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Autore: Scottature    23/01/2016    0 recensioni
Questa storia è ispirata alla realtà, come i suoi personaggi. Ed è come vorremmo che fosse.
Sei ragazzi, sei vite, sei voci.
Un'unica storia che li unisce, mentre il tempo cerca di dividerli.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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7:35

Sole stava seduta nel solito punto del corridoio della stazione, aspettando che i suoi amici la raggiungessero. 
Faceva più freddo del solito, anche se quello inizialmente si era prospettato essere un mese caldo. 

Guardò il cellulare annoiata. 
Di lì a poco Nene l'avrebbe raggiunta e come al solito avrebbero preso la navetta con la quale sarebbero arrivate a scuola. 

Sole chiuse gli occhi cercando di ripercorrere i quattro anni precedenti che l'avevano portata a questo. 
Le venne spontaneo sorridere pensando a come queste piccole cose - come aspettare Nene alla stazione e prendere la navetta insieme, andare a scuola e vedere gli altri - fossero diventate parte della sua quotidianità riuscendo anche a non stancarla più di tanto. 
Sì, in certi momenti aveva bisogno di qualcosa di diverso per bloccare la monotonia, ma in fondo vivere in questo modo le sue giornate non le dispiaceva affatto.

I suoi amici ormai erano la sua famiglia e nelle festività ne sentiva spesso la mancanza: il padre la costringeva a stare dai nonni per trascorrere un po’ di tempo con i parenti e ogni volta rimpiangeva di accettare la sua proposta. 
Adorava sua nonna e spesso le raccontava storie molto divertenti sul suo passato, ma le sue cugine più piccole e sua zia sapevano diventare molto pesanti dopo una settimana insieme. E Angy, poiché stava dalla “mamma”, non era mai stata la benvenuta a questi ritrovi, anche se non l'aveva scelto lei dove andare a vivere.

Poi la scuola era per lei un ottimo motivo di distrazione, le piaceva studiare e, in particolare, amava imparare cose nuove... Anche se doveva ammettere che certe giornate avrebbe preferito passarle a letto chiusa in camera sua, soprattutto quando si era dimenticata di avere compiti da fare il giorno prima e non era per nulla pronta a ricevere voti negativi segnati in penna rossa sul registro, come se non bastasse il fatto che fosse un numero sotto il 5 ad evidenziare la gravità della questione.

Guardò il suo orologio: segnava le 7:35 e Nene non era ancora arrivata, ma a Sole pareva di non aver nemmeno sentito annunciare l'arrivo del suo treno, quindi non si preoccupò più di tanto.
In realtà Nene non abitava lontana dal centro e con una camminata di un quarto d'ora l'avrebbe raggiunta senza problemi. 
Il vero problema consisteva nel fatto che l'amica fosse parecchio pigra e certamente non si sarebbe mai messa a fare camminate di mattina appena sveglia, così il treno era una comodità. E poi la casa di Nene era nella zona dalla parte opposta della città rispetto alla scuola e lei e Sole avevano deciso già dal secondo anno di trovarsi a metà strada (ovvero la stazione) e raggiungere il loro istituto insieme. 

I binari di quella specie di metropolitana in superficie occupavano tutta la parte più esterna della città circondandola e lasciando le vie del centro (già strette di per sé) libere dai mezzi ingombranti, percorrendone solo alcuni luoghi superficialmente. 
Infine si riunivano tutte in un unico punto, ovvero la stazione. 
Così i più fortunati avevano le fermate vicine alle loro abitazioni, come Nene, e in cinque minuti arrivavano alla stazione (posta vicino al centro, tre minuti a piedi da dove si trovava Sole in quel momento) e, più in generale, ogni punto della città poteva essere raggiunto velocemente e facilmente. 
Più che “treni” veri e propri, erano vagoni di modeste dimensioni, simili a dei tram come aspetto, ed era stata un’idea per i mezzi di trasporto in città definita “geniale e funzionale” da uno dei migliori giornali del Paese. 
L'opera era stata creata dalla Corps, un'azienda locale, che, dopo un accordo studiato a tavolino con il sindaco, era riuscita a sfondare con la realizzazione di questa idea “stupefacente” agli occhi di tutti. 
Quindi il progetto era stato messo a punto dal sindaco solo qualche anno prima, molti l'avevano ammirato per aver lavorato e portato avanti la sua idea con così tanta forza di volontà e ora era stato chiamato a Milano a svolgere lì il suo ruolo da capo dell’amministrazione cittadina. 
Era scontato il fatto che il sindaco avrebbe portato con sé la piccola azienda permettendogli di sfondare su un mercato molto più grande e sviluppato.
Entrambe le parti avevano guadagnato molto, oltre ad aver agevolato notevolmente il traffico della loro città spendendo una barca di soldi.

Sole sapeva bene tutto ciò che c'era stato dietro alla realizzazione di questo “straordinario” progetto e, anche se ne ammetteva la comodità, dal suo punto di vista non era così meritata tutta questa ammirazione verso il sindaco e la Corps.
E lei di certo non avrebbe abbandonato la sua amabile e tranquilla quotidianità per seguire le aspirazioni del “sindaco” a Milano: suo padre non sarebbe mai riuscito a portarla via con sé e lo sapeva pure lui, anche se Sole era certa che di lì a pochi giorni gliene avrebbe parlato cercando di rendere la sua proposta più allettante possibile e mettendo in ballo l'opportunità di realizzare i suoi sogni.

Sole scrollò le spalle e si stiracchiò le mani, cercando di indirizzare i suoi pensieri da tutt'altra parte. 
Avrebbe affrontato la questione quando le si sarebbe presentata l'occasione. 

La canzone lenta che rimbombava nelle cuffiette di Sole si fermò e per lasciare il posto ad un'altra: Sole sorrise sentendo una melodia molto più ritmata e ballabile di quelle precedenti. 
Non era tanto la canzone in sé a scatenarle quel sorriso, quanto il ricordo legato ad essa.
“Another you” era stato infatti il sottofondo musicale di quando aveva conosciuto Ebbid, un bellissimo ragazzo dagli occhi verdi, lo sguardo magnetico e uno dei sorrisi più luminosi e belli che avesse mai visto. 
Quel ragazzo era riuscito a conquistarla in pochissimo e aveva cominciato fin da subito ad occupare i pensieri di Sole, riuscendo anche a distrarla da Giov... Più o meno.

Era strano il loro rapporto, ma era comunque presto per poter pensare a quel che erano e cercare di dargli un nome. 
Avrebbe voluto l'occasione di passare del tempo da sola con lui per conoscerlo meglio e parlarci tranquillamente senza avere l’occhio attento e furioso di altre persone sempre puntato addosso. 
Dopo quel bacio a stampo che si erano dati durante la festa, non c'era stato altro, eppure si erano visti e lui era stato così dolce con lei.
Era da due giorni che, prima che iniziassero le lezioni, Ebbid veniva a salutarla in classe, le dava un bacio in fronte e rimanevano fuori dalla porta dell'aula a chiacchierare un po’. 
Poi, prima che lei rientrasse in classe, lui la stringeva forte per qualche secondo e la lasciava andare con un sorriso stampato in faccia per almeno un’altra ora abbondante.

Il fatto di vedersi comunque durante l'orario scolastico li limitava terribilmente e a Sole sembrava di essere controllata in ogni cosa da certi individui della sua sezione. 
In ogni caso, queste attenzioni e questo atteggiamento non se lo sarebbe mai aspettato da uno come lui, che era conosciuto per molto altro da tutta la scuola e la parola “dolce” raramente aveva a che fare con cose che Ebbid faceva nei diversi racconti. 
Da quanto ne sapeva e le avevano detto, non si era mai comportato così con una ragazza e questo, doveva ammetterlo, la faceva sentire speciale. 

Quanto sarebbe durato però? 

Se realmente a lui interessava solo una ragazza da portarsi a letto non ci avrebbe messo molto a farsi avanti e a proporglielo e lei non si sentiva così pronta... 

Le venne un groppo allo stomaco: non era per nulla pronta. 
Già, lei a 17 anni era ancora vergine. 

Per quelle della loro età sembrava essere diventato strano non aver ancora fatto sesso a diciassette anni, a lei invece sembrava più che normale decidere di farlo solo quando l'avrebbe voluto veramente. 

Una volta l'aveva immaginato: tra delle bianche lenzuola e le braccia del ragazzo che amava. 
Avrebbe voluto che la prima volta fosse con il ragazzo giusto... Ma Ebbid lo era? 

Sole chiuse gli occhi inspirando profondamente. 
Sapeva che s’illudeva a cercare una risposta alle sue domande. 
Lo conosceva così poco e sicuramente non lo amava, forse un giorno le cose sarebbero state diverse... 
Forse un giorno avrebbe potuto chiamare “amore” quello che prova per lui... 
O forse... 
Le sembrava tutto così strano in quel momento e sapeva che più ci pensava e più si complicava le cose da sola. E sapeva anche che se non riusciva a pensare solamente a lui il motivo era un altro...

L'unico ragazzo che riusciva ad immaginare insieme a lei tra quelle lenzuola che potesse farle battere così forte il cuore era uno sbruffone con i capelli sempre scompigliati, una cicatrice sul sopracciglio sinistro e quegli occhi dolci spesso segnati dalla stanchezza. 
La persona con cui avrebbe voluto che fosse la sua prima volta era Giov e riusciva ad immaginarlo a guardarla, come sempre faceva, con una mano a sostenergli la testa e quel sorriso sghembo che riusciva a toglierle il respiro e la lucidità per qualche secondo ogni volta che lo vedeva. 

Chi voleva prendere in giro? 

La sua mente era proiettata verso Ebbid e il suo modo di farla sentire così speciale, era il suo piccolo nuovo mondo sicuro e dolce, ma il suo cuore sembrava non seguirla (e soprattutto non aiutarla). 

Sapeva, tuttavia, che il cuore non avrebbe avuto la meglio: con Giov non poteva e non avrebbe mai potuto. 
E non doveva neppure pensarlo. 

Sospirò rassegnata e alzò lo sguardo sperando di riuscire a distrarsi per un po’: la fortuna era dalla sua parte e Nene stava camminando verso di lei con un sorriso radioso (forse troppo per il suo solito) e una busta di carta tra le mani. 

Non avevano più riparlato della festa ed era certa che ritirare fuori il discorso avrebbe solo peggiorato le cose. Poi quel giorno avevano più ore del solito e sopportare una Nene incazzata tutto quel tempo sarebbe stato troppo stressante anche per Sole.

Così preparò uno dei suoi migliori sorrisi per accogliere al meglio l'amica che appena fu abbastanza vicina la abbracciò e sospirò porgendole il pacchetto. 

“C'era tantissima coda oggi, però avevo fame e quindi oltre al solito cappuccino del mercoledì ho preso anche dei croissant. 
Uno è alla marmellata e l'altro alla Nutella, sai già quale voglio.” 

Le due si misero a ridere e Sole lasciò che il profumo dei croissant e del caffè caldo la inebriasse completamente. 
Adorava quando Nene le faceva queste sorprese ed era sorprendente anche per loro come ogni volta la pensassero allo stesso modo; infatti, Sole non aveva fatto colazione e stava morendo di fame. 
Era come se Nene fosse riuscita a leggerle nel pensiero, anche perché lei non le aveva detto nulla e non era la prima volta che capitavano cose del genere alle due.

Le ragazze occuparono una panchina per degustare con la giusta calma il loro piccolo sfizio mattutino. 
Le lezioni iniziavano alle 8:20 e non avevano nulla in programma per quella mattina.

“Oggi quale navetta prendiamo? 
Non ho voglia di arrivare troppo tardi e beccarmi le lamentele del prof.” 

“A me basta avere i nostri soliti posti, distante dalle persone che preferisco evitare. 
Io pensavo a quella delle 8:00, così abbiamo abbastanza tempo.”

“Nene... sei ancora arrabbiata con lui? 
Lo sai come la penso, però non potete andare avanti così per sempre... Se n’é resa conto tutta la classe. 
Comunque se non ti dispiace vorrei prendere quella prima, devo ripassare tedesco in caso decida di interrogare.” 

Sole si rese subito conto di aver appena buttato a puttane tutti i suoi buoni propositi di non innervosire l’amica ulteriormente, si era ripromessa di evitare l'argomento “Grow” e l'aveva tirato fuori da sola. 

Nene appoggiò il suo cappuccino e accartocciò la busta che conteneva la loro colazione formando una piccola pallina. 
Sole cercò il suo sguardo, sapeva che poteva reagire male dopo quello che aveva detto. 
Non voleva ferirla, ma la situazione in classe era intollerabile. 
Giov la evitava al massimo e se ne stava spesso in disparte con le sue cuffiette e la testa appoggiata alle braccia incrociate.
Grow era silenzioso, troppo per il suo solito, e ogni volta che loro due parlavano insieme lui le chiedeva sempre di Nene. Lei ovviamente evitava di rispondere, sostenendo che i due ne dovessero parlare direttamente tra di loro. E poi se Nene la vedeva parlare con Grow le teneva il muso per tutto il giorno e Sole si trovava in mezzo ad un problema che non era suo. 
E le cose erano diventate così dal lunedì dopo la festa. 

Nene si schiarì la voce attirando l'attenzione di Sole e voltò lo sguardo cercando di evitare i suoi occhi. 

“Sole, per favore. Non mi importa di lui e non vorrei doverne riparlare.
Okay, prendiamo quella prima.” 

Si alzò dalla panchina raccogliendo il suo zaino e aspettò l'amica in piedi dandole le spalle. 
Sole sospirò, sperando che in qualche ora le passasse: se l'era presa sicuramente. 
Entrambe le ragazze si diressero verso le navette abbastanza lentamente e Sole non sapeva cosa dire per non peggiorare la situazione. 

“Ehi ragazze! Aspettatemi!” 

“Andy! Credevo avessi preso le navette prima!” 

Sole gli sorrise pensando che anche questa volta era in debito col ragazzo per averla salvata da una situazione complicata. 
Andy si mise tra le due e diede un bacio prima a Sole e poi a Nene che gli rispose non troppo entusiasta. 
Sole lo guardò per qualche secondo sperando che cogliesse il segnale e decidesse di non approfondire la questione. 
Lui, dapprima confuso, si passò una mano tra i capelli e fece uno dei suoi sguardi comprensivi per far capire che aveva intuito come stavano le cose e che non avrebbe toccato le possibili questioni “delicate” di quella settimana. 
Andy, come al solito, aveva capito tutto.

“No Sole, oggi prendo questa perché mi sono svegliato tardi e non avevo ripassato nulla, così ne ho approfittato in treno.” 

Le navette dei loro istituti erano già per metà occupate e le espressioni degli studenti si assomigliavano un po’ tutte. 
Alcuni parlavano tra di loro con un tono più o meno controllato, altri ascoltavano musica, altri guardavano l'orizzonte in solitudine. 

Andy anticipò le ragazze e si lanciò dentro la prima superando la massa di studenti del primo anno che si stava pericolosamente avvicinando e che avrebbe rubato posti in cui sedersi e potersi riposare (sebbene ancora per poco) prima delle lezioni.

Il ragazzo si diresse nella zona a più lontana dall'autista, dove erano stravaccati altri loro coetanei e molti posti a sedere erano ancora liberi. 

“Ehi Alex, Grow! Vi vedo molto attivi oggi?”

“Ehi rappresentate di classe! 
Io abbastanza, invece il musone qui dietro non tanto...
Buongiorno bellezze.” 

Alex fece l'occhiolino a Nene e Sole e la prima non perse tempo a cogliere l’occasione sedendosi accanto al ragazzo e schioccandogli un rumoroso bacio sulla guancia. 

Calò subito il silenzio tra i presenti: Andy e Sole si sederono vicini e si guardarono preoccupati per la possibile reazione di Grow, il quale però sembrò non aver nemmeno notato la cosa. 

“Nene, non mi aspettavo un saluto del genere da te oggi. Dormito bene?” 

Nene stette in silenzio per qualche secondo e poi chiacchierò come se nulla fosse con Alex, ma Sole capì che anche lei si aspettava una reazione da Grow. 
Nene voleva vedere un minimo interesse nei suoi confronti da parte del ragazzo. 
E Grow non le dimostrava nulla perché pensava di peggiorare soltanto le cose mostrandosi interessato a lei. 

Sole sbuffò. 
Era assurdo il loro atteggiamento e sapeva che avrebbero potuto andare avanti così in eterno. 

Guardò Grow che se ne stava appoggiato al finestrino digitando qualcosa sul cellulare. 
Poi guardò Nene che si comportava in maniera forzatamente e fintamente civettuola con Alex, poiché i loro posti erano proprio davanti a quello di Grow.
E a Sole passò per la testa un’idea... 
Due tra i suoi migliori amici l'avrebbero odiata, ma questa storia doveva finire al più presto. 
Infine guardò Andy e gli sorrise decisa sul suo piano: anche questa volta il ragazzo colse al volo i pensieri dell'amica e ricambiò il suo sorriso.














































8:12

Giov superò svogliato la porta dell'aula. 
Aveva tentato di ignorare i due piccioni i che stavano teneramente a parlare proprio a venti centimetri dalla porta, ma la rabbia gli salì in corpo abbastanza velocemente da dover cercare subito uno sfogo. 

Andò a sedersi vicino a Trav e gli prese dalle mani il quaderno di tedesco. 
Ne strappò una pagina vuota ignorando le lamentele dell'amico e si mise a dividerla in tanti piccoli quadratini di forma più o meno regolare. 
Ne prese in mano uno, tirò fuori il suo accendino e lo fece bruciare tra le sue dita guardandolo sgretolarsi in cenere. 
Non gli dava fastidio il calore della fiamma e lo rilassava particolarmente poter distruggere quei pezzi di carta facendoli svanire per sempre. 
Avrebbe voluto fare così anche con i suoi ricordi. 

Sole nemmeno l'aveva guardato, troppo presa ad ascoltare le smancerie del coglione che la stringeva tra le braccia senza alcun diritto. E lei glielo lasciava fare. 

Solo lui poteva toccarla così. 
Solo a lui doveva dedicare quei sorrisi. 
Giov voleva che Sole fosse solo sua. 
Era geloso di lei in maniera quasi patologica e sapeva che non erano normali gli effetti che gli procurava la necessità di averla.

Suonò la prima campanella per avvisare gli studenti di recarsi alle proprie classi. 
E Giov li vide. 
Fu un attimo, un bacio casto e semplice a fior di labbra. 
E Sole sorrideva... 
Sembrava quasi... 
Felice.

Tirò un pugno sul banco, ma non gli bastava. 
Giov sarebbe impazzito a stare in quel banco fermo e zitto. 

Si alzò ed evitò di guardare Sole negli occhi quando uscì dalla classe. 
E non ci mise molto a raggiungere Ebbid e bloccarlo per la spalla. 
Non sentiva la voce di Sole e nemmeno le parole del ragazzo che non capiva cosa stesse accadendo. 
Aveva solo quel fottutissimo bacio in mente. 

Alzò il braccio, pronto a tirargli un pugno sulla faccia di quel bastardo.

Sole però era felice. 

E con lui non avrebbe mai potuto esserlo. 

Giov lasciò la presa su Ebbid e se ne andò senza dire una parola. 
Sole era sconvolta. 
Cosa avrebbe voluto fare? 

Corse da Ebbid e lo abbracciò lasciando che quello le accarezzasse dolcemente il capo. 

“Lui chi era?” 

“È solo Giov... Scusami Ebb, ne parliamo doposcuola.” 

L'aveva definito “Solo Giov”, ma per lei in quegli anni era diventato terribilmente importante. 
E Sole avrebbe mentito a se stessa dicendo che non le importava di quell’idiota e che quello che stava per fare era stato fin troppo anche per lui. 

Camminò verso il bagno dei ragazzi, sicura che l’avrebbe trovato lì: la sua previsione si realizzò, ma il ragazzo le sembrò tutt'altro che contento di vederla. 

“Che sta succedendo, Giov?”

“Sole... Me lo spieghi tu che sta succedendo? 
Da quando caschi tra le braccia del primo ragazzo che ti fa gli occhi dolci? 
Quello vuole solo portarti a letto e tu... Tu ci vai pure dietro.” 

“Spero tu stia scherzando. 
È vero, non lo conosco da molto, ma non sono così ingenua. 
E anche se volesse solo del sesso... Che problema c'è? 
Non mi sembra comunque il caso di uscire dal nulla e prenderlo a pugni per qualcosa che non ha fatto.” 

Giov strinse i denti e si avvicinò a lei. 
Sole... Era sua. 
Ad infastidirlo non era stato tanto il fatto che Ebbid avrebbe potuto prenderla in giro e starci insieme, fino a quando non avesse potuto scopare con lei e quindi approfittarsene.
Ancora di più lo faceva incazzare l’idea che Sole non fosse sua, che Sole baciasse altri ragazzi che non fossero lui. 
E Giov quelle labbra le voleva solo per sé.
Credeva che Sole fosse solo sua e che questo dovesse essere chiaro a tutti come lo era per lui. 
Tuttavia, Sole non lo capiva.
Quella ragazza l’avrebbe mandato ai pazzi, quella stessa che lo stava guardando spaventata e disorientata, come se avesse paura di lui. 

La guardò per qualche secondo. 
Anche in queste condizioni, con gli occhi lucidi, senza trucco e i capelli in disordine, e con questo sguardo, non riusciva a non pensare quanto fosse bella. E sarebbe rimasto a guardarla per sempre se avesse potuto... 
Ma non era lui ciò che lei voleva. 
E non era lui quello che avrebbe avuto il compito di proteggerla e di renderla felice. 
E tra due settimane sarebbe scomparso definitivamente dalla sua vita. 

Le prese il mento tra indice e pollice e avvicinò le sue labbra a quelle di lei. 
Sembrava quasi che Sole non respirasse più. 
Poi Giov la guardò negli occhi e si morse le labbra per resistere alla tentazione di assaggiarle.
Le lasciò un sussurro, nulla più. 

“Cerca di non diventare troia come tutte quelle che si è scopato.” 

Il ragazzo allontanò i loro visi e con le dita che tenevano il mento di Sole le accarezzò il collo candido. 

Sapeva di essere stato stronzo e sapeva che una sberla come minimo se la meritava. 
Doveva allontanarla da lui e questo era l'unico modo. 
Anche se avrebbe ferito entrambi. 

Sole però non disse una parola, non ci provò nemmeno a tirargli una sberla. 
Lo guardò negli occhi: odio. 

Lo guardò con tutto l'odio che aveva in corpo. 

Infine, Sole si girò e se ne andò in classe, prima di permettergli di vedere le lacrime che le scendevano copiosamente lungo le guance. 
E Giov rimase solo nel bagno. 

Due settimane e sarebbe finito tutto.















































12:27

“Non ho voglia di fare ginnastica!”

“Nene, non hai mai voglia di fare ginnastica.”

Bet, Nene e Sole camminavano lungo i corridoi degli spogliatoi dirette verso la porta di accesso alla palestra.
E tutte e tre stavano pensando a tutt'altro che fare la lezione di ginnastica. 
Non era mai stato un problema ed era sempre stata l'ora più tranquilla della settimana.
Di solito riuscivano a persuadere il professore e trascorrevano il tempo a non fare nulla sui gradoni. 
Quando però le ragazze raggiunsero la loro meta, intuirono che forse in quella giornata le cose sarebbero andate diversamente. 
Il professore, infatti, aveva un sorriso smagliante e appariva essere la persona più attiva e allegra di tutta la classe in quel momento. 

Fece sedere i ragazzi di fronte a lui e Andy ne approfittò per avvicinarsi a Sole e parlarle a bassa voce. 

“Dato che vi devo dare dei voti e non ho voglia di vedervi sdraiati sui gradoni come al solito, oggi ho una bellissima proposta da farvi!” 

“Sole, possiamo mettere in atto il nostro piano.”

La ragazza guardò Andy leggermente spaesata, ma capì subito a cosa si riferisse. 

“Hai ragione! E so già come...” 

“Va tutto bene? Mi sembri un po’ giù.” 

Andy era l'unico che se n’era accorto. 
Prima di entrare in classe, quella mattina, Sole si era asciugata le lacrime e si era stampata sul volto un finto sorriso. 
Non aveva voglia di dover dare spiegazioni a nessuno, tantomeno all'intera classe. 

Scrollò le spalle e la testa e cercò di fare al ragazzo uno dei suoi sorrisi più rassicuranti. 

“Più o meno, ma ti racconterò meglio dopo.” 

E lui annuì, capendo che era meglio lasciare Sole tranquilla per il momento.

“Oggi faremo una meravigliosa partita di... 
Palla avvelenata! 
Non potete opporvi, quindi niente lamentele o discussioni. 
Andrea, Elisabetta, formate voi le due squadre.” 

I ragazzi si alzarono in piedi e Nene sbuffò. 

“Okay, non poteva scegliere sport peggiore.” 

Sole la guardò divertita, Nene non immaginava nemmeno cosa l'avrebbe aspettata. 

“Ma non eri brava l'anno scorso Nene?” 

“Sì, ma sceglievano sempre le palle peggiori e poi nessuno sapeva le regole.” 

E Sole non poté che cogliere la palla al balzo che la sua stessa amica le aveva gentilmente offerto. 
Guardò Andy, che si avvicinò subito alle ragazze con Grow. 
Ormai i due erano in trappola. 

“Bene, perché allora non ci pensi tu a prenderle e... Grow! Così ti aiuta a portare i palloni!”

Sole sogghignava e sapeva che appena Nene ne avesse avuto occasione avrebbe fatto a pezzi l'amica. 
E Andy, d'altro canto, stava cercando di trattenere le risate per l'interpretazione pessima di Sole nel cercar di far apparire la sua scelta molto casuale. 

Sole prese Nene prese per il polso e la avvicinò a Grow, il quale a sua volta era stato trasportato da Andy e non sembrava troppo entusiasta della cosa. 
Poi i due li spinsero dentro e chiusero la porta senza permettergli di contestare. 

Nene e Grow si guardarono leggermente imbarazzati. 
Lo sgabuzzino degli attrezzi della palestra era particolarmente stretto e buio, ma non abbastanza, così da permettere di capire chi si poteva avere davanti. 

Nene cercò di concentrarsi ripetendosi che dovevano solo prendere i palloni per giocare… Ma quel buio pesto sembrava aver risucchiato la rete dei palloni oltre al suo respiro. 
E concentrarsi le sembrò quasi impossibile col fiato di Grow quasi sul collo e i suoi occhi azzurri a fissarla così intensamente. 

Si passò una mano tra i capelli e cercò di risucchiare la poca quantità di aria presente in quella stanza: le sembrò d’improvviso anche terribilmente calda. 

“Secondo me Sole si è sbagliata e i palloni sono in palestra da qualche parte, usciamo da qua Grow.”

La ragazza cercò di girare la maniglia, ma la porta non si apriva e sembrava bloccata dall'esterno. 
Se non si fosse aperta di lì a poco sarebbe scoppiata in una crisi isterica e non era di certo il massimo in uno sgabuzzino degli attrezzi con la sola presenza di Grow. 

“Nene... 
Come stai?”

La ragazza strabuzzò gli occhi e lo guardò come se fosse pazzo. 
Non le rivolgeva la parola da giorni e dal nulla nel momento più sbagliato cercava di mettere in piedi una conversazione con lei? 

“È inutile che forzi la maniglia, rischieresti solo di trovartela in mano. 
E non voglio chiacchierare, vorrei davvero sapere come stai.” 

Grow la fissò e non sembrava per nulla intento a muoversi da lì finché Nene non gli avesse dato una risposta. 
Le sembrò quasi inutile cercare di girare intorno al discorso. 
Sapeva benissimo cosa intendesse Grow, ma… Non voleva parlarne. 
L'aveva delusa e tradita e se non l'aveva capito magari non gliene era nemmeno importato poi così tanto. 

Nene abbassò lo sguardo lasciando che alcune delle sue ciocche le coprissero il volto insieme alle lacrime che stava cercando di trattenere. 
Non voleva rispondergli. 
Avrebbe potuto deriderla di nuovo, avrebbe potuto prendere i suoi sentimenti e accartocciarli come lei aveva fatto con la busta della colazione quella stessa mattina. 

Come poteva fidarsi di lui? 
Come poteva farlo di nuovo dopo quello che era successo?

Grow era inespressivo, solo il luccichio sui suoi occhi sembrava volerla convincere di credere ancora in lui. 

Nene sopirò. 
Non si sarebbe lasciata ferire di nuovo. 
Scosse la testa e allungò la mano per cercare di aprire di nuovo la porta, che si trovava dietro Grow: era l'unica sua possibilità di fuga. 

La sua mano però non raggiunse la maniglia, ma si trovò ad intrecciare le dita con quelle di una più grande e affusolata. 
Grow l'aveva presa per mano. 

Nene si sentì mancare completamente il respiro e alzò lo sguardò incastrando i suoi occhi, che ormai avevano lasciato scivolare sulle guance alcune lacrime, su quelli decisi e luminosi di Grow. 

“Ti prego, rispondimi.” 

Nene si ritrovò sbaragliata e tutte le possibili difese che si era creata diventarono solamente mura di sabbia a sgretolarsi sotto i suoi piedi. 
Ora non avrebbe potuto scappare. 

Grow la stava tenendo per mano, le sembrava assurdo.
E non erano mai stati così tanto vicini.
Non le sembrava una situazione normale per due amici, erano davvero qualcosa di più loro? 
Però “qualcosa” erano e la  sola concretezza di questo qualcosa la faceva sentire sollevata.
E non voleva rovinare tutto per colpa del suo orgoglio.
Non voleva perdere Grow.

“Mi manchi.” 

Le parole le sfuggirono dalle labbra. 
E si ritrovò a coprirsi la bocca sentendosi in colpa per quello che la sua mente aveva appena pensato e fatto sapere al ragazzo contro la sua volontà. 
Tra tutte le cose che poteva dirgli e tutta la rabbia che aveva nei suoi confronti e che avrebbe voluto riversargli contro, le era uscito ciò che più sbagliato potesse dire in quel momento. 

La reazione del ragazzo la lasciò spiazzata di nuovo. 
Le sorrise in modo dolce e l'abbracciò, teneramente, come mai aveva fatto prima, quasi a volerle far dimenticare tutto quello che era successo e a dirle “Ora ci sono io, sono qui con te.”.
Nene avrebbe voluto prenderlo a pugni, ma si sentì stanca e debole, troppo per reagire. 
Si lasciò cullare dal suo abbracciò appoggiando la testa sulla sua spalla e lasciando che il dolce profumo del ragazzo le inebriasse totalmente il cervello. 

“Anche tu, Nene.” 

Grow lo disse piano, quasi sussurrandoglielo. 
Nessuno però avrebbe potuto sentirli e nemmeno vederli in quello stanzino degli attrezzi. 
E Nene dovette ammettere amaramente che non se ne sarebbe mai voluta andare via da lì.

Sospirò e il ragazzo si staccò da lei lentamente, pur tenendole ancora la mano.

“Possiamo tornare ad essere quello che eravamo? 
Mi dispiace averti ferita, ma non voglio più vederti così. 
Ho capito che sono stato un coglione e puoi sbattermelo in faccia tutte le volte che vuoi se questo basta a farti stare meglio.” 

Nene gli sorrise forzatamente.
Ormai era cascato il palco e non poteva fare la stronza adesso. E, alla fine dei conti, nemmeno lo voleva..

“Lo farò. 
Andiamo adesso, Grow, che altrimenti gli altri ci danno per dispersi.” 

Allontanò di malavoglia la mano dalla sua e si sentì maledettamente fuori posto. 

“Pace?” 

Il ragazzo sfoderò uno dei suoi sguardi più dolci e le sorrise. 
Non era così che Nene voleva che finisse: sospirò e gli sorrise a sua volta.

“Pace.” 

Lui le diede un bacio sulla guancia e le voltò le spalle aprendo la porta e dirigendosi verso i ragazzi. 
Lei si asciugò le lacrime e lo seguì. 
Sentiva uno strano torpore dove Grow l'aveva baciata ed era ancora intontita per quello che era successo. 
La sua testa continuava a domandarsi qualcosa che era nato da quella domanda che aveva sempre cercato di nascondere a se stessa e che lui quasi ingenuamente le aveva sbattuto in faccia: 

“Possiamo tornare ad essere quello che eravamo?” 

Ma loro… Cosa erano veramente? 

   
 
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