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Autore: Il filo di Arianna    20/01/2016    1 recensioni
"Non so cosa tu stia facendo.
Non so perché io oggi mi sia voluto sedere proprio qui.
Non so perché mi sento come se io stia scoppiando.
[...]
E poi sei tu che sciogli tutto [...]mi abbracci e il mondo sembra finalmente aver preso a girare per il verso esatto."
Due ragazzi e un episodio sottile e delicato che non vuole imporsi, ma che vuole trasmettere solo le emozioni che io ho provato nello scriverlo e forse anche qualche riflessione fra le righe ...
Spero possa piacervi.
Buona lettura
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tu, nei miei occhi

 
Ti osservo rapito.

Il paesaggio autunnale che ti circonda ti rende come la principessa di un regno favoloso; il tripudio di quei colori, dal giallo, al rosso, all’arancio sottolinea ancora di più la tua figura, i tuoi capelli castani e la tua pelle bianca lattea.

La panchina su cui sei seduta è in ferro battuto. Ha la stessa sfumatura dei tuoi occhi.

Ormai vedo te in tutto e dappertutto, anche in semplici oggetti che con te non hanno nulla a che fare.

Il vento solletica i tuoi capelli, meravigliosi e unici, mentre qualche foglia si stacca da un albero posto nelle tue vicinanze … capelli nei quali volentieri affonderei le mie dita ruvide e mascoline pure se corti. È un dettaglio di te che urla a tutto il mondo quanto tu sia unica, anticonformista e per questo ancora più bella ai mei occhi.

Sei bellissima lì, con la tua faccia rivolta al sole, che illumina prepotentemente il parco a quest’ora del giorno. Sei bellissima in quella tua felpa extra-large che nasconde il tuo corpo di donna, che immagino meraviglioso; sei bellissima con quelle scarpe sfasciate che indossi e quei pantaloni neri e informi che tu ti ostini a portare per risultare anonima, quando non sai che tu anonima non lo sarai mai.

La cosa che mi fa più male guardandoti è che tu non sappia che ti sto osservando.

Ti sto scrutando da un mucchio di tempo e neppure te ne sei accorta persa come sei nei tuoi pensieri. Quanto vorrei essere lì, accanto a te ed abbracciarti, stringerti nelle mie forti braccia di ragazzo, tu fiore meraviglioso che nessuno coglie perché in procinto di sbocciare.
Che stupidi, non hanno ancora capito quanto tu sia fantastica dentro di te, o forse l’hanno inteso, ma il fatto che tu sia così distante in alcuni momenti, il fatto che tu sia una persona difficile da scoprire li allontana. Eppure io sono ancora qui, non mi sono allontanato nemmeno quando ho capito che per me sarebbe stato impossibile avvicinarmi a te.

Io, infatti, a differenza di tutti gli altri non mollo. So che il mio e il tuo mondo non hanno nulla a che vedere l’uno con l’altro; so che nemmeno sai chi io sia, eppure non voglio perderti, non posso perderti perché sei diventata il mio tutto.

Non ti sei imposta, ma sei entrata comunque prepotentemente in me… forse proprio per il fatto che all’inizio sapevo quanto tu fossi irraggiungibile ti ho preso come una sfida, volevo conoscerti, sapere come avresti reagito alla mia vista, alla mia sfacciataggine: un perfetto sconosciuto ti si sarebbe avvicinato, infrangendo la tua bolla privata di pensieri e ti avrebbe confessato sui due piedi quanto avesse voluto esserti accanto.

Eppure non ne ho avuto il coraggio, perché più cercavo di mettere a punto come avvicinarmi, più mi fermavo ad osservarti rapito e incantato dai tuoi gesti, dal tuo modo di essere, dalla tua risata fresca, allegra e contagiosa e non sono più riuscito a staccarmi da te, che inconsapevole mi avevi attratto nella tua rete di innocenza, la stessa rete che oggi mi costringe qui, dietro una pianta, leggermente lontano da dove ti trovi seduta, cosicché tu non possa scorgermi.

È sparita la mia aria di sfida, è rimasto soltanto il mio cuore che spento ha riiniziato a prendere vita, il mio cuore che pensava di conoscere cosa fosse la passione, ma si è dovuto ricredere quando ha scoperto cosa significasse per davvero pompare sangue nelle vene a una velocità esagerata.

Eppure, anche se tu non mi conosci perché ho evitato in ogni modo di avvicinarmi a te, l’altro ieri non ho potuto impedire alle mie mani di correre a salvarti, mentre eri in procinto di cadere dal gradino. E lì, rossa per l’imbarazzo, mi hai rivolto un timido sorriso e mi hai ringraziato con la tua voce dolce e sottile.

Non credo tu sappia che mi hai reso il ragazzo più felice di tutta la terra.

Tu, innocente meraviglia, con labbra che immagino morbide, come morbida è la tua pelle - non ti sei nemmeno accorta che ti ho sfiorato la mano prima che tu te ne andassi, come a voler mantenere un ricordo tattile di te, non dei tuoi vestiti. Labbra che vorrei carezzare, lievemente e leggermente; labbra che vorrei baciare lentamente fino ad impazzire di sentimenti ed emozioni.

Chissà quanti ti snobbano perché non vogliono complicarsi con la tua innocenza, mentre a me piaci proprio per questa, sei così pura che non è possibile non sorridere al pensiero di quanto stare con me porterebbe all’inferno; perché io sarei questo per te, un virus che contaminerebbe la tua essenza di passione. Perciò non voglio avvicinarmi a te, per lasciarti integra e perfetta come sei, anche se vorrei che tu fossi la mia salvezza. Eppure non posso trascinare anche te nei bassifondi dell’esistenza perché ho il desiderio di uscirne.

Non vorrei essere per te colui che deve essere salvato, ma colui che salva, come l’altro ieri quando stavi per cadere e io ti ho evitato la caduta.

Non sai quanto ho ringraziato Dio per il fatto di essere al posto esatto nel momento esatto.

Una folata di vento più intensa delle altre mi distoglie dai miei pensieri: ancora una volta ho perso la cognizione del tempo scrutandoti. Mi sto rimproverando come un cretino perché ho sprecato parte del tempo di una delle uniche occasione in cui posso vederti finalmente nella tua pura semplicità, senza costrizioni di alcun genere, quando sento un rumore provenire dalla tua direzione.

Alzo lo sguardo sconvolto da quel suono che mi sa tanto di singhiozzo. Non erro infatti. Vedo che con mani leggere e tremanti ti strofini gli occhi, probabilmente pieni di lacrime, e io mi sento impotente come non mai, mentre il sole nel suo declino lascia ombre scure e un freddo che penetra nelle ossa come un inquietante presagio di morte.

Non so perché tu stia piangendo, spero non sia per qualcosa di grave, anche se nel mio profondo so che qualcosa di grave sicuramente è successo, non sei una di quelle che si mette a piangere per nulla, perché le si è rotta un’unghia, o le è colato il trucco, tu il trucco non lo porti nemmeno …

Vorrei avvicinarmi, ma non posso. Vorrei fregarmene altamente di ciò che avverrà poi, dopo il mio avvicinamento, eppure non ne sono capace, io, colui che per eccellenza non pensa al parere altrui nel momento in cui agisce, ma lo fa e basta. Tu però non sei un altro qualsiasi, tu sei tu e non riesco a trovare il coraggio delle mie azioni.

Ho paura che tu mi possa giudicare?

Forse, benchè tu non mi sappia di persona che passa le sue giornate a puntare il dito contro gli altri. Non saresti tu.

Ho paura che tu possa essere diversa da quella che immagino tu sia?

Forse è proprio questa la mia paura più grande: aver fantasticato tanto e poi rimanere deluso, deluso anche da te. Sarebbe insopportabile.

Mi riscuoto ancora una volta, non posso credere che mi sia perso di nuovo per quanto la frescura che mi investe mi tenga ben attivo.

Alzo lo sguardo per cercarti, ma con mia enorme delusione tu non sei più su quella panchina. Sento il mio cuore fare un tonfo. Te ne sei andata e io non ti ho salutato a dovere, non ti ho seguito con lo sguardo come faccio tutte le volte, non ti ho seguito per un pezzo, cercando sempre di mantenere una debita distanza per non destare sospetti, per osservare la tua camminata.

Oggi non ci sono con la testa, sono troppo perso in te, talmente perso che non mi sono neppure accorto del fatto che tu non sia più qui, ragazzina.

Mi stacco controvoglia dal salice a cui mi sono accollato per quasi due ore per osservati, ho le membra intorpidite e intirizzite, eppure non è ciò che più conta in quest’istante, ciò che importa ora è il fatto che ti ho lasciato andar via piangente, senza nemmeno fare qualcosa per consolarti.

***

È da due giorni che come un fesso ti aspetto, eppure tu non sei venuta.

Per mesi sei stata puntuale al nostro appuntamento segreto, almeno per te, mentre dall’altro giorno non ti ho più visto.

Sono sconvolto.

Mi manchi, mi manca il mio punto di riferimento.

Tra le mani oggi stringo un guanto; lo stesso che ho stretto ieri aspettandoti. Un tuo guanto, quello che hai dimenticato quando te ne sei andata e che io ho trovato sulla panchina perché come ogni volta dopo che te ne vai rimango lì per qualche istante a respirare quella stessa aria che tu hai respirato, per far entrare nei miei polmoni la residua fragranza che di te rimane. Non uno di quei banali profumi per ragazze che tutte si affannano a comprare per far cadere ai loro piedi il playboy di turno, non quelli che hanno messo tutte le ragazze con cui sono stato; questo è unico perché è l’odore della tua pelle, della tua essenza e me ne sono letteralmente innamorato.

Lo anelo come un assetato anela l’acqua. Lo cerco nelle ragazze, come cerco te ora, con lo sguardo, ma non ti trovo.

Non so cosa ti sia accaduto, non so dove tu sia e sto male.

Non so cosa fare, sono bloccato, sembra che tutto sia confusionario in questi due giorni senza te.

Ho pensato che forse fossi impegnata, così ho provato a cercarti a scuola, ma tu non c’eri, ho pensato che magari fossi influenzata, così con un giro starno di conoscenze ho provato a sapere qualcosa di più sulla tua assenza e ho scoperto che nemmeno di malattia si tratta.

Dove sei, ragazzina? Dove sei, mia amata principessa? Dove sei, amore mio?

Con un vuoto enorme nel petto mi avvicino lentamente alla tua panchina, la panchina della tua solitudine perché tu sei sola, ragazzina, come in fondo sono solo io, anche se non sembrerebbe con tutti gli amici che mi circondano, amici che poi non sanno nulla di me e della mia personalità; permetto loro di osservare solo una maschera di me e loro nemmeno se ne sono accorti … e mi siedo.

Le mani, che stringono il tuo guanto, in tasca, la faccia rivolta al cielo, la pioggia leggera mi bagna il volto, come se piangessi e in fondo vorrei poter piangere per lavar via tutta l’amarezza dettata dalla tua assenza.
Improvvisamente sento dei passi leggeri provenire verso la mia direzione, ma non me ne curo, sono perso in altre considerazioni, eppure dovrei riconoscere quel passo fra mille, perché è il tuo passo. Quando me ne rendo conto ormai è troppo tardi, abbasso di scatto il viso e fisso lo sguardo nella tua direzioni e finalmente il mio cuore riparte a pompar sangue … ti vedo venire nella mia direzione a grandi passi lunghi e ben distesi.

Vorrei fuggire, eppure al contempo vorrei alzarmi, correrti incontro e prenderti fra le braccia, ma sono bloccato, non riesco a muovere nemmeno un muscolo.

Il tuo sguardo è incatenato al mio, mi stupisce la determinazione che vi scorgo.

Forse sto impazzendo, ma tu non dai segno di volerti fermare finché non giungi alla tua panchina e mi fronteggi.

Non so cosa tu stia facendo.

Non so perché io oggi mi sia voluto sedere proprio qui.

Non so perché mi sento come se io stia scoppiando.

Un rivolo di sudore mi percorre la schiena, ho il corpo e le membra talmente in tensione che se anche solo uno mi sfiorerebbe scatterei.

Sto aspettando una tua mossa, una tua parola, in questo tempo che sembra essersi fermato, perché nemmeno riuscirei più ad articolare nemmeno un semplice ciao.

E poi sei tu che sciogli tutto, mentre ti siedi delicatamente sulle mie gambe e mi abbracci e il mondo sembra finalmente aver preso a girare per il verso esatto.

Forse sto impazzendo, forse sono visionario, ma ora non mi importa.

Tu sei qui fra le mie braccia, bisognosa di aiuto e io, forse non un perfetto sconosciuto per te come invece io credevo di essere, non posso far altro che ricambiare la tua stretta disperata.

Sei stata per me la mia ancora, ora voglio essere io per te la tua.

 
  
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