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Autore: Heronrey    22/01/2016    1 recensioni
“Meriti il meglio.”
Questo è ciò che ripetono a Veronica da quando non era altro che una bambina.
Alunna modello, bella e benestante.
L’unico difetto è magari quello di essere quasi sempre in ritardo, tranne a scuola dove si salva sempre per il rotto della cuffia.
Certo, l’unico difetto se si toglie anche il suo essere leggermente lunatica e forse la sua aria da altezzosa, che infastidisce chi magari non la conosce.
A diciassette anni arriva quindi a domandarsi, può esistere “il meglio” anche in amore?
L’amore che per definizione si distanzia il più possibile da ciò che è razionale, ma ti porta al compimento di gesti dettati dalla passione e dall’istintività.
E se non incontri un ragazzo che la vita te la completa, ma te la stravolge... può essere considerato questo il meglio?
Beh, forse...Non è sbagliato se ti rende felice.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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  Ciao a tutti voi!

Vorrei fare una piccola premessa su questa mia follia, sperando che qualche anima buona si fermi un attimino per leggerla :P  

 Tutto è nato in un momento di sfogo, dove la nostalgia ed il rimorso hanno avuto la meglio.


 

Non nutro  grandi aspettative riguardo al futuro della storia, sempre se  ne avrà uno, ma incrocio le dita  comunque.  I prossimi capitoli saranno più  lunghi rispetto a questo piccolo prologo.

Ansiosissima di sapere le vostre opinioni ^^

Xx

 

 

 

 

Non è sbagliato se ti rende felice.

 

 Prologo

Nessuno a parte uno
 

 

  

 

 

 

 

Alla fine uno si sente incompleto 

ed è soltanto giovane.

ITALO CALVINO

 

 

 

 

 Non appena misi piede nel cortile di  quell’edificio infernale la Consapevolezza mi colpì come un fiume in piena: la scuola era ricominciata.

Eh già! La scuola era proprio ricominciata, e con essa la routine si appressava a spodestare  il sapore della libertà che l’estate regalava,  le cotte estive erano rimaste tali, ai re ed alle regine delle spiagge era toccato scendere dal loro palcoscenico  ed io … io non ero assolutamente pronta ad un nuovo anno, una nuova scuola e ad un nuova classe.

Rimpiangevo le mie care amiche, il mio vecchio quartiere ed al contempo maledicevo me stessa e la mia pigrizia.

Mio padre, l’avvocato Grande, aveva aperto uno studio legale in una parte di Roma totalmente opposta a quella dove si trovava la vecchia casa della mia famiglia ,in cui abitavo sin da quando ne  avevo memoria, e  mia madre ,avendo sempre voluto trasferirsi in un luogo il più vicino possibile al centro città , ovviamente con quest’occasione d’oro aveva colto la palla al balzo. Le mie proteste ed urla erano state inutili contro la loro ostinazione ed alla fine acconsentii, mio malgrado, a cambiare casa e tutto ciò che il trasferimento implicava.

I miei genitori però mi avevano lasciata libera di scegliere se continuare gli studi presso la mia scuola, che ormai frequentavo  da tre anni, oppure iscrivermi ad un istituto più vicino alla nostra nuova abitazione  per l’anno che sarebbe succeduto.

Lì per lì non avevo dato peso al fatto che molto probabilmente mi sarei dovuta confrontare con prof e alunni totalmente sconosciuti o che magari non mi sarei potuta trovare bene, pur reputandomi una ragazza socievole e simpatica, bensì da ragazzina immatura che ero avevo pensato solamente che la strada da percorrere per arrivare in tempo sarebbe stata troppo lunga e scomoda per una come me, che odiava profondamente i mezzi pubblici. La scelta quindi era ricaduta sulla seconda opzione.

Da circa dieci minuti mi ero appoggiata ad una delle quattro imponenti colonne che incorniciavano l’ ingresso del liceo classico Giacomo Leopardi, moridicchiandomi nervosamente una pellicina dell’ indice destro e sbattendo freneticamente la punta del piede sinistro sul pavimento, ero  talmente in sovrappensiero da non  accorgermi persino di quello che accadeva  sotto il mio naso.

Il rintocco della campanella mi ridestò dallo stato di trance  e dopo aver superato l’attimo di smarrimento iniziale, mi diressi in presidenza dove i miei genitori, sotto indicazione della stessa preside, mi avevano suggerito di andare.

 Ignorai bellamente tutte quelle oche che al mio passaggio non si fecero scrupoli a commentare il mio aspetto o i miei vestiti. D’altronde ero consapevole di essere una faccia sconosciuta e una possibile rivale in amore (tsè, come se non avessi altro a cui pensare!), ma essendo una ragazza pure io, capivo bene ciò che spingeva le mie nuove compagne a comportarsi in modo ostile , e speravo vivamente di non trovarmi nessuna di quelle superficiali in classe. Avevo colto solo qualche piccola frase  dei loro commenti, tra cui un “niente di speciale” e “conciata così?” e poi scambi di battutine che neanche mi  ero data la pena di ascoltare.

La realtà però prevedeva una ragazza dai voluminosi boccoli che le scendevano come molle poco fin sotto le spalle, e un fisico leggermente slanciato a causa della sua poca  altezza ma comunque relativamente asciutto, con le forme al punto giusto.

Ecco, diciamo non facevo proprio una brutta prima impressione all’occhio dei ragazzi in generale, ma a me non interessava e perciò fingevo di non essere considerata agli occhi del sesso opposto, giusto per evitare seccature inutili e frivole. Insomma, io non ero mai capitolata ai piedi di nessuno e provavo compassione per tutte le mie coetanee che avevo visto rendersi ridicole e ridursi a non mangiare, solo per aver un po’ di attenzione da parte del belloccio di turno. 

Nella mia vecchia scuola ne avevo viste di tutti i colori, e ancora per me quei comportamenti rimanevano un’incognita.

Una volta arrivata in presidenza bussai alla porta e un “avanti” chiaro e sonoro mi spinse ad aprire la porta, per poi richiudermela alle spalle.

 

 

 

 

 

 

 

 

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La preside Mannari si rivelò una signora avanti con l’età e molto paffutella, ma fu molto a modo e mi comunicò che la mia nuova classe sarebbe stata il IVB, proprio come la sezione in cui mi trovavo precedentemente nella vecchia scuola.

La campanella della prima ora era già suonata da un decina di minuti, quando feci il mio ingresso nella classe con un permesso speciale da parte della preside, e nonostante lo sguardo di tutti i presenti puntato su di me non provai vergogna, passai il foglietto all’insegnate e glielo lasciai leggere.

-Oh! Veronica, che bel nome che hai. Entra pure e accomodati dove trovi posto cara. –

Una ragazza con due codini iniziò a sbracciarsi per farsi notare da me e  riuscì nel suo intento, dato che fu proprio quello il postò dove mi andai a sedere.

-Bene,-riprese l’insegnante- io sono la professoressa Bernardini ed insegno Latino e Greco, spero che la tua compagna di banco quest’anno si sia decisa finalmente a parlare un po’ di meno durante le spiegazioni, che ne dici Laura?-

La diretta interessata sorrise alla frecciatina della professoressa e le promise che quell’anno sarebbe stata molto silenziosa, e qui ci fu una risatina generale da parte della classe mentre io fui l’unica che si astenne.

Finiti i convenevoli e spiegato agli altri alunni la situazione,la Bernardini, che quell’anno era passata ad occuparsi del triennio, introdusse ai ragazzi il nuovo programma e si accertò del fatto che fossi alla pari degli altri ottenendo un responso positivo.

Le prime tre ore passarono in fretta ed essendo il primo giorno di scuola ebbi modo di conoscere meglio Laura, la mia compagna di banco, anche se all’inizio pensavo fosse leggermente schizzata dovetti ricredermi  visto che era davvero simpaticissima.

Si propose per farmi fare un tour della scuola, ed io accettai volentieri ma siccome morivo di fame, le chiesi di accompagnarmi prima alle macchinette per prendere uno snack.

-Te pareva che le macchinette non fossero affollate,Veronica allora io vado un attimo in bagno, mi aspetti qui?.-

- Certo.- le sorrisi cordiale. Anche perché dove potrei andare? Pensai divertita fra me e me.

In qualche minuto però la coda si era affievolita, e dopo aver scambiato qualche parola con dei ragazzi della mia classe che mi si erano presentati precedentemente, finalmente arrivò … un ragazzo molto più alto di me che mi sorpassò tranquillamente per prendersi la merenda.

Ora, se me l’avesse chiesto gentilmente l’avrei fatto anche passare avanti ma non cagarmi proprio di striscio no eh. Odiavo profondamente quando le persone si comportavano in modo prepotente ed egoistico, non che fossi una santa ma diamine almeno ero una persona civile!

Con il dito indice picchiettai sulla spalla del cafone con l’intenzione di fargli notare la sua mancanza.

Il ragazzo in questione finalmente si girò con un espressione visibilmente seccata stampata in faccia e per giunta, come se gli stessi procurando un enorme fastidio, sospirò alzando gli occhi al cielo.

Sentii qualcosa all’altezza dello stomaco smuoversi. No, non mi sarei fatta rovinare il mio primo giorno da un maleducato ma a lasciar correre proprio non ci riuscivo.

-Forse non mi avevi visto… comunque ero in fila da prima di te e mi sei passato avanti come se niente fosse.- 

Pronunciare quelle parole fu leggermente destabilizzante, probabilmente a causa  dell’imponente altezza del mio interlocutore oppure ero solo io che mi imbarazzavo principalmente solo per le piccolezze.

-Oh..- Iniziò lui- di sicuro non sono il primo che non ti vede, chissà quante volte ti  sarà capitato.-

 Un gruppo di ragazzine situato poco distante da noi iniziò a sghignazzare per la battuta fatta  dal simpaticone ed io dal mio canto, che avevo cercato di rivolgermi in maniera educata, rimasi spiazzata per qualche secondo.  Per un attimo mi sfiorò seriamente il pensiero di assestargli uno schiaffo ma per fortuna mi ricomposi decidendo di rispondergli a tono.

 

-Simpatico, davvero. Non hai  di meglio da sfoggiare nel tuo repertorio? Non sei neanche un po’ originale.-

Lui mi squadrò per un attimo, e poi, come annoiato, disse:

-Senti…chiunque tu  sia, non mi va di perdere tempo con te, sinceramente ho di meglio da fare.-

Poche persone avevano assistito a tutta la scena,dato che la stragrande maggioranza degli studenti era concentrata nell’immenso cortile della scuola, ma tra i presenti non mancavano le ragazzine sopracitate che adesso sghignazzavano ancora più forte.  Spalancai la bocca oltraggiata per essere stata umiliata a quel modo, e mentre lui stava per andarsene via, dettata dall’istinto, feci la prima cosa che mi venne in mente: Allungai il braccio e gli strappai dalla mano il suo twix…o meglio, il mio.

Lui, incredulo, prima guardò la sua mano vuota  poi guardò la mia, dove stringevo lo snack.

-Ehm… scusami, ma adesso devo tornare in classe, sai.. primo giorno, nuova scuola.- vittoriosa mi allontanai velocemente sotto lo sguardo sbigottito dei presenti.-Ah, e grazie del Twix, è decisamente il mio preferito!- alzai in alto la mano che teneva quella prelibatezza ben stretta, come per sbattergli in faccia che avevo vinto io.

Nessuno metteva i piedi in testa a Veronica Grande, pensai.

Si, nessuno a parte uno.

 

   
 
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