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Autore: Curleyswife3    21/01/2016    1 recensioni
[M.A.S.K.]
[M.A.S.K.][M.A.S.K.]Il 30 settembre 1985 veniva trasmesso negli USA il primo episodio di M.A.S.K.
Oggi, trent'anni dopo, fioriscono le iniziative per festeggiare un compleanno tanto impegnativo e io voglio dare il mio piccolo contributo con questo racconto.
Che è soprattutto una storia d'amore, ma non solo. È anche una storia sull'amore, il monello con le ali che tutto vince e tutto sconvolge. Sulle sue sorelle maggiori - colpa, redenzione, speranza - e sul suo fratello più ingombrante, il dovere.
Su ciò che siamo o non siamo disposti a mettere in discussione per amore.
Un racconto che ha l'ambizione di dare alla serie ciò che gli autori non hanno ritenuto necessario, vale a dire un finale. Un finale vero, corale, in cui ciascuno trova il suo posto come le tessere di un puzzle riuscito.
Al racconto è agganciata una playlist di canzoni (a ogni capitolo corrisponde un titolo) che potete già ascoltare su youtube nel mio account, che ha lo stesso nickname: è una specie di "sommario emozionale" della storia, fatemi sapere se l'idea di piace! Vi lascio di seguito il link.
https://www.youtube.com/playlist?list=PLTL5afe9YpdjzGwDOuNpkZymR_g9EL4qp
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NOTHING’S GONNA CHANGE MY LOVE FOR YOU
 
Di solito, Matt Trakker non viaggiava in quel modo.
Si spostava in compagnia del figlio e dei suoi amici e anche quando si allontanava da casa per lavoro non era mai davvero solo.
Normalmente, poi, i suoi viaggi contenevano sempre la promessa di una nuova avventura o erano dedicati a una delle molteplici iniziative benefiche per cui era conosciuto in tutto il mondo.
Eh, sì, di solito non viaggiava in quel modo.
Di nascosto, da solo, quasi vergognandosi di ciò che stava facendo.
Mentre guidava la verde campagna inglese scivolava rapidamente sulle lisce fiancate di Thunderhawk e lui non poté fare a meno di ripensare all’ultima volta che il suo girovagare da turista di lusso l’aveva condotto da quelle parti: che viaggio diverso era stato, quello!
Buckingham Palace l’aveva ricevuto come un vero signore, tributandogli persino un’onorificenza… la sua mente si rifiutò di soffermarsi su ciò che era accaduto poco dopo o su cosa Vanessa aveva combinato in quell’occasione.
Ecco, allora la strada che gli si apriva davanti era piena di promesse e di soddisfazioni, lui era un vincente; adesso, al contrario, aveva di fronte un percorso irto di ostacoli, dubbi e incertezze.
E se non fosse riuscito a trovarla?
Warfield Manor era l’unico indizio che lei gli aveva dato sul suo passato, l’unico posto di cui gli aveva parlato come di casa.
E se anche l’avesse incontrata, come sarebbe andata tra loro?
Si strinse nelle spalle.
Questo era davvero difficile da prevedere.
Come del resto ogni cosa, con quella donna.
Le sue parole erano state piene di sentimento, emozionanti e bellissime… eppure poi era scomparsa, svanita nel nulla senza uno straccio di spiegazione.
Rallentò e controllò la mappa che il computer aveva selezionato per lui: se aveva seguito correttamente il percorso, ormai doveva essere vicino.
Percorse ancora qualche centinaio di metri, fino a una piccola collina.
Fermò l’auto e scese.
Respirò a pieni polmoni l’aria fresca della sera.
Per un istante, gli tornò alla mente la dolce campagna delle vacanze: l’odore del trifoglio appena tagliato, del fuoco di legna e delle foglie che bruciano, il profumo dell’erica schiacciata dei prati montani e la ruvidezza degli steli piegati sotto la testa mentre, disteso, guardava per ore il cielo.
Da dove si trovava, dominava la piccola valle circostante in mezzo alla quale si stagliava controluce la sagoma scura di Warfield Manor, circondato dalle macchie verdi di piccoli boschetti e da prati fioriti di diversi colori.
Senza dubbio, pensò, se Vanessa aveva deciso di tornare qui… ecco, non poteva darle torto!
Scosse la testa,afferrò la giacca che aveva posato sul sedile, chiuse l’auto e scese con passo veloce dirigendosi verso l’antica costruzione di pietra. 
 
***

Attraversò quasi correndo il prato pieno di ranuncoli e margherite in fiore e, arrivato sul retro della grande casa scura, si nascose dietro il tronco di un grosso tasso.
Aveva bisogno di qualche secondo per riflettere: era senza fiato e il cuore gli martellava furiosamente nel petto.
E se il posto non era quello? E se lei non fosse stata lì?
Si guardò intorno, respirando profondamente.  
A un tratto, non lontano, notò un cappello di paglia emergere dalla superficie bianco-dorata del prato. Dopo un secondo, una mano lo sollevò rivelando una disordinata, inequivocabile, massa di capelli rossi.
Matt trattenne il fiato.
Erano trascorsi dei mesi, eppure era come se non fosse passata neppure un’ora.
Si avvicinò senza far rumore, ma all’improvviso si arrestò come impietrito dalla sorpresa: Vanessa si era tirata su tenendo tra le mani un cestino di vimini pieno a metà di fiori che non bastava affatto a nascondere il suo pancione di nove mesi.
Si voltò nella direzione da cui stava arrivando l’uomo, come percependo la sua presenza ma senza ancora vederlo, offrendogli un volto appena colorito dal sole e uno sguardo che ridente si perdeva verso l’orizzonte.
Massaggiò la schiena indolenzita e sorrise leggermente.
Matt fece ancora un passo verso di lei e il rumore attirò l’attenzione di Vanessa, che finalmente si accorse di lui.
All’istante, il sorriso le morì sulle labbra.
Il cestino le cadde di mano e il suo contenuto si sparpagliò al suolo.
Rimase immobile, fissando l’uomo che aveva creduto di non rivedere mai più.
Nel frattempo lui l’aveva raggiunta e la fissava, a sua volta incapace di parlare.
Vanessa abbassò gli occhi e si morse le labbra.
“Cosa fai qui?” disse lentamente.
 “Non pensi di dovermi almeno una spiegazione?” replicò Matt. La sua voce suonò più autoritaria di quanto avrebbe voluto, ma lo shock era ancora troppo forte e mille domande si affollavano nella sua mente.
Vanessa non trattenne un gesto di stizza. 
“Io non ti devo niente… niente”.
Come io non sono mai stata niente per te.
 “Non puoi dire una cosa del genere!”.
Matt adesso era a sua volta furioso.
“Vattene” replicò Vanessa seccamente e fece per voltargli le spalle.
“Vai via da qui”.
In quell’istante, però, un’improvvisa folata di vento li investì facendo ondeggiare gli steli dei fiori come un mare in tempesta e sollevando decine e decine di piccole corolle in turbini che s’innalzavano verso il cielo.  
Sollevarono lo sguardo, colpiti d’improvviso dalla medesima angosciante certezza: su di loro  volteggiava la sagoma nera di Switchblade.
Il rombo proveniente dalla strada che costeggiava il campo confermava che Mayhem non era solo, a Vanessa parve di riconoscere i motori familiari di Piranha e Vampire.
Matt imprecò a mezza voce.
“Dobbiamo andarcene di qui!” disse a Vanessa, gridando perché il frastuono dell’elicottero sempre più vicino copriva ormai la sua voce.
Lei annuì e corsero più velocemente possibile verso Warfield Manor.
Entrarono precipitosamente, chiusero la porta alle loro spalle e Matt aiutò la donna ad abbassare la pesante sbarra di quercia che la bloccava.
“Merda!” imprecò Vanessa, mordendosi le labbra “Avrei dovuto sentire il fetore di quei topi di fogna prima che arrivassero così vicino…”.
Matt si sorprese a considerare che l’ex agente poteva aver sì perduto completamente l’accento che aveva quando l’aveva conosciuta (e anche la ciocca nera un po’ punk sulla fronte non era che un ricordo), ma il suo modo di esprimersi era ancora ben lontano da quello di una vera lady.
Certe cose non cambiano mai, considerò.
Senza alcuna spiegazione ragionevole, questo gli strappò un sorriso nonostante la difficoltà della situazione.
La ragazza spostò lo sguardo su di lui.
“Devi andartene subito da qui!” esclamò.
“Sei davvero fuori strada se pensi che potrei davvero lasciarti qui da sola” rispose lui, con forza.
“Beh, non sarebbe la prima volta” fece lei, sarcastica.
Matt alzò gli occhi al cielo.
“Per quanto ancora me lo rinfaccerai?”.
Lei non distolse lo sguardo.
“Non me ne vado. Non stavolta”.
“Soprattutto…” lui esitò, come cercando le parole più adatte “soprattutto data la… situazione”.
Incredibilmente in imbarazzo, pensò Vanessa con una punta di tenerezza.
“E comunque” gli si avvicinò “come potresti aiutarmi? Sei solo, senza la tua squadra, senza Thunderhawk e senza la tua M.A.S.K.”.
“Manteniamo la calma” disse a quel punto l’uomo “la prima cosa da fare è chiamare la polizia”.
Si guardò intorno.
“Avete un telefono, qui?”.
“No” replicò Vanessa con una smorfia beffarda “se dobbiamo recapitare un messaggio mandiamo un valletto a cavallo fino in città… lì c’è il telegrafo”.
Si avvicinò a una consolle di legno accanto alla finestra e sollevò il ricevitore.
Lo portò all’orecchio e scosse la testa, preoccupata.
“Quei bastardi hanno tagliato i fili”.
“No, dico sul serio” stavolta la sua voce era più dolce, ma ugualmente decisa “Devi andartene prima che arrivino, se Mayhem ti trova qui potrebbe insospettirsi…”.
Il milionario per tutta risposta sorrise.
“Sbaglio, o quella che ho appena sentito era una sincera preoccupazione per la mia reputazione?”.
“Ma va’ all’inferno!” mugugnò lei.
“Mia cara…”
Una voce femminile soave, ma autorevole, li fece voltare entrambi.
“Non mi pare di averti insegnato ad accogliere così un ospite”.
Si avvicinò a Matt e gli tese la mano.
“Sono Rosamund Virginia Warfield” disse, con un sorriso perfetto “baronessa Howard di Penrith.
Ma tutti mia chiamano semplicemente Rose”.
Lui disse il suo nome e s’inchinò leggermente, producendosi in un elegante baciamano senza nemmeno sfiorare il dorso della mano della lady, e Vanessa non poté non notare che anni di frequentazione del jet-set internazionale dovevano pur aver lasciato qualche traccia nei suoi modi. 
“Nonostante la situazione non sia delle migliori” disse pacatamente “è un vero piacere conoscerla”.
In quell’istante il suo orologio-comunicatore iniziò a trillare e lui si allontanò di un paio di passi per rispondere.
Vanessa scosse la testa.
“Zia” disse “Lui è…”.
“Non occorre che mi spieghi nulla, mia cara” replicò l’anziana nobildonna “Anche se non sembra, non sono mica nata ieri…”.
Ammiccò.
“E si capisce da come lo guardi di chi si tratta”.
Lo squadrò da capo a piedi.
“Mia cara, devo riconoscere che al di là del suo orrendo accento hai avuto buon gusto”  disse poi.
“Mi ricorda il mio Philip”.
Sospirò.
“Ah, com’era romantico… per lui ero solo la sua english Rose. Che tempi magnifici, quelli! Prima che sposasse quell’arpia di Elizabeth”. 
La voce di Matt risuonò piena di speranza.
Rose Warfield sgranò gli occhi fissando l’uomo che parlava col proprio orologio come se fosse la cosa più naturale del mondo.
“Bruce, grazie al Cielo!” esclamò il milionario.
 “Quando abbiamo saputo che Veleno era stato avvistato nel Berkshire, Alex mi ha raccontato tutto e noi…”.
Esitò un istante, temendo la rabbia del suo capo.
“Abbiamo pensato che potessi avere bisogno di aiuto… Alex non voleva tradire il vostro patto, era solo molto preoccupato per te”.
“Non importa, non importa…” esclamò Matt frettolosamente.
“Dove siete?” domandò col cuore in gola.
“Sono a Londra” rispose l’orientale attraverso il dispositivo.
 L’espressione di Matt tradì una cocente delusione.
“Fate presto!” biascicò, chiudendo la comunicazione.
Guardò Vanessa.
“Sono troppo lontani, non faranno mai in tempo” disse.
“E anche se avvisassero la polizia, la stazione più vicina è a venti miglia da qui” fece lei.
In quell’istante la voce imperiosa di Miles Mayhem tuonò da dietro la porta d’ingresso.
“Vieni fuori, Vanessa, so che sei lì dentro…”.
“Se ci costringi a entrare non garantisco che della tua bella casetta rimarrà in piedi molto, quando avremo finito con te”.
I due agenti, nella penombra dell’ingresso, si guardarono in preda all’angoscia.
“Ma chi è questo screanzato?” s’indignò Rose Warfield, pronta a slanciarsi verso l’uscio sprangato.
“Avrebbe veramente bisogno che qualcuno gli insegnasse le buone maniere!”.
“Non sa quanto sono d’accordo con lei, baronessa” disse Matt.
Vanessa l’afferrò per un braccio e le fece cenno di tacere.
“Venite” esclamò “dobbiamo muoverci da qui, tra un istante saranno dentro”.
Infatti, un inquietante sfrigolio di legno bruciato e un forte odore di metallo fuso rivelarono che Vipera era entrata in azione.
Una breccia sempre più larga si stava aprendo, a vista d’occhio, nella pesante porta d’ingresso.
 
Note&credits: come avete visto e come sarà anche per quelli successivi, questo capitolo “inglese” è un po’ giocato sugli stereotipi e i pregiudizi reciproci tra britannici e americani. I primi ancorati a un passato splendore, i secondi ossessionati dalla modernità. Avete capito chi fosse il Philip che corteggiava zia Rose prima di sposare “quell’arpia di Elizabeth”?
Un’ultima cosa, il riferimento iniziale al viaggio di Matt in Inghilterra è ancora all’episodio Riddle of the Raven Master.
La struggente canzone di George Benson rende omaggio all'atmosfera anni '80 del cartone. 
   
 
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