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Autore: otpshipperaf    21/01/2016    0 recensioni
E se il bacio stampato sulla fronte di Henry non avesse spezzato la maledizione? Quale sarebbe dovuto essere il gesto rappresentativo del "vero amore" che avrebbe cambiato il destino della piccola cittadina di Storybrooke?
Genere: Fantasy, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Henry Mills, Regina Mills
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Arrivammo dopo dieci minuti circa dalla chiamata del dottor Whale che mise in allerta me e Regina per lo stato di "codice rosso" in cui si trovava Henry. 
Ormai soltanto dei gradini mi distanziavano da mio figlio, così mi precipitai a raggiungere il più velocemente possibile la stanza che lo accoglieva. 
La mia corsa fu bruscamente interrotta dall'urto con la Madre Superiora, la quale precipitò sul freddo pavimento dell'ospedale. Con l'aiuto di Regina, l'aiutammo a rialzarsi ed una volta che la dolce donna dal corpo minuto si rimise in sesto, non persi tempo nel volgerle le mie più grandi scuse.

«Madre Superiora, le chiedo umilmente perdono per l'accaduto ma cercavo mio fig..»

Un particolare mi impedì di terminare la frase: i suoi occhi rossi. La mia vista cominciò ad annebbiarsi e i pensieri più negativi riempirono velocemente la mia testa, impedendomi di razionalizzare ciò che stava accadendo. Fu proprio lei ad interrompere il flusso dei miei pensieri concludendo la frase al mio posto: 

«..suo figlio? Mi dispiace dirle ciò ma le cose non sono andate come previsto e..»

Il suo sguardo si spostò sulla figura di Regina, ed inconsciamente voltai gli occhi anch'io di conseguenza. A causa della mia distrazione, non notai che nel frattempo si era poggiata su una delle seggiole che riempivano il corridoio dell'ospedale, tenendo i gomiti sulle ginocchia ed il viso racchiuso fra le mani.
Una presenza alle mie spalle mi sbloccò dal mio stato di pietrificazione e mi voltai. 
Il dottor Whale. Fu proprio lui ad attirare la mia attenzione, la prima persona che avrei voluto incontrare, dopo mio figlio, per ricevere delle spiegazioni riguardo l'accaduto. Si limitò ad osservare me e le altre due donne alle mie spalle, capì che la triste notizia era già giunta alle nostre orecchie e decise così di non aggiungere altra sofferenza a quella già posseduta, rimanendo in silenzio. 
Avevo ormai capito che per Henry le speranze di potermi sorridere nuovamente erano finite.
Con la poca forza che mi rimase, mi incamminai lungo l'ultimo tratto del corridoio, alla fine del quale intravidi una vetrata che conteneva una piccola barella sulla quale poggiava un corpicino esile: il suo.
Oltrepassai la porta della stanza e lo raggiunsi. Era freddo, pallido e privo di vita.
Le lacrime cominciarono a sgorgare dai miei occhi copiosamente, costringendomi a chiudere numerose volte le palpebre a causa del liquido che impediva alla mia vista di mettere a fuoco ciò che rimaneva di lui. In quel momento un'inserviente spense il display collegato alla macchina che monitorava i battiti del cuore di Henry e passò la sua mano dalle lunga dita affusolate lungo il corso della mia schiena.
Quella carezza recò gelo crescente fin dentro alle ossa del mio corpo man mano che proseguiva il suo percorso verso il basso. Il gesto della donna non mi recò alcun beneficio, al contrario del calore che il contatto con Regina suscitò una manciata di minuti prima. Nel frattempo un rumore di tacchi, suono che terribilmente odiavo poiché sapevo a chi appartenessero, annunciò la presenza di Regina all'interno della stanza. La ragazza che cercava, nel migliore dei modi, di darmi conforto, interruppe immediatamente il contatto, pietrificata dallo sguardo di Regina. Rivolgendo uno sguardo sommesso a lei e successivamente un sorriso debole a me, lasciò la stanza a passo svelto. 
Non riuscii a capire perché avesse reagito in questo modo, dopotutto l'intera cittadina era abituata ai modi sgarbati di quella donna.  Decisi di concentrarmi su una questione ben più importante: la morte di Henry. Cercai in tutti i modi di formulare delle frasi di senso compiuto che potessero accompagnare l'anima di Henry lungo il percorso che gli spettava, ma i singhiozzi di Regina impedivano qualsiasi tipo di concentrazione. Improvvisamente una sensazione conosciuta e maledettamente piacevole, si ripresentò. Aveva poggiato nuovamente la sua mano sulla mia, mentre l'altra la intrecciò a quella di Henry. Mi chiesi perché un suo contatto potesse giovarmi così tanto e mi voltai per osservarla. Stava fissando incredula il bambino che aveva dinnanzi, colui che aveva cresciuto per anni, dopo che sua madre biologica decise di non voler più informazioni a riguardo. 
Il solo pensiero mi fece contorcere lo stomaco; provai odio verso me stessa. 

Una lacrima le scese velocemente e riempì il solco della sua cicatrice, collegata alle sue labbra che presentavano deboli segni lasciati dai suoi denti. Probabilmente aveva passato la maggior parte del tempo a dare i tormenti al suo labbro inferiore a causa della sofferenza. Ancora una volta mi chiesi perché la sua figura attirasse così tanto la mia attenzione ma un gelo improvviso arrivò sulla mia mano e la rese umida. Calai lo sguardo e notai che fu la lacrima sfuggita al suo viso. 
Come un'illuminazione, numerosi flash si fecero spazio fra i miei pensieri annebbiati. Flash che raffiguravano il momento in cui Regina mi consegnò la sua torta di mele, il mio ritorno a casa ed infine la scena che rappresentava la motivazione che ci aveva portati tutti qui: il morso che Henry diede alla torta di sua madre consegnatami poco prima. Quel calore piacevole divenne improvvisamente bollente ed il desiderio che quella donna mi toccasse, svanì. In modo violento, afferrai il polso di Regina e la scaraventai contro la parete adiacente la barella.

«SEI STATA TU!» urlai con tutta la forza che mi rimaneva in corpo.

Queste parole cambiarono improvvisamente la sua espressione, dando l'impressione di qualcuno che non stesse assolutamente cogliendo il nesso delle mie parole e con voce fioca mi degnò di una misera risposta.

«Di cosa stai parlando?» la sua confusione divenne crescente, così la illuminai.

«Henry aveva ragione, la torta che mi avevi consegnato era nociva! Guarda cos'hai causato!» risposi con tono altezzoso.

Alzai il mio braccio libero dalla stretta di Regina e chiusi la mano in pugno, pronta a sferrargliene uno su quel viso dai lineamenti tanto morbidi quando duri.
Presero il sopravvento su di noi due infermieri, che staccarono il mio corpo dal suo, liberandola dalla mia presa. Riprese fiato mentre il volto divenne sempre più pallido e mi accorsi che sul suo volto comparvero i primi sensi di colpa. 
Si girò di scatto verso di me ed urlò: 

«Era destinata a TE!» era furiosa.

Ne ero consapevole, ma quelle parole piene di amarezza mi trafissero il petto con la forza di una lancia e mi accasciai sul pavimento, con le spalle al muro e le braccia attorno alle mie gambe. Mi chiusi in me stessa.

Non so quanto tempo passò da allora, ma quando rialzai la testa c'eravamo solo io, Henry ed il dottor Whale. Mi porse la mano invitandomi ad alzarmi, così afferrai la presa e cercai di stabilizzare il mio equilibrio.

«È ora di andare» mi disse con pacatezza.

Arrivò il momento di salutare mio figlio per l'ultima volta e mi diressi con rassegnazione verso di lui, poggiai la mia mano sul suo petto e le uniche parole che riuscii a pronunciare con voce tremante furono: 

«Ti voglio bene, Henry.» e lasciai un leggero bacio su quella fronte fredda come il marmo.

Qualcosa cambiò.
Sentii che qualcosa sotto la mia mano cominciò ad alzarsi e ad abbassarsi ritmicamente.
Stava respirando.

«HENRY!» dissi allegramente con il più sincero dei sorrisi stampato sul viso.

Ma lui non rispose. 
I suoi occhi restarono chiusi. 
Gli arti rimasero pietrificati.

A quanto pare, mi spettava un problema più grande da affrontare.
  
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