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Autore: Mirella__    21/01/2016    3 recensioni
E se Goku fosse scomparso misteriosamente durante lo scontro con Baby?
Cosa sarebbe successo se lo Tsufuru avesse vinto?
In un mondo in cui tutti sono diventati dei burattini, Pan e Mr. Satan sono gli unici a non essere infetti.
Ma, ormai, per il campione dei campioni l'età si sta facendo sentire ed è costretto a lasciar scappare Pan per evitare la sua eliminazione.
La ragazza dovrà vivere nascosta alla luce, cercando ogni giorno di diventare più forte per poter far ritornare il mondo alla normalità.
Ce la farà?
Genere: Avventura, Dark, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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Lotta per la libertà
 

Capitolo 4
 

Ci si allena!

 

Pioveva; piccole gemme preziose scendevano su una bara di legno massiccio. Sulle spalle di quattro tsufuru, Mister Satan si apprestava ad avanzare verso il luogo dove avrebbe finalmente riposato. La sua era stata una vita speciale, unica addirittura. Il più debole tra i combattenti della Terra, ma così borioso che aveva finito col prendersi meriti che in realtà non gli appartenevano e, nonostante ciò, lo amavano tutti.

Forse, tra tante di quelle menzogne, era stata la persona più sincera tra di loro.

Videl era un'anima in pena. Si sentiva colpevole, il suo cuore era dilaniato: aveva perso una figlia, aveva perso un padre... eppure qualcosa in lei la portava a rinnegare quel legame, a fare in modo che tutto quello che aveva vissuto da umana non fosse altro che un vacuo ricordo; ma mai prima di allora i soli ricordi avevano fatto tanto male. Più ci pensava, più soffriva; il respiro si mozzava, la testa scoppiava, gli occhi le si riempivano di lacrime. Non erano reazioni normali per una tsufuru, erano sbagliate, la corrompevano, stritolavano la fedeltà assoluta che provava nei confronti di Baby, distruggendola pezzo per pezzo.

Si strinse al braccio libero del marito.

Solitamente le manifestazioni d'affetto in pubblico erano assolutamente vietate, ma in quell'occasione Baby non avrebbe avuto niente da ridire. Il dolore per la perdita di un caro, se giustamente affrontato, allora andava espresso, poiché mostrava quanto la famiglia fosse unita, integra nelle sue fondamenta.

Gohan non era di molte parole, guardava dritto, davanti a sé. Avvertiva che c'era qualcosa di profondamente marcio nel mondo che lo circondava, ma era una sensazione minima, come un formicolio sulla pelle appena percepibile, gli bastava ignorarlo, era facile; in questo modo la morte di suo suocero e la scomparsa di sua figlia non erano altro che sciocchezze. In fin dei conti loro non erano tsufuru. Poteva forse giustificare Mister Satan, era solo un essere umano e da umano poteva anche avere paura. Sorrise tra sé e sé, quell'uomo era sempre stato un fifone. Ma sua fig... no, non più sua figlia, Pan. Lei aveva il suo stesso sangue nelle vene, lo sapeva bene quanto lei che la paura era sempre unita ad una leggera eccitazione. Era la loro discendenza ad imporlo ed era sicuro che lei non fosse affatto un'eccezione, non avrebbe dovuto tirarsi indietro.

Crilin e sua figlia guardarono con distacco la terra che seppelliva la cassa. Quello era il secondo funerale al quale assistevano. C-18, infatti, aveva ceduto; in lei malattia e follia si erano unite e la sua natura tsufuru, completamente diversa da quella di androide, era entrata in conflitto, in una guerra che l'aveva logorata per mesi. La donna aveva preso delle medicine, ma non erano servite a nulla. Un giorno di cinque anni addietro era fuggita di casa e in mezzo all'oceano si era lasciata autodistruggere.

Una lacrima scese sul volto di Crilin a quel ricordo. Di lei era rimasto solo un biglietto nel quale aveva scritto le sue motivazioni. Il dolore era l'eco di un ruggito che puntualmente si risvegliava nel suo cuore e in quello di Marron.

La celebrazione fu rapida, apparentemente accorata. Non era stato detta la verità ai fan che, numerosi, erano accorsi a dare l'ultimo saluto. La natura di Mister Satan pubblicamente sarebbe stata quello dello tsufuru che tutti ancora stimavano, ma tra gli intimi, tra le persone che davvero importavano, quell'uomo sarebbe stato ricordato sempre come un traditore.

 

Trunks si allontanò dal Santuario , lasciandosi alle spalle tutto. Le lacrime di tutti loro gli apparivano tanto false... in realtà lui non provava niente, se non un'esaltazione costante per un aspetto di sé che non aveva mai davvero preso in considerazione: quello del guerriero. Gli piaceva da matti andare in giro per lo spazio, conquistando altri pianeti in nome di Baby. Lui, Goten e Gohan erano diventati indispensabili nelle sue battaglie, al contrario di sua sorella, che comunque continuava ad addestrarsi. In fondo lo tsufuru come poteva rinunciare ad avere delle leggende viventi al suo fianco nella guerra?

Trunks non si chiedeva se il tutto fosse giusto o sbagliato, lo metteva in secondo piano e quando uccideva lo faceva senza pensarci due volte. Serviva a Plant, serviva a Baby e poi lui... lui cos'era?

Si fermò in un bar e si mise seduto in un tavolo più lontano dagli altri, poggiandosi poi contro il vetro della finestra e guardando il suo riflesso. Non gli piaceva quell'immagine. I suoi occhi erano rossi, ma ogni singola trasformazione in Super Saiyan aveva smorzato quel colore, rendendolo diverso, riconoscibile come uno di quegli esseri che un tempo avevano distrutto il vero pianeta Plant. Se Baby, da Saiyan, era temuto e rispettato, quando loro atterravano su nuovi pianeti venivano chiamati scimmie e definiti come ipocriti.

Ipocrita.

Incredibile come esistesse un corrispondente di quella parola in tutto l'universo. Lo sguardo si incupì e la fronte si aggrottò. Sul vetro apparve una piccola lesione che andò diramandosi fino alle estremità, frantumandolo in mille pezzi.

Trunks si risvegliò, come se si fosse reso conto solo in quel momento che la sua stessa aura era aumentata. Si impose di calmarsi e notò che la cameriera urlava e gesticolava, indicandolo come una forsennata.

“Si calmi, signorina”. Ci volle un po' prima che lei lo riconoscesse, erano famosi, in una concezione alquanto negativa del termine. Quando si calmò, lui le porse dei soldi. “Tenga il resto. Questi dovrebbero ripagare i danni”. Uscì di fretta da lì, senza attendere risposta.

Gli diede un fastidio immane quando, camminando, sentì un braccio avvolgergli le spalle. “Dove andiamo di bello?” Chiese Goten con quel solito sguardo da beota sulla faccia.

Trunks si stropicciò gli occhi con la mano e poi alzò lo sguardo verso l'altro e quando incontrò quello dell'amico si sentì in colpa. “Scusa”.

L'altro alzò una mano e fece spallucce, come a dire: “Fa niente”. Non avevano mai avuto bisogno di parlare per capirsi e da quando utilizzavano spesso la fusione, le loro menti erano quasi sempre sulla stessa lunghezza d'onda.

Trunks annuì e guardò davanti a sé, si stavano dirigendo, senza dirlo apertamente, verso un parco di ciliegi. Andavano spesso lì, quando avevano voglia di stare soli. “Hai visto mia nipote, ultimamente, vero?” Chiese Goten, mettendosi le mani in tasca.

Trunks fece un cenno col capo: “Su ordine di mio padre mi ritrovo a seguirla spesso, ma ultimamente ho perso le sue tracce”.

Goten alzò un sopracciglio: “Questo è strano”.

Trunks scosse la testa: “Non più di tanto in realtà, dopo la morte di Mister Satan, lei avrà avuto bisogno di fuggire e avrà trovato un posto sicuro. Se non farà la sciocca, avvicinandosi di nuovo ai suoi genitori, non dovrebbe avere problemi”.

Goten si sdraiò sull'erba soffice e fresca, guardando il cielo e sorridendo felice, ma quell'espressione aveva un ché di inquietante, gli occhi rossi cercarono quelli di Trunks e la bocca pronunciò parole che non rispecchiavano per niente quello che era Goten un tempo: “Vuoi fartela e dopo ucciderla?”
Trunks scosse la testa: “Non dire sciocchezze”. Si mise a sedere. “Voglio solo ucciderla, come lo vorresti anche tu”.

“Non capisco perché tu la tenga ancora in vita!”

“Perché mio padre mi ha dato questi ordini”. Tagliò corto il ragazzo, sedendosi accanto a lui. “Credo ci sia molto di più di quello che mi dice. Forse crede che Pan possa condurlo a qualcosa, o semplicemente gli piace avere una pedina impazzita nella sua scacchiera”.

“Impazzita, certo,” sussurrò Goten, “una pedina che però può controllare e rimettere al suo posto quando vuole”.

“Non la considera una minaccia, a quest'ora l'avrebbe voluta con noi per conquistare altri mondi”. Trunks si allentò la cravatta e pensò ancora a lei, poi allo spazio. In effetti non sarebbe stato male averla a bordo. “Credo piuttosto tema che qualcun'altro gli sia potuto sfuggire, come hanno fatto lei e Mister Satan”.

“Non c'è nessuna traccia di Majin Buu?” Chiese Goten sbadigliando.

Trunks scosse la testa. “Anche se è ovvio che lui abbia dato una mano. Chissà dov'è finito quel ciccione rosa. Maledizione, avrebbe dovuto completare la fusione con Uub e morire all'epoca”.

“Ma se lo avesse fatto,” borbottò Goten, “per noi la vita sarebbe stata alquanto noiosa, non credi, amico?”

Trunks sorrise e gli diede il cinque.

 

Intanto, in una località sconosciuta...

 

“Sul serio, non ho mai visto una ragazza tanto sboccata, maleducata, irrispettosa e presuntuosa come te! Ma cosa credi? Di essere bellissima? Sappi che io sono stato eletto Mister Muscolo... circa cinquemilaseicento anni fa!”

La cavalletta se l'era proprio presa a male la mia reazione. Ok, certo, comportarmi in quel modo da parte mia era stato incivile, ma non avevo avuto nessun controllo su quella parola e un motivo c'era: lui era un enorme insetto gigante.

“Lei chi è?” Chiesi incerta, guardandomi attorno. Mi sembrava di essere sul tronco di un enorme albero, ma era una cosa assolutamente illogica! Era destabilizzante stare lì, impossibile e al tempo stesso fuori dal mondo.

“Io?” La cavalletta ridacchiò, ritrovando con una velocità assurda il buon umore. “Sono il Re Kaio del nord, signorina”.

Sbiancai. Avevo appena mancato di rispetto a una delle quattro divinità maggiori. “M... mi dispiace per il m... mio comportamento, non credevo fosse pro... proprio lei”.

Lui sorrise bonario: “Oh, ma allora i Saiyan non sono tutti menefreghisti”. Accennò un sorriso, ma la sua espressione cambiò quasi subito. “Tuo nonno rovinò la mia routine!” Urlò, “e quando mi chiese scusa, lo fece ridendo!” Urlò più forte e la voce divenne talmente acuta che sembrò volesse trapanarmi i timpani.

“Mio nonno?” Ripensai alle storie che avevo sentito da bambina e solo allora mi resi conto di chi mi trovassi davanti. “Lei è l'uomo che insegnò a mio nonno la tecnica dell'energia sferica!”

Una sorta di euforia mi pervase. Quella divinità era una speranza! Magari se fossi riuscita ad allenarmi assieme a lui...

Mi guardai alle spalle; accanto al tronco passava quella che sembrava una specie di autostrada ad una corsia, non riuscivo a vedere la sua fine, doveva essere quello il serpentone del quale mio padre mi aveva parlato.

“Sì, purtroppo, e sai perché ti dico purtroppo?” Mi chiese la cavalletta, “te lo dico io perché: perché dopo avergli insegnato quella tecnica, lui per ripagarmi mi fece saltare in aria il pianeta! Ah...” sospirò preso dai ricordi, “sai che bella vita che avevo lassù? Potevo coltivare quel che mi pareva, urinare dove volevo, farmi un piccolo giro in macchina... peccato che anche questa sia stata distrutta da tuo nonno Goku!” Finì con l'urlare di nuovo.

Ero a corrente della distruzione del pianeta di Re Kaio, ma perché la faceva tanto tragica? In fondo non era mica cambiato poi tanto dalla vita che conduceva prima a quella attuale. “Mio nonno è sicuramente dispiaciuto, anche se magari non le è sembrato...” Cercai di difenderlo, ma la cosa era alquanto improponibile.

Re Kaio però sorrise e incrociò le braccia: “Ma questo lo so già da me. Ma smettiamola di divagare, tu sai chi sono e io so chi sei e so cosa ti serve”.

La mia attenzione divenne completamente sua a quelle parole. Era al corrente di ciò che stava accadendo e mi aveva chiamata con lo scopo di darmi una mano. “Lei può allenarmi?”

Per tutta risposta, Re Kaio rise ancora: “Certo che posso, ma adesso dobbiamo passare alle... cose serie”. Rise più forte, rise a crepapelle, rise fino a lacrimare.

Io lo guardai confusa e quando si rese conto che non mi stavo divertendo quanto lui, mi guardò confuso: “Non l'hai capita? Ah... voi Saiyan non avete senso dell'umorismo! Per voi esiste solo allenamento, forza, allenamento, forza! Ma io sono stufo di questi allievi così seriosi, finisce che mi ritiro, che non divento più il maestro di ness...”

“Ah... ahah... ahahah” Iniziai a ridere di gusto, cercando di essere il più naturale possibile. Bene! Se per allenarmi avrei dovuto ridere alle sue battute prive di senso lo avrei fatto senza remore! Sperando che non mi chiedesse quale parte della battuta mi fosse piaciuta di più, perché proprio non l'avevo capita...

Lui si illuminò e batté le mani: “Ah, sei solo un po' lenta! Menomale!”

A quelle parole stavo per rispondere sonoramente, ma l'insetto non me ne diete il tempo; il suo sguardo si fece perso, lontano in un tempo nel quale io non avevo mai vissuto: “Tutti i ricordi che ti ho mostrato sono stati eventi che hanno messo a dura prova i tuoi amici e i tuoi parenti. Ho fatto in modo che tu potessi vederlo perché è da essi che devi prendere la forza per andare avanti, per rialzarti ad ogni sconfitta che riceverai in futuro e per riprovare; per ritentare dove hai fallito per vincere e riportare il libero arbitrio in un mondo dove le menti giacciono, prigioniere di una forza aliena che tu conosci, molto probabilmente, persino meglio di me”.

Non seppi che dire. Lentamente tutto acquistava un senso e la grandezza nascosta dalle fattezze tanto buffe di quell'individuo iniziava ad emergere da quell'espressione tanto seria e matura. “Ti istruirò e ti darò la possibilità di allenarti in modi che su Plant non avresti mai potuto nemmeno sperare. Qui la gravità è dieci volte superiore del normale, ma tu sei più forte di quando tuo nonno venne qui la prima volta”.

Improvvisamente attorno alle mie gambe e alle mie braccia si materializzarono pesi che mi costrinsero al suolo.

“Con questi addosso dovrai dare questo martello in testa a Gregory e Bubble”. Immediatamente una piccola sfera luminosa si posò sulla spalla di Re Kaio. La luce diminuì e piccoli contorni di un minuscolo esserino si fecero vividi.
“Mi chiamo Gregory! Piacere”. Disse l'esserino, tutto allegro.

Dalla casa del dio uscì una scimmia che fece un paio di versi, grattandosi la testa e le ascelle. Era carina tutto sommato, ma che diamine ci facesse lì e come ci fosse arrivata... beh questo avrei voluto proprio saperlo. “E lui e Bubble”.

Li guardai e per un istante mi sentii persa. Come avrei fatto? Quei pesi erano irremovibili. “P... piacere mio, io sono Pan... ma mi serve un po' di tempo, non riuscirò a rincorrervi con questi addosso e poi perché un martello? Non vi farebbe male, se riuscissi a prendervi?” Chiesi preoccupata, Gregory sembrava troppo piccolo, ma quando sentì la mia domanda scoppiò a ridere: “Oh... parli come se ci riuscissi”. Il suo sguardo incontrò il mio e un sorrisetto maligno si disegnò sul volto verdognolo. “Provaci e poi ne riparliamo”.

Quella era proprio una sfida, non potevo assolutamente tirarmi indietro.

“Come vuoi,” dissi riuscendo a mettermi in piedi, “ma dopo non ti lamentare se ti farò male....”

 

  
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