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Autore: Urdi    16/03/2009    8 recensioni
Non lo troverai in cucina a preparare il caffé, non lo vedrai aprirsi in un sorriso per il tuo viso sfatto, o arrabbiarsi per l’essere arrivata tardi. Non si indignerà davanti al telegiornale e non ti vedrà divenire grande. Perderà ogni attimo significativo della tua vita: l’abito da sposa che non volevi indossare, il bambino che non desideravi mettere al mondo, l’uomo che non volevi accanto.
E tu, nonostante tutto, ti guarderai attorno e lo cercherai, lasciando vuoto quello spazio che lui occuperà con la sua assenza. Ti saliranno le lacrime agli occhi e si stringerà un nodo nel tuo stomaco, reso ancor più saldo dagli occhi lucidi di tua madre. Non sarà mai saldo come l’amore che hai provato, tu per lui e lui per te, eppure avrà lo stesso sapore amaro e doloroso. Addirittura lo stesso che hanno il suono delle promesse che si sono infrante con il suo (tuo) cuore.
Questa fanfic si è classificata Prima al Dramma Contest indetto da Bacinaru
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ino Yamanaka, Sakura Haruno, Shikamaru Nara
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Vertigini
di Urdi


Sakura abbassò lo sguardo dallo schermo che evidenziava una linea piatta, il confine netto che separava la vita dalla morte. Incontrò il viso statico dell’uomo che ormai si era spento. Scese sulle palpebre, sul naso dritto, sulle labbra sottili, sui lunghi capelli biondi e sulle mani.
Ed ebbe un moto di rabbia Sakura, per quell’assurda impotenza, per quell’assurda coincidenza, per…
'Ino…' il pensiero volò immediatamente all’amica che fuori dalla stanza attendeva un responso.

Gli occhi verdi della ragazza vagarono smarriti su quelli di Shizune.
“Glielo dico io.” Aveva mormorato la donna, ma la giovane aveva scosso il capo.
“No. Spetta a me.” E la sua voce tremò appena allo stesso ritmo delle sue ginocchia, cercando di farsi forza.




“Vorrei dirti che abbiamo iniziato con il piede sbagliato, ma non è così: tutto è iniziato in modo perfetto, come un storia d’amore. Tu, come un principe azzurro, ti sei protesa verso di me e mi hai aiutata, facendo sì che io credessi di più in me stessa. Eri perfetta, bionda e spigliata, ma non stupida, anzi. L’intelligenza brillava nei tuoi occhi, facendoti apparire lucente.

Tutto è sempre stato cristallino in te: lo sguardo, la risata, il carattere.



“Ciao! Io mi chiamo Yamanaka Ino, ma puoi chiamarmi Ino.”un sorriso così non lo aveva mai visto.
“Ciao…Haruno Sakura.”aveva mormorato, asciugandosi gli occhi.
“Perché piangi Sakura?”un broncio leggero increspò le labbra sottili.
“Mi prendono in giro…sono così brutta…”
“Che cosa?! E tu lasciali parlare! Ci penserò io d’ora in avanti.”



E’ stata un’esplosione di gioia ritrovarci così…vicine. Vicine dentro, in ciò che non appare.
E’ lì che il legame divenne saldo, rafforzato da un sorriso, da un pianto, da un altro sorriso.
Non c’era freddo, non più. Ed io mi lasciavo cadere a testa in giù, nuotando ormai senza nessuna barriera.
Dov’ero?
Dove eravamo?
Sembrava un grande prato fiorito. O forse sono i ricordi che sbagliano?
C’era solo felicità, come potevo pensare che un giorno ce l’avrebbero strappata di dosso in pieno inverno?



“Non ci posso credere! Lo sapevi dannazione! Eppure t’è venuta voglia di farti scopare e sei dovuta andare da lui! Da lui, accidenti!” Ogni espressione sul volto di Ino, acquisiva più forza che su qualsiasi altro viso. Sakura prese il proprio zaino e seguì la compagna fuori dall’aula.
“Ino, mi dispiace, lo so che è un casino e che avrei dovuto…”
Percorsero il corridoio della scuola senza curarsi degli altri studenti che le guardavano incuriositi.
“Almeno taci per cortesia. – ringhiò la bionda, fermandosi all’improvviso davanti alle scale, una mano stretta a tenere il manico della sua borsa - Evitati patetiche scuse, sei una… non riesco neppure a dirlo, quanto sono idiota!” e riprese a camminare spedita, furiosa come non lo era mai stata.
“Sono mortificata, - Sakura cercò le parole, mentre scendeva le scale, ma non riuscì a trovare nulla di meglio da dire - ma io lo amo e…”
“Vaffanculo! Non mi interessa cosa cazzo provi, lui stava con me.”




Come potevo pensare che il nostro dividerci avrebbe preso forma in un solco che finiva all’esatto centro della Terra?
Non c’era più nulla per noi?
Tu da una parte, io dall’altra. Entrambe a guardarci con un odio che proveniva da tutt’altro mondo. Non era nostro, eppure lo abbiamo fatto nostro, lo abbiamo condito, mangiato, giustificato. E così, con esso, è arrivato il farsi male.



“E’ passato più di un anno, potresti anche rispondere ai miei messaggi.”
“Non credo che tu riesca a capire che cos’hai fatto. Non vi sopporto, ok?”
Ino armeggiò con la cinghia del casco ed abbassò la visiera, per evitare di incenerire con lo sguardo la puttana che aveva davanti.
“Potresti mettere da parte il rancore ed ascoltarmi per una volta?”
“No, non posso. Ed ora, per cortesia, levati di mezzo o ti metto sotto con il motorino.”



Un taglio a destra, uno a sinistra, due nel cuore. Altri solchi varcati dal sangue e dall’incomprensione.

E nel buio mi chiedevo: “Dove sei? Dove sono?” non c’era spazio per camminare, o volare o qualsiasi altra cosa. Avrei voluto poterti tenere nel palmo di una mano e controllare ogni qualvolta avessi deciso di fuggire, eppure sei scivolata via. Forse hai fatto pure bene.


“Quella laggiù è Ino…?” Sakura, seduta al bancone, lanciò un’occhiata ad una ragazza bionda che si infilava nel privé.
“Direi di sì.”rispose distrattamente Temari, mescolando con la cannuccia il ghiaccio del suo drink.
“Cavoli, non dovremmo fare qualcosa?”
Era risaputo che ormai la Yamanaka non faceva altro dalla mattina alla sera, snobbando gli amici e tornando distrutta.
“Lasciala perdere Sakura, hai già fatto abbastanza, lei non ti vuole più nella sua vita.”
“Sì, ma è anche colpa mia se ora sta attaccata ad una bottiglia e sniffa cocaina, per poi fare chissà cosa con uomini di vent’anni più grandi di lei.”
“Ma smettila, un tradimento è un tradimento, nessuno ci muore, non a diciotto anni! Ci si può rifare una vita e se non lo capisce, sono affari suoi.”



Così l’inverno torna di nuovo e si porta dietro qualcosa che non possiamo uccidere. E’ lui che strappa la vita a metà, non dà modo di pentirsi o di dire “Aspetta”.


Un cuore è scoppiato e noi con lui.




“Sakura!” Ino corse incontro alla ragazza, il viso sfatto e disperato.
La giovane medico la guardò interrogativa, erano ormai anni che non si rivolgevano la parola e lei ora le si era gettata fra le braccia. Non piangeva, ma era tanto pallida che pensò si sarebbe dissolta nell’aria.
“Mio padre… mio padre ha avuto un attacco cardiaco… ti prego… ti prego va’ ad assistere all’operazione, voglio che qualcuno di cui mi fido gli sia accanto.”
La Haruno aveva sgranato gli occhi, non sapeva ancora se per la vicenda o se per quel “qualcuno di cui mi fido”, ma non aveva esitato ed era entrata nella sala operatoria fregandosene di qualsiasi permesso.




Il sangue, il respiro, i muscoli, l’anima si sono fermati.



“E’ finita, ora del decesso…?”
“Due e cinquantasei.”



E noi li abbiamo guardati arrestarsi, come un giocattolo ormai rotto e senza carica. Non partirà mai più.

Non lo troverai in cucina a preparare il caffé, non lo vedrai aprirsi in un sorriso per il tuo viso sfatto, o arrabbiarsi per l’essere arrivata tardi. Non si indignerà davanti al telegiornale e non ti vedrà divenire grande. Perderà ogni attimo significativo della tua vita: l’abito da sposa che non volevi indossare, il bambino che non desideravi mettere al mondo, l’uomo che non volevi accanto.



“Ino…?” Sakura uscì dalla sala operatoria, lo sguardo basso, gli occhi tremanti.
La bionda si era alzata dal pavimento, i piedi scalzi, le scarpe con il tacco strette tra le mani.
“Hanno fatto il possibile.” Un sibilo che ebbe il potere di congelare tutto il mondo della ragazza.
“Allora è vero…” mormorò la Yamanaka, sedendosi sulla poltroncina della sala d’attesa.
Sakura alzò un sopracciglio, prima che l’altra continuasse:
“Anche i genitori muoiono.”



E tu, nonostante tutto, ti guarderai attorno e lo cercherai, lasciando vuoto quello spazio che lui occuperà con la sua assenza. Ti saliranno le lacrime agli occhi e si stringerà un nodo nel tuo stomaco, reso ancor più saldo dagli occhi lucidi di tua madre. Non sarà mai saldo come l’amore che hai provato, tu per lui e lui per te, eppure avrà lo stesso sapore amaro e doloroso. Addirittura lo stesso che hanno il suono delle promesse che si sono infrante con il suo (tuo) cuore.

Poi abbasserai il viso e ti dirai che devi essere forte, convinta che essere adulti significhi anche questo, nonostante ti faccia sentire ancora peggio. Asciugherai una – fottuta!- lacrima e bestemmierai a denti stretti, convinta – a ragione?- che Dio sia solo un’invenzione mal riuscita. Arrancherai affaticata, senza mostrarlo, sospinta su tacchi da donna, distrutta in ricordi di bambina.



“Devo dirlo alla mamma.” Fu la prima frase che uscì dalle labbra di Ino, dopo una mezz’ora di silenzio assoluto, mentre osservava senza interesse le tubature che si arrampicavano sul soffitto.


E imporrai al tuo sguardo di vagare altrove, cercando di ignorare la mente che ti riporta sui banchi di scuola, sul ginocchio sbucciato, sulla casa delle bambole. Sul tuo papà e su tutto ciò che era per te: una mano calda, un sorriso gentile, un corpo da abbracciare, un amore da vivere. Un amore che non ha aspettative o promesse come quella del “durerà per sempre”, ma cui aspiravi con tutta te stessa.




Quasi ad averla chiamata il cellulare della bionda iniziò a trillare gioioso, rompendo il silenzio statico dell’ospedale, facendola sussultare. Sul display il numero di casa, lampeggiava insistente.
“Mamma, siediti per favore…Papà…”


“Papà!” un grido di gioia.
“Papà!” un altro.
Un suono che ti smuoverà il cuore fino a farti gonfiare gli occhi.
“Papà…” la parola più semplice, eppure così difficile per una bimba che muove i primi passi. Chissà se ricordi la felicità che lui aveva nei suoi occhi, quando la sentì per la prima volta?


Sakura si levò il camice, piegandolo con riverenza , prima di appoggiarlo su una poltrona. Si sedette accanto ad Ino, che con il trucco sciolto sulle guance, non perdeva la sua bellezza. Rimasero lì, assorte nel silenzio, ad ascoltare le voci delle infermiere e i mormorii dei macchinari.



E quando il suo ricordo sarà così insistente che non potrai fare a meno di voltarti per dirgli di stare zitto, che ti fa male, che non è giusto…quando sarai convinta di averlo lì dietro che ti aspetta, e non lo vedrai e le lacrime saranno l’unica cosa che ancora ti resta…


“Se vuoi posso accompagnarti a casa.” Sussurrò il chirurgo, stupendosi di quanto la sua stessa voce risuonasse insopportabile.
Ino voltò appena il viso, le labbra incrinate in un amaro sorriso, la testa reclinata all’indietro, appoggiata al muro.
“Quando potrò muovermi, volentieri.” Scherzò.
E Sakura si sentì infinitamente vuota e inutile in quel momento. A cosa serviva studiare tanto, capire come guarire un corpo, quando poi succedevano cose simili? Ma ingoiò quella tristezza densa e si sforzò di essere solida.
“Sbrigati allora, non ho tutta la notte.”


…arriveremo noi.



“Ino!” Shikamaru sembrava terribilmente preoccupato, quando si presentò nella sala. Choji, dietro di lui aveva il fiatone, Sasuke era mortalmente serio, Naruto forse aveva pianto, Kiba indossava ancora il casco, Kurenai ed Asuma erano abbigliati “da casa”.
La bionda rivolse uno sguardo ai suoi amici, cercando con le mani di cancellare il nero del trucco sul suo viso.
“Oddio, non ero preparata per una festa a sorpresa.”
“Come stai?” si premurò di chiedere il ragazzo che Sakura aveva sempre visto svogliato, mentre le prendeva una mano tra le sue.
“Mi vedi? Devo avere gli occhi così gonfi da sembrare una rana.”
“Scema. Sei sempre meravigliosa.”
Lei sorrise debolmente, osservando ognuno di loro con gratitudine che non avrebbe mai esternato.
“Che cazzo ci fate qui?!” sbottò, ma l’unica cosa che riuscì a fare, fu scoppiare in lacrime senza freni.


Non siamo il tuo papà, non siamo il suo ricordo, non siamo quello che è stato, ma ti terremo forte.


Asuma si avvicinò alla ragazza, facendo segno agli altri di non dire nulla. Dolcemente la fece alzare e la strinse fra le braccia, forte, come un padre. Ino affondò il viso nella giacca calda dell’uomo e se ne fregò dei singhiozzi che le spaccavano il cuore. Si lasciò andare, pensando distrattamente a quanto fosse diverso l’odore di quell’uomo.




E potrai urlare, potrai arrabbiarti, potrai bestemmiare, che non ti lasceremo andare. Ti rimetteremo sulla tua strada, ti faremo voltare verso il futuro, per non perdere la via che ti ricondurrà a lui.



Quando salirono in macchina Ino cercò subito lo specchietto per vedere il suo stato.
“Diamine…” bofonchiò, mentre Sakura si metteva la cintura di sicurezza.
La bionda guardò fuori dal finestrino le figure scure dei suoi amici che si allontanavano nella notte, per recuperare i rispettivi mezzi e sorrise inconsapevolmente.
“A dirti la verità Sakura, non ho proprio voglia di ritornare a casa.” Sussurrò la bionda, voltandosi per guardare l’amica… ?
La giovane medico le sorrise debolmente.
“Ino, mi dispiace.”
“Succede.”
La Haruno non si stupì della forza d’animo che l’altra riusciva a comunicare anche in quel momento.
“No, anche per…tutto il resto.”
La bionda chiuse gli occhi.
“Anche a me, ma… non pensiamoci più. Ormai è acqua passata, non credi?”
L’altra annuì, poi mise in moto e partì.
“Sakura?”
“Hm?”
“Grazie.”




E quando sarà il momento, lasceremo che la tua mano possa stringere di nuovo la sua.




“Morirò! Me lo sento, morirò!” l’urlo incazzato della bionda si perse per il corridoio dell’ospedale.
Girava in tondo ormai, per nulla convinta a voler salire sulla sedia a rotelle che Shikamaru le aveva proposto.
Sakura accorse trafelata, vedendo l’amica in camice blu che si teneva la schiena e urlava improperi a destra e manca.
“Tu!” ululò quando vide la figura della ragazza coi corti capelli rosa che si avvicinava.
“Attenta, morde, ti giuro, è pericolosa…”avvisò il ragazzo dai capelli castani raccolti in una coda.
Sakura sorrise di circostanza.
“Sto per morire! Qualcuno qui vuol fare qualcosa?!”
“Siediti, moribonda. Così vediamo di far nascere questo bambino!”






Ti accoglierà a braccia aperte ed avrà il sapore che aveva quando eri piccola, di genuinità, di calore, di amore. Ti stringerà forte e mentre gli dirai che ti dispiace, lui risponderà che ti vuole bene e non ha mai smesso e non si è perso nulla: né l’abito da sposa che non volevi indossare, né il bimbo che non volevi mettere al mondo, né l’uomo che non volevi sposare.



Ino, nel buio dell’ospedale si sporse a guardare attraverso il vetro una bambina placidamente addormentata nella sua culla. Era così piccola, ma l’aveva resa orgogliosa. Sorrise trionfante, senza curarsi del fatto che se l’infermiera l’avesse vista, l’avrebbe di sicuro costretta a letto.
“Anche tu eri così, sai?”
La voce di Inoichi fece perdere un battito alla ragazza, che si voltò di scatto.
Ma il corridoio dell’ospedale era solo vuoto.
“Papà…” mormorò tristemente, accorgendosi di quanto lo avrebbe voluto accanto.


Sarà rimasto al tuo fianco anche se non credevi ai fantasmi, abbracciando tutti i tuoi gesti, condividendoli, vivendoli attraverso le tue mani.”







L’ultima parola si perde nel vento. Le lacrime mi muoiono sulle labbra.
Gli occhi azzurri sulla tua foto non sorridono, riflettono semplicemente i miei, colmi di amarezza. Per quanto ci si sia sforzati di capire, nessuno è mai riuscito ad arrivare a sfiorare quel che provavi.
Eri ricomparsa con una pelliccia candida, gli occhiali da sole e sfilavi da diva davanti a tutti noi, facendoci sentire insignificanti.
Mostravi la tua forza con orgoglio, reggendoti davvero su tacchi vertiginosi.

Chissà se poi la vertigine l’hai provata davvero quando sei salita su quella sedia…?

Chissà se poi sarebbe servita, questa lettera che ora appoggio, assieme ai fiori, sulla tua tomba?

Il senso stesso di essa mi sfugge, però sono sollevata.

Il mio sguardo legge il nome sulla lapide vicino alla tua.

Ora prova a dirmi che non sono vere, le mie parole!


“Sì, era proprio come lo ricordavo…” sembra sussurrarmi il vento.

Socchiudo gli occhi e ti volto le spalle.

Anche io vorrei credere ai fantasmi.



-Owari-



Nota:

Se non fosse chiaro il modo di narrare la storia è un po’ insolito per me. In ogni caso l’inizio è raccontato in terza persona ed è centrato. Poi il resto è una lettera che sta leggendo Sakura, inframmezzata in spezzoni della vita vissuta con Ino fino alla morte del padre ed è posto sulla destra. Mentre il finale è dal punto di vista di Sakura che ha finito di leggere davanti alla tomba dell’amica.
Ino si è impiccata, visto che potrebbe non capirsi messo con quel “Chissà se poi la vertigine l’hai provata davvero quando sei salita su quella sedia…?” ed il perché lo abbia fatto si intuisce da diversi punti. Una persona che non ha mai esternato quello che provava davvero, rosicchiata dall’interno e nessuno ha potuto fare qualcosa per lei, né Shikamaru, né il loro bambino.

Chi si uccide non lo verrà certo a raccontare, lo farà e basta, probabilmente senza che nessuno se lo aspetti.

Questa storia è stata scritta di getto, quando, poco tempo fa, è venuto a mancare il padre di una mia amica all’improvviso. Spero non sia preso come atto di presunzione, ma a lei voglio molto bene e così ne volevo anche a suo padre. Questo lutto ci ha segnato nel profondo, perché non si può perdere il proprio padre a 20 anni, non così. E’ una cosa atroce, è terribile, fa venire voglia di tirare testate contro il muro. Quindi nulla, c’è un po’ di vago nonsense in tutto questo, concedetemelo.

E che amarezza...tra pochi giorni è anche la festa del papà...

Urdi un po' malinconica anche lei




Questa fanfic in ogni caso, si è classificata PRIMA al contest sul dramma indetto da Bacinaru ^_^ sono molto contenta, inutile dirlo, e colgo l'occasione per fare i complimenti anche alle altre partecipanti*O*

DarkRose86, Mart91, Saeko no danna e Uchiha Girl...mi raccomando leggete anche le loro storie :)

  
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