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Autore: WaterfallFromTheSky    22/01/2016    1 recensioni
Haruko è solo una innocente ragazzina quando Lady Kagami irrompe nella sua vita, stravolgendogliela. Da quel momento, la giovane sarà costretta a fingere, a fare cose che logoreranno la sua anima, tutto per salvare se stessa e suo fratello. Riuscirà nel suo intento? Sarà capace, la ragazza, di mantenere intatti i suoi principi?
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Era riuscita a restare impegnata tutto il giorno. La cosa le fu più semplice dal giorno successivo, dato che l'intera mattina fu impegnata al panificio. Quella era un'attività nella quale non si era mai cimentata, tuttavia scoprì che le piaceva. Era faticosa e portava via molto tempo.
Si alzava prestissimo al mattino, molto prima dell'alba, e faticava tutta la mattina; ciononostante, quando tornava dagli Azuma, si occupava delle faccende domestiche più disparate. Andava poi a letto subito dopo cena e crollava all'istante. Ogni giorno era la stessa storia. E, sebbene non lo vedesse, lei sapeva che Rikimaru la sorvegliava costantemente. A lei non dava fastidio e comunque a volte dimenticava di essere sorvegliata.
Passarono due settimane, durante le quali la ragazza finì per integrarsi perfettamente nella famiglia del panettiere. L'uomo, che si chiamava Takao, era un pò burbero, ma era paziente ed era disposto ad insegnarle ciò che lei non sapeva; a volte la correggeva duramente, ma a lei non importava, anzi si impegnava per evitare che lui avesse da ridire ancora. Sua moglie, invece, era molto dolce e gentile, e nonostante la gravidanza faceva di tutto per aiutare il marito con le vendite. Appena poteva, Haruko la sostituiva, quindi alternava la preparazione del pane con la sua vendita in negozio. Poi c'era la loro bambina, Mina, che era allegra ed educata ma piuttosto timida: non parlava molto con Haruko, si limitava a salutarla e a guardarla di sottecchi. A lei non dispiaceva, del resto non era lì per socializzare ma per lavorare.
Eppure, inevitabilmente, finì per affezionarsi a quella gente. Takao iniziò a diventare meno burbero, Shizune ancor più dolce di prima e anche tanto disponibile da convincerla a pranzare da loro un giorno si e l'altro pure; Mina divenne sempre meno timida, infatti arrivò spesso a chiederle di farle le treccine -le piaceva come Haruko teneva acconciati i capelli-. Sebbene ciò fosse positivo e le donasse serenità, una parte di lei non poteva che preoccuparsene...
Nel giro di un mese si era perfettamente integrata nella famiglia, come se li conoscesse da sempre. Come se ne facesse parte, per alcuni versi. Quelle persone riempirono parte del vuoto che aveva dentro, eppure...
***
Era andata a prendere l'acqua al fiumiciattolo del paese per la famiglia del panettiere. Riempì i grossi secchi fino all'orlo e si preparò a quella faticaccia. Eppure, non era certa di potercela fare. Furbamente, fece:-Quando la smetterai di pedinarmi?-. Nessuna risposta. Nessun rumore. Pensava di farla fessa?
-Dai, Rikimaru, vieni fuori. Lo so che sei qui da qualche parte-. Silenzio. Lei sbuffò e portò le mani sui fianchi. Decise di lasciar perdere, avrebbe portato lei i secchi fino all'abitazione del panettiere...ma, quando si voltò, trasalì forte nel trovarsi Rikimaru alle spalle. Ma da dove era uscito?? Alle spalle aveva il fiume!
-Non volevo spaventarti-
-E meno male!-. Sbuffò di nuovo e chiese:-Potresti rispondere?-
-Non so-
-Cosa non sai?-
-Quando smetterò di pedinarti-
-Oh. Bene-
-Ti infastidisce? Non sembrava finora-
-E' pura curiosità la mia. Tanto non ho tempo per badare a te-. Si chinò per prendere i secchi ed emise un gemito di sforzo nel tirarli su. Esagerò un pò...e funzionò: Rikimaru le tolse di mano entrambi i secchi e si incamminò verso il villaggio. Non sembrava una grossa fatica per lui, era forte. La ragazza sogghignò, ma gli andò comunque dietro dicendo:-Che fai? Lascia fare a me!-
-Non preoccuparti-
-Bè, se proprio insisti...grazie-. Rikimaru non rispose. E lei sogghignò nuovamente, trionfante. Poi disse, cambiando discorso:-Che fine hanno fatto le mie cose?-
-Quali cose?-
-La mia asta, le mie erbe, i miei fumogeni...e tutto il resto-
-Perchè me lo chiedi?-
-Perchè li rivorrei indietro, è chiaro-
-Non ti servono-
-Non mi servono adesso. Ma potrebbero servire-
-Cosa intendi?-. Haruko divenne seria. Le sue armi le servivano. Non era molto forte nel combattimento, ma senza di quelle era poco meno che inoffensiva. Un flash del suo passato le tornò in mente: Lady Kagami che arrivava nel suo villaggio, gridava ordini a destra e a manca, sangue, panico, morti...e lei che non aveva avuto scelta...
Scosse la testa e disse:-Vorrei diventare più forte-
-Perchè?-
-Perchè non lo sono mai stata abbastanza- mormorò. Rikimaru si fermò, mollando i secchi, e le dedicò una lunga occhiata, che lei non sostenne.
-Si avvicina un pericolo?-
-Che io sappia no, tranquillo. Ma ho passato momenti difficili...e non ero abbastanza forte. E ho perso tutto. Adesso sto ricominciando da capo...e non vorrei perdere quel poco che ho-. Seguirono alcuni minuti di pesante silenzio. Anche lo sguardo di Rikimaru su di lei era pesante.
-Possedere delle armi non basta per essere più forti-
-Lo so. Infatti non mi è bastato averle, in passato. Per questo volevo...-. Era un pò che ci pensava. Era un chiodo che non voleva abbandonarla. Non trovava una soluzione diversa. Seppur a disagio, alla fine puntò gli occhi in quelli del ninja e disse:-Potresti aiutarmi a diventare più forte?-. Ancora silenzio. Le parve un'eternità. Rikimaru mantenne gli occhi neri e impassibili nei suoi, i lineamenti neutri. Haruko intanto si accorse che, involontariamente, stava ricorrendo allo sguardo tipico di quando voleva ottenere qualcosa da un individuo di genere maschile. Ma c'era troppo in ballo, non sarebbe bastato.
-Ascolta, lo so che è rischioso. Lo so che non mi conosci e che, per quel che ne sai, potrebbe anche essere che io stia portando avanti una pantomima ben congegnata. Del resto non ti nascondo che la mia specialità è proprio questa, inventare pantomime, farmi credere e fare ciò che devo. Ma...non ho più nulla. Ho solo queste...queste persone. Questa nuova vita che sto cercando di costruire. E... non mi sento sicura. Voglio poter difendere ciò a cui tengo. Ma ho bisogno di aiuto...e penso che solo tu possa darmelo-
-E' troppo rischioso. Mi stai chiedendo di fidarmi di te. Ma di te non so niente. E, anche se mi dicessi ogni cosa, non potrei mai sapere se mi dici la verità-
-Hai ragione. E io davvero non so come provarti che sono sincera-
-Allora io non ti posso aiutare-. Il ragazzo le diede le spalle, ma Haruko chiamò, disperata, il suo nome, mettendosi in ginocchio, chinandosi così tanto da toccare il terreno con la fronte. Rikimaru si fermò, si voltò, la vide.
-Ti prego, Rikimaru. Ti prego-. E non seppe cosa fare. Sospirò e disse:-Ci penserò. Ma non avrai le tue armi per il momento-. La ragazza si sollevò, conscia di non poter ottenere di più. E, pur sapendo che lui aveva ragione, lei non potè fare a meno di detestarlo. Senza una parola, sollevò i due secchi con tutte le sue forze e si avviò verso il villaggio.
-Faccio io-
-Me la vedo io, grazie. Come al solito- replicò lei, velenosa, aumentando il passo per quanto le fosse possibile. Rikimaru restò a guardarla, pensieroso, e sospirò.
***
-Tu cosa vuoi fare?-
-Io...non lo so, Maestro-. Erano seduti l'un di fronte all'altro sul pavimento, di fronte ad una tazza di the. Per la verità, solo il vecchio stava consumando la bevanda, placidamente. Era sera: sia Ayame che Haruko erano a letto. E lui ne aveva approfittato per chiedere consiglio al Maestro circa la richiesta di Haruko.
-Ho posto male la domanda. Volevo dire...tu cosa senti di fare a riguardo?-
-D'istinto? Io...non è prudente affidarsi all'istinto-
-A volte, però, è la cosa migliore da fare-. Rikimaru riflettè. Istinto. In realtà, nulla di quella ragazza lo aveva mai allarmato fin dall'inizio. Gli era sempre parsa solo una povera disperata, perfino indifesa, sebbene fosse una nemica e sebbene non fosse possibile che fosse inoffensiva. Magari non era forte fisicamente, ma sapeva combattere e sapeva infiltrarsi. E chissà cos'altro. Eppure...
Era circa un mese che la osservava ogni giorno. La vedeva lavorare con impegno, duramente, senza fermarsi un attimo, senza risparmiare nemmeno una goccia delle sue forze. La osservava mentre sorrideva alla gente, mentre riusciva a essere carina con tutti anche quando era stanca morta. E l'aveva vista tentare di uccidersi, piangere disperatamente, senza freni...
Possibile che fosse tutta una farsa? E poi, se l'avesse aiutata come lei voleva, lui avrebbe conosciuto tutti i suoi punti deboli. Se fosse stata una nemica, sarebbe stato svantaggioso per lei, a meno che non riuscisse a fingersi più debole di quel che era in realtà...
Rikimaru scosse la testa, portando una mano tra i capelli.
-Non stai facendo come ti ho suggerito. Stai ancora riflettendo, quando è evidente che non porta a nulla-. Era vero, non stava ascoltando l'istinto, stava ancora analizzando razionalmente la situazione. Del resto lui era così: razionale, pragmatico. Non era mai stato impulsivo nemmeno da bambino, mai.
-Potrei prendere la decisione sbagliata. E' una responsabilità troppo grande-
-Se decidi di aiutarla, potrai sempre tenerla d'occhio come fai ora e toglierla di mezzo se diventasse un problema-
-E se la rendessi più forte? E poi, Maestro...non mi sento all'altezza di insegnare nulla a nessuno. Non sono pronto-
-Non sai qual è il suo livello rispetto al tuo. E poi...chissà, anche lei potrebbe insegnarti qualcosa. Tra maestro e allievo c'è uno scambio reciproco che arricchisce entrambi-. Rikimaru si domandò se anche lui avesse trasmesso qualcosa al suo maestro in tutti quegli anni, e di cosa si trattasse. Accantonò la cosa, ancora in alto mare.
-Secondo voi dovrei...darle una possibilità-
-Non ho detto questo-
-Maestro...-
-Devi decidere tu, Rikimaru. La missione è la tua, non posso dirti io come svolgerla-
-Ma anche Ayame...-
-Ayame ha già concluso la sua parte di missione. Fosse per lei, Haruko sarebbe già deceduta. Sei tu che hai deciso di tenerla ancora in vita-. Il giovane non ebbe nulla da ribattere.
***
Appollaiato su un albero, la vide tornare a casa avanzando pericolosamente sotto il peso di una cesta piena di vestiti bagnati. Era andata a lavarli al fiume. Rikimaru si era offerto di aiutarla a trasportarli sia all'andata che al ritorno, ma lei aveva rifiutato in malo modo. Era arrabbiata con lui perchè non voleva allenarla nè restituirle le sue armi. Rikimaru era rammaricato di questo, ma non poteva farci nulla.
-Ma non ti annoi?-. Ayame. Era in piedi sul ramo dietro al suo.
-Sono in missione-
-Sempre la stessa solfa. La stai portando troppo per le lunghe, secondo me-
-E tu hai preso una decisione affrettata-
-Se alla fine avrò ragione, dovrai comprarmi una montagna di biscotti alle mandorle. Ci stai?-. Ayame era evidentemente convinta che di Haruko non ci si potesse fidare. Fin dal primo giorno, mentre lei era al panificio, aveva detto che non gliene importava nulla se lustrava la casa meglio di un oggetto d'argento; non si fidava di quella ragazza, a prescindere di quanto fosse brava a fare la sguattera, a sorridere e fare la carina. Non aveva ancora cambiato idea, anzi criticava lui per la sua indecisione.
-Che fai, ti tiri indietro?-. Rikimaru mantenne il silenzio, gli occhi puntati sull'ignara Haruko che, ora, stava stendendo i panni uno per uno. Si chiese se fosse davvero ignara della loro presenza lì.
-Tu pensi che ci stia comprando, insomma-
-Assolutamente si-
-Lavorando per rendersi indipendente e badando alla nostra casa per sdebitarsi dell'ospitalità che le diamo-
-Esatto. E' così difficile da capire?-
-A volte la sento piangere di notte, Ayame-
-Ma cosa sei, ossessionato?! La tieni d'occhio anche la notte?-
-Non la tengo d'occhio, la sento. La mia stanza è attigua alla sua-
-E che vorresti dire con questo?-
-Ieri l'ho vista soccorrere degli uccellini in un nido cascato dall'albero-
-Lei sa che la pedini, che le stai col fiato sul collo-
-Anche la notte?-. Ayame esitò. Rikimaru si voltò verso di lei e disse:-Ayame, non ne sono sicuro, ma io ho l'impressione che quella ragazza abbia passato qualcosa di brutto. E che adesso voglia davvero lasciarselo alle spalle-
-Guarda caso-
-Se ci pensi, tutto questo ha senso. Lavorava per Toda, ma lui ora è morto-
-Insomma, sostieni che fosse costretta a lavorare per Toda e che ora, visto che lui è morto, sia libera?-
-Qualcosa del genere-. Il ninja fece una pausa, poi disse:-Anche noi siamo ninja, Ayame. Anche noi uccidiamo, rubiamo, spiamo...ma non siamo persone cattive. Non ce la prendiamo con gli innocenti. Magari anche lei...-
-Io credo che tu ti stia facendo infinocchiare dai suoi occhioni da martire sopravvissuta e dalle sue labbra rosse-
-Non dire sciocchezze-
-Comunque...sai, in realtà mi sono sempre chiesta perchè sgobbasse dalla mattina alla sera senza sosta. Ho ipotizzato due motivi. Numero uno, potrebbe essere un modo per fingersi buona e senza avere contatti con noi, in modo che non si affezioni e non debba nemmeno fingere sentimenti che non prova. Secondo...ha passato qualcosa di talmente brutto che vuole impegnare ogni secondo della sua giornata per non pensarci. Ma, a giudicare dal fatto che la notte piange...non ci riesce proprio sempre-
-Stai prendendo in considerazione l'idea che io abbia ragione?-
-Sto solo ragionando-. Ad Ayame non piaceva avere torto, raramente ammetteva di essersi sbagliata. Rikimaru evitò di irritarla riprendendo il discorso:-L'ipotesi uno non è credibile...perchè magari non sta creando rapporti con noi, ma lo sta facendo con la famiglia del panettiere. Vanno molto d'accordo. Ha perfino comprato una bambola per la piccola Mina-. Ayame tacque. Rikimaru anche. Entrambi fissarono la ragazza, che continuava la sua mansione.
-Potresti allenarla senza consegnarle le sue armi. Per ora, almeno. Non la renderebbe inoffensiva, ma sarebbe meno pericolosa. E potresti continuare comunque a tenerla d'occhio-
-Ci stai ripensando? Non è più una ninja calcolatrice e pericolosa che vuole ammazzarci tutti?-. Ayame sbuffò sonoramente, infastidita, e scese dall'albero senza una parola.
***
Finalmente aveva finito. La sua schiena era a pezzi. Portò le mani dietro la schiena, come una vecchia, sospirando. Riprese tuttavia la tinozza ora vuota per rimetterla a posto, ma nel voltarsi quasi finì addosso a Rikimaru. Si spaventò e lasciò cadere la tinozza, ma mise su un cipiglio scontroso non appena si accorse che era lui.
-Potresti spostarti? Non sono capace di passarti attraverso-
-Ho riflettuto sulla tua richiesta-. Haruko abbandonò l'aria scorbutica e attese in silenzio, d'un tratto speranzosa. Rikimaru non perse tempo e rivelò:-Ho deciso di allenarti. Ma ad una condizione-
-Quale?-
-Non ti ridarò le tue armi, almeno per ora-
-Nemmeno la mia asta-
-Nemmeno quella-. Haruko non ci pensò su un attimo: andava bene così, era un buon compromesso. Per ora.
-Va bene. Si, va bene-. D'un tratto si sentì quasi felice. Per poco non abbracciò Rikimaru, ma non aveva ancora sufficiente confidenza con lui, quindi evitò e si limitò a dire:-Ti ringrazio. Di cuore-. Il ragazzo, per un qualche motivo incomprensibile, sentì il bisogno di recidere il contatto visivo con lei e si voltò, rispondendo laconico:-Iniziamo domani pomeriggio-
-Certo!-. Non fece in tempo a ringraziarlo di nuovo che già si stava allontanando.
***
Aveva una pessima cera quel giorno. Gli incubi l'avevano fatta dormire pochissimo. Ciononostante aveva lavorato dal panettiere come al solito. Ciò che la preoccupava era l'allenamento: aveva insistito tanto e non voleva fare una figuraccia con Rikimaru. In ogni caso, era anche elettrizzata. E intimorita. Non sapeva cosa aspettarsi, non sapeva se sarebbe stata all'altezza...
Raggiunse il luogo dell'incontro, ossia il boschetto accanto alla casa degli Azuma. Non fu stupita di vedere Rikimaru che balzava giù da un albero proprio in quel momento. Ormai era abituata ad averlo alle calcagna come un'ombra.
Il ragazzo lasciò la sua katana per terra accanto al tronco di un albero: lo fece con delicatezza, come se quella katana fosse viva. Haruko raccolse le sue treccine color carbone in una coda alta.
-Voglio vedere come te la cavi a mani nude. Attaccami-
-V-va bene-. Così presto? Quel ragazzo non perdeva nemmeno un minuto, eh?
Haruko tirò un respiro profondo per rilassarsi, poi assunse la posa da combattimento. Rikimaru, invece, rimase fermo lì, rilassato, attendendo una sua mossa. Haruko pregò che non fosse troppo duro con lei e poi corse verso di lui, sferrando un calcio diretto alla testa; non si impegnò per paura di non fargli male, e in effetti lui parò il colpo con l'avambraccio, respingendola e dicendo subito:-Non trattenerti-. Non se lo fece ripetere due volte. Attaccò ancora con calci e pugni, rimpiangendo la sua asta: non era più abituata a combattere in quel modo, la sua arma le mancava molto. In ogni caso, Rikimaru era molto veloce: evitava tutti i suoi colpi, ne parava pochi. Non riuscì mai a colpirlo, e le volte in cui lo sfiorava le parve fosse solo perchè lui aveva già preso dimestichezza col suo modo di combattere, la sua velocità e quant'altro. Haruko iniziò a provare molto rispetto per lui in quell'ambito: aveva sempre sospettato che il ragazzo dovesse essere forte, ma ora ne aveva la conferma. Bè, in realtà non era difficile essere più forti di lei...
Non provò mai a colpirla, si limitò sempre solo a schivare e parare. Questo le diede più sicurezza, tuttavia dopo un pò iniziò a irritarsi: la faceva sentire così inoffensiva! Ci mise maggiore impegno, per orgoglio personale ma anche per dimostrare a lui che, si, doveva diventare più forte, ma non era un totale disastro. Poco dopo, tuttavia, il giovane afferrò il suo polso, dopo aver schivato un suo pugno, e lei si ritrovò bloccata, il braccio dietro la schiena, la mano di lui chiusa sul sottile polso con fermezza. Non le fece male. Però, caspita, l'aveva bloccata con una sola mossa. Si sentì una nullità.
-Quando combatti non devi lasciare che le tue emozioni ti guidino. Devi rimanere concentrata sull'avversario. Non so a cosa stessi pensando, ma hai iniziato a metterci più foga. Non va bene-. La lasciò andare, facendola girare su se stessa, e quindi se lo ritrovò di fronte.
-Concentrata- ripetè. Haruko annuì, cercando di non innervosirsi. Quella era sempre stata una sua pecca: ricordava ancora i primi allenamenti con suo padre, che la ammoniva sempre sul fatto di rimanere concentrata, di non lasciarsi prendere dalla fretta o dalla voglia di battere l'avversario.
"La tua fretta ti impedisce di battere il tuo nemico, sciocca" le diceva sempre. Finchè poi lei si mise in testa di non essere portata per gli scontri diretti e scelse di specializzarsi nell'uso delle sostanze più disparate, in particolare i veleni.
Quei ricordi le gonfiarono il cuore di nostalgia; alla svelta riprese ad attaccare Rikimaru nel disperato tentativo di non pensare, di lasciarsi assorbire dall'allenamento. Come faceva ogni ora di ogni giorno, tenendosi impegnata col lavoro e mille altre faccende. Ma, nonostante la sera si ritrovasse estenuata, alcune notti quei ricordi la tormentavano sottoforma di incubi...
Non poteva farci nulla. Sistematicamente, lei si svegliava senza fiato, in lacrime, col cuore in corsa. E poi continuava a piangere, immersa nell'odio verso Kagami, nel dolore delle sue perdite...
Si accorse che stava attaccando Rikimaru come una bambina arrabbiata. Fu per questo che si fermò, ansimante e accaldata. Rikimaru disse:-La tua tecnica non è male. Eseguì mosse semplici, ma lo fai nel modo corretto, e sei abbastanza veloce e precisa. Il tuo problema è un altro-
-La concentrazione-
-Esatto. Devi imparare a svuotare la mente. In questo modo manterrai la concentrazione, studierai l'avversario e registrerai i suoi punti deboli per poi colpirli nel momento più adatto-. Haruko annuì una sola volta, portando le mani sui fianchi e abbassando il capo.
-Chi ti ha insegnato a combattere?-
-Mio padre-
-Era un ninja?-
-Lui...si. Anche mia madre. Ma poi si sono innamorati e hanno deciso di cambiare vita. Si sono sposati, papà ha messo su un piccolo allevamento di galline e un orticello, mamma ha iniziato a lavorare come levatrice. Poi ha avuto...-. Raundomaru. E, dopo dodici anni, lei. Pensare a suo fratello le fece mancare l'aria. Deglutì e respirò profondamente col naso, tentando di essere discreta. Se Rikimaru se ne accorse, non lo diede a vedere; chiese:-Se avevano cambiato vita, come mai tuo padre ti ha insegnato a combattere?-
-Per difendermi, diceva, dai ragazzi o da un eventuale marito...irrispettoso. In realtà lo ha fatto sicuramente anche per altro, per situazioni più pericolose-. E aveva avuto ragione. Eppure, non era servito. Le mancò di nuovo l'aria, un nodo le ostruì la gola e le lacrime premettero dietro gli occhi, prepotenti. Finse di trovare terribilmente interessante un filo d'erba mentre lottava disperatamente contro se stessa per calmarsi. Anche stavolta, Rikimaru non notò o almeno finse di non notare il suo malessere; chiese:-Non ti ha insegnato la meditazione?-
-Le tecniche di base. E' un qualcosa in cui non sono mai stata ferrata-
-E' necessario che impari se vuoi diventare più forte. E, in ogni caso, forse sarebbe meglio che diventassi più forte anche fisicamente. I tuoi colpi saranno più efficaci-
-Va bene-.
Da allora trascorse una settimana intensa per Haruko: al mattino era impegnata al panificio ma, dopo pranzo, dedicava il tempo all'allenamento, fino all'ora di cena. Rikimaru divideva le ore a disposizione in due parti: la prima era dedicata all'allenamento fisico, affinchè lei si rafforzasse, mentre la seconda alla meditazione. In entrambe la ragazza ce la metteva tutta, per se stessa ma scoprì anche per non deludere Rikimaru. Era lo stesso quando la allenava suo padre o quando aveva dovuto imparare a impastare il pane, o quando sua madre le aveva trasmesso tutto ciò che sapeva su erbe e funghi: ad Haruko non piaceva deludere chi le insegnava qualcosa.
Rikimaru era paziente ma allo stesso tempo duro: non alzava mai la voce, non perdeva mai la pazienza, ma era intransigente su ciò che le chiedeva di fare e, durante la meditazione, era parecchio rigido, la teneva costantemente d'occhio affinchè non si distraesse. Haruko sperava ardentemente di raccogliere i frutti di tanto impegno il prima possibile.
***
-Ayame-
-Maestro-. La ragazza era seduta su una roccia fuori casa loro. Osservava da lontano i due ninja presi dall'allenamento, giù al fiume. Intravedeva Haruko sollevare due secchi pieni d'acqua e camminare a passo più veloce possibile sulla sponda del piccolo fiume.
-Qualcosa non va, ragazza mia?-. Parecchie cose non andavano, per la verità: quella sconosciuta che era ancora viva e a casa loro, Tatsumaru che non c'era...
-Maestro. Quella ragazza...fa parte degli Azuma, ora?-. Il vecchio fu stupito dalla domanda della giovane. Rispose:-Nessuno si è posto questo problema. Rikimaru la sta allenando ma non credo che lei abbia espresso questa volontà. Sarebbe un problema?-. Ayame non rispose,  imbronciata. Disse, invece:-E' un idiota-
-Chi?-
-Rikimaru-
-Per quale motivo?-
-Perchè è ingenuo. Si prodiga ad aiutare quella sconosciuta quando invece dovremmo cercare Tatsumaru. Lui non c'è e noi facciamo finta di nulla-. Shiunsai sospirò. Era addolorato dalla perdita di Tatsumaru, e ancor più lo era nel vedere la più giovane dei suoi ninja che non riusciva ad accettare la cosa.
-Ayame, Tatsumaru non c'è più... Se così non fosse, sarebbe già tornato da noi-
-Magari non può farlo...-
-Ayame. Ascoltami bene. Sia io sia Rikimaru non abbiamo dimenticato Tatsumaru. Non potremmo farlo nemmeno se ci provassimo. Per me è come un figlio, per Rikimaru come un fratello maggiore...ma dobbiamo rassegnarci. E non per questo dobbiamo chiudere la porta in faccia a quella ragazza. Vorrei che capissi che non sta sostituendo Tatsumaru nei nostri cuori-
-Nel mio no di certo-
-Nemmeno nel mio, Ayame. E nemmeno in quello di Rikimaru, anche se si sta impegnando molto per aiutarla. Cerca di essere meno contrariata da quello che fa per lei. E sii meno ostile con Haruko-
-Io non sono ostile con lei. La ignoro-. Shiunsai scosse leggermente il capo; niente, Ayame non voleva proprio farsi piacere Haruko. Il vecchio la interpretò come una semplice e ineliminabile rivalità tra donne. In quel caso, c'era poco che lui potesse fare a riguardo.
-Vado ad allenarmi un pò anch'io- asserì la ragazza, alzandosi e correndo via. Il vecchio maestro tirò un altro sospiro.
***
Le si chiudevano gli occhi per la stanchezza, era distrutta. Non vedeva l'ora di mettersi a letto e dormire, sperando che nulla turbasse il suo sonno. Tuttavia prima doveva parlare con Rikimaru.
Era nella sua stanza; bussò e, quando lui le diede il permesso, lei vi entrò. Il ragazzo era seduto per terra e stava leggendo qualcosa con l'ausilio di una candela.
-Scusa il disturbo, volevo solo chiederti una cosa-
-Non preoccuparti. Chiedi pure-
-Volevo solo sapere come vanno gli allenamenti. Non dici mai nulla, non so se sto andando bene o no-
-Bè...tu cosa ne pensi?-
-Io? Uhm...io credo bene. Almeno sul fronte della meditazione va meglio. Pochino, ma va meglio-
-Esatto-
-Ma...va bene così oppure dovrebbe andare ancora meglio?-
-I progressi sono soggettivi. Ed è passata solo una settimana. Io credo vada bene così-
-Va bene-
-Comunque, ho appena saputo che per alcuni giorni dovrai allenarti da sola. Devo andare in missione-
-Oh-. Non seppe cosa dire, sia per la sorpresa sia perchè...
Cosa era, turbata, forse? Perchè?
-Va bene-
-Se dovessi aver bisogno, il Maestro Shiunsai sarà ben lieto di aiutarti-
-Quanto...tempo mancherai?-
-Non so-
-Va bene-. Sembrava che il cervello le si fosse bloccato su quei due vocaboli.
-Allora ti lascio subito riposare. Buonanotte-
-Anche a te-. Haruko uscì immediatamente, ritirandosi nella sua stanza. 
  
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