Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: DarkYuna    23/01/2016    3 recensioni
"Le creature che appartengono a due specie diverse, non sono destinate ad essere felici."
Genere: Azione, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sebastian Michaelis
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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7.
*Un demone, che non sapeva cosa fosse l’amore, poteva essere geloso?*









La mano tremò chiusa a pugno, poco convinta di voler sapere cosa volesse Sebastian. Ero ancora ferita e confusa, prima mi respingeva, poi mi cercava e ripeteva la consuetudine a suo piacere, in un crudele gioco al tira e molla, inducendomi all’afflizione.
Definirlo un sadico era un sottile eufemismo.
 
 
Bussai sulla porta in legno lucido e levigato, abbassai la maniglia ed entrai nella biblioteca. Nonna Lucy mi lasciava studiare lì, sotto la supervisione del maggiordomo, per poi chiudere a chiave la stanza ed impedire a chiunque di entrarvi. Ancora non avevo avuto modo di ficcanasare, ma presto o tardi sarei riuscita a trovare una falla per fare altre ricerche, stavolta sul patto che legava il demone a lei.
 
 
<< Avanti. >>, disse, ma non era la voce che mi ero aspettata di sentire.
 
 
Nonna Lucy era seduta composta allo scrittoio, che, durante le lezioni private, veniva occupato dal maggiordomo. Teneva i capelli legati in una buffa acconciatura vaporosa raccolta dietro la nuca, che sottolineava il viso magro ed ossuto, pareva fosse pronta per un avvenimento importante. Indossava un vestito bordeaux, piena di fronzoli, pizzi e merletti, abbandonando momentaneamente le sue invidiabili tuniche da suora di clausura.
Stava sfogliando annoiata il libro che aveva usato il mio bizzarro insegnante
 
 
Di Sebastian non c’era ombra.
 
 
“Mi ha fregata di nuovo.”.
 
 
<< Nonna… >>. Ero sorpresa di vederla lì, abbigliata in quel modo elegante e raffinato. La smorfia contrariata, non presagiva niente di buono.
Adesso me ne stavo rigida come un tronco, davanti alla scrivania di noce, intagliata ai lati e lavorata a mano. L’odore di cera calda aleggiava tra le pareti antiche e decorate con quadri terrificanti, raffiguranti le ormai conosciute decapitazioni e battaglie perse nel tempo passato.
 
 
Smise di leggere il grande tomo nero che aveva tra le mani scheletriche. Gli occhietti attenti scorgevano l’espressione frustrata sul mio viso, ancora segnato dalle lacrime.
<< Selin… buon pomeriggio. >>, mi salutò in tono cordiale ed educato, aumentando l’ansia.
 
 
<< Buon pomeriggio, nonna. >>, replicai, simulando calma. << Volevi vedermi per caso? >>. Cercai in fretta un pretesto per andarmene, nella mente vuota non vi era traccia di una scusa plausibile che potesse togliermi dagli impacci.
 
 
Un piccolo sorriso spietato le fece capolinea sulle labbra sottili e dure, poggiò il libro sulla scrivania ed unì le mani sotto il suo mento.
Il nero dei suoi occhi mi inglobò e nascosi le mie mani dietro la schiena: tremavano.
 
 
“Lei sa… sa che io conosco la vera natura di Sebastian.”, gridò la voce nella testa allarmata. “Sa… tutto! Mantieni la calma e distendi il viso: andrà tutto bene.”. 
 
 
Mia nonna era il male e glielo si poteva vedere in quelle iridi scure e crudeli.
 
 
 
<< Devi dirmi qualcosa, Selin? >>, calcò il mio nome con rabbia velata e durezza gelida.
 
 
“Sebastian gli aveva confessato tutto?”.
 
 
Poi ebbi un’idea geniale.
<< Sì, nonna. >>, confermai e il suo volto venne attraversato da una luce sinistra che metteva i brividi.
 
 
<< E allora coraggio Selin. >>. Già pregustava il sapore della mia ammissione. Le conseguenze per essermi innamorata di un demone, potevano essere molteplici, ma non sapevo che tipo di punizione aveva in serbo per me… e per lui.
 
 
<< Sabato ho intenzione di tornare a Los Angeles per poter andare a prendere le ultime cose che ho lasciato a casa di un’amica. Dormirò lì ovviamente. E tornerò domenica sera. Ho pensato che fosse giusto che lo sapessi, nonna. >>. Mentii solo in parte: a Los Angeles non avevo nessuna amica. Avevo bisogno di tornare nella mia terra natia, andare a trovare i miei genitori al cimitero, stare per conto mio, schiarire le idee.
 
 
Durante il mio discorso, la faccia di nonna Lucy cambiò lentamente espressione, passando dalla gloria sfolgorante alla furia cieca per aver fatto un buco nell’acqua.
Se si aspettava una piena confessione, avrebbe dovuto passare sul mio cadavere prima.
Serrò forte la mascella e credetti che fosse sul punto di picchiarmi brutalmente. Ne sarebbe stata capace?
Mi rendevo conto che non sapevo nulla di lei e di come fosse veramente.
 
 
<< Temo di doverti dare una delusione, mia cara Selin. >>, disse con la voce più falsa che avessi mai sentito e la mimica sadica sostituì quella precedente. << Sei sotto la mia responsabilità e fino a quando non sarai maggiorenne, non andrai da nessuna parte, quindi non partirai per Los Angeles, questo fine settimana. >>, dispose perentoria, sarebbe stato del tutto inutile controbattere e litigare, non avrei raggiunto alcuno accordo. Era il suo hobby preferito dare ordini a chiunque la circondasse, come se fossero tutti al suo servizio.
 
 
Abbassai la testa sconfitta, fissando il portapenne vuoto sulla scrivania.
<< Va bene, nonna. >>, borbottai servile.
 
 
<< Stasera ci sarà il tuo debutto in società. >>, informò e l’annuncio disorientante, mi colse impreparata. Non ero pronta per un evento di tale portata e non avevo la più pallida idea di come dovessi comportarmi in un debutto in società. << Solitamente il debutto si tiene al diciottesimo anno di età, però preferisco anticiparlo. >>.
Trovai singolare la sua decisione, non aggiunsi altro, ero nauseata da queste banalità. Se avessi assentito ad ogni sua scelta, la convivenza sarebbe filata liscia.
Credevo che il mio debutto in società fosse avvenuto alla cena di poche settimane fa, invece sarei stata nuovamente costretta ad indossare una maschera, fingere di essere un’altra persona, laurearmi in sorrisi fasulli e costringermi a socializzare.
 
 
<< Va bene, nonna. >>.
 
 
<< Il ballo si terrà fra due ore. >>, rese noto e il suo sguardo mi passò attraverso, per situarsi su un punto ben preciso alle mie spalle. << Fa’ che sia presentabile, Sebastian. >>.
 
 
Mi volsi sorpresa. Da quanto tempo era lì?
 
 
Si portò una mano sul torace, ed inclinò la testa da un lato, umile.
<< Come desiderate, mia padrona. >>.
Disprezzavo la maniera devota con cui trattava nonna Lucy, come se soddisfarla fosse la cosa più importante della sua vita, mentre io venivo stimata alla stregua di un insetto.
 
 
<< Puoi andare Selin. >>, accomiatò lei fredda, con un gesto della mano, come se stesse cacciando una mosca.
 
 
Ruotai su me stessa ed uscii in fretta dalla biblioteca.
 
 
D’improvviso fu come se riuscissi a respirare meglio e poco dopo il peso di tutto quello che stavo sopportando, rischiò di trascinarmi sotto terra. Procedevo a grandi falcate e non mi angustiai ad attendere il maggiordomo: preferivo perdermi.   
Lui marciava taciturno al mio fianco, mani dietro la schiena, spalle dritte e un portamento inappuntabile.
Mille parole urlate, rimasero mute tra di noi… era come amare un fantoccio inanimato, senz’anima, poiché lui divorava quelle degli altri.
 
 
<< Le ho portato l’abito per il ballo, è nella sua stanza. Chiamerò Charlotte per aiutarla a prepararsi, lady Selin. Posso fare altro per lei? >>.
Giungemmo nei pressi della mia camera da letto, spalancai la porta e una volta che fui al sicuro dentro di essa, gettai un’occhiata in cagnesco al maggiordomo.
 
 
<< Sì, c’è qualcosa che puoi fare: sparisci dalla mia vista! >>. Sbattei la porta così forte, che i vetri della finestra tremarono. Fu una misera rivalsa, la collera era annidata nel petto, come un vulcano pronto ad eruttare dopo anni ed anni di inattività.
 
 
 
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Charlotte strinse brusca i lacci di seta del corpetto, l’aria uscì lamentosa dalla bocca, svuotando i polmoni e lasciandomi compressa dentro il maledetto vestito che mi stava facendo penare.
Il riflesso nello specchio grande, dalla cornice dorata, mostrava una giovane ragazza incantevole, snella e slanciata, con in dosso un abito di alta sartoria, cucito da mani esperte. Composto da un bustino senza spalline, da cui scendeva morbida una lunga gonna a balze e veli che arrivava fin sulle caviglie. La stoffa bianca era disegnata da ghirigori raffinati neri, gotici, dagli intrecci complicati, che cadevano a grappoli divisi sul resto dell’indumento.
I capelli erano stati appuntati in una sofisticata pettinatura, da cui ricadevano boccoli soffici sulle spalle nude. La parure di diamanti, dava un tocco di luce al make-up scuro e all’espressione corrucciata.
 
 
<< Abbiamo quasi finito, signorina. >>, annunciò la cameriera, in difficoltà a causa del corsetto dispettoso.
 
 
Trattenni il respiro nuovamente, per renderle più facile il compito.
<< Se svengo, ti prego, trascinami via dalla festa. >>, supplicai a fatica.
 
 
Sogghignò complice, instaurando un cameratismo che agognavo.  
<< Siete bellissima, signorina Selin. Lascerete tutti senza fiato. >>, si complimentò sincera, gettando occhiate al di sopra della mia spalla, per esaminare la mia immagine.
 
 
<< Io già lo sono. >>, scherzai, sorpresa che fossi ancora capace di farlo. Un mese in questo posto e mi ero ridotta in uno stato depressivo mai saggiato in precedenza. Il mio compleanno era ancora lontano, ma dovevo resistere fino a quel giorno e poi me ne sarei andata, non mi importava nemmeno di Sebastian, dato che per lui non ero niente di più che un giocattolo da prendere e gettare a suo piacimento.
 
 
Lilith accovacciata sul divano, accanto al caminetto acceso, esaminava fiera il risultato di quel travestimento scomodo, compiaciuta ed orgogliosa. Si era già abituata a Charlotte e le aveva permesso di farsi coccolare.    
 
 
Bagnai le labbra e il sapore dolce del rossetto rosso invase il palato.
<< Charlotte, tu ce l’hai un giorno libero? >>.
 
 
Accigliò la fronte alta, coperta dalla frangetta.
<< Certo signorina, come mai questa domanda? >>.
 
 
<< Ti andrebbe di uscire con me, nel tuo giorno libero? Come amiche intendo, magari mi mostri meglio Blackrock e la smetti di darmi del “lei”. Prendilo come favore personale. >>.
 
 
In un primo momento balbettò vocaboli incomprensibili, alla fine si inchinò due volte, acconsentendo.
<< Ne sarei felice, signorina. Se le va bene, venerdì è il mio giorno libero e potremmo uscire. >>, incespicò impacciata. Finalmente aveva allacciato il corpetto malefico e si mosse da un lato.
 
 
<< Ad una condizione. >>, dissi, sorridendole grata per essere stata tra le poche persone che mostrava un po’ di dolcezza. << Che smetterai di chiamarmi “signorina” o di mostrare tutto questo rispetto. Sarò solo Selin, okay? >>.
 
 
Le guance divennero rosse e gli occhi le brillarono: doveva sentirsi parecchio sola anche lei.
<< Come desiderata, signorina. >>.
 
 
Drizzai le spalle, aggiustai le pieghe del vestito, arresa alla sorte beffarda che mi attendeva stasera e fu Charlotte, stavolta, a scortarmi fino all’ingresso del castello, dove i numerosi invitati venivano accolti da un’impeccabile maggiordomo. Persone dell’alta società agghindati con abiti raffinati e costosi, gioielli di tutti i tipi, venuti qui per vedere la nipote di Lucy Lennox debuttare in società, mentre io avrei preferito farmi sbranare da un leone.
La musica rendeva l’atmosfera cupa ed austera del castello, più accogliente e briosa.
 
 
Nonna Lucy mi attendeva alla base delle scale, occupata a conversare amabilmente con un ragazzo biondo, dalla corporatura vigorosa e vestito in gessato bianco, che conoscevo più che bene. Joseph Finnick teneva tra le mani un mazzo di rose rosse e temevo che fossero proprio per la sottoscritta.
 
 
Ero sbalordita da come fosse stato adornata l’abitazione e poi in così poco tempo, da non accorgermene neanche. Nel pomeriggio era tutto normale, mentre adesso faticavo a riconoscere lo stesso castello lugubre, che mi aveva accolto poche settimane fa.  
 
 
Fui tentata di togliermi le vertiginose scarpe alte e fuggire via e, mentre ero impegnata a montare un disegno di fuga, gli occhi fulgidi di Sebastian incontrarono i miei distratti, obbligandomi a far passare ogni progetto in secondo piano, per constatare quanto perfetto fosse in frac nero. Sarebbe stato bellissimo anche con un sacco di iuta… o nudo.  
Impulsi diversi mi legavano a lui, di una veemenza devastante che mi lasciavano senza respiro, più dello spiacevole vestito che portavo. Da una parte lo odiavo, si divertiva ad illudermi con gesti riguardevoli, per poi spezzarmi il cuore con l’indifferenza impassibile. Quel subdolo gioco mortale, non faceva altro che accrescere esponenzialmente i miei sentimenti malsani.
 
 
<< Cara Selin! >>, esclamò nonna Lucy, recitando una parte che le riusciva bene, abituata ad una vita dove fingere era l’ingrediente principale. << Sei incantevole. >>.
 
 
Scesi gli ultimi gradini, come se fossi una condannata a morte, che percorreva la traversata prima della fine.
 
 
“Dio, se ci sei, fulminami adesso!”.
 
 
Joseph Finnick annuì e pareva un baccalà, con quei capelli fissati da abbondante gel e l’abbronzatura aranciata, molto marcata, che gli dava un’aria malaticcia ed unta. Porse affabile le rose, che a malincuore dovetti accettare.
<< Sei bellissima, Selin. >>, confermò. Gli mancava la bava alla bocca e poi era una scena grottesca in tutto e per tutto.
 
 
Violentai la bocca nella replica mal riuscita di un sorriso.
<< Hai bisogno di un cavaliere. >>, avvisò nonna Lucy, dando una leggera pacca al biondo. << E questo baldo giovanotto, si è offerto di accompagnarti nel tuo debutto. >>.
 
 
Camuffare il senso di repulsione per la decisione presa, senza che fossi interpellata per dare il mio parere, fu la cosa più difficile che avessi dovuto fare.
Lui mi porse il braccio e non potei fermarmi nello scrutare affranta Sebastian, fermo immobile accanto all’ingresso spalancato, ci fissava con gli occhi sbarrati all’inverosimile, come se fosse sul punto di uccidere il mio accompagnatore.
 
 
Un demone, che non sapeva cosa fosse l’amore, poteva essere geloso?
 
 
Respirai aspra due volte, affidai i fiori a Charlotte, accettando a denti stretti la cortesia di Joseph e quando gli sfilammo accanto, la mia mano sfiorò per sbaglio quella avvolta dal guanto bianco del maggiordomo ed un brivido incandescente mi arse viva, in quella che fu la mia pira.
L’indifferenza e il distacco mi uccideva nel profondo, era come se fossi legata a lui e al contempo, la condizione sociale, la natura demoniaca e il patto con mia nonna, ci separassero. Non ero in grado di sopportare l’apatia con cui gli ero passata accanto, fingendo che nulla fosse accaduto tra di noi.   
Deglutii rumorosamente, tenni la testa bassa, cancellando il bisogno spasmodico di voltarmi, correre da Sebastian ed abbracciarlo. Era un desiderio stupido, poiché lui mi avrebbe fermata, attento a non intaccare il mio nome con un simile comportamento sconveniente.
Il debutto in società doveva essere un rito importante, per questo avrei voluto che ci fosse lui al mio fianco e non il disgustoso essere che mi aveva appioppato mia nonna.
Ero agitata, non per la festa in mio onore, ma per il rapporto teso con lui. Non me ne fregava niente del contesto prestigioso, le persone attorno a me, nonna Lucy e quel pallone gonfiato che mi sbavava addosso… a me interessava solo di Sebastian.   
 
 
L’orchestra era collocata sotto la grande balconata a nord dell’ampia sala da ballo, ornata a festa per l’occasione rilevante. Non appena io e Joseph facemmo il nostro ingresso, la musica cambiò, come per sottolineare il momento topico. Gli invitati scoppiarono in una cascata di applausi scroscianti e sotto le note allegre, il biondo mi prese villano in vita ed iniziò a ballare. Quel suo pretendere di avere l’esclusiva sul mio corpo, mi mandava in bestia.
Manteneva una vicinanza eccessiva, ridendo sguaiato e premendosi eccessivamente sul mio corpo, in un contatto fisico poco casto, che non gradii affatto.
 
 
“Se non ti allontani di almeno diecimila chilometri, ti arriva un calcio lì dove non batte il sole!”.
 
 
Più lo respingevo e più sembrava incoraggiato ad andare oltre e davanti gli occhi dei presenti, si spinse in avanti e cercò di baciarmi. Evitai di schiaffeggiarlo per non attirare altri sguardi indesiderati.
 
 
<< Vado a prenderti da bere, tesoro? >>, chiese Joseph, come se non si rendesse conto dell’insofferenza che provavo nei suoi confronti. Era una buona occasione per scrollarmelo di dosso e rifugiarmi in un punto sicuro… tra tutta quella gente, la confusione, le chiacchiere, il buffet e la musica, nessuno si sarebbe veramente reso conto della mia assenza, neppure mia nonna, fin troppo impegnata a mantenere alto il nome della famiglia.
 
 
Scivolai accorta fuori dallo stanzone confusionario, felice che potessi defilarmi dall’inferno e, intanto che transitavo presso il grande portone aperto, la sfavillante luna piena era alta nel cielo cupo, privo di nuvole e stelle, come a voler sottolineare lo splendore indiscusso del satellite niveo e pallido.
Attratta dallo scenario fatato, degno di una fiaba, uscii fuori dal castello, allontanandomi da pensieri, inquietudini e falsità. Il tempo era migliorato, non pioveva più da qualche giorno, in cambio un gelo invernale si faceva largo aggressivo e mi congelò nell’arco di pochi istanti. Strofinai la pelle nuda per intiepidirla, ma non ottenni l’effetto sperato.
Scrutavo ammaliata la volta celeste, tenendo le braccia conserte, così da non disperdere il calore del corpo e il miagolare ripetuto di un gatto, richiamò il mio sguardo. Un micio nero se ne stava rannicchiato a pochi metri da me, si leccava languido il pelo corto e mi fissava con un discernimento negli occhi gialli, che mi stupì.
Le iridi feline parevano volermi dire qualcosa, che non avrebbe potuto rivelarmi a voce. Si alzò agile sulle e zampe e scodinzolando, mi condusse sul retro del castello, dove quel pomeriggio, Jared mi aveva mostrato le Rose di Luna e raccontato la leggenda legata ed esse.
 
 
Sebastian era fermo accanto al roseto in piena fioritura, teneva un altro gatto tra le braccia ed osservava il cielo. Innaturalmente immobile, sarebbe potuto essere benissimo scambiato per una statua dalla bellezza straordinaria e stupefacente, rischiarato dalla luce bianca della luna, adesso era impossibile non vedere la natura demoniaca, era così lampante, che solo un cieco poteva non rendersene conto.
Nel buio della notte cupa, i capelli corvini e l’abbigliamento scuro, facevano spiccare il viso cereo e sottile, le iridi erano di un rosso scarlatto. Si chinò aggraziato e il felino balzò giù dalle braccia, sgattaiolando via.
 
 
<< Lady Selin, fa molto freddo qui fuori, potrebbe ammalarsi. >>, disse neutro e solo dopo aver terminato l’ammonimento, mi guardò. Non gli premeva davvero, si atteneva solo all’etichetta che lo obbligava a preoccuparsi per me: la nipote della sua padrona. << Siete bellissima. >>.
Tra tutti, il suo complimento, fu quello che gradii di più.  
 
 
Sorrisi crucciata e camminai qualche altro passo, stando attenta a non capitombolare a causa di quei tacchi alti.
<< Puoi anche smettere di fingere... qui fuori non ti vede nessuno e di certo non devi impressionarmi. >>.
 
 
Le labbra sottili si distesero di un ghigno avverso e perfido.
<< Come desiderate. >>.
 
 
<< Io non desidero niente. >>, mentii aspra.
 
 
“Desidero te.”.
 
 
<< Tutti gli esseri umani desiderano qualcosa. >>, attestò giudizioso e finalmente mi considerò. << Non sanno resistere alle tentazioni... quando capiscono di trovarsi ad un passo dalla profondità dell'Inferno si aggrappano a qualsiasi cosa li possa aiutare. Poco importa che umani siano. >>.
 
 
Morsi il labbro inferiore, ingerendo il sapore fruttato del rossetto rosso, progredii un'altra volta, stregata da lui, dal suo corpo, dal profumo e da ogni cosa gli appartenesse.
<< Cosa stai cercando di dirmi? >>.
 
 
Piegò innaturalmente la testa da un lato, fin quasi sulla spalla e gli occhi mi squadrarono dalla testa ai piedi.
<< Lasciate che sia io a spingervi verso l'inferno. >>. Da cortese gentiluomo, si esibì in un elegante riverenza, offrendomi la mano, in una delicata richiesta di ballare, con la radura deserta, la luna piena e il senso di proibito a fare da scenografia. Dietro la frase sibillina, vi era un contenuto segreto che mi spaventò.
Stava ricominciando a giocare con il mio cuore.
 
 
<< Sono già all’inferno. >>, dichiarai asciutta, non muovendo un solo muscolo. << La tua presenza ne è una prova evidente, no? >>.  
 
 
<< Anche i demoni hanno desideri, che talvolta solo un essere umano può avverare. >>, sussurrò piano, rivelando parte dei pensieri celati. Abbassò la mano, sconfitto dal mio rifiuto.  
 
 
Una leggera folata di vento lambì i boccoli sul collo e tremai per la temperatura rigida.
<< Cosa può desiderare un demone, che non possa procurarsi da solo? >>, dissi, usando la stessa tecnica di indifferenza, che a lui usciva benissimo, a me costituiva un certo sforzo.
 
 
Con una lussuria disarmante, prese a sfilarsi i guanti bianchi e li ripose all’interno del frac.
<< Avete ragione. Potrei procurarmi da solo ciò che voglio, come ho sempre fatto e come farò adesso. >>, dichiarò minaccioso e i miei occhi faticarono a mettere a fuoco lo scatto veloce del maggiordomo, che con un’andatura fluida e rapida mi fu davanti e mi abbrancò di peso per i fianchi, tenendomi avvinta a sé.
 
 
<< È così che le piace, lady Selin? Gesti rudi e passionali, che non le ho concesso e che ha cercato nel giovane Joseph Finnick? >>. Riusciva ad essere ossequioso, eccitante e letale anche in questo frangente, dove si stava prendendo con la forza quel che gli avrei donato in qualsiasi caso. Sotto la maschera controllata, si celava una gelosia che stava salendo nuovamente a galla, come era accaduto quando Joseph mi aveva offerto il suo braccio, per farmi da cavaliere.
 
 
Mi ripetei l’identica domanda: un demone, che non sapeva cosa fosse l’amore, poteva essere geloso?
 
 
<< Io non ho cercato niente! Lasciami! >>, gli ordinai, battendo allarmata i pugni sul suo torace, che non parvero neanche scalfirlo. L’adrenalina scorreva liquida dentro le vene, dandomi una chiarezza terrificante degli eventi, avevo chiesto ad un demone di essere se stesso, dopo avergli esplicitamente fatto capire che fossi innamorata di lui: mi ero condannata a morte certa.
 
 
<< Me lo ha detto lei di smettere di fingere, ed è ciò che mi sto apprestando a fare. >>. Mi addossò sul muro umido della magione, schiacciandomi con un peso che non gli tributavo. << Cogliere la sua purezza è un richiamo irresistibile… >>. Le dita seguivano licenziose il profilo della mandibola, picchiettando sulle labbra dischiuse. Avvertivo l’erezione prominente spingere tra le mie gambe oscenamente aperte a forza, impaziente e smaniosa di essere liberata ed appagata.
 
 
L’impressione che ci fosse un “ma”, che tenne taciuto in un segreto inespresso per via del patto, mi portò a riflette e il velo dell’incoscienza si squarciò, permettendomi di vedere finalmente.
Ed ebbi la tremenda certezza, come quella che sarei morta per mano dell’assassino dagli occhi rossi, che l’accordo tra Sebastian e nonna Lucy, vedeva me come merce di scambio e le tessere del puzzle iniziarono ad intersecarsi tra di loro. Questo spiegava molte cose.
La paura scivolò via e fissai temeraria le iridi di colui che mi avrebbe uccisa.
 
 
<< Sono io… >>, sussurrai, sconvolta nell’essermi innamorata del mio aguzzino, che neppure la Sindrome di Stoccolma poteva prevedere: non includeva un demone nella sua catalogazione. << Non è vero? >>.
 
 
Il maggiordomo intuì in un lampo cosa gli stessi chiedendo e il buonsenso sgorgò sul viso avvenente, sciogliendo la presa e lasciandomi andare.
 
 
“Chi tace, acconsente.”.
 
 
Abbassò le palpebre colpevole e una ciocca di capelli neri si mosse nel pallore della faccia, colta da un’antica mestizia. Non parlò, non ce ne era bisogno.
 
 
<< Fallo ora! Non ho paura di morire. >>. Alzai il mento, esaminando la morte in elegante abito da sera, che assumeva le fattezze di un uomo straordinario e pericoloso. Si era preso il mio cuore e che si sarebbe preso anche la mia vita. Non ero spaventata.
 
 
Mi analizzò di sbieco e non fece altri movimenti.
<< Non ora. >>, rispose calmo, confermando la mia tremenda teoria.
Gli dispiaceva? Ne dubitavo.      
 
 
<< Se non ora, allora quando? >>, vociai, imminente ad una crisi nevrotica.
 
 
Le labbra si carezzarono tra di loro, ma non ne venne fuori alcun suono.
 
 
<< Quando? >>, urlai, iniziando a piangere convulsamente. << Quando? Quando? >>. Scattai verso di lui e lo schiaffeggia, per poi spintonarlo sul petto magro, in un cocktail di emozioni violente, aggressive e brutali, che mi fecero perdere totalmente il controllo.
 
 
Sebastian afferrò i miei polsi, per fermare il crollo di nervi, ed impedirmi di continuare. Mi accasciai tra le braccia, in un bisogno estremo di affetto, che cercai nel mio carneficine e fu, mentre singhiozzavo convulsamente, che lui bloccò il mio mento tra il pollice e l’indice, indusse ad alzare il volto e poggiò le labbra pallide sulle mie umide ed impreparate.  
Il bacio fu dolce, delicato, sofferto, cedevole, totalitario, per nulla come l’avevo fantasticato, sentivo il suo sapore mischiarsi con il mio e fu come volare in alto, fin dove l’ossigeno veniva a mancare, per poi essere scaraventa con violenza nelle fiamme dell’inferno, dove ero destinata a bruciare per l’eternità. Non respiravo, vivevo, morivo, cessavo di esistere, ero tutto ed ero niente, una bambolina di cera che veniva plasmata e rotta a metà, per puro capriccio.
 
 
<< Faccia un patto con me. >>, bisbigliò prostrato sulla bocca gonfia di baci, in un’inconsueta preghiera, come se volesse porre rimedio a quel che aveva giurato a mia nonna, trovando una scappatoia.
 
 
Scossi caparbia la testa.
<< Non ho intenzione di tenerti legato a me in quel modo. >>.
 
 
<< È per la sua anima? >>.
 
 
<< La mia anima è già tua, come il mio cuore e il mio corpo. >>.
 
 
<< Lei non sa cosa mi sta promettendo, lady Selin. >>. L’oscurità vellutata della sua voce era una nenia cantilenata nella notte.
 
 
<< E tu? >>, rifeci ostinata. << Tu che non sai cosa sia l’amore, sai cosa ti sto promettendo? >>.
 
 
<< La sua vita. >>, rispose cupo e comprese che, avevo accettato il mio destino e che, se dovevo morire, avrei preferito che fosse una persona che amavo ad uccidermi… i suoi occhi erano l’ultimo istante di esistenza che volevo assaporare prima dell’oblio.









Note: 
Dai su stavolta non ci ho impiegato molto per aggiornare, giusto un mesetto *scansa le scarpe volanti* 

Insommaaaaaaa, dopo tanto tribolare, finalmente c'è stato un bacino piccino piccino tra Seb e Selin, so che qualcuno lo stava desiderando e mi puntava con le spade nella schiena, quindi eccovi accontentati. Finalmente inizia a districarsi la matassa e si è capito che la cara, dolce e simpaticissima nonnina Lucy ha barattato la sua anima in cambio della nipote, ma il motivo deve essere ancora svelato. 
Chi lo sa quanto potrà essere infida quella donna??? 


La storia può presentare errori ortografici.

Ringrazio le anime pie che seguono, commentano con passione (mi date la spinta per scrivere), che hanno aggiunto la storia tra le preferite e seguite, anche i fantasmini che leggono solamente. Grazie di cuore a tutti voi. 

Spero che il capitolo sia di vostro gradimento e che mi lascerete un vostro pensiero. 

Un abbraccio.

DarkYuna.
  
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