieri.»
«Nessuno può vedere i Romani» replicò il guerriero di sinistra.
«Abbiamo ricevuto gli ordini direttamente da lui» obiettai. «Le vostre istruzioni sono errate. Con noi, viene anche una figlia di sua sorella, la splendida Freyja.»
Piper mi lanciò un’occhiata che voleva dire “che stai blaterando? Dovevo solo usare la mia lingua ammaliatrice, non fingermi la figlia di un’altra dea!”, ma fu costretta a ricomporsi e a portare avanti la farsa: «È così. Sareste così gentili da mostrarci la strada? Mia madre ve ne sarebbe molto riconoscente.»
Un angolo della bocca di Einar schizzò verso l’altro. «E voi sapete com’è concessiva Freyja, quando è riconoscente.»
I due uomini sorrisero sornioni. Senza più fare domande, batterono i tacchi e ci condussero verso le celle giuste. Senza loro due a farci da guida, mi resi conto che ci saremmo persi nei meandri della drakkar rovesciata. Al momento, però, speravo solo che Freyja me la facesse passare liscia.
Infine, arrivammo davanti alle prigioni in cui erano tenuti i nostri compagni. Quando ci vide, Hazel dovette trattenere un grido affettuoso. Lentamente, Jason si alzò in piedi e si sporse oltre le sbarre.
«Cosa succede?» domandò, rimanendo impassibile.
I due guerrieri lo ignorarono e si rivolsero a noi. «Ecco i Romani» disse una. «Le sbarre e le catene sono di fattura nanica, niente di meglio in circolazione. La massima sicurezza è garantita anche solo da quelle.»
Einar si finse riflessivo. «Mi piacerebbe vederle più da vicino. Sono sempre stato un estimatore dell’arte nanica.»
«Questi sono prigionieri pericolosi.»
Dolce ma determinata, si fece sentire Piper: «Ma la massima sicurezza non era garantita anche unicamente dalle catene?»
Le guardie si guardarono, titubanti.
«Avanti» incalzò la figlia di Afrodite. «Aprite le celle.»
Se avessi avuto le chiavi in mano, la forza del suo potere mi avrebbe spinto a fare come desiderava all’istante. Evidentemente, però, il senso del dovere di quei tizi era ben radicato, perché non si lasciarono ammaliare.
«Siamo dispiaciuti, figlia di Freyja» replicò uno dei due. «Ma questo non è possibile. Speriamo che la visita possa soddisfare tua madre e tuo zio.»
Piper si morse il labbro. «Capisco.» Ci lanciò un’occhiata. «Anche noi siamo dispiaciuti.»
Non ci fu bisogno di altre parole. Einar prese la guardia più vicina a lui, mentre io mi occupai dell’altra, quella di sinistra. La spinsi contro la cella di Jason, premendo la sua faccia contro le sbarre. Evitai d’un soffio una gomitata diretta allo stomaco, sfilai un pugnale dalla cintura del mio avversario e gliela premetti sulla pelle morbida del collo. Per tenerlo fermo, dovetti schiacciarlo contro le sbarre utilizzando tutto il peso del mio corpo.
«Jason» sibilai. «Ti sarei grata se prendessi le sue dannate chiavi.»
«Traditori» biascicò la guardia, agitandosi sotto la mia presa e tentando inutilmente di non farsi sottrare il mazzo.
«Non continuerei con gli insulti, se fossi in te» gli suggerì il figlio di Giove, mentre si apriva le manette. «La mia amica è pazza. Potrebbe tagliarti la testa su due piedi solo perché ne ha voglia e non avrebbe nessun rimorso.»
«Tu non sai niente. Io-»
Sbuffai sonoramente. Colpii la tempia dell’uomo con l’impugnatura del suo pugnale, mandandolo al tappeto. Jason fece scattare la serratura della cella e uscì fuori. Piper lo investì con un abbraccio, senza curarsi del tizio svenuto a cinque centimetri dalle sue scarpe. Io voltai la testa di lato e sorrisi ai di nuovo liberi Frank ed Hazel.
«Muoviamoci» disse Einar. «Non sappiamo quanto tempo ci resti.»
Piper si separò dal suo fidanzato e annuì. «Hai ragione.»
Mentre ripercorrevamo di corsa il corridoio, Jason mi chiese: «Che cosa avete escogitato per tirarci fuori da qui?»
«”La mia amica è pazza”?» scandii, scegliendo di non rispondergli.
Il figlio di Giove mi rivolse un sorrisetto compiaciuto. «Sei arrabbiata perché ti ho definito “mia amica” oppure “pazza”?» replicò.
Gli lanciai un’occhiata di fuoco. «Non è il momento giusto per farti venire il senso dell’umorismo, Grace. Sono ancora in tempo a rinchiuderti.»
«Sarà per un’altra volta, invece» replicò lui. «L’uscita è proprio davanti a noi.»
«Ah. Il dispiacere mi corrode» commentai, sarcastica.
Hazel tossicchiò. «Ragazzi, per favore. Dobbiamo ancora arrivare all’Argo II sani e salvi.»
Non appena varcammo la porta principale, ci trovammo di fronte a una scena alquanto esilarante. Annabeth e Alex guardavano Percy eseguire il suo numero come genitori orgogliosi. Peccato che il figlio di Poseidone fosse impegnato a innalzare getti d’acqua da due dei gabinetti installati sulla nave, sfidando gli osservatori a indovinare quale sarebbe arrivato più in alto quella volta. Facemmo in tempo a raggiungere l’Argo II, prima di essere scoperti dalle guardie raggruppate in cerchio davanti all’ingresso principale. Una di loro lanciò l’allarme. Subito, tutte le altre sguainarono le loro spade e puntarono le loro lance.
Da dietro i controlli, Leo ci gridò di sbrigarci. «Salite, salite, salite!» urlò. «Scattanti, mis amigos
Mentre salivamo a bordo il più fretta possibile, Percy diresse il getto dei due wc contro i guerrieri, che vennero investiti in pieno. Lui, Alex e Annabeth se la diedero a gambe, raggiungendo l’Argo II in tempo record. Leo fece decollare la nave, lasciandosi dietro una serie di insulti e commenti poco carini dai soldati di Volkvanger riguardo la doccia inaspettata. Impostò la rotta e la velocità, dopodiché si abbandonò sullo schienale, incrociando le mani dietro la testa.
«Ragazzi» disse. «Tutto ciò è stato epico.»
Einar sorrise. «Concordo, amico» confermò. «Concordo appieno.»

 
koala's corner.
Bentornati, semidei! Anche se probabilmente non vorrete più vederci, dopo questa lunga assensa... MA non importa, perché noi siamo imperituri e ritoneremo sempre. A volte con aggiornamenti lampo, a volte dopo intervalli di tempo maggiori che tra l'episodio VI e VII di Star Wars, noi ci saremo.
Poi, siamo giustificati. AxXx aveva la sua ragazza che non poteva ignoare e anche io avevo io avevo i libri da leggere. Libri! anche loro non si lasciavano ignorare lol
Freyr qui si mostra un pochino più reticente rispetto alle storie precedenti perché Odino è sempre più fuori di testa e nessuno è al sicuro. Neanche voi OuO
Assistiamo a una piccola riappacificazione tra Einar e Leo, anche se ci sarà ancora strada da fare per ritornare all'antico splendore (?)

Per tutte le volte che li hanno nominati, agli Dèi saranno fischiate le orecchie :P Per fortuna, nulla è andato storto.
Non ancora, vorrai dire...
Speriamo che il capitolo vi sia piaciuto, un abbraccio e alla prossima!

Soon on Vendetta del Nord: Thor è ancora alle loro calcagna. Devono incontrare Eracle. Chi dei due bamboccioni l'avrà vinta? *zan-zan*
  
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