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Autore: Mistyna    20/01/2016    0 recensioni
Sono passati sette anni dalla morte di Sebastian. Clary e Jace dovrebbero essere felici, sposati, insieme. Ma non lo sono. E non lo saranno mai. Un'ombra oscura incombe sul loro futuro, un'ombra che ha sete di vendetta e sofferenza.
"Morire è semplice. Morire è definitivo. Una volta morti si è in pace. No. La vostra punizione sarà peggiore."
Genere: Angst, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clarissa, Jace Lightwood, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Simon sei sicuro che sia il momento giusto?" Chiese Isabelle, toccandosi nervosa i capelli.

Erano seduti sulle scale interne di un condominio assolutamente mondano, a qualche metro di distanza dalla porta dell'appartamento di Clary. Isabelle non aveva mai veramente approvato il fatto che lei avesse lasciato l'Istituto ma aveva immaginato che dopo tutto quello che era successo con Jace, le servisse un po' di tranquillità e che stargli lontano per qualche tempo fosse la cosa migliore. Clary non era ancora tornata a casa, e anche se le scale erano lungo il corridoio e i due Shadowhunter non riuscivano a vedere la sua porta, se Clary fosse salita con l'ascensore, l'avrebbero sentita.

"Dovremo farlo prima o poi. Non è che possiamo nascondere la cosa ancora per molto." Simon prese fra le sue la mano della sua ragazza e la strinse gentilmente. "Dobbiamo dirglielo e dobbiamo dirlo anche a Jace."

"E' solo che..." Isabelle si morse il labbro inferiore, un segno di incertezza estremamente inconsueto da parte sua. "Sai, per come sono messe le cose fra di loro... e con Will..."

Improvvisamente le si riempirono gli occhi di lacrime ma lei si affrettò a inghiottirle indietro.

"Ehi," Simon le accarezzò lentamente la guancia. "Non c'è niente di male a piangere, sai."

"Tu non piangi mai." Lo accusò lei.

"Clary piange abbastanza per entrambi." Sussurrò lui, la gola chiusa da un groppo famigliare. "Ho dovuto imparare a essere forte per lei. Ne ha bisogno."

Isabelle sospirò e gli appoggiò la testa sulla spalla. "Lo so. Mi spiace. Con Jace è diverso, a lui non piace piangere. Forse con Alec, ma con me mai. Si sfoga facendo qualcosa di fisico, non conto più le volte che si è allenato fin quasi a svenire da quando... è successo."

Rimasero in silenzio per un po', traendo conforto l'uno dall'altra, mentre Isabelle tracciava cerchi sottili sul dorso della mano di Simon.

"Pensi che guariranno mai?" Chiese poi. "Che torneranno mai insieme? Non hanno ancora rimosso le rune del matrimonio, forse c'è speranza."

Simon sospirò, baciandole la fronte. "Non lo so, Izzy. La malattia di Will è stata devastante per loro. Vedere il loro piccolo soffrire in quel modo... la sua morte li ha feriti in una maniera che non riesco nemmeno a immaginare. Clary mi diceva spesso che non riusciva nemmeno a guardare Jace perchè le ricordava troppo William. E poi lo sai che al momento stanno frequentando altre persone."

"Che stupidaggine," sbuffò lei. "Sappiamo entrambi che quelle fate sono solo dei rimpiazzi. E' successo troppo in fretta. Voglio dire, sono passati solo sei mesi da quando..." Isabelle si fermò. Proprio non riusciva a dire quelle parole, come se non pronunciarle potesse in qualche modo negare la morte di suo nipote.

"Forse. Sembra che Clary e Jiliel la stiano prendendo con calma, ma Alec mi ha detto che Jace e Kaelie fanno sul serio. Jace sta pensando di lasciare l'Istituto e andare a vivere con lei."

"Lui COSA?" Isabelle guardò Simon incredula, gli occhi pieni di rabbia. "E perchè non ne sapevo niente? Jace non ne ha fatto parola! E' un'idiozia! E' una cosa da pazzi! E'..:"

L'ascensore scelse quel momento per aprire la porta, scricchiolando ferocemente e zittendo la tirata di Isabelle.

"...perlopiù sui vampiri. In ogni caso, il mio rapporto per la Regina della Corte Seelie sull'incontro di oggi del Consiglio, sarà pronto per stanotte." Era la voce di Clary.

Isabelle e Simon si immobilizzarono per lo shock. Cosa diavolo stava succedendo?

***

Le fate erano esseri bellissimi, era impossibile negarlo, e Jiliel Whitewillow non faceva eccezione. Alto, biondo, con gli occhi azzurri come quelli di sua sorella Kaelie, aveva una figura elegante e lineamenti delicati. Nonostante il suo aspetto quasi femminile, era tonico e muscoloso e Clary sapeva che era un ottimo guerriero, abile quanto lei con la spada.

Se solo un viso angelico fosse sempre accompagnato da un'anima altrettanto meravigliosa... perchè Jiliel di sicuro non ne aveva una. Intelligente e astuto, come tutte le fate, aveva anche il vantaggio di avere sangue umano nelle vene, cosa gli permetteva di mentire a volontà e con gran piacere. Clary lo sapeva naturalmente, Jiliel non ne aveva mai fatto mistero, anzi in realtà si divertiva a tormentarla sottolineando che ogni volta che parlavano lui poteva dirle la verità, ma poteva anche mentirle, se ne aveva un beneficio.

"Sarà meglio che lo sia," Jiliel stava dicendo in quel momento, riferendosi al rapporto di Clary, "sai che non le piace aspettare."

"Ho mai deluso le aspettative?" Replicò Clary con un sorriso amaro, avvicinandosi al suo appartamento. Era stata una lunga giornata; prima l'allenamento e Jace. Soffriva ancora nel vederlo, era una pena che non diminuiva mai d'intensità. Poi l'incontro del Consiglio nel pomeriggio e ora doveva anche vedersela con il suo "ragazzo".

La fata la afferrò per un braccio all'improvviso, tirandola contro di lui. Nel giro di un attimo, Clary era nel cerchio delle sue braccia e due delle sue lunghe dita delicate le avevano afferrato il mento, sollevandole lo sguardo verso di lui.

"E continuerai a non farlo, dolcezza. Sei stata un'ottima fonte di informazioni negli ultimi mesi e se sai cosa è meglio per te, andrai avanti così."

"Lasciami," sibilò lei, spingendolo via. "Anche se siamo invisibili siamo sempre in un condominio mondano."

Aprì la porta del suo appartamento e gettò le chiavi sul tavolo in ingresso lasciando la porta aperta, ben sapendo che cercare di chiudere Jiliel fuori era inutile. La fata entrò come se quella fosse casa sua, le labbra sollevate in un sogghigno.

"Ma certo, capisco. E' molto meglio riservare il nostro lato più romantico all'interno della casa, dove nessuno può sentirti urlare." Le fece l'occhiolino, chiudendo la porta e sedendosi sul divano. "Ma prima raccontami della seduta del Consiglio. Sai che mi piace tenermi aggiornato."

"Non c'è molto da dire," replicò lei scrollando le spalle. "Abbiamo parlato principalmente degli attacchi dei vampiri di Londra, come ti dicevo in ascensore. Hanno cominciato a dare problemi ai licantropi, c'è stata qualche uccisione e il Conclave di Londra sta cercando di far rispettare la Legge. Stanno ancora cercando di capire se si tratta di qualche vampiro ribelle o se è un intero clan che si sta rivoltando contro il Conclave. I licantropi per ora non reagiscono e stanno lasciando che i Cacciatori facciano il loro lavoro ma non sappiamo per quanto tempo resisteranno prima di attaccare i vampiri a loro volta. Nel giro di breve tempo potremmo avere una guerra su larga scala fra i Nascosti e il Consiglio è preoccupato che il Mondo Invisibile venga esposto ai Mondani."

"Interessante." Commentò Jiliel, incrociando le gambe rilassato. "E cosa mi dici del compito che ti ha affidato la Regina? Come procede?"

Clary lo guardò, gli occhi socchiusi e pieni di disgusto. "Mi state chiedendo qualcosa che potrebbe necessitare di anni per realizzarsi. Le fate si sono schierate dalla parte sbagliata nella Guerra Oscura e ora ne stanno pagando il prezzo. Non posso spingere troppo tutto in una volta per far rientrare la tua razza nell'Alleanza, sarebbe sospetto. Per ora sii grato che sono riuscita a far tornare Helen Blackthorn a Los Angeles, interrompendo il suo esilio. Mi ci sono voluti tre mesi di chiacchiere continue, non è stato facile."

"Ma, vedi..." Jiliel si alzò, avvicinandosi a lei. I suoi movimenti erano fluidi e aggraziati, come quelli di una pantera che striscia verso la sua preda. "Alla Regina non interessa quanto sia difficile. Vogliamo tornare a far parte dell'Alleanza, vogliamo che il Conclave si fidi di nuovo di noi, che abbassi la guardia, che ci permetta di girare armati. E tu, Clary," l'afferrò all'improvviso, girandola e gettandola piegata sul tavolo della cucina, con un braccio torto dietro la schiena, "tu sei la prescelta per questo compito. Lo porterai a termine, anche se dovesse volerci il resto della tua vita. Siamo un popolo paziente, possiamo aspettare. Ma succederà, tesoro. Ci penserai tu."

"Levati di dosso." Clary sibilò cercando di alzarsi. Jiliel accentuò la presa sul suo braccio chinandosi in avanti per baciarle lentamente il collo esposto. "Levati di dosso immediatamente!"

"Oh, piccola, non fare la difficile. Come se fosse la prima volta che lo facciamo. Fattelo piacere cara, perchè non ti libererai di me fino al giorno della tua morte. Sai che non puoi ribellarti, vero? Se ti fa sentire meno in colpa, puoi sempre immaginare Jace a letto con mia sorella. Magari sta succedendo proprio in questo momento."

"Lasciami andare, razza di bastardo!" Clary tentò di nuovo di lottare, il cuore che le mancava un battito per le sue parole crudeli. Lo odiava. Lo odiava così tanto...

Jiliel sogghignò e la mano libera le afferrò la coscia, scivolando lentamente verso l'alto, ma la fata si fermò imprecando nel sentire il campanello dell'appartamento.

Clary trattenne il respiro per la sorpresa, ma si riprese immediatamente, affrettandosi a chiedere chi fosse alla porta prima che Jiliel potesse impedirglielo, cercando di tenere sotto controllo la voce. Vi prego, vi prego, un vicino, una consegna, qualunque cosa!

"Clary, siamo noi!" L'allegra voce di Isabelle filtrò attraverso la porta. "Possiamo entrare?"

Jiliel la lasciò andare tirandola in piedi, un luccichio pericoloso negli occhi. "Apri la porta cara," le sussurrò nell'orecchio, "e non preoccuparti per questa piccola interruzione... ti punirò più tardi."

Lei non rispose, non disse niente. Sapeva di non poter fare nulla. Sei mesi prima lo avrebbe ucciso per aver osato toccarla ma ora era intrappolata e non c'era nessuna via d'uscita. Jiliel aveva ragione, sarebbe stata sua prigioniera fino alla fine. L'unica sua speranza era che il suo ultimo giorno non fosse molto lontano perchè questa non era vita: questo era l'Inferno.

Passo dopo passo Clary andò alla porta, raddrizzando la schiena e forzando le labbra in un sorriso finto. Sorridi, Clary. Sorridi per loro. Sorridi e tienili al sicuro. Sorridi.

  
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