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Autore: Martin Eden    22/01/2016    2 recensioni
Seguito de "Lo scrigno del potere" (pensavate di esservi liberati di me? :P)
Sono passati sei lunghi anni da quando Will Turner è ritornato nella sua Port Royal, sei lunghi anni a pensare che cosa farne della sua vita. Niente è andato secondo i suoi piani. Elodie Melody Sparrow è libera per mare, ma non gli è mai capitato di rivederla. Nè lei nè il suo squinternato fratello Jack Sparrow.
Ma se i loro destini si incrociassero di nuovo? E non certo per caso...
Storia scritta con l'aiuto di Fanny Jumping Sparrow, fedele compagna di avventure :)
Genere: Avventura, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Jack Sparrow, Nuovo Personaggio, Will Turner
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Pirati dei Caraibi - Avventure per mare'
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CAP. 5 – VIA DA QUI

 

   Una volta fuori, senza pensarci troppo, riprese a camminare. Aveva un sacco di cose da fare: piani da costruire in men che non si dica, borse da portarsi via, e una piccola pesta da tenersi vicino per il resto dei suoi giorni. Non vedeva l’ora.
   Ma quasi subito, come un pugno nello stomaco, ebbe quella sensazione: la sensazione di non essere più nel nulla, anzi. Sotto mille occhi. Gli si serrò immediatamente la gola.
   Si voltò, pensando di essere seguito. Ormai aveva imparato a fidarsi del suo istinto più di chiunque altro. L’aveva salvato troppe volte per non accordargli una giusta priorità. Come in quel caso, avrebbe potuto essere la sua ancora in un mare di guai.
   Non vide nessuno. Niente che potesse anche solo fargli venire il dubbio di essere in pericolo. Sbuffò. Forse era solo un po’ su di giri per i recenti avvenimenti; per il governatore e quel Bellamy, quella figura nera e quelle ossa che tintinnavano. Gli sembrava di sentirle ancora vicino al suo orecchio, oppure, troppo vicine al suo cuore.
   Nel frattempo, una campana lontana aveva cominciato ad aprirsi un varco nel silenzio. Will trasalì. Un segnale? Un rintocco di morte? Non lo poteva immaginare, ma quel rumore risvegliò improvvisamente i suoi sensi, e  seppe che non poteva più indugiare, che doveva fare in fretta, prima che...
   D’un tratto qualcuno lo sorprese alle spalle. Will si sentì strattonato violentemente all’indietro e trascinato dentro a un vicolo. Tentò di urlare, ma una mano corse alla sua bocca per tapparla. Il sole improvvisamente scomparve dietro le tegole malmesse di un tetto. Avviluppato nelle ragnatele, lui cercò di ribellarsi, ma quella stretta era più possente di quanto avesse previsto.
   Poi, in un rapido secondo, avvertì il freddo di una canna di pistola premere sotto il mento.
   Si bloccò. Chiunque fosse questo sconosciuto attentatore, evidentemente non aveva intenzione di lasciarlo andare così facilmente. Will deglutì. Maledizione! Il suo presentimento era stato corretto, ancora una volta, anche se fino ad un secondo prima non aveva idea che quel giorno sarebbe stato il peggiore della sua vita. Ora non aveva più senso abbandonarsi a foschi presagi. Si rendeva conto che era suo dovere uscire vivo da quella colluttazione, per suo figlio, per Jack e magari anche per Élodie.
- Sta’ fermo!- gli ingiunse una voce – Che credevi di fare...!-
   A Will sembrò di soffocare. Il panico lo avvolse. Solo un flebile sussurro gli era giunto all’orecchio ma non capiva che cosa gli si stava dicendo: era così agitato che non capiva più nulla, ora era il suo spirito di sopravvivenza ora a farla da padrone.
   Come un riflesso condizionato da quella brutta situazione, caricò in fretta una testata e con un colpo secco di liberò. Le mani lo lasciarono per un attimo, prima di chiudersi di nuovo sopra di lui come una morsa; la pistola volò poco lontano, ma non era comunque abbastanza vicina per Will. Riacquistata una parvenza di lucidità, fece appena in tempo a intravedere la luce del sole filtrava dalle assi dei tetti nella parte superiore, mentre uno strano silenzio, quasi da far paura, si impadroniva di quello spazio ristretto.
   Qualcuno si lamentava dietro di lui, senza mollarlo. La pistola era decisamente troppo lontana. Will si voltò, raccattando in quel momento il coraggio per prendere saldamente l’avversario tra le mani e sbatterlo contro il muro lì a fianco. Una, due, tre volte. Quelle mani non lo lasciavano. Sbattè una quarta volta, e sentì gocce di sangue che zampillavano contro il suo viso. Di chi era? Suo o dell’altro?
   Ansimava come un animale preso in trappola. Quelle dita non lo lasciavano!
- William!- un grido a stento, sotto quei vestiti malridotti – Mannaggia, William! Fermati!-
   Will si riebbe in un battibaleno. Conosceva quella voce, anche se non era esattamente ciò che si sarebbe aspettato di sentire in quel momento. O forse sì?
   Si tirò indietro, ansimando. Le braccia caddero da sole lungo i suoi fianchi:
- Jack?- mormorò, mentre l’altro finalmente ritornava con i piedi in terra.
   Il pirata scosse la testa, asciugandosi un rivolo di sudore che scappava da sotto la bandana. Perdeva sangue dal naso, ma lo nascose abilmente passandosi rapido una manica sul viso:
- Bel colpo, ragazzo.- mugugnò, ergendosi di nuovo in tutta la sua modesta altezza, così da fronteggiare Will e scrollarsi di dosso quella brutta caduta di stile.
   Fu altrettanto rapido a saettare verso la pistola e riprendersela. La pulì alla bell’è meglio dalla polvere, lucidandola come si confà a un briccone con i controfiocchi, cioè con assoluta cura. In quel momento il tempo sembrò sospendersi in un battito di ciglia, come se un invisibile orologio avesse smesso di ticchettare.
   Will era esterrefatto. Non riusciva ad associare tutta la violenza precedente alla figura magra e nervosa di Jack, che ora aveva riposto finalmente l’arma. Tuttavia, notò con un certo timore, aveva ancora la mano stretta sul calcio, come se dovesse tirarla fuori di nuovo da un momento all’altro.
   Jack alzò la testa e lo fissò dritto negli occhi. Attraverso quella pelle grattata dal sole, Will non riconobbe affatto la persona che si ricordava. Anzi. Era completamente diverso. Era fuorilegge più che mai, come un cane rabbioso, ancora peggio del solito.
- Che cosa pensavi di fare?- brontolò Jack, incurante di poter anche solo lontanamente spaventare Will con quel tono – Che ci facevi dal governatore Swann? Incosciente!-
   L’altro rimase per un attimo senza parole. Pensava di aver fatto una buona azione. Una mossa intelligente. D’accordo che Jack non poteva esserne al corrente, ma perché recriminare ancor prima di aver ricevuto spiegazioni? Perché lo guardava in quel modo, come se volesse ammazzarlo?
- Come sapevi che ero qui?- gli chiese, cercando di apparire altrettanto sicuro di sé.
   Jack non si scompose:
- Ti ho seguito, come ogni buon segugio fa. E visto che William non era on te, ho caricato la pistola. Poteva essercene bisogno. Poteva esserci un motivo.-
   Will trattenne il fiato. Quel discorso non gli piaceva per niente. Jack era troppo serioso e lui non ci era abituato. C’era qualcosa in fondo ai suoi occhi, qualcosa che lui non riusciva a decifrare, ma aveva lo stesso sapore del sangue che ora gli colava lentamente tra un dente e l’altro.
- Perché mi hai aggredito alle spalle?- azzardò.
   Jack contrasse le labbra in una smorfia:
- Perché mi è venuta voglia di ammazzarti, William Turner.-
   Allora non era stata solo un’impressione. Will sentì tutti i suoi umori gelarsi nelle vene. Jack stava già andando oltre nel discorso, ma lui non riusciva a sentirlo. Gli sembrava di nuotare in un lago di odio, le orecchie tappate. Poi  si rese conto che quell’odio non apparteneva solo a Jack, ma anche a lui, che non si aspettava di vederlo lì, perché in fondo credeva di sapere che cos’era venuto a fare.
- Cosa hai detto?- chiese a un certo punto, come se dovesse per forza prendere una boccata d’aria.
- Ho detto che non volevo farlo. Che avevo solo paura che urlassi. Non è il caso che attiriamo l’attenzione. Comprendi?-
   Will aggrottò le sopracciglia. Si era dunque sognato tutto? Tutto l’odio non era altro che amore ben celato?
   Qualcosa però lo spinse a serrare i pugni e diventò nervoso. Jack lo intuì da come non lo guardava più in faccia:
- Che ci facevi dagli Swann? Ora me lo dici?- e poi, in un soffio – Mi pareva di aver capito che con Elizabeth fosse finita. Quindi? Hai deciso di denunciarmi, per caso?-
- Ma che diavolo....ti viene in mente, Jack?!- si inalberò Will.
   Tutto ciò era scorretto, tremendo, terribile. Si stava spaventando.
- In tal caso sarei stato pronto a far fuoco. La prudenza non è mai troppa.- sorrise.
   Will era quasi sconvolto. Non sapeva più cosa pensare. Nella nebbia di quel momento un’immagine si incastrò fissa nella sua testa. La figura di Jack ben si accoppiava con un’altra che viveva rintanata della sua memoria, pronta a uscire al minimo accenno. Quei due avevano qualcosa in comune, se lo sentiva fin dentro le ossa, benché non riuscisse a capire che cosa fosse.
   Ma doveva dirglielo. Sapeva che doveva dirglielo.
   Jack attendeva e pareva se l’aspettasse, mentre per un attimo distoglieva gli occhi.
- Ho visto Bellamy.- esalò Will, con il respiro affannoso.
   La testa di Jack scattò nella sua direzione:
- Cosa?!- sbottò.
   C’era un’espressione di sincera angoscia sul suo viso. Will se ne chiese il motivo. Che cosa sapeva Jack di Lord Bellamy? C’entrava realmente con lui? Non era un sogno?
   Il pirata non si era nemmeno disturbato a chiedergli chi fosse. Un dettaglio che l’aveva tradito, e Will se n’era accorto subito. Pensò che era inutile soffermarsi oltremodo su quel piccolo particolare. Entrambi sapevano benissimo di chi stavano parlando. Will ancora non poteva immaginare la vera identità di quel personaggio; tuttavia, aveva ogni intenzione di andare fino in fondo a quella faccenda.
   Ne andava della salvaguardia di suo figlio.
- Sì, era dal governatore.- rincarò – Jack, tu lo conosci?-
   Ancora più rabbuiato, il pirata sputò per terra:
- E lui ha visto te?!- ignorando completamente la sua domanda, corse dritto per la sua strada, senza una direzione precisa, senza avere una via di scampo. Tutto lasciava intendere che la sapesse molto lunga, ma che era troppo occupato a pensare a un altro lato di quella spinosa vicenda. Will avvertiva sulla pelle tutto il suo malumore e tutto il peso di quella conoscenza.
- Non credo si sia reso conto che ero lì.- spiegò – Mi è solo passato davanti.-
   Jack alzò eloquentemente gli occhi al cielo:
- Non ci voleva!- abbaiò, quasi solo a se stesso – Questa proprio non ci voleva! Era già troppo vicino. Per fortuna che William non era con te!-
   Will rimase impietrito di fronte a quelle parole.
- Che significa?- aveva la voce che gli tremava tanto si sentiva vicino alla verità.
   Ma Jack non aveva nessuna intenzione di perdersi in chiacchiere. Si avvicinò, lo afferrò per un braccio e lo trascinò in avanti:
- Ah! Lascia stare!- scosse la testa – Ciò che è fatto, è fatto, ora dobbiamo soltanto andarcene!-
   Will gli incespicò dietro:
- Era proprio quello che avevo intenzione di fare.- brontolò.
- Benissimo! Saggia decisione, in effetti.-
- Jack, parlavo di me e di William.-
- Anche io sono qui per andarmene con William.-
   Qualcosa oppose resistenza nell’animo di Will: gli si rivoltò nello stomaco.
   Il pirata lo teneva ancora per un braccio, mentre camminava speditamente:
- Mi siete mancati! Non posso vivere senza di voi!- scherzò Jack, ma vedendo che Will non rideva per niente, ritornò subito serio. Inutile girarci tanto attorno. Probabilmente Will non se lo meritava. Era sempre stato privo di scrupoli, Jack Sparrow, ma mai crudele. Lo trovava non necessario. Anzi, stupido. Sapeva bene che quella era una sete che non si placava, un bicchiere avvelenato, di cui più ti sazi, più sei affamato. Anche quella volta, decise di non bere:
- Sono venuto a prenderlo.- tagliò corto.
   Will si rese conto che avrebbe voluto urlare.
   Si liberò bruscamente dalla stretta del compare. Doveva accadere, prima o poi, lo sapeva, ma non pensava così presto. Non con i documenti in fondo alla tasca. Non adesso che erano diventati quasi amici. Jack era venuto a riprendersi ciò che era anche suo, carne della sua carne (almeno in parte) e con la stessa spavalderia con cui glielo aveva portato, ora glielo toglieva. Will lo odiò. Odiò quel mondo nel più profondo e imperscrutabile dei modi; strinse i pugni fino a far diventare le nocche bianche.
   Ma si trattenne. Era affar suo se si era dimostrato troppo ottimista. Sperava solo che gli fosse concesso più tempo, ma così non era stato, purtroppo.
- Dove lo vuoi portare?- sibilò, rivolto alla terra che fuggiva veloce sotto i suoi piedi. Si rifiutava di guardare Jack in faccia.
   Il pirata se ne accorse.
- Via.- rispose evasivamente – Qui le cose si complicano. Non è più al sicuro e sua madre lo sa. Noi lo sappiamo, William.-
- Perché io non so mai niente, invece?!- sbottò improvvisamente l’altro. La sua rabbia si accresceva man mano che il senso di impotenza si faceva più forte, man mano che si voltava e non trovava una via di uscita. Non c’era via di uscita a quel dolore immenso, a quella separazione inevitabile. Lo sapeva.
   Jack tentò di dire qualcosa, ma Will accelerò improvvisamente il passo e lo precedette. Non ne poteva più di starlo a sentire senza poter replicare. Non ne voleva più sapere. Se fosse rimasto un altro minuto lì, così vicino a lui, avrebbe potuto fare qualcosa di cui si sarebbe pentito, di sicuro. Doveva trattenersi per il piccolo William. Doveva. Ma Jack non poteva pretendere l’impossibile da lui.
   Il pirata gli fu subito dietro, una volta nascosta la sua rigogliosa chioma sotto un cappuccio:
- William!- lo richiamò – Questi sono affari importanti! Questa è la più grande impresa che io abbia mai affrontato! Comprendi? Un’incredibile impresa per Capitan Jack Sparrow. Ma William è una parte inalienabile di questa. Io...-
- Sta’ zitto, Capitan Jack Sparrow.- lo zittì Will – Hai parlato anche fin troppo.-
   Jack rimase con un palmo di naso. In vita sua, nessuno si era permesso di trattarlo così, come un mozzo. Solo suo padre, oltre a Will, ma era stato molti anni prima: ricordi che lui aveva seppellito con maestria. Ora, grazie a quello screanzato, pungevano come spilli. L’infallibile Capitan Jack Sparrow messo all’angolo come un asino? Non poteva essere vero.
   Afferrò saldamente Will per la blusa, dandogli uno strattone violento:
- Sono io lo zio di William, nonché suo tutore!- quasi gli gridò nelle orecchie – Io ho delle responsabilità! Se sua madre se le fosse tenute, sarei stato ben più felice, William, ma le ha passate a me proprio perché è mia sorella! Ti avevo detto che sarei tornato a prenderlo!-
- Tu sei suo zio, io sono suo padre.- lo rimbeccò Will, sempre più stizzito: si era dimenticato con chi stava parlando – Sai cosa vuol dire avere un padre, Jack? Vuol dire avere l’altra metà del proprio cielo a portata di mano! Tu non l’hai messo al mondo, Jack. Siamo stati io e Élodie a farlo.-
   Come bruciava quell’affermazione! Jack se ne sentì ustionato da capo a piedi, come se avesse inghiottito olio bollente.
   Deglutì inconsapevolmente:
- Io sono quello che l’ha accudito fino ad adesso!- strillò, più forte di quello che intendesse fare – Sono stato come un padre per lui! E sono tornato per prenderlo.- gli si parò davanti a grandi falcate – Dov’è? Perché non è con te?-
   Era agitato più di quanto non lo desse a vedere, si percepiva. Ciononostante, Will cercò con tutte le sue forze di non colpirlo con uno schiaffo. Ne aveva di arretrati che gli sarebbero stati tanto bene appiccicati sulla faccia.
   Tremò di desiderio.
- E’ al sicuro.- disse – Seguimi.-
   Si avviò con passo celere e Jack si accodò di buon grado. Non parlarono per il resto del tragitto, tanto non sarebbe servito. C’era sufficiente rancore nell’aria da accendere un fiammifero.
   Ma sul serio glielo stava consegnando senza colpo ferire?
   Will si lasciò sfuggire una smorfia di disgusto, che a Jack non scappò. Tuttavia, decise deliberatamente di ignorarla. Era già sul filo del rasoio, come suo solito, non gli importava cercare altre rogne.
   Man mano che i minuti passavano, Jack si sentiva sempre più sull’orlo di un precipizio. Lui era lì per una missione ben precisa, ma non vedeva l’ora di far fagotto e levare le tende, sperando di non incappare intoppi. Il primo, il più prevedibile, era stato William Turner; ma contava di scavalcarlo presto. Il secondo...
   Will si era fermato. Il pirata, sovrappensiero, quasi gli finì addosso. Erano giunti davanti a una casetta piccola, senza infamia né lode, contornata da un bel giardino curato. Jack storse la bocca di fronte a quel fascino decisamente pittoresco, decisamente così fuori dalle sue corde. La cosa più in ordine che avesse mai visto era la tavola un secondo prima che lui cominciasse a mangiare. Non faceva proprio per lui, ma se William era lì dentro, sarebbe andato a prenderlo. Anche in capo al mondo.
   Will entrò dallo steccato, lasciando Jack in strada. Non gli chiese di accompagnarlo, e nemmeno di aspettarlo. La loro comunicazione si era ridotta a rughe di sopportazione intorno agli occhi. Al pirata prudeva il deretano al solo pensiero di dover passare un’altra ora in quel postaccio, Port Royal: era incredibilmente scoperto, e già lui stava disegnando creative variazioni ai piani predisposti dalla sorella. Ci mancava solo...
   Dal piccolo uscio della casa trotterellò fuori una piccola figura. A Jack mancò per un attimo il respiro. Erano passate solo due settimane ma sembrava fossero passati anni.
   Lo guardò. Il piccolo William sembrava cresciuto. O forse erano solo i suoi capelli a essere un po’ più lunghi? A quell’età si allungano in fretta. In poco tempo sarebbe stata ora di fare la sua prima treccia alla piratesca; o di indossare la sua prima bandana contro il sole cocente dei Caraibi. Come passava veloce il tempo!
   Per un attimo ebbe l’impulso irrefrenabile di saltare lo steccato e correre da lui. Ma poi il pirata Jack si riscosse. Non era ancora una femminuccia.
   Quindi restò ritto al di là dello steccato. Dietro a William comparve Will, che lo teneva per mano, con un buio in viso che nessuna luce sarebbe riuscita a rischiarare. Si volse indietro per dire qualcosa a chi lo seguiva da poca distanza, ma Jack non se ne accorse. Afferrò lo steccato e aprì il cancelletto, con un sonoro tonfo. William, distrattosi per un attimo, si voltò a quell’improvviso rumore.
   Ci fu un attimo sospeso nel nulla, poi di nuovo il mondo.
   Come vide suo zio che gli veniva incontro, William scattò da quella parte come un fulmine:
- Zio Jack! Zio Jack!- lo chiamò, appena lo riconobbe.
   Ormai correva a perdifiato.
   Will sentì che la sua mano veniva lasciata vuota nell’aria e seppe che era finita, per quel giorno, la sua razione di felicità. Si voltò anch’egli verso Jack Sparrow, che intanto era caduto in ginocchio per accogliere il bambino tra le sue braccia. William gli saltò al collo, stringendolo come se fosse l’unica cosa al mondo che gli fosse rimasta. Saltava di gioia, mentre Jack quasi si scioglieva in lacrime. Era evidente persino da lontano.
   Dopo un primo secondo di sentimenti contrastanti, Will si scoprì quasi commosso.
   Si avvicinò, in tempo per sentire che cosa stavano dicendosi quei due:
- Guarda che cosa ti ho portato...-
   Jack trasse dal tascone una scatolina di legno. William era tutto eccitato, ma il legno scivolava sotto le sue umide dita. Will storse il naso. Lo zio aprì la scatoletta e questa rivelò una piccola tartaruga di mare, immobile. Il bambino cinguettò di gioia e fece salti ancora più alti. Abbracciò lo zio con foga, stritolandolo quasi. Jack gemette, ma solo per scherzo.
   Finalmente Will li raggiunse. Se ne stette per un po’ ad osservare la scenetta dall’alto, con un mezzo sorriso che sbocciava quasi senza volerlo sul suo viso. Persino il pirata non comprendeva appieno; quasi istintivamente, però, si avvinghiò di più al nipote, che si buttò tra le sue braccia ancor più contento.
   Ora gli sembrava di capire meglio.
   Pur non essendone completamente consapevoli, forse, loro due se lo stavano disputando. Un momento piuttosto delicato, a dire il vero, che Jack provvide subito a sdrammatizzare. Aveva ancora pochi minuti da dedicare a quella canaglia, poi avrebbe preso il bambino e se ne sarebbe andato via, lontano, di nuovo in mare.
- I gabbiani erano finiti.- borbottò, spiando la reazione, probabilmente avversa, di Will.
   Poi prese in braccio il bambino, che fece finta di divincolarsi da lui:
- Ehi, dove vuoi scappare? Ti ho preso!- rideva Jack, ma i suoi occhi correvano già alla strada, alla signora che ora lo guardava strano, a quel sole che picchiava.
   Il  bambino si aggrappò alle sue spalle, poi ai suoi capelli, tutti annodati perfettamente secondo l’uso di Jack, almeno da quando Will l’aveva conosciuto. Vide il pirata che digrignava i denti per il fastidio, ma si vedeva anche come tentasse di sopportare. Dopo tanto tempo, William si divertiva a toccare e tirare le treccine che Jack si era fatto con la sua barba. A furia di giocarci, gliene disfece una piuttosto rapidamente:
- Accidenti, William, quante volte ti ho detto...?!- esclamò il pirata.
   Ma il bambino rideva. E Will con lui: non aveva potuto trattenersi.
   Il pirata li guardò storto tutti e due:
- E finitela con queste smancerie!- sbottò, seccato – Abbiamo altro da fare!-
   Il piccolo William rizzò le orecchie. Aprì la bocca per chiedere: gli piacevano le sorprese, gli piacevano i giochi. Pregustava già un momento divertente con lo zio Jack, perché quando Jack diceva così, di solito lo portava a fare cose nuove. Gli insegnava come vivere attraverso quel mondo, come pescare nuovi pesci, come disegnare nuove avventure. Zio Jack era il migliore, sotto quel punto di vista.
   Ma fu preceduto da Will:
- Che cosa dovremmo fare?- ringhiò.
   Il pirata non si fece intimorire. Strinse forte a sé il bambino.
   Tempo scaduto.
- Chi ti ha chiesto niente? Noi abbiamo da fare.- sentenziò – Saluti!-
   E scattò.
  
   Élodie Melody Sparrow entrò di gran carriera nella stanza attigua, passando su tutti i suoi occhi di brace:
- Dov’è mio fratello?- tuonò, in un tono che non ammetteva replica.
   I marinai, impauriti, si ritrassero, guardandosi l’un l’altro in cerca di manforte. Il capitano era palesemente fuori di sé. Un’onda grigia, avrebbero affermato i più vecchi lupi di mare, così come si definiscono i tifoni appena nati. E ora ne avevano uno dritto a prua.
   Élodie non se li lasciò scappare:
- Dov’è?- tornò a chiedere, con voce sempre più visibilmente alterata.
   Ci fu un attimo di silenzio incompreso, poi con voce flebile, qualcuno tentò timidamente di rispondere:
- Non c’è, Capitano.-
   Élodie non sapeva a chi apparteneva quella voce, non le interessava. Si aggirava attorno a quel gruppetto di marinai come un cane infervorato dalla rabbia, e nemmeno lei sapeva quando avrebbe potuto essere pericolosa in quel momento:
- Come sarebbe a dire?!- abbaiò.
- Non lo so, Capitano.- rispose la stessa voce.
   Il gruppetto si dissipò lentamente, lasciando allo scoperto un uomo. Uno degli ultimi arrivati, in verità, che forse ancora non conosceva bene le regole non scritte di quella nave. Del resto, quasi nessuno le conosceva appieno, e della vecchia guardia arruolata da Élodie quando ancora non era Élodie Melody Sparrow era rimasto ben poco, ormai.
   Chi sapeva mando giù bocconi amari per lui, pregustando già una probabile scoppiata che li avrebbe fatti naufragare in acque più burrascose che mai.
   Difatti, il colorito della donna virò subito a una tonalità di rosso più accesa del solito. Non era stanca, non era ubriaca e nemmeno cotta dal sole; il povero marinaio cominciò a recriminare l’idea di essersi messo in mezzo.
- Fedifrago maledetto!- la donna ebbe la compiacenza di urlare quella frase al cielo, senza prendersela con nessuno in particolare.
   Poi tornò sulla terra:
- Non ha lasciato detto nulla?- continuò, dondolandosi nervosamente davanti all’uomo.
   Lui parve per un attimo rincuorato:
- Nulla capitano. E’ partito, credo.- disse perché sapeva, quello che sapeva apparteneva al suo capitano, e lui era felice di rendersi utile. Non si poteva mai sapere se ci scappava qualche soldo in più.
- Senza il mio permesso?- Élodie lo fissò negli occhi, apparentemente quieta.
- Nottetempo, Capitano.-
Elodie sentì il sangue che si incagliava nelle vene. La sua espressione si fece ancora più fosca, mentre si avvicinava al malcapitato:
- Ne sei sicuro?- gli afferrò saldamente le braccia, stringendo forte.
   All’inizio non sembrava poi così male, quel contatto, ma il marinaio si vide costretto a ricredersi presto. Le dita di Élodie affondavano come coltelli affilati nella sua carne: poteva indovinare la circonferenza di ogni unghia, la cattiveria in ogni gesto, sentirsi vittima fin nel midollo.
   Cercò di non farsi corrompere dal dolore, ma quello cresceva e cresceva, senza neanche lontanamente importargliene di lui. In pochi secondi se ne sentì soggiogato, come se la sua mente fosse improvvisamente finita in un circolo dell’inferno.
   Cominciò a mugolare:
- Sì, marinaio?- insistette Élodie, sempre più ferma nella sua presa d’acciaio.
Gli altri osservavano, impietriti.
- Sì, Capitano.- uggiolò l’altro.
   Diceva la verità, Élodie lo sapeva. Non c’era nient’altro di fruttuoso in quell’uomo, e nemmeno una colpa così grande per cui infliggergli quel castigo. Stava soffrendo di una mancanza che non era sua, ma, del resto, qualcuno doveva pur pagar caro quell’affronto.
   Poi, si riebbe. Improvvisamente lo lasciò, e gli lasciò anche segni visibili del suo passaggio sulle braccia, segni che avrebbero attirato squali a mille miglia. C’erano escoriazioni profonde lì dove lei aveva toccato e affondato le sue unghie, limate alla perfezione per arrecare danno.
   Lui le toccò, incredulo. Poi indietreggiò di un passo, indeciso su cosa pensare di lei.
- Andate via!- ordinò la donna, facendo un ampio gesto con la mano, in modo che tutti potessero ammirare le sue armi segrete.
   I marinai, in fila, senza un bisbiglio, se ne andarono subito.
   Élodie rimase sola. Si appoggiò al tavolo che occupava un angolo della stanza, come se fosse d’un tratto stanca. Tuttavia, le scappò un potente calcio a una delle gambe di legno, che sobbalzò per la sorpresa.
   In verità era solo arrabbiata con se stessa, e Dio solo sa quanto male può fare una sensazione del genere. Si sentiva responsabile, per suo figlio e per Jack, il figlio illegittimo, non richiesto.
Non poteva crederci.
   Suo fratello aveva fatto di testa sua un’altra volta.
  
   Jack era stato più veloce della luce. Aveva caricato saldamente il piccolo su una spalla, strappandogli una risata, poi era scappato di gran carriera e di corsa, superando il cancello in un battibaleno.
   La signora Muppet era rimasta lì, a fissarlo a bocca aperta, per tutto il tempo.
   Soprattutto, guardò quando anche Will gli corse dietro, più agitato che mai; e non seppe se ridere o piangere. Le sembrava una scena già vista fin troppe volte.
   Ecco, erano ritornati ai buoni, vecchi tempi di guardie e ladri. Jack dovette ammettere che in effetti non gli erano mancati. In questo caso era Will a inseguirlo, e non le aragoste, ma quasi quasi risultava più fastidioso ancora. Non era meglio che avere a che fare con Élodie. Lui voleva solo essere lasciato in pace, non avrebbe saputo affrontare più fuochi contemporaneamente; di solito cercava di evitare anche la più piccola fiammella. Ma ormai lo sapeva già, nella mente di sua sorella sicuramente si era già formato un rogo, e un altro lo aveva alle spalle.
   Per questo doveva arrivare al molo al più presto, inventarsi qualcosa per scroccare un passaggio a chicchessia e allontanarsi il più possibile, dove non lo conoscevano, o dove in ogni caso non avrebbero potuto trovarlo. Il piccolo William l’avrebbe aiutato, del resto era anche per quello che era passato prima a prenderlo.
   Aveva una delicata questione in sospeso, alla quale avrebbe  pensato poi.
   Tutti questi pensieri gli frullavano per la testa mentre scappava, letteralmente, tra damerini e zozzoni, sotto un sole a dir poco cocente, senza niente nelle bisacce e nella testa. Will non demordeva. Doveva essersi allenato, ma Jack si rifiutò di dover pensare anche ad un simile problema. Lui aveva una missione da compiere. Da solo.
   Will era veramente stanco di correre, dopo quelle faticacce dietro a William già doveva aver  perso qualche chilo di troppo. Tutto sommato si sentiva scattante, però, con i nervi tesi e la spada sguainata, come lo era stato un tempo e lo sarebbe stato anche meglio di un tempo, in nome di suo figlio. Jack non aveva il diritto di portarglielo via senza neanche una spiegazione. Lui non era una balia presso la quale parcheggiare il pargolo per qualche ora; questo mestiere non gli si addiceva e non aveva nessuna intenzione, di essere tagliato fuori.
   Jack non si fermò  e non si guardò indietro. Arrivato in prossimità dei moli, tuttavia, ebbe una brutta sorpresa. Come sbucò da uno dei tanti vicoli, ecco pararsi di fronte a lui una sfilata di giubbe rosse, con i fucili già imbracciati, pronte a prendere posto in file di ranghi, un esercito spianato contro chissà quale pericolo e con chissà quali pretese.
   Automaticamente, storse la bocca. Un rivolino sottile di indecisione si formò tra i suoi capelli aggrovigliati: ma non era tipo da farsi prendere dal panico. Solo un secondo. Solo un secondo e poi gli sarebbe venuta un’idea geniale.
   Il bambino scalciò forte perché lui non correva più, e la cosa lo sbilanciò non poco. Alcuni soldati si girarono e per lui era la prima volta che li vedeva, ma per loro sicuramente no. Lui non conosceva quelle facce e gli parve strano, ormai aveva visto abbastanza da vicino quasi tutte le vecchie guardie di Port Royal: a turno gli avevano fatto da carcerieri e ormai poteva annoverare con loro una sorta di “amicizia”, anche se sempre a debita e saggia distanza.
   Quelle facce invece erano nuove e venate di una spietatezza che si percepiva spannometricamente in un raggio di miglia. Come lo videro, come se la sua faccia fosse un tiro al bersaglio già studiato in precedenza, imbracciarono i fucili e mirarono. Non ci fu un secondo di attesa, un attimo di silenzio, nemmeno per rendersi conto che William era ancora in braccio a lui e forse una punta di pietà era d’obbligo, solo per il bambino.
   Per la prima volta il cuore di Jack fece una capriola di paura. Non per lui, lui era abituato a questo e altro; ma per la schiena inerme di William, che non poteva vedere nulla di quello che stava succedendo, anzi, rideva. Quella risata non si doveva spegnere.
   Jack tirò fuori la pistola e sparò, un riflesso incondizionato, quasi in contemporanea con quegli uomini che avevano tutti la stessa espressione disgustata e uno stemma nuovo sui cappelli, che lui si accorse di conoscere bene.
   Finchè Will gli fu addosso.
   Capitombolarono tutti e tre per terra, con i proiettili che sibilavano appena oltre il loro campo visivo. Will afferrò William e lo trascinò vicino a sé, mentre Jack era già saltato di nuovo in ginocchio e cercava di mirare al petto di uno degli uomini che lo volevano morto.
   Ma quelli si erano già volatilizzati. Non li vedeva più, però sapeva che erano nascosti ovunque. Erano troppo veloci o troppo scaltri, e la canna della sua arma sembrava arrugginita di fronte a quella potenza. Inoltre, doveva già ricaricarla.
- Bastardi, figli di buona donna!- inveì.
   Will, vicino a lui, alzò di scatto la testa:
- Jack! Ci stanno sparando!- urlò, più forte di quel che avrebbe voluto, quasi potesse essere un grido di aiuto.
   In quel momento un proiettile si conficcò nel muro dietro di loro, sollevando nugoli di polvere. Ci era andato vicino, troppo vicino alle loro teste:
- Lo vedo, corpo di mille balene!- esclamò Jack, e una nuova raffica lo sfiorò.
La mira di quegli uomini era a dir poco spaventosa.
   Jack prese Will per la giubba e lo tirò via:
- Bestie!- proruppe – Non hanno pietà neanche per un bambino!-
   Altri proiettili colpirono le cassette di legno vuote dietro le quali si erano ficcati. Scalfite abilmente da quegli aguzzini, balzarono velocemente giù dalla loro pila, offrendo al sole il loro modesto rifugio. Il fracasso fu assordante.
   Jack, sempre con una mano addosso a Will, lo spinse via, verso altri lidi. Girarono l’angolo di una casa, pensando di essere un po’ più lontani dal pericolo, non vedendolo.
   Ma come alzarono lo sguardo, si resero conto di aver commesso un grave errore.
 
   Ce li avevano di fronte, in tutto il loro modesto splendore. Le baionette luccicavano al sole, così come il rosso delle loro vesti. Jack si accorse che non era il solito colore delle guardie inglesi, il solito color tramonto spento; tutto il contrario, era un rosso così vivido da far male agli occhi.
    Era un colore che conosceva fin troppo bene.
- Per il nostro Sire Cacciatore, hip hip urrà!- gridarono in coro gli uomini, mentre miravano.
   Non solo nella crudeltà, persino nella voce riuscivano a spaventare all’unisono.
   Jack fece una smorfia eloquente. Poi si gettò con William e il piccolo dietro a un muro, appena in tempo per evitare il Paradiso.
   Il piccolo William aveva cominciato a piangere. Grossi lacrimoni gli rigavano il viso, nonostante lui cercasse di trattenere i singhiozzi. Tutto quel baccano non poteva essere solo un gioco; non lo capiva, gli sembrava brutto, ingiusto, ma doveva resistere. Si aggrappava a Will con tutte le sue forze, sicuro che tra le braccia di baba ci fosse posto per lui, per un sospiro più pesante degli altri.
   Sopra la sua testa, Will cercava di far funzionare il cervello mentre tutto vorticava intorno alla velocità della luce. Gli mancava il respiro e la cosa assurda era che in tutto quel bailamme, l’unico pensiero suo era rispondere a una domanda:
- Chi è il Cacciatore?!- gridò, sopra alla calca generale.
   L’avrebbe gridato più forte se avesse avuto ancora fiato nei polmoni.
   Jack ansimava un po’, e non perse tempo a rispondergli. Girava la testa di qua e di là, pronto a cogliere l’attimo fuggente...in tutte le sue forme. Doveva sbarazzarsi di quegli uomini al più presto e continuare per la sua strada, possibilmente senza troppi fori nei vestiti.
- Pirata!- lo richiamò Will, con una punta di disprezzo – Sto parlando con te! Dimmi chi è il Cacciatore, che sta succedendo?!-
   Jack si voltò, benché fosse l’ultima cosa al mondo che volesse fare. Fissò Will con un’intensità che avrebbe appiccato fuoco a un albero:
- Corri, idiota che non sei altro!- lo spinse via ancora, dall’altra parte.
   Li attendeva il nulla. Soltanto altri uomini, altri urli, altre sartie tirate su al molo.
   Will, sempre con in braccio il bambino, premuto contro la sua spalla, impallidì: davanti a loro c’era solo una distesa grigio-azzurra sotto il cielo improvvisamente diventato cinerino. Acqua e galeoni agonizzanti sulla riva.
   Il nulla.
   Un groppo gli salì alla gola:
- Jack...- mormorò, ma non fece in tempo.
   Con la coda dell’occhio intravide gli uomini di prima che, stretti in ranghi serrati, marciavano da questa parte del porto. Sembravano quasi soldati ben addestrati, non fosse stato per i vestiti che avevano un che di malconcio, e quindi tradivano le loro umili origini. La loro unanimità era impressionante, come se fossero caduti tutti sotto un unico sortilegio. Come se ci fosse un burattinaio a guidarli tramite fili invisibili ovunque voleva che andassero. Era quel mago a soffiargli nelle orecchie la voglia di uccidere, di distruggere l’obiettivo, annientarlo. Compierlo non era sufficiente per loro.
   Dovevano farlo sparire dalla faccia della terra.
   In quella, con grande sorpresa di Will, anche Jack fece partire un colpo. Un colpo ben preciso, che si andò a conficcare perfettamente nella chiglia della nave più vicina, facendo saltare un chiavistello. Sulle prime, Will non capì. Poi il pirata fece partire un altro colpo, che andò a segno: anche un secondo chiavistello saltò.
(ma che sta...?)
   Proprio mentre la marmaglia appartenente al Cacciatore si stava nuovamente disponendo all’attacco contro di loro, un ponticello schioccò contro le pietre del molo, alle spalle degli uomini. Passò un eterno secondo, forse due; poi il viso di Jack si illuminò.
   Il suo infallibile fiuto non aveva sbagliato nemmeno stavolta.
 
   La prima testolina bianca spuntò appena da dietro la murata, attirata e agitata al tempo stesso dagli spari. Dietro di essa ne venne fuori un'altra, che la spinse via. Una terza sbucò e poi ripiombò dove non la si poteva vedere, ma dove stava già facendo ciò che serviva.
   In un attimo, sulla nave ormeggiata si creò un gran fermento. C’era un brulichio di vita che nessuno aveva notato prima, ma che aveva l’aria di dover crescere. Il tempo di capire che c’era una via d’uscita a tutto quel clangore, a tutta quella paura. Infine, accadde.
   Gli uomini del Cacciatore non l’avrebbero fatta franca così facilmente, pensò Jack. La stupidità andava battuta con altra stupidità, solo più sottile e sofisticata. Lui aveva tutto quello che gli occorreva e non aveva esitato a usarlo.
   Aveva a disposizione un diversivo numeroso e puzzolente, poco assennato quanto bastava, tanto potente e cieco che anche avanzava. Senza accorgersene incurvò un lato della bocca in un sorriso di scherno. Ancora un attimo di pazienza poi avrebbe assaporato il suo ennesimo trionfo sul bene.
   Infine, le vide. Con un salto, ecco la prima pecora sul ponticello. Subito una seconda belò e la spinse in avanti; quella, piuttosto seccata dall’inopportunità della compagna, scalciò e cominciò a scendere. Poi la terza sbucò fuori, saltando quasi a cavallo della seconda, che impaurita, prese a scappare; poi ci fu la quarta, e la quinta. Jack le aveva sentite rumoreggiare fievolmente dietro le paratie grazie al suo udito fino. Grazie, esperienza dei Sette Mari! Ora restava solo da godersi lo spettacolo.
   Una marea bianca in un attimo si riversò fuori dalla nave con potenza inaudita e subito dopo fu addosso agli uomini. Una dopo l’altra, le pecore si lanciarono giù dalla loro temporanea prigione travolgendo tutto ciò che era intorno. Uomini, oggetti, vele e corde. Ce n’erano almeno un centinaio, tutte a sua disposizione. Jack non avrebbe potuto sperare di meglio per togliersi di impiccio così in fretta e così bene.
   Spalancò la bocca in una grassa risata.
   I marinai e i fucili vennero travolti. Alcuni spari finirono contro il cielo, a vuoto. Ormai erano soffocati da quelle pelli candide e soffici, soggiogati dal potere della natura. Solo quando non ne vide più neanche uno in piedi Jack potè tuttavia ritenersi soddisfatto del suo operato. Aveva troppo poco tempo per bearsene, ma quando ci stava godendo, perdio!
   Will era esterrefatto. In un secondo le sorti della loro fuga si erano capovolte a loro favore; non aveva fatto ancora in tempo a rendersi conto di essere libero quando Jack gli diede una pacca sulla spalla e lo aiutò a reggersi in piedi, il piccolo William sempre stretto addosso.
   Il pirata lo rimirò con malcelata esultanza. Poi annunciò:
- Possiamo andare.-
   Trotterellò via alla chetichella ma anche con un certo passo celere. Non voleva certo che le pecore lo prendessero per uno di quei cafoni mentre cercavano la loro amata e succulenta piazza erbosa! Inoltre, aveva sempre la stessa fretta di prima che lo attanagliava anche più di prima.
   Will lo seguì, chiedendosi se davvero non valeva la pena stare sempre appresso a Jack; come risposta, gli sembrò più che adatto fare del proverbio “nel dubbio, meglio abbondare” la sua nuova stella cometa.
  
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