"Simon
sei sicuro che sia il momento giusto?"
Chiese Isabelle, toccandosi nervosa i capelli.
Erano
seduti sulle scale interne di un condominio
assolutamente mondano, a qualche metro di distanza dalla porta
dell'appartamento di Clary. Isabelle non aveva mai veramente approvato
il fatto
che lei avesse lasciato l'Istituto ma aveva immaginato che dopo tutto
quello
che era successo con Jace, le servisse un po' di
tranquillità e che stargli
lontano per qualche tempo fosse la cosa migliore. Clary non era ancora
tornata
a casa, e anche se le scale erano lungo il corridoio e i due
Shadowhunter non
riuscivano a vedere la sua porta, se Clary fosse salita con
l'ascensore, l'avrebbero
sentita.
"Dovremo
farlo prima o poi. Non è che possiamo
nascondere la cosa ancora per molto." Simon prese fra le sue la mano
della
sua ragazza e la strinse gentilmente. "Dobbiamo dirglielo e dobbiamo
dirlo
anche a Jace."
"E'
solo che..." Isabelle si morse il labbro inferiore,
un segno di incertezza estremamente inconsueto da parte sua. "Sai, per
come sono messe le cose fra di loro... e con Will..."
Improvvisamente
le si riempirono gli occhi di lacrime ma
lei si affrettò a inghiottirle indietro.
"Ehi,"
Simon le accarezzò lentamente la
guancia. "Non c'è niente di male a piangere, sai."
"Tu non
piangi mai." Lo accusò lei.
"Clary
piange abbastanza per entrambi."
Sussurrò lui, la gola chiusa da un groppo famigliare.
"Ho dovuto imparare a essere forte per lei. Ne
ha
bisogno."
Isabelle
sospirò e gli appoggiò la testa sulla spalla.
"Lo so. Mi spiace. Con
Jace è diverso, a
lui non piace piangere. Forse con Alec, ma con me mai. Si sfoga facendo
qualcosa di fisico, non conto più le volte che si
è allenato fin quasi a
svenire da quando... è successo."
Rimasero
in silenzio per un po', traendo conforto l'uno
dall'altra, mentre Isabelle tracciava cerchi sottili sul dorso della
mano di
Simon.
"Pensi che
guariranno mai?" Chiese poi. "Che
torneranno mai
insieme? Non hanno ancora rimosso le rune del matrimonio, forse
c'è
speranza."
Simon
sospirò, baciandole la fronte. "Non lo so,
Izzy. La malattia di Will è stata devastante per loro.
Vedere il loro piccolo
soffrire in quel modo... la sua morte li ha feriti in una maniera che
non
riesco nemmeno a immaginare. Clary mi diceva spesso che non riusciva
nemmeno a
guardare Jace perchè le ricordava troppo William. E poi lo
sai che al momento
stanno frequentando altre persone."
"Che
stupidaggine," sbuffò lei. "Sappiamo
entrambi che quelle fate sono solo dei rimpiazzi. E' successo troppo in
fretta.
Voglio dire, sono passati solo sei mesi da quando..." Isabelle si
fermò.
Proprio non riusciva a dire quelle parole, come se non pronunciarle
potesse in
qualche modo negare la morte di suo nipote.
"Forse.
Sembra che Clary e Jiliel la stiano
prendendo con calma, ma Alec mi ha detto che Jace e Kaelie fanno sul
serio.
Jace sta pensando di lasciare l'Istituto e andare a vivere con lei."
"Lui COSA?"
Isabelle guardò Simon incredula, gli occhi pieni di rabbia.
"E perchè non
ne sapevo niente? Jace non ne ha fatto parola! E' un'idiozia! E' una
cosa da
pazzi! E'..:"
L'ascensore
scelse quel momento per aprire la porta,
scricchiolando ferocemente e zittendo la tirata di Isabelle.
"...perlopiù
sui vampiri. In ogni caso, il mio
rapporto per la Regina della Corte Seelie sull'incontro di oggi del
Consiglio,
sarà pronto per stanotte." Era
la voce di Clary.
Isabelle e Simon si
immobilizzarono per lo shock. Cosa diavolo stava succedendo?
***
Le
fate erano esseri bellissimi, era impossibile negarlo,
e Jiliel Whitewillow non faceva eccezione. Alto, biondo, con gli occhi
azzurri
come quelli di sua sorella Kaelie, aveva una figura elegante e
lineamenti
delicati. Nonostante il suo aspetto quasi femminile, era tonico e
muscoloso e
Clary sapeva che era un ottimo guerriero, abile quanto lei con la spada.
Se
solo un viso angelico fosse sempre accompagnato da
un'anima altrettanto meravigliosa... perchè Jiliel di sicuro
non ne aveva una.
Intelligente e astuto, come tutte le fate, aveva anche il vantaggio di
avere
sangue umano nelle vene, cosa gli permetteva di mentire a
volontà e con gran
piacere. Clary lo sapeva naturalmente, Jiliel non ne aveva mai fatto
mistero,
anzi in realtà si divertiva a tormentarla sottolineando che
ogni volta che
parlavano lui poteva dirle la verità, ma poteva anche
mentirle, se ne aveva un
beneficio.
"Sarà
meglio che lo sia," Jiliel stava dicendo
in quel momento, riferendosi al rapporto di Clary, "sai che non le
piace
aspettare."
"Ho
mai deluso le aspettative?" Replicò Clary
con un sorriso amaro, avvicinandosi al suo appartamento. Era stata una
lunga
giornata; prima l'allenamento e Jace. Soffriva ancora nel vederlo, era
una pena
che non diminuiva mai d'intensità. Poi l'incontro del
Consiglio nel pomeriggio
e ora doveva anche vedersela con il suo "ragazzo".
La
fata la afferrò per un braccio all'improvviso,
tirandola contro di lui. Nel giro di un attimo, Clary era nel cerchio
delle sue
braccia e due delle sue lunghe dita delicate le avevano afferrato il
mento,
sollevandole lo sguardo verso di lui.
"E
continuerai a non farlo, dolcezza. Sei stata
un'ottima fonte di informazioni negli ultimi mesi e se sai cosa
è meglio per
te, andrai avanti così."
"Lasciami,"
sibilò lei, spingendolo via.
"Anche se siamo invisibili siamo sempre in un condominio mondano."
Aprì
la porta del suo appartamento e gettò le chiavi sul
tavolo in ingresso lasciando la porta aperta, ben sapendo che cercare
di
chiudere Jiliel fuori era inutile. La fata entrò come se
quella fosse casa sua,
le labbra sollevate in un sogghigno.
"Ma
certo, capisco. E' molto meglio riservare il
nostro lato più romantico all'interno della casa, dove
nessuno può sentirti
urlare." Le fece l'occhiolino, chiudendo la porta e sedendosi sul
divano.
"Ma prima raccontami della seduta del Consiglio. Sai che mi piace
tenermi
aggiornato."
"Non
c'è molto da dire," replicò lei scrollando
le spalle. "Abbiamo parlato principalmente degli attacchi dei vampiri
di
Londra, come ti dicevo in ascensore. Hanno cominciato a dare problemi
ai
licantropi, c'è stata qualche uccisione e il Conclave di
Londra sta cercando di
far rispettare la Legge. Stanno ancora cercando di capire se si tratta
di
qualche vampiro ribelle o se è un intero clan che si sta
rivoltando contro il
Conclave. I licantropi per ora non reagiscono e stanno lasciando che i
Cacciatori facciano il loro lavoro ma non sappiamo per quanto tempo
resisteranno prima di attaccare i vampiri a loro volta. Nel giro di
breve tempo
potremmo avere una guerra su larga scala fra i Nascosti e il Consiglio
è
preoccupato che il Mondo Invisibile venga esposto ai Mondani."
"Interessante."
Commentò Jiliel, incrociando le
gambe rilassato. "E cosa mi dici del compito che ti ha affidato la
Regina?
Come procede?"
Clary
lo guardò, gli occhi socchiusi e pieni di disgusto.
"Mi state chiedendo qualcosa che potrebbe necessitare di anni per
realizzarsi. Le fate si sono schierate dalla parte sbagliata nella
Guerra
Oscura e ora ne stanno pagando il prezzo. Non posso spingere troppo
tutto in
una volta per far rientrare la tua razza nell'Alleanza, sarebbe
sospetto. Per
ora sii grato che sono riuscita a far tornare Helen Blackthorn a Los
Angeles,
interrompendo il suo esilio. Mi ci sono voluti tre mesi di chiacchiere
continue, non è stato facile."
"Ma,
vedi..." Jiliel si alzò, avvicinandosi a
lei. I suoi movimenti erano fluidi e aggraziati, come quelli di una
pantera che
striscia verso la sua preda. "Alla Regina non interessa quanto sia
difficile. Vogliamo tornare a far parte dell'Alleanza, vogliamo che il
Conclave
si fidi di nuovo di noi, che abbassi la guardia, che ci permetta di
girare
armati. E tu, Clary," l'afferrò all'improvviso, girandola e
gettandola
piegata sul tavolo della cucina, con un braccio torto dietro la
schiena,
"tu sei la prescelta per questo compito. Lo porterai a termine, anche
se
dovesse volerci il resto della tua vita.
Siamo un popolo paziente, possiamo aspettare.
Ma succederà, tesoro. Ci
penserai tu."
"Levati di
dosso." Clary sibilò cercando di alzarsi. Jiliel
accentuò la
presa sul suo braccio chinandosi in avanti per baciarle lentamente il
collo
esposto. "Levati di dosso immediatamente!"
"Oh,
piccola, non fare la difficile. Come se fosse
la prima volta che lo facciamo. Fattelo piacere cara, perchè
non ti libererai
di me fino al giorno della tua morte. Sai che non puoi ribellarti,
vero? Se ti
fa sentire meno in colpa, puoi sempre immaginare Jace a letto con mia
sorella. Magari
sta succedendo proprio in questo momento."
"Lasciami
andare, razza di bastardo!" Clary
tentò di nuovo di lottare, il cuore che le mancava un
battito per le sue parole
crudeli. Lo odiava. Lo odiava così tanto...
Jiliel
sogghignò e la mano libera le afferrò la coscia,
scivolando lentamente verso l'alto, ma la fata si fermò
imprecando nel sentire
il campanello dell'appartamento.
Clary
trattenne il respiro per la sorpresa, ma si riprese
immediatamente, affrettandosi a chiedere chi fosse alla porta prima che
Jiliel
potesse impedirglielo, cercando di tenere sotto controllo la voce. Vi prego, vi prego, un vicino, una consegna,
qualunque cosa!
"Clary, siamo
noi!" L'allegra voce di Isabelle filtrò attraverso la porta.
"Possiamo
entrare?"
Jiliel
la lasciò andare tirandola in piedi, un luccichio
pericoloso negli occhi. "Apri la porta cara," le sussurrò
nell'orecchio, "e non preoccuparti per questa piccola interruzione...
ti
punirò più tardi."
Lei
non rispose, non disse niente. Sapeva di non poter
fare nulla. Sei mesi prima lo avrebbe ucciso per aver osato toccarla ma
ora era
intrappolata e non c'era nessuna via d'uscita. Jiliel aveva ragione,
sarebbe
stata sua prigioniera fino alla fine. L'unica sua speranza era che il
suo
ultimo giorno non fosse molto lontano perchè questa non era
vita: questo era
l'Inferno.
Passo
dopo passo Clary andò alla porta, raddrizzando la
schiena e forzando le labbra in un sorriso finto.
Sorridi, Clary. Sorridi per loro.
Sorridi e tienili al sicuro. Sorridi.