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Autore: Elise Luna    24/01/2016    0 recensioni
Era stato Sirius a organizzare il funerale, i fiori e tutto quanto, gli pareva giusto, doveroso a prescindere dal fatto che, nessun altro se ne sarebbe curato.
Anzi ne era felice ed era così orgoglioso di poterlo fare perché Alphard Black era una persona straordinaria come poche.
In quel momento intese, che no, non stava veramente bene; credeva di poter tenere a bada il dolore talmente era convinto di voler essere pragmatico, aveva finito per ingannare se stesso, invece la gola bruciava per le lacrime trattenute, e già sentiva che suo zio gli mancava da morire
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Nuovo personaggio, Sirius Black
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Nota: Questa storia è  alternativa ai fatti   narrati nei libri, ad esclusione della  storia dei maleandri, per il resto prenderà vie totalmente differenti.

 


Funerali e noci di cocco

 
 INTRODUZIONE
Spesso da bambina mi domavo, dove sarei stata se, quel giorno piovoso, mia madre non avesse incontrato mio padre; Chi sarei stata? Forse sarei stata un’esploratrice avventurosa che amava perdersi nelle foreste pluviali? Una dottoressa? Una donna delle pulizie? Partecipante ai funerali professionista? O addetto alla sicurezza delle noci di cocco?
Ho sempre creduto di essere una brava attrice: riuscivo a piangere a comando, ed era uno sballo quando dovevi chiedere qualcosa, hai tuoi genitori.
Per le noci di cocco, beh, Alph mio fratello, non smise di ridere per tutta la sera quando lo raccontai a tavola. Rimasi molto  molto offesa da quell’attacco d’ilarità, perché all’epoca ero proprio convinta che fosse un’ottima scelta per un babbano. Forse Alph credette che fosse frutto della mia fantasia, e non scoprì mai quanto pagavano bene per fare un mestiere del genere.
Le solite strambe fantasie di una bambina con la testa sempre fra le nuvole qualcuno avranno pensato, eppure nel mio inconscio avevo rielaborato quello che mia madre mi raccontò una sera prima di addormentarmi.  Buffo a dirlo ma grazie alle noci di cocco e ai funerali se mio fratello ed io siamo venuti al mondo, e in qualche modo mi pareva che senza di questi la mia vita non avrebbe potuto avere luogo.
Chi sono? Mi chiamo Cara, come una stella, esattamente come tutti i parenti che non ho avuto il piacere di conoscere. Sebbene mio padre odiasse tutta la sua famiglia, pensò bene di continuare questa lunga tradizione.
A proposito di mio padre, già che ci siamo partiamo da lui: Sirius Black.

 

Quell’anima pia di Alphard Black

 
La pioggia era forte e rumorosa tanto che fu fonte di disturbo per tutta la durata della celebrazione. Sirius stretto nel suo giacca di pelle pensava che quello fosse l’ennesimo scherzo di suo zio. Era stato sempre un burlone, un grande amante della vita tanto da accettare con serenità l’inevitabilità della morte.
E intanto sempre i migliori se ne vanno per primi.
Sentì una leggera pressione sulla spalla sinistra che lo convinse a voltarsi per guardare il suo migliore amico. James, con gli occhi, gli chiese se andasse tutto bene. Con un altro sguardo, gli fece capire che stava bene. Capirsi al volo era la loro specialità fin dai tempi del primo anno, a Hogwarts.
Quando distolse gli occhi da James, lasciò vagare lo sguardo verso Lily, Remus, i signori Potter, altri suoi cari amici, gli amici di suo zio, arrivando fino in fondo alla sala. Era piena nonostante la totale assenza dei parenti, ad eccezione di una sua cugina.
D’altronde se eri diseredato…altro non potevi aspettarti.
 
Era stato Sirius a organizzare il funerale, i fiori e tutto quanto, gli pareva giusto, doveroso a prescindere dal fatto che, nessun altro se ne sarebbe curato.
Anzi ne era felice ed era così orgoglioso di poterlo fare perché Alphard Black era una persona straordinaria come poche.
In quel momento intese, che no, non stava veramente bene; credeva di poter tenere a bada il dolore talmente era convinto di voler essere pragmatico, aveva finito per ingannare se stesso, invece la gola bruciava per le lacrime trattenute, e già sentiva che suo zio gli mancava da morire.
Fu distratto per tutto il resto della funzione, preso nei ricordi di un’infanzia infelice il più delle volte, sen non fosse per le poche persone di cui si fidava, e Zio Alphard era uno di questi. D’altro canto se non fosse stato per la sua generosità, chissà cosa ne sarebbe stato di lui.
Dopo essere scappato da casa a sedici anni, rifugiatosi dai Potter, era stato lo zio ad aiutarlo economicamente di nascosto da sua madre, la quale sembrava considerarlo morto.  E ora dopo la morte gli aveva lasciato una generosa cifra, che gli avrebbe permesso di vivere bene, atto che sua sorella non gli aveva perdonato, sbattendo anche lui tra i parenti “mai-esistiti”.
L’intransigenza di Walbunga era talmente dura che bastasse pochissimo per meritarsi di essere dimenticato da tutti. Sposarsi un mezzosangue o peggio un babbano, scappare da casa, aiutare i fuggitivi o ancora peggiore essere un manganò.  Probabilmente nell’arazzo appeso nel salotto in casa Black, c’erano più buchi di bacchetta che nomi.
Sirius cercò di sforzarsi di ricordare se a casa sua l’atmosfera fosse sempre stata così tetra, rabbiosa, intransigente e oscura. Più passava gli anni, e più si conosceva che sì, niente era bello, che non sarebbe mai stato possibile, essere felice lì.  Il fatto era che la morte di suo Zio, aveva risvegliato in lui, una serie di ricordi che aveva ricordato: molti riguardavano zio Alphard e Andromeda, eppure tra tanti ricordi spiacevoli, facevano capolino quattro paia di occhi che lo guardavano pieni d’amore, due di madre e due di fratello.
Quando tutto è capitolato in basso?
Qualche giorno dopo la sua fuga da casa, Alphard era venuto a cercarlo dai Potter; non per portarlo a casa, perché in primo luogo sarebbe stato impossibile convincerlo, in secondo luogo i suoi genitori non lo avrebbero voluto più.  Era venuto soltanto per accertarsi che stesse bene, e per parlargli da uomo a uomo.

“Nipote mio, ti capisco.”
“la nostra famiglia è così ceca per vedere aldilà del proprio naso, chiusi ostinatamente nelle loro assurde convinzioni.”
“Volersene andare da un luogo in cui non avresti futuro.”
“Mi fa soffrire, ma lo accetto.”
“Ti chiedo soltanto un favore: non dimenticare mai che a modo loro ti hanno amato.”

Sirius era troppo arrabbiato – d’altronde lo era ancora- per poter anche cogliere il senso di quel discorso. Faticava a vedere l’amore di cui gli parlava, e ora che lui era morto, desiderava ardentemente di capire, voleva chiedere spiegazioni che non poteva più dargli.
Sperò che un giorno capisse da sé.
 
 Finita la celebrazione, si mise in un punto ben visibile in modo tale che tutti i conoscenti potessero esprimere le loro condoglianze e lui potesse ringraziarli della loro presenza.
Molti erano suoi amici, ex compagni di scuola, ma la maggior parte erano amici e conoscenti del defunto: facce tutte uguali, tutti ultracentenari capaci di lasciare occhiatacce di rimprovero per il suo abbigliamento, per i capelli, per  l’atteggiamento. Per alcuni, un funerale non era l’occasione di dire a dio ad una persona cara, piuttosto una per far pettegolezzi o rinsaldare amicizie di comodo. Per alcune zitelle, invece, era un ottimo modo per accalappiare vedovi ricchi.
Passò una buona mezzora a stringere mani senza prestare  attenzione ai volti quando gli si fiondò abbracciandolo una sconosciuta da un folto groviglio di capelli castano chiaro tenuti su da una matita sbilenca.    
Gesticolava freneticamente, con le lacrime agli occhi parlando di quanto fosse stata bella la cerimonia.

“E’ stato davvero un brutto colpo, per tutti!” esclamò soffiandosi il naso.
“Giusto l’altro giorno parlando con Josh…”.

Non era una sua amica, né tanto meno  poteva essere amica di suo zio, perché troppo giovane; per di più  aveva l’aria di essere una babbana.
I giovani maghi e streghe vestivano solitamente la moda babbana quando non erano in situazioni formali come la scuola e di certo erano in grado di mimetizzarsi perfettamente con le persone senza poteri magiche. Tuttavia, c’era sempre un piccolo indizio che permetteva di distinguersi tra loro. Inoltre, la comunità magica era piccola, sebbene non si potesse dire di conoscere ogni persona, di certo i volti sarebbero stati abbastanza riconoscibili.
Cosa ci faceva una babbana al funerale di suo zio?  Era stato una persona molto tollerante, rispetto alla loro famiglia, di lui non ricordava i soliti soliloqui sulla purezza di razza e la superiorità dei maghi rispetto a qualsiasi altra creatura vivente, tuttavia non lo aveva mai sentito parlare di amicizie babbane, o che frequentasse luoghi “non magici”.
Mentre la strana ragazza parlava ancora di come lei e Josh si sentivano in riguardo alla morte di Zio Alphard, che da sopra la testa ricciuta di lei vedi comparire  la testa rossa di Lily.  Quest’ultima guardò prima lui, poi la sua interlocutrice con aria interrogativa.
Felpato rispose con una scrollata di spalle. 
La ragazza vicino a lui, sembrò neanche accorgersi di quello scambio silenzioso.

“Cioè abbiamo visto Bert tutto pimpante due ore prima, come avremo potuto immaginare che fosse stroncato da un infarto così senza preavviso?”
Bert?
“Non l’avremmo mai lasciato da solo se avessimo saputo!”

Non era certo il momento adatto, era fuori luogo, eppure scoppio a ridere fragorosamente. Ricevette parecchie occhiatacce di cui poco gli importava. Allo Zio, ne era certo, avrebbe fatto piacere, anzi anche lui in quel momento stava ridendo insieme con lui.
Gli occhi della giovane diventarono due tondi dalla sorpresa, tanto era rimasta perplessa.

“Come ti chiami?” chiese lui
“Julia…Monoz…”
“Julia, mi spiace dovertelo dire, ma hai presidiato al funerarle sbagliato.”

Mentre spiegava che suo Zio non si chiamava Bert, James, Remus e Lily lo raggiungessero.  Non sapeva cosa fosse più divertente, il viso improvvisamente rosso papavero di Julia o vedere James che tentava, in maniera goffa, Lily camminare.
“Sono incinta, non malata, per Merlino!”
Distolse lo sguardo dagli sposi per posarlo di nuovo su Julia.  Quella non sapeva più come scusarsi, rossa quasi quanto i capelli di Lily, sembrava voler sprofondare sotto terra; Sirius non poté che trovarla adorabile.

“Credo che il funerale di Bert si trovi nella stanza accanto.”
“Grazie…condoglianze per la tua perdita…e scusami tanto!” disse prima di voltarsi per scappare la prima possibile.
Qualcosa scattò in lui, e lo spinse a fermarla di nuovo: “Non sentirti in colpa, per Bert, intendo.”
“Gli infarti non si possono prevedere!” concluse prima di voltarsi e tronare dai suoi amici che lo guardavano tra lo stupito e il divertito. 

Per un momento Sirius si era sentito strappato dal dolore, per un momento una brutta giornata, da inserire nella lista delle peggiori, sarebbe stata ricordata con sorriso.  Non gli capitava spesso di sentrisi così con clacuno che non fosse uno dei sui amici; eppure se Sirius aveva sentito un po' di sollievo da quel dolore, era stato merito di uan totale e completa sconosciuta.

Dopo il rifresco andarono al cimitero per dare l’ultimo saluto al defunto, e Sirius fu l’ultimo ad andarsene.   Salutò i suoi amici dicendolo di tornare a casa.  Quelli riluttanti lo accontentarono.
Davanti al cumolo di terra rimase fermo lì per parecchio, e quando si decise ad andarsene riuscì a sussurrare, Grazie per tutto, mi mancherai, vecchiaccio.
Pareva che la giornata fosse ormai conclusa, che ormai poteva anche richiudersi alla testa di porco e ubriacarsi, o anche in un locale babbano anonimo che tanto non faceva differenza.
Invece no, mentre s’incamminava verso l’uscita, vide un altro corteo funebre e lì in mezzo una testa scompigliata ormai famigliare. Come se quella si fosse sentita chiamare, si voltò verso di lui, per questo si sentì in dovere di salutare accattivante.
“Salve di nuovo Julia!”




 
   
 
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