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Autore: Titto91    23/01/2016    1 recensioni
Alexander Tarot è un orfano che per sopravvivere legge i tarocchi come ambulante. Complice il suo bell'aspetto è riuscito a racimolare un bel giro di clientela, soprattutto parecchie ragazze che lo interpellano spesso solo per sentirsi dire di avere qualche possibilità con lui. Un giorno però, proprio quando sta per smontare la tenda ed andarsene, arriva una ragazza diversa dalle altre: fiera, orgogliosa, lo tratta con sufficienza mentre gli chiede di leggere le carte per lei, e non aspetta neanche la fine del consulto. Quando gira l'ultima carta infatti Alexander si rende conto che la ragazza illustrata sulla carta si trovava di fronte a lui poco prima. E da quel giorno la sua vita verrà sconvolta per sempre...
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Piccola premessa: finalmente sono riuscito a scrivere un nuvo capitolo! Il periodo delle feste è stato un po' movimentato e soprattutto gli esami incombono!
Nonostante ciò sono riuscito a ricavare del tempo per continuare la mia storia, e finalmente sono arrivate anche le prime spiegazioni!
Buona lettura!!

* * *

Capitolo 8


 

Nella flebile luce che illuminava il vicolo, riconobbe una sagoma in cima ad un tetto. Una ragazza dai lunghi capelli biondi se ne stava in piedi godendosi la scena dall'alto. Impugnava un arco piuttosto grande che sembrava brillare di luce propria, probabilmente dello stesso materiale della freccia che aveva scoccato pochi istanti prima.

Socchiuse gli occhi per vederla meglio... Era assurdo eppure... Possibile che fosse...

“Nicole?” chiese in un sussurro.

“Selene. Percepivo la presenza di un altro arcano intorno a questo ragazzino. Non mi stupisce che sia tu” ribatté la ragazza misteriosa sbuffando.

Selene? Chi diavolo era Selene? Non stava forse guardando la sua ragazza sopra quel tetto? O si stava sbagliando?

La ragazza bionda saltò agilmente giù dal tetto atterrando senza difficoltà in ginocchio tra loro due. Si rialzò dandogli le spalle, i fluenti capelli biondi leggermente mossi dalla brezza che sferzava il vicolo.

Forse si era davvero sbagliato. Nicole non avrebbe mai portato un vestito di quel genere. Eppure la ragazza sembrava trovarsi a suo agio in quell'abito elegante e pomposo.

Girò il volto verso di lui. “Non preoccuparti. Ora me ne occupo io!”. Sembrava davvero Nicole. Eppure i suoi capelli non erano forse più lunghi? E anche il colore, era diverso, più chiaro, quasi argenteo...

Incoccò di nuovo una freccia, le maniche a pipistrello dell'ampio vestito, blu come la notte, che seguivano i suoi eleganti movimenti.

La ragazza bruna alzò la propria spada pronta ad attaccare. “Pensi che Artemide possa essere più veloce della mia Excalibur?”

“Non saprei. Vogliamo provare?”

Artemide? Excalibur? Di certo quella era la prova che era impazzito. Eppure il dolore che provava al petto, per quanto lieve, sembrava così reale...

Le due non si mossero di un centimetro, entrambe pronte a scattare al minimo movimento dell'altra. Il vento si era fermato nel vicolo. Tutto era immobile e impassibile. Rimase a fissarle a bocca aperta, confuso.

La ragazza bruna cercò di giocare d'anticipo. Sapeva che restando ferma sarebbe stata un bersaglio fin troppo facile da colpire per un'arciera esperta. E se fosse riuscita a colmare in breve tempo la distanza che la separava dall'altra, il suo arco sarebbe diventato inutile in una mischia.

La ragazza bionda aveva già pronta la sua freccia quando vide la sua avversaria partire all'attacco. Era furba, cambiava direzione continuamente, in modo da confonderla e non permetterle di scagliare la freccia. La seguiva con lo sguardo, il braccio teso pronto a lasciare la corda, perché sapeva che nel momento in cui avesse alzato la spada per caricare il colpo, sarebbe riuscita a colpirla.

La spadaccina decise che era il momento di agire. Alzò la spada con entrambe le mani, decisa.

L'arciera era pronta a rispondere, e nell'istante in cui vide alzarsi la spada, fece partire la sua freccia.

Un lampo azzurro apparve tra le due, accecandole. Il ragazzo, ormai stufo di starsene in un angolo a guardare, era intervenuto per fermare le due contendenti.

La spada tranciò la stoffa di ciò che restava della sua maglietta su un fianco, prima di essere fermata dalla sua mano.

La freccia invece passò sul petto, lasciandolo praticamente a torso nudo, se non per qualche brandello che restava ancora faticosamente attaccato al suo corpo. Col braccio sinistro aveva afferrato l'arco cambiandone la traiettoria.

Entrambe restarono immobili a guardarlo. La pelle ormai lasciata scoperta sembrava brillare dello stesso intenso azzurro che poco prima le aveva abbagliate.

“Voi due mi dovete qualche spiegazione!”


 


 

* * *


 

Erano tornati tutti e 3 a casa. Nessuno di loro aveva aperto bocca da quando si erano scontrati nel vicolo. Le ragazze tenevano lo sguardo rivolto verso il basso, ed un'espressione contrita, fatta eccezione per qualche occhiataccia che si scambiavano dietro le spalle di lui quando non guardava.

Appena entrato si era subito gettato sotto la doccia. Aveva bisogno di schiarire la mente dai mille pensieri e dalle troppe congetture che si era fatto in quei pochi minuti che avevano impiegato per rientrare. Pochi, ma più che sufficienti perché iniziasse a viaggiare, formulando milioni di teorie, una più assurda dell'altra. Scosse la testa e chiuse l'acqua. Non era più il momento delle teorie. Era arrivato il momento delle risposte.

Mentre si asciugava e rivestiva, le due ragazze erano sedute una accanto all'altra sul divano. Entrambe avevano le braccia incrociate e guardavano nella direzione opposta, dandosi le spalle.

“Bel casino hai fatto. Hai fatto saltare anni di copertura!”

“Pff. Se mi avessi lasciato fare ora sarebbe tutto risolto. Ma no, lei è sempre convinta di avere ragione!”

La ragazza bionda si voltò adirata verso l'altra. “Cosa credi, di poter arrivare qui e fare quello che vuoi?! Se fosse stato pronto gliel'avrei già detto!”

La mora accavallò le gambe con un movimento elegante. “È proprio per questo che sono intervenuta! Non c'è più tempo! Non possiamo stare ad aspettare i tuoi comodi perché ti piace passare il tuo tempo con lui!!”

Le guance dell'altra avvamparono, in netto contrasto con la sua carnagione chiara. “Cosa stai insinuando?! Cosa pensi che...”

“La finite voi due?”

Era entrato nel salotto e le aveva trovate a discutere. Di nuovo. Aveva ormai capito che non correva buon sangue tra le due. Prese una sedia e la mise davanti al divano, a metà tra le due contendenti.

Si mise seduto, fece un lungo respiro ad occhi chiusi e poi parlò.

“Voglio che mi spieghiate ogni cosa. Chi sei tu e perché vuoi il mio pendente. E cosa stavi facendo tu con quell'arco? E vestita in quel modo poi!”

“Ti spiegherò tutto ok? Devi solo fidarti di me, me lo prometti?”

“Sono tutt'orecchi, Nicole.”

“Tsk. Non è neanche il suo vero nome...”

“Stai zitta! Non hai diritto di...”

“Basta!” le interruppe di nuovo prima che ricominciassero a battibeccare. “Senza discutere. E senza interrompervi l'un l'altra. In maniera chiara”.

Le due si guardarono a lungo prima di parlare di nuovo. La ragazza bionda decise di partire per prima.

“Io non mi chiamo Nicole. Il mio nome è Selene, e quello che sto per raccontarti potrà sembrare assurdo, ma ti prego di ascoltare fino alla fine prima di farmi domande, altrimenti non potrai mai capire. Va bene?”

Il ragazzo annuì, in silenzio.

“Il mio nome, Selene, non è un caso. Mi chiamo così perché io sono la Luna.”

“Certo, e io sono il Sole” . “Avevi promesso di non interrompere, ricordi?”

Guardò prima Nicole, cioé Selene, poi la ragazza mora. Nessuna delle due stava ridendo. Anzi, entrambe avevano un'espressione tremendamente seria.

“Pensi davvero che crederò ad una storia del genere?!”

“Capisco che sia difficile. Ma devi ascoltare fino alla fine, ti prego. Poi sarà tutto più chiaro”.

Il ragazzo incrociò le braccia al petto, rassegnato. Non capiva se fosse impazzito e se fosse rimasto l'unico savio in quella stanza. Ma ascoltare quella storia assurda di sicuro non poteva portare alcun danno. Avrebbe avuto tutto il tempo per preoccuparsene una volta finita.

“Ovviamente io non sono la luna che vedi in cielo. Sono più una sorta di... Incarnazione di ciò che rappresenta. Sotto questo punto di vista puoi vedermi come la personificazione dell'Arcano N° XVIII, la Luna appunto”. Si interruppe per un istante, voltandosi verso la ragazza seduta accanto a lei. “Mentre Micaela, come avevi già capito... Beh, lei è la Giustizia”.

“Incantata” rispose l'altra in tono acido, mantenendo la stessa espressione irritata di sempre.

“Aspetta, quindi vuoi dirmi che... Avevo ragione?! E tu sei rimasta a guardarmi mentre credevo di essere impazzito?!!”

“Dovevo. Anzi, ho cercato di sviarti dallo scoprire la verità, ma a quanto pare non ci sono riuscita. Forse perché qualcuno si è intromesso?”. Sputò l'ultima parola tra i denti rivolta verso Micaela.

“Sai bene che non possiamo più aspettare. Il momento è arrivato. Qualcuno doveva prendere in mano le situazione. Non possiamo certo aspettare i tuoi comodi!” le rispose con aria di sufficienza senza neanche guardarla.

“I miei comodi?! Cosa pensi, che sia stata qui a passare il tempo?!”

“Vi prego, è già difficile seguire tutta la storia, se poi litigate per ogni parola...”

Entrambe si fermarono. Selene sembrava insicura su come andare avanti. “Vedi... Noi non siamo le uniche. Ce ne sono altri, sparsi per la Terra. 22 per l'esattezza, proprio come gli Arcani dei Tarocchi”. Fece un lungo respiro prima di continuare. “E poi... Ci sei tu”.

“E cosa ha a che fare tutto questo con me?”

“Tu sei invischiato più di tutti noi. Perché ho ragione di credere che tu sia il Cartomante della profezia”.

Nel sentirla pronunciare quella parola balzò sulla sedia. Non l'aveva forse chiamato così la strana ombra del suo sogno? E anche quella ragazza, Micaela, aveva usato quel termine quando avevano parlato in cima alla Mole...

“Cosa significa? Quale profezia?”

“Una profezia completamente senza senso, se devi essere tu”. Micaela aveva interrotto il suo silenzio e si era alzata in piedi, aggiustandosi la gonna. “Ascolta, non ho bisogno di ripassare ciò che so già a memoria. Quando hai finito di istruire il belloccio, sai dove trovarmi”. Si voltò senza aspettare una risposta che comunque non sarebbe arrivata e se ne andò. Selene la guardò mentre usciva dalla stanza e fece una smorfia alle spalle di Micaela, ma aspettò di sentir sbattere la porta prima di continuare.

“Tra gli Arcani è diffusa una profezia. Prevede un'era di disgrazie e la fine del mondo come lo conosciamo. A meno che il Cartomante non si risvegli e ci guidi verso la salvezza”.

“E questa persona dovrei essere io?!”

Selene si inclinò in avanti, avvicinandoglisi. “Ne hai tutti i requisiti”, gli sussurrò piano.

“E quali sarebbero?”

“Beh, alcuni potrebbero essere classificati come coincidenze. Innanzitutto sei orfano”.

“Non sono certo l'unico”.

“Si, ma quanti di loro sanno leggere i Tarocchi?”

“Pochi, ma di certo non sono il solo. E comunque è stata mia madre ad insegnarmelo, non credo che...”

“Hai centrato il punto. Tua madre. Non sai niente delle origini della tua famiglia vero?”

“Cosa dovrei sapere? So che erano girovaghi e hanno girato il paese cercando di sopravvivere leggendo le carte. Quando mia madre è rimasta incinta si sono stabiliti qui e hanno abbandonato quella vita. Erano gente normalissima”.

“Non potresti essere più lontano dalla verità. Tua madre, e di conseguenza tu... Discendete dalla casata degli Estensi”.

“Certo, ora sarei addirittura nobile!” scoppiò in una fragorosa risata. Neanche nei più reconditi meandri della sua mente avrebbe potuto elaborare una serie di sciocchezze come quelle che le stava raccontando Selene. Stava per alzarsi, ma la mano di lei gli strinse il braccio, costringendolo a rimettersi seduto.

“Non ti sto raccontando delle stupidaggini. E questa volta posso dimostrartelo. Pensa al tuo mazzo. Saprai già che è antico. Ma è molto più antico di quel che pensi. Quel mazzo è l'eredità di tua madre, tramandata di generazione in generazione: un autentico mazzo di Tarocchi Dorati degli Estensi”.

Si ricordò di una conversazione avuta con Matt qualche tempo prima. Lo studioso era particolarmente interessato alle sue carte, perché diceva che fossero un mazzo originale del periodo rinascimentale... Che quello che Selene stava raccontando corrispondesse a verità?

“Non... Non significa niente!” sbottò poco convinto alla ragazza seduta sul divano. “Come il mio ce ne saranno centinaia, sparsi per il mondo...”

“No Alexander. Non è l'unico, ma sono davvero pochi. Tutti questi dettagli non possono essere liquidati come semplici casualità. Presi nel loro insieme, fanno di te il Cartomante della profezia”.

“Ascoltami, tutta questa storiella è molto affascinante, ma io sono un normalissima ambulante che legge le carte per sopravvivere. Perciò dovrai cercarti qualcun altro da incantare con la tua favoletta”.

Si alzò e andò verso la porta. “E quello che è successo nel vicolo allora?”.

Si fermò di colpo, ma non si voltò. “Ti sei accorto che stavi risplendendo di un bagliore azzurro, vero?”. Pensava di esserselo immaginato, nella foga di quei momenti concitati. “Hai un potere dentro di te. Un potere che dovrai usare per salvare il mondo”.

Rimase fermo sulla porta. Era impossibile che fosse vero. Assurdo. Eppure, una piccola parte di lui, nel profondo, trovava un senso in quello che Selene gli stava raccontando. Che cosa avrebbe dovuto fare?

“Se resti ed ascolti ciò che ho da dirti fino alla fine... Ti dirò cosa è successo ai tuoi genitori”.

   
 
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