La
piccola finestrella che dava’l cocchiere scivolò e
si fermò in uno scatto
secco.
“
Portaci a far un giro per il regno. ” ordinò
perentoria la ragazza allo smilzo
omuncolo, che accolse il comando col sol schiocco delle briglie.
Le
ruote si mossero e la tensione crebbe, insiem alla coscienza
ch’il tempo fosse
poco, che la rubia femmina fosse lontana o altrove.
“
Hai
idea di dove potrebb’esser? ” domandò
lei.
“
Forse
alle scuderie o alla dimora… forse al maniero. ”
suppose nervoso.
Stettero
zitti, frementi , riflettendo su come sfruttar l’ora di
tregua per non dar
nell’occhio e non insospettir niuno pelli movimenti strambi e
frettolosi.
Fu
straziante averla lì, dinnanzi, elegante e snella, amante,
ma non aver lo tempo
per poters’unir ad ella; la sensazione più noiosa
che mai ebbe provato.
“
Dobbiamo saltare. ” sbottò Monna Saki.
“
Cosa
dici? Se non ci trovassero penserebbero ch’io
t’abbia rapita! Accadrebbe’l
delirio e la collera di tuo padre mangerebbe la terra! ”
battibeccò lui,
pervaso dal panico e l’impotenza.
“
Cosa
mai potremmo far su questa carrozza? Non ci lascerebbero soli a
gironzolare,
non a piedi… penserebbero che vorremmo consumar
prima’l matrimonio. ” spiegò.
“
Ma
noi giacemmo più volte! ”
Lei
si
sporse e gli poggiò li polpastrelli sulle labbra:
“ Non alzar la voce! Il senno
ti ripudia? ” lo rimproverò, richiudendo la
porticina alle spalle del
condottiero fischiettante.
S’accostò
al viso del principe e parlò lieve: “ Lo so, mio
amato. Ma nessuno deve
saperlo. Ci conviene agir nel discreto modo, trovar la strega e metter
fine al
maleficio. ”
Sir
Leonardo accennò piano, ammise in silenzio che contraddirla
gl’avrebbe fatto
sol perdere dell’altro tempo prezioso e non ebbe un piano
migliore di quello.
“
Fors’è meglio ch’io vada da solo. Tu
potresti distrarre cocchiere e lacchè. ”
“
No!
Non pretender ch’io ti lasci solo colla strega! ”
ringhiò lei tra li denti.
Si
fissarono, intensamente, scrutandosi inermi dai poli di quella forzosa
distanza,
rimirandosi teneramente tra le sabbie del tempo troppo veloce.
S’amarono
da lontano, si vollero con dolore, ma’l vento non
l’avrebbe attesi e la vita
l’avrebbe premiati se, pe’ quell’ora, si
fossero presi.
“
Dobbiam’andare. ” sibilò la giovane,
indicando la piccola porta e’l principe
annuì.
Sir
Leo
cacciò la testa tra le scure tendine c’ornaron la
finestrella, scorse’l
paesaggio e s’accorse che
si stavan
allontanando assai dal maniero.
Fece
scattar lo pomello d’argento e strinse forte’l
sottil polso della sua bella.
Non appena giunsero tra una viottola costeggiata da vaporoso fogliame,
vi
saltarono silenziosi, coperti anche dai colpi che li cerchi davan sul
selciato.
Attesero
che li due annoiati carrozzai sparissero dietro dei frassini ed usciron
all’aria, ricoperti di terreno e rami.
“
Siamo
lontani? ” domandò lei, scuotendosi con poca
signorilità’l vestito scuro.
“
Non
troppo, ma dobbiamo correre. ” precisò lui,
battendo i talloni al suolo per
pulirsi le punte delli stivali dalla lordura, poi la guardò:
“ Riuscirai a
correre colla lunga veste? ” chiese.
“
No… ”
“
Se ti
portassi’n spalla saremmo ancor più lenti.
” convenne lui.
Ella
rise civettuola: “ Orben, allora potrei privarmene e correr
tra li
bosch’ignuda. ”
Il
viso
del principe s’arrossò e’l sol pensiero
lo imbestialì: “ Ignuda? Tu sei la mia
regina… non voglio c’altri s’imbalsamino
l’occhi colle tue grazie! ” borbottò.
Monna
Saki rise di nuovo, compiaciuta dalla sincera gelosia del giovane
reale: “
Allora debbo accorciarmi la gonna. ”
“
Va
bene, m’abbiam già perduto tempo.
T’aiuto a legarla. ” si ricompose frettoloso
l’Hamato, ancor paonazzo in volto, mentre annodò
due lembi della veste.
Le
parole
le lasciaron tra le foglie ed i loro piedi già furon lontani.
***
Serviron
pochi passi del sol’in cielo affinché giungessero
nel paesello ancor frenetico
di melodioso scompiglio.
La
donna seguì l’amato giovane a capo chino, col viso
celato dalla lunga chioma,
che si disciolse nel mentre della corsa. Sfilarono tra le genti, lesti
come
felini arcuati, invisibili e fluidi.
Nessun
plebeo riconobbe Sir Leo, e non seppe se la cosa
gl’alimentasse più desolazione
o gioia.
“
Dove
dimora la prestigiatrice del fato? ” chiese Monna Saki, tra
l’affanni e
l’impazienza.
“
Mi
pare vicino’l maniero, nel raggio delle stalle. Il consorte
suo c’alleva le
bestie. ” rispose veloce, rafforzando le parole col suon dei
passi scattanti.
Strisciaron
tra la folla, superarono’l ponticello di pietra, tre archi e
viuzze solitarie
nel più tombale silenzio, che s’infittì
cupamente per quella distanza sempre
più corta.
Imboccarono’l
sentiero battuto, che dava proprio le spalle all’umile
casetta dal tetto di
paglia. Il principe si fermò, quasi colpito dalla
realtà di ciò c’avrebbe
presto commesso.
“
Eccola… ” bisbigliò alla donna in nero,
che lo superò senza neppur attenderlo.
Sir
Leo, sorpreso dall’ardor della sua bella, la seguì
impreparato ed intontito,
com’un soldato che segue’l condottiero. La Monna
afferrò l’anello ferroso che
pendeva dalla legno, provò a tirarlo, ma l’uscio
non si schiuse.
“
Io
non riuscirò ad abbatterla… ” disse,
fissando il promesso sposo con malaffare,
per suggerirgli, senza chiedere, che quello fosse un compito da uomini.
E’l
ragazzo, tronfio dall’aspettativa dell’amante, non
se lo fece ripetere: arretrò
di pochi passi, corse e la spallata fu tanto dirompente che’l
dolore s’irradiò
su pel collo ella testa.
Il
forte legno tuonò sordamente al suolo, sollevando molta
polvere, c’accompagnò’l
loro ingresso.
Il
buio
s’impadronì presto della loro vista, ma, non
appena l’occhi s’adattarono, fu
subito evidente che qualcosa fosse accaduto tra quelle mura
spoglie…
L’odore
viaggiò colloso nella sua gola, vischioso e denso, un odore
troppo familiare
affinché potesse dimenticarne’l sapor nelle froge.
Sangue.
Una
figura tremava ingobbita, di fianco’l caminetto spento, e
mormorava, e piangeva
addolorata. Dondolava mirando’l vuoto, colle mani legate
sulla testa ad una
catena fissata alla trave centrale, che correva lungo tutt’il
soffitto… ma
un conato di vomito gli bruciò’l fondo
della bocca, quando s’accorse che,
all’estremità delle due gambe spalancate, li
piedi furon’inchiodati al suolo.
La
rubiachioma,
emaciata e coll’occhi lividi, che alla vista del Sire
urlò disperata:
“
Vada
via! Sir, la tradiranno! ”
“
Non
le credere! La megera vuole stordirti, come farebbe’l
demonio! ” irruppe Monna
Saki dalla schiena del ragazzo.
Quella
visione fu straziante, uno strano fremito di gelo gli scorse in ogni
vena,
doloroso, temibile. Veder la donna rossa, che da anni gli
offrì li suoi
servigi, ridotta men che una bestia da macello, gli fece scordar per
troppo
tempo’l motivo della loro venuta.
Non
ebbe paur’alcuna, provo semmai pena, angoscia e si
domandò a cosa fosse giusto
creder innanzi quella barbarie.
“
Chi
sei? ” si sforzò lui, con voce rotta dalla
pietà.
Monna
April
liberò un singhiozzo, poi pianse, ma non rispose subito.
“
Chi
sei ho chiesto! ” chiese poi, più concitato e
forte di prima.
“
Il
mio bambino! Il mio bambino, me l’hanno strappato,
l’hanno portato via! ” urlò
straziata ed al contempo immune al dolore fisico, che nulla potette al
confronto dello squarcio subito, dello strappo innaturale ricevuto.
Quella
frase colpì’l petto dell’erede, nel
ricordo della morbida pancia protesa,
morbida di tenerezza e materno calore… e d’un
tratto la bocca s’imbruttì nel
sapore.
Possibile
lo stesse incantando colle sue moine d’astuta bugiarda? Che
lo volesse
indebolir adagio, com’una serpe sanguigna e paziente?
Ebbe
terrore.
“
Chi
ha preceduto’l nostro intervento? ”
domandò poi il giovine alla ragazza in nero,
senza ottener parola, ma col solo sottofondo di pianto e lamento.
“
Ti ho
posto una domanda… ” riformulò,
sguainando la spada che pel tuonar furioso
nell’orecchie neanche udì grattar
lungo’l fodero.
Manco
ebbe’l coraggio di voltarsi che provò
l’alito impellente della fredda Signora
morte sussurrargli sul collo e carezzargli la pelle.
Un
tonfo sordo, poi una fitta profonda e svilente
s’irradiò dal fianco sinistro,
ch’imprigionò in bocca ogni suono, soffocandogli
la voce liberatoria del
dolore.
Biascicò
di gola, due rivoli di sangue gli rigarono i lati del mento, nel
più totale
sgomento, imperversò in lui la coscienza d’esser
stato cieco, sordo e leggero
nel creder al sogno del suo povero e speranzoso padre.
Poi
un
rumore cantilenante, ritmico delle gocce bollenti che si tuffarono
dalla lama
corta per tamburellar’il suolo, accompagnò la sua
caduta elle lacrime di mero
tradimento.
“
Perché?
” bisbigliò con voce strozzata,
ch’emergeva tra’l sangue soffocante e le urla
sempre più distruttive della rubiachioma.
All’implorazione,
Monna Saki sbottò in un riso isterico, nauseabondo
“ Povero sciocchino… è stato
talmente facile raggirarti da esser noioso. ”
Si
contorse, poi si rannicchiò e la vista iniziò a
farsi confusa. Le fitte, il
patimento furon tali c’orar sarebbe stato uno sforzo troppo
indicibile,
inutile… cosa avrebbe puotuto dirle? Sarebbe servito
insultarla, quand’egli
stesso fu’l primo stolto?
Non
gli
restava che pagar pella sua idiozia, com’un verme che si
dimena tra la
sporcizia elle marce carni. Una ferita nell’orgoglio che non
avrebbe trovato
cura, se non nella morte e nella penitenza dell’anima al
cospetto dell’Iddio.
Gli
strilli della donna inchiodata al suolo cessaron di colpo, al seguir
d’un
fendente secco, che fece rotolar la testa innanzi la vista annebbiata
del principe
moribondo.
“
Rahzar… finalmente! Hai metto a tacer
quell’inutile gallina. ” si congratulò
la
donna, con l’uomo alto vestito di nero, che lo
guardò con schifo e disappunto
dall’alto.
“
Noto
che i miei malefici alla sua mente l’hanno confuso bene.
” convenne lo stregone
nero dalla smunta e scheletrica faccia.
La
Bruna lanciò’l pugnale tra le mani del complice,
si pulì poi le mani sulla
veste stropicciata: “ Parli del contadino e del Passero?
” precisò lei con
disinvoltura, ricevendo un cenno d’ovvietà.
Lo
stregonesco uomo leccò’l sangue dalla lama e, nel
tempo d’un paio di battiti di
ciglia, il suo aspettò mutò, fino ad esser
identico al principe agonizzante.
“
Non
dimeticar la spada. ” l’avvisò lei,
strappandola al vero Leonardo e porgendola
al fasullo principe che le fece cenno d’andar via.
“
Attendimi. Voglio esser sicura ch’egli non viva. ”
disse indifferente,
riafferrando’l pugnal ancor sozzo.
“
Dicesti d’amarmi… ”
singhiozzò amareggiato.
Ella
s’abbassò, portando lo bocca al suo orecchio
“ Amarti?... Mi son solo
assicurata che fossi tu ad amare me. E’ bastato giacere in
una misera casupola
dismessa, irretirti’l cuore con dolci promesse e sconvolgere
ogni tua certezza.
Un regno com’il mio… non merita un Re debole, un
sangue tanto acquoso. ”
enunciò a voce fioca.
Gli
posò l’arma al lato del collo, pronta per
recidergli la giugulare “ Era una
prova, mio caro Leonardo. Se solo avessi lottato per avermi povera di
gioie e
di vesti, se solo avessi dissentito dal volere del tuo bonario
padre… forse la
storia sarebbe stata diversa. ”
“
Io…
io ti cercai ovunque. ”
“
Spiacente… non hai superato la mia prova. ”
sentenziò, facendo pressione sulla
vena pulsante col filo tagliente.
Sir
Leo
strinse gli occhi e si preparò a lasciar il corpo con
disonore ed
arrendevolezza, sentì di meritar quella fine misera, ad
esser ricordato come
l’infausto erede, la rovina d’una discendenza
millenaria.
Ma’l
coltello non scivolò mai lungo la gola ed egli non smise mai
di respirare. Un
affondo tra le scapole sottili della giovane mentitrice si
scontrò colle ossa,
spezzandole di netto, tranciando gli organi vitali, innaffiandolo del
sangue
ancora caldo e vivo lungo tutto’l dorso contratto.
La
pressione sulla nuca s’affievolì, il fil di lama
cadde in un botto lontano ed
una voce famigliare tentò di tenerlo vigile, chiamandolo
vigorosamente.
“
Fratello… ”
***
Aprì
l’occhi lentamente, con fatica, sentendoli dolenti, gonfi
ella luce della
stella nascente glieli fece richiuder più volte, prima che
la vista tornasse a
funzionare.
Al
capezzale
suo vi trovò Raffaello, colla faccia macilenta di
stanchezza, che sussurrò
qualcosa tra i denti, quando vide le iridi vacue brillar del loro
azzurro
profondo.
“
Fratello… mi
riconosci? ” disse poi
vacillante, quasi gattonando al fianco suo.
La
bocca fu tanto impastata e’l sapore tanto amaro che temeva di
poter proferir
solo parole sgradevoli, quindi tacque, ma sorrise.
Sir
Raffaello si coprì la bocca nel trattener un grido isterico
e gioioso, proprio
come’l ragazzino d’un tempo, e gli prese la mano.
“
Fratello, abbiamo tanto da raccontarti. Hai giaciuto dormiente per tre
lune…
fuori è autunno. ” gli spiegò ansioso,
con quel suo sguardo gioviale ed arguto.
In
cuor
suo se ne sorprese, ma la forza di capire si tramutò in
un’unica e dolorosa
parola: “ Tra-tradimento… ”
tartagliò con aria greve.
Il
più
giovane principe lo fissò contrario, storse il naso
“ Tradimento? Fratello…
cosa farfugli? ”
Sir
Leonardo fece forza sui gomiti, tentò di alzarsi, ma la mano
snella del
fratello lo riappoggiò allo strapunto “ Forse sei
ancor assai confuso. Riposa
adesso. Allerto l’altri che la febbre alta
t’è passata ” disse dolcemente,
ignorandone i tentativi di fermarlo con mugugni e lamenti.
Uscì
richiudendo la porta con cautela, lasciandolo solo.
Non
riuscì a comprender la ragione di quell’ignoranza,
del perché’l fratello suo
non avesse ricordato’l tradimento subito.
Ripercorse
ciò c’accadde, più e più
volte, rimembrò della ferita,
controllò’l fianco e
nulla vi trovò, se non la sua pelle integra.
Ricordò la Bruna, della
disperazione circa quell’amor perduto, della rivelazione
dello stregone sui
suoi incantesimi per confondergli la mente.
Ogni
particolar veduto, per lui fu davvero vissuto, per quanto
vivido… e non
comprese.
“
Sono
folle. ” bisbigliò incredulo, ma una luce perlacea
ed accecante l’immobilizzò
dallo spavento, facendogli ritirar le gambe, di getto.
Fu
veloce e schioccante, e da ella prese forma una donna, agghindata di
strambe
vesti, un curioso copricapo ed un voluminoso scettro, che cadde
rovinosamente
in terra, inciampando tra li suoi stessi piedi.
La
paura per ciò ch’ebbe veduto
l’imprigionò in quella posizione contratta, la
voce gli si congelò per paura e splendore,
curiosità ed impotenza.
La
donna s’alzò maldestramente e rossa in volto
“ Oh, no Leonardo, non sei folle…
”
“
Co-come? ” si limitò a dire,
pietrificato.
Finalmente,
la bella donna di luce lo guardò distesa e soddisfatta
“ Ti starai chiedendo
come faccia a conoscere il tuo nome e cosa ti sia accaduto, ben dico?
” suppose
lei, ma il principe non rispose e non interruppe il contatto visivo.
Sospirò,
notando’l panico in viso dell’apatico
interlocutore… “ Tre giorni orsono, prima
che tuo padre ti avrebbe proposto di sposare la figlia di
GrigiArtiglio, di notte,
hai avuto una brutta febbre. Tutto ciò che accadde
dopo… te l’ho mostrato io,
attraverso i tuoi sogni. ” spiegò, calma.
La
mandibola del giovane principe si spalancò e, colto da
un’improvvisa spinta,
sbottò: “ Non è possibile! ”
Per
quanto la cosa gl’apparisse assurda ed inveritiera,
sperò fosse’l reale,
s’augurò che non si trovasse in quel letto a causa
del tradimento. Nulla fu
chiaro, qual mai stregoneria avrebbe potuto rivelargli’l
futuro prossimo?
Possibile c’ogni emozione, ogni turbamento fossero sol frutto
d’un misero
sortilegio?
Si
convinse c’ancor fosse nella casa di rubiachioma, col fianco
trafitto, privo di
sensi e che stesse delirando, che quella donna di luce fosse scesa dal
cielo
per prender l’anima sua e portarl altrove.
“
Tu
non sei reale… ” borbottò timoroso.
La
donna
ridacchiò tenera, comprensiva
all’incredulità del giovane principe: “
Quel che
tu hai vissuto, Leonardo, ancora non è reale. Ma potrebbe
diventarlo se tu
decideressi d’esser ripetitore di tali ingenuità e
simili errori. Io ti ho
mostrato ciò che accadrà se deciderai di ceder
alle moine di quella fanciulla,
o alle speranze di tuo padre. ”
“
Nel
regno vi sono molte spie per conto di Grigiartiglio, sanno che hai
rifiutato molte
spose promesse, che Raffaello e Michelangelo li hanno scoperti e che
Donatelo,
prima di te, ha degenerato un erede, che si premureranno di far
sparire, com’avrai
visto. ” spiegò.
Nell’audir
queste rivelazioni, il giovane ebbe un tremito… “
Spie? Impossibile, le
avrebbero già trovate… ”
mormorò affaticato, ma deciso.
La
donna sollevò lo scettro, ed il portale lucente si
aprì nuovamente, irradiando un
alone celestiale in tutto lo stanzone.
“
Le
spie sono assai piccole, abitanti abituali della terra e delle segrete.
Hanno
un cieco confidente, che vede attraverso loro e che parla allo stregone
Rahzar,
tramite’l pensiero. Alta stregoneria, nobile arte, temibile e
difficile da
estirpare. ”
“
Cosa
devo fare? ” domandò, spiazzato ed ormai convinto
lei dicesse’l vero, dato che
nessun altro avrebbe potuto sapere cosa gli fosse accaduto alle celle.
Sorrise,
la straniera lucente, issandosi a mezz’aria in procinto di
saltar nel portale: “
Dicono tu abbia un
ottimo affondo… Fa
che tutti coloro che ne dubitano lo sappiano. ”
“
Perché ha lasciato che io vedessi? ”
“
E’
stato lo scettro… voleva assicurarsi che Re Yoshi
sopravvivesse. ” disse, quasi
completamente avvolta dalla nube di luce.
Leonardo,
al che, prima ch’ella si dissolvesse, domandò
lesto: “ Chi sei? ”
Ormai
solo la voce sentì, provenir dalla porta luminosa
c’apprestò a chiudersi.
“
Ci
vediamo nella storia… ”