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Autore: MaxB    24/01/2016    6 recensioni
1_Quando la mattina il sole filtrò timido dalla coltre di neve, un certo Dragon Slayer si svegliò intorpidito e dolorante per la scomodità del divano. Ma, trovandosi davanti il visetto dolce e sorridente di una certa maga, pensò che mai il suo risveglio era stato più dolce.
4_Si appoggiò al muro con la mano sinistra e con la destra strinse forte la vita della compagna, che sembrava essersi incollata a lui. Ogni parte del suo corpo aveva trovato il suo posto in quello di lei, come se fossero stati due pezzi di puzzle.
8_Era bastato uno sguardo complice per far capire a Gajiru e Rebi che quello sarebbe stato il loro posto. Isolati da tutto e da tutti, in pace con il mondo e la natura.
12_Quando vide la matassa di capelli turchini premuta contro il suo petto e vari vestiti sparsi per la stanza, si ricordò cos'era successo la notte prima.

L'evoluzione della storia della mia otp preferita, mantenendo i nomi originali giapponesi. Un piccolo estraniamento dal manga originale per dare una prospettiva shoujo e non shounen.
"Perché l'amore rende tutto più bello e sopportabile♥"
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gajil, Redfox, Levy, McGarden, Pantherlily
Note: Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La vita privata di una splendida coppia'
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Adattamento

- Amore, guarda come ride! – esclamò Rebi con la voce da bambina.
Ririi ridacchiò prima di beccarsi uno schizzo in pieno occhio, al che iniziò a ridere Gajiru.
Kinana stava sgambettando dentro al lavandino del bagno della sua cameretta. Rebi le teneva la schiena con una mano, affinché fosse parzialmente seduta e non annegasse in quella poca acqua, mentre con l’altra le strofinava delicatamente la pelle. Gajiru, alle spalle della moglie, la fissava con orgoglio, il mento appoggiato sulla spalla della consorte e le braccia strette attorno alla sua vita. Ririi era seduto sul bancone di fianco al lavandino, ed era stato così ingenuo da mettersi ai piedi della bimba per poterne vedere il viso. Nell’aria aleggiava l’odore del bagnoschiuma farmaceutico per bambini, in modo da non irritare la pelle sensibile della piccola.
A quest’ultima, comunque, non importava proprio nulla elle attenzioni del padre o del gatto. Rideva come una matta schizzando acqua ovunque a causa degli sgambettamenti eccitati. Ririi era fradicio e lei ogni tanto si bloccava, basita, perché l’acqua le arrivava sul viso, facendo ridere tutti.
- Certo che se questa salsiccetta si muoveva così tanto in pancia, è un miracolo che tu non sia storta come un bastone – fece notare Gajiru.
- Ora capisci cosa ho dovuto passare? Presumo che l’acqua le piaccia.
La bimba ridacchiò per confermarlo e batté le minuscole manine su quella della mamma, che le accarezzava la pancia. Poi la sua attenzione fu catturata dalle bolle di sapone e iniziò a schiaffeggiare l’acqua, lavando anche Rebi oltre a Ririi.
- Va bene piccola nuotatrice. La doccia me la devo fare anche io, ho capito – disse lei ridacchiando.
Gajiru le bisbigliò all’orecchio, sfiorandolo con le labbra e ghignando mentalmente sentendo il brivido che l’aveva scossa: - Magari ti faccio compagnia. Sei così piccola che potresti annegare.
Rebi cercò di ignorarlo. – Ana, ora usciamo.
La bimba smise di muoversi per un attimo e fissò la mamma, con sguardo consapevole. Occhi nocciola fissi in occhi color mogano, caldi, grandi e amorevoli. Poi ricominciò a muoversi mentre Rebi rideva e la sollevava, sciacquando via la schiuma.
Gajiru si staccò e afferrò l’asciugamano morbido che Rebi aveva preparato prima, aprendolo e accogliendo la piccola che vi venne adagiata sopra. La mamma chiuse l’asciugamano, avvolgendola, e Gajiru la strinse al petto. Kinana non fece in tempo a capire che il suo gioco era finito, che ne trovò subito un altro: mordere il tessuto. Emettendo dei sommessi “guh” e “gna” ciucciò il morbido asciugamano e cercò di divincolarsi, ma Gajiru la teneva troppo stretta.
Rebi sorrise e sospirò. – Speriamo che questa notte dorma. È da un mese che si sveglia alle tre per mangiare.
- Be’, è un po’ più tardi delle altre sere, magari se le fai fare la poppata ora poi non si sveglia fino alle sei.
Ririi ridacchiò. – Siamo messi davvero male se speriamo di riuscire a dormire solo fino alle sei!
- Tu taci che non devi mai alzarti! – sbraitò Gajiru.
- Ma se sono un baby-sitter migliore di te?!
- Cosa stai…?!
Rebi sospirò e prese Kinana dalle mani del marito, che continuò a lanciarsi frecciatine con Ririi.
- Vedi, Ana, noi donne siamo superiori anche perché non abbiamo tutti questi problemi di testosterone e questioni da “maschio dominante”.
La piccola che la fissava in silenzio sorrise, ridacchiando e strizzando gli occhi, quando la mamma si chinò per strofinare il naso contro il suo.
Kinana aveva ormai tre mesi e i genitori e l’exceed si erano abituati ai suoi ritmi di vita, all’allattamento e alle coliche, che per fortuna sarebbero dovute presto finire. Erano durate un mese e mezzo e la piccola principessina con la voce da drago aveva ruggito il suo dolore per tutta la casa. Gajiru era andato nel panico, camminando nervosamente tanto da rischiare di scavare i solchi nel pavimento. Per fortuna avevano scoperto che la pancia morbida da gatto gigante di Ririi e le sue carezze felpate sulla schiena la calmavano senza problemi. Perciò, quando puntualmente alle otto di sera Ana iniziava il suo concerto di dolore, in pochi secondi veniva fatta sdraiare sulla pancia del gatto che, coccolandola, finiva per farla calmare in pochi istanti. Inutile dire che la gelosia di Gajiru raggiungeva picchi mastodontici.
Nessuno invece si sarebbe mai aspettato di vedere Rebi invidiosa di suo marito. Non tanto per il legame tra il padre e la figlia, che anche lei aveva con Ana, quanto per le sue abilità genitoriali innate. Era più efficiente di una balia. La prima avventura con i pannolini era stata un fiasco per lei: ne aveva sprecati tre in un colpo solo perché o li aveva messi al contrario o aveva agganciato male i bordini adesivi. Non voleva darsi per vinta, ma al quarto tentativo Gajiru era scoppiato a ridere: sua moglie fissava il pannolino e il culetto della figlia come se l’avessero sfidata, e con gli occhi socchiusi e la lingua tra le labbra stringeva convulsamente il panno assorbente. Rebi gli aveva scoccato uno sguardo omicida e lui le aveva baciato una guancia prima di rubarle il pannolino e metterlo addosso ad Ana con pochi e semplici gesti, sollevando poi la bimba che rideva e sgambettava.
Così era diventato lui l’ufficiale infilatore di pannolini, dato che oltretutto con il suo super-olfatto riusciva a capire quando la sua piccolina faceva delle puzzette (falso allarme pupù) o si impegnava per produrre qualcosa di grosso (allarme pupù).
A cullare la bimba per farla addormentare erano perfetti entrambi, ma Rebi era più brava a rimanere sveglia. Con Gajiru andava sempre a finire con una bella ronfata in qualche posto improbabile come la sedia a dondolo per bambini, le scale, il pavimento (sì, era capitato che Ririi inciampasse sulla gamba del nakama imprecando e rischiando di travolgere una piccola Ana russante) o addirittura il muro, in piedi. Rebi si faceva delle grosse risate prima di riportare nella culla Ana e trascinare a letto il marito a suon di spinte e minacce. Era certa che ancora non si fosse addormentato nella culla solo perché era davvero troppo piccola per contenerlo.
Rebi arrivò in camera e si mise semisdraiata sul letto, con la piccola seduta sullo stomaco. Le si stavano chiudendo gli occhi, ma lottava contro il sonno agitando le mani paffute. Rebi ne afferrò una e Ana gliela strinse, posandola poi sul viso della mamma e toccando tutto quello che poteva: naso, fronte, guance, occhi e bocca. Si fermò su quest’ultima e Rebi le baciò il piccolo e morbido palmo, facendola ridacchiare per il solletico.
Anche se era aperta, qualcuno bussò alla porta. – Si può? – chiese Ririi.
- Certo. Ora la allatto e poi la metto a nanna.
- Posso dormire con lei se vuoi. Così se si sveglia la cullo io e tu ti fai almeno una notte piena. Se poi vedo che inizia ad aprire e chiudere la bocca miagolando come un cucciolo, ti sveglio.
Rebi sorrise, grata. – Se vuoi dormire con lei va bene, ma non credo si sveglierà. Lo spero, almeno.
Ana batteva gli occhi sempre più lentamente, i movimenti vivaci di mani e gambette rallentati dal sonno. Schioccava la bocca come se avesse un sapore strano sulla lingua. Ririi si avvicinò e la osservò, mentre a Rebi si stringeva il cuore. Gli occhi del gatto erano pieni di amore e devozione verso quella piccola creaturina che teneva in grembo. Non si stancava mai di fare da balia ad Ana, di cullarla, di trovarle il ciuccio ovunque fosse nascosto o di farla ridere o smettere di piangere. Era bellissimo vedere quanto le era affezionato.
- Vuoi vederla mentre la allatto? È buffissima quando ha sonno e mangia, perché finisce sempre con l’addormentarsi continuando a ciucciare – bisbigliò con aria cospiratrice.
Ririi la guardò con il desiderio negli occhi. Non aveva mai potuto vederla mentre mangiava perché Gajiru era geloso del seno della moglie e non permetteva nemmeno al suo fidato exceed, nonostante le proteste di Rebi, di guardare la bimba mentre poppava.
Proprio in quel momento Gajiru entrò in camera e, con il fuoco negli occhi, fissò trucemente sia la moglie che il gatto. – Traditori.
- Ma smettila! È solo Ririi. Se non mi vergogno io perché dovresti farlo tu?
Ririi lo guardò ghignando, pregustandosi la vittoria, mentre Gajiru bofonchiava imprecazioni e si sedeva sul letto: anche lui adorava vedere Ana bere. Rebi lo osservò eloquentemente, aspettando una sua conferma.
Il ragazzo sbuffò. – E va bene! Ma finché ti spogli lui non può guardare.
Rebi ridacchiò e aspettò che Gajiru le facesse da scudo contro Ririi, che non aveva alcun interesse nel vedere la sua nakama nuda, ma non sarebbe mai riuscito a farlo capire al cocciutissimo drago.
- Fatto – bisbigliò quando Ana fu attaccata al suo seno, succhiando come una disperata che non mangiava da giorni. – Ehi, ingorda, vacci piano. Scoppio di latte, non serve soffocarsi!
Gajiru ridacchiò nel suo solito modo, attirandosi un’occhiata divertita della moglie, che cercava di allontanare leggermente Ana affinché rallentasse; in risposta, la piccola spalancava la bocca e mugugnava un “gah” arrabbiato. Il padre le arruffò dolcemente i corti capelli scuri come i suoi, che erano cresciuti sani e morbidi dopo che la peluria che aveva quando era nata era caduta. Ririi, invece, non distoglieva gli occhi dal visino morbido della bimba, memorizzando il modo in cui socchiudeva gli occhi dalla stanchezza e iniziava a succhiare più lentamente una volta placata l’iniziale morsa della fame.
Con un moto della testa, improvvisamente sveglia, Ana allungò il piccolo collo per cercare di capire chi avesse alle spalle. Si sentiva leggermente osservata. Dopo aver scorto Ririi e Gajiru, sorrise mettendo in mostra le rosse gengive sdentate, e riportò la sua attenzione alla morbida fonte di nutrimento, ricominciando a mangiare.
- Non è che ti sei innamorato di lei, gatto?!
Ririi tirò al nakama un pugno sul braccio, vendicandosi per la pacca sulla testa. – La amo, ma non nel senso che dici tu. Non come tu ami Rebi. Io amo entrambe di un profondo affetto.
Un po’ sospettoso, Gajiru mise il broncio mentre la ragazza, con gli occhi lucidi d’emozione, fece i grattini sulla testa del gatto.
- Ecco – sussurrò poco dopo. – Si è addormentata, ma ogni tanto continua a ciucciare. Si sta sporcando tutta…
Rebi ridacchiò cercando i muoversi il meno possibile. I due uomini si sporsero per vedere la piccola Ana che dormiva con la bocca ancora premuta sul seno materno. Una piccola scia di latte le colava lungo la guancia e ogni tanto sembrava ricordarsi di avere ancora il suo biberon personale in bocca, così succhiava automaticamente.
- Te la porto a letto? – chiese pacatamente Ririi, allungando le braccia.
- Grazie. Sfamata, è stata sfamata, lavata, anche, ma bisogna metterle il pannolino…
- Faccio io. Sarò leggero come una piuma. Del resto, ho le zampe felpate – mormorò mostrano i cuscinetti sui palmi delle mani.
Sorridendo, Rebi aspettò che si trasformasse in una pantera gigante e gli porse Ana, chiusa come un involtino nell’asciugamano.
Persino Ririi era migliore di lei nel mettere i pannolini alla piccola.
Gajiru osservò la moglie mentre si puliva il seno e si alzava per cambiarsi, dopo che la figlia aveva lavato anche lei.
- Doccia? – domandò lui, immobile.
- Mmm… - ferma in mezzo alla stanza, Rebi fissò la porta del bagno e poi suoi marito. – Vasca?
Ghignando maliziosamente, Gajiru si alzò è sparì nel bagno, dal quale la ragazza sentì provenire immediatamente il rumore dell’acqua corrente. I massaggi che suo marito le faceva erano una cosa talmente rilassante che poteva benissimo addormentarsi in vasca, mentre le sue manone le accarezzavano i capelli e la schiena.
Sorridendo, lasciò cadere tutti i vestiti e corse nella vasca extralarge che avevano comprato apposta per quelle occasioni, schizzando Gajiru che giurò di vendicarsi.
 
- Ebi? – mormorò Gajiru con la voce impastata dal sonno, direttamente nell’orecchio della moglie che aveva la testa posata sulla sua spalla. – Piccola?
- Mmm? – mugugnò lei, strofinandosi contro il suo petto caldo e passandogli una gamba attorno ai fianchi.
- Kinana…
Rebi aprì lentamente gli occhi mentre la nebbia narcotizzante del risveglio si dissipava nel suo cervello addormentato. – Che ore sono?
- Boh… ha fame…
- Grazie – borbottò con stizza prima di alzarsi e passargli volontariamente sopra, calpestandolo un pochino. Lui non ci fece nemmeno caso.
Indossò al volo una vestaglia e corse in camera della figlia, dando prima un’occhiata all’orologio: erano le sette e mezza di mattina. Decisamente un record. O la strategia del farla andare a dormire più tardi aveva funzionato, oppure cominciava a regolarsi e il piccolo drago che, lo sentiva, era in lei, iniziava a reclamare tutte le ore di sonno che voleva. A Juvia era andata peggio dato che Yoshirou praticamente mangiava solo a mezzanotte e alle cinque di mattina, bevendo un’unica volta durante il giorno.
Con pochi e abili gesti la prese in braccio e la cullò, conversando silenziosamente con i suoi occhioni caldi e dolci. Non avevano il suo stesso colore, sembravano un misto fra il suo nocciola-miele e il cremisi di Gajiru. L’effetto era straordinario: occhio color mogano, quel marroncino rossastro tipico del legno pregiato, con i riflessi incandescenti dello scarlatto.
Ana smise di piangere e iniziò ad aprire e chiudere la bocca. Rebi sorrise e la fece attaccare all’altro seno, quello che cui non aveva bevuto la sera prima. Pochi minuti dopo, quando la piccola si mise a giocare con il suo capezzolo ridacchiando, facendole capire che non aveva più fame, Rebi la staccò e la sollevò in aria, facendola ridere nella sua tutina gialla da orsetto.
Si girò di scatto quando avvertì una presenza la suo fianco: Ririi la osservava dalla porta, in basso, stropicciandosi gli occhi.
- ‘Giorno – biascicò avvicinandosi.
- ‘Giorno – rispose Rebi sorridendo, rendendosi conto che alla fine non aveva dormito con la figlia.
- Non dormi più?
- Io vorrei, ma questa peste sgambettante è piena di energie dopo aver mangiato. Ora la cambio e la porto a letto con me.
- Vuoi che faccia io e poi te la porti?
- Te la senti? – domandò, speranzosa.
- Certo!
- Okay allora, ti aspetto.
Ancora un po’ intontita dal sonno, Rebi si buttò a pesce sul marito, che sbuffò un “ouf” di dolore quando il ginocchio ossuto della ragazza gli distrusse il fianco. Soddisfatta della punizione corporale inferta al marito ingrato, si distese al suo fianco e si mise sotto le coperte per evitare di essere ghermita dal freddo mattutino. Il caminetto che avevano nel soggiorno e nella camera scaldava tutte le stanze e i pavimenti dei bagni, ma la notte rimanevano spenti per evitare incendi fatali. Quindi era meglio essere ben coperti la mattina.
Rebi strofinò la testa sul cuscino, appagata, grata al marito per la sua temperatura corporea leggermente superiore al normale che lo rendeva una stufa umana: era come avere le coperte termiche.
Le sue braccia muscolose le accarezzarono i fianchi e le sue mani si posarono sul suo addome, stringendola contro il suo petto. Gajiru posò la testa sui suoi capelli profumati e continuò a dormire, mentre lei sorrideva, cullata dal movimento lento e ritmico del suo ampio torace. Sentiva il suo cuore forte battere contro la sua schiena.
Si rese conto che Ririi era entrato solo quando lo vide davanti al letto con Kinana in braccio.
- Dove la metto?
Rebi alzò le coperte, mostrando come Gajiru si era attaccato a lei (una specie di koala con il suo ramo di bambù, una cozza con lo scoglio, un bimbo con il suo peluche o Ririi con un kiwi), e fece ridere il gatto che ci mise alcuni istanti a capire che gli avambracci muscolosi e pieni di cicatrici non erano quelli della ragazza.
- Posala qui di fianco a me – gli indicò battendo con la mano sul materasso, appena sotto il suo mento.
Ririi mise la bimba di fianco alla madre appena si fu staccata dai suoi baffi, che aveva artigliato come fa un gatto con un gomitolo.
- Kin, guarda che se glieli strappi poi barcolla come un ubriaco – rise Rebi.
Ririi rabbrividì all’idea: era altamente sadico far risiedere nei baffi di un gatto il senso dell’equilibrio.
Poi lo sguardo dell’exceed fu attirato dalle due donne sul letto: quella più grande si era appoggiata al gomito, sempre protetta dalle braccia di Gajiru, e giocava con la mano libera con la figlia, che sorrideva allegramente e allungava le braccine morbide e ciccione verso le dita lunga della madre.
- Vuoi venire a dormire con noi, Ririi? – bisbigliò Rebi poco dopo, notando che il gatto era ancora in piedi davanti a loro.
- Posso?
- Non devi nemmeno chiedere! Tanto io e quell’appiccicoso del tuo amico occupiamo meno di metà letto dato che… be’, lo vedi tu stesso – concluse guardando verso le braccia del ragazzo.
Alla sue spalle si sentì un borbottio indistinto e ridacchiarono entrambi. Poi Ririi si trasformò e si coricò sul cuscino sopra alla testa di Ana. Nel giro di pochi minuti gli occhi di Rebi iniziarono a chiudersi e la ragazza non poté nulla contro il sonno che minacciava di travolgerla.
- Fai la nanna, Ana? – biascicò sdraiandosi di nuovo e mettendo un cuscino nel lato scoperto della figlia, per evitare che agitandosi cadesse dal letto.
La piccola mormorò qualcosa di incomprensibile a bassa voce, come per non disturbare la madre, e sgambettò.
Un istante dopo Rebi era crollata e respirava profondamente, un braccio attorno alla propria figlia. I suoi capelli azzurri le solleticavano il viso tondo e la bimba cercava di prenderli e ciucciarli, con scarsi risultati. Ririi si godeva la scena con la testa posata sulle zampe, sornione. Gli occhi vispi di Kinana fissavano qualsiasi cosa emettendo piccoli versi di curiosità, mentre ogni tanto muoveva le braccia e le manine che finivano inevitabilmente nella sua bocca e sui suoi occhi, tirandosi degli schiaffetti involontari.
Quando Gajiru si svegliò, un paio di ore dopo, trovò il letto sovraffollato.
Appoggiato sul braccio testo, i capelli scompigliati e lo sguardo annebbiato, mormorò: - Ma che cavolo…?!
Rebi dormiva di fianco alla figlia, la bocca socchiusa e sul viso la stessa serenità che c’era su quello di Kinana, silenziosa e sveglia come non mai, i cui occhi brillavano nella penombra come quelli di un gatto. E, a proposito di gatti, Ririi sonnecchiava di fianco alle teste delle due femmine di casa agitando ogni tanto la coda.
La piccola allungò le manine e sorrise parlando al papà in un linguaggio tutto suo. Lui ricambiò con un sorriso vero, e scostò le coperte per scendere. Fece il giro del letto e gattonò fino alla figlia, sovrastandola sulle braccia tese. Ana sgranò gli occhi e si fermò, poi allungò ancora le braccia e Gajiru si chinò per baciarle le manine. La bimba rise.
- Che ne dici, Kin, preparo la colazione alla mamma?
Lei mormorò qualcosa di inintelligibile e lui lo prese come una conferma. Si allontanò silenziosamente, come un solo drago sa fare, mentre la sua piccola lo osservava e si rabbuiava. Solo vedere il viso della mamma accanto a sé le impedì di scoppiare a piangere.
Diversi minuti di vocali insensate dopo, Kinana riuscì nel suo intento: allungandosi mise la mano paffuta sulla faccia della mamma, schiaffeggiandola piano. Quando le beccò il naso, Rebi arricciò le labbra e storse il naso come un coniglietto, facendo ridere la figlia. Fu quel suono dolce a farla sorridere ancora prima di aprire gli occhi.
- Ehi, discola – le sussurrò. – Che ore sono?
Ana si mise tre dita in bocca e mormorò: - Aha.
Stiracchiandosi, Rebi allungò la testa per osservare la sveglia: erano le nove e mezza.
- Mmm… mi sa che dobbiamo andare alla gilda. Ma dov’è Gajiru?
- Uuh… - rispose Kinana, allungando la mano piena di bava per farsi prendere in braccio.
- No no – ridacchiò Rebi. – Prima ti asciugo, sporcacciona.
- Qualcuno mi ha chiamato? – domandò Gajiru entrando, reggendo un vassoio pieno di tazze, brioches calde, cereali e frutta.
- Nessuno, non mi ero nemmeno accorta che mancavi all’appello – si schermì Rebi.
Gajiru le passò la colazione e salì sul letto, rubandole un breve bacio. Kinana iniziò ad urlare e ridere da sola senza apparente motivo, attirandosi le occhiate divertite dei genitori. Ririi, invece, si svegliò di soprassalto.
- Che succede?! – esclamò, la coda che fremeva.
- Latte? – domandò Gajiru, ignorando il suo shock.
- Ehm… sì. Che… cosa…? Che?
Il gatto non era esattamente brillante di mattina.
- Colazione. Latte?
- Oh, sì, grazie.
Mangiarono in silenzio, gli occhi fissi su Ana che sembrava fregarsene altamente di tutte quelle attenzioni.
- Che facciamo oggi? – chiese Ririi poco tempo dopo.
- Andiamo alla gilda – rispose Rebi. – È ora di far uscire Kinana di casa, altrimenti non farà mai gli anticorpi.
Gajiru la fissò, scettico. – Sicura che…?
- Sì. La portiamo. Le farà bene stare con Arashi, Inazuma e Yoshirou. E poi Daiki ha la sua età circa, pochi mesi in meno.
Gajiru borbottò qualcosa a proposito di “Salamander”, “progenie” e “disastro”.
 
- Kinana-chaaaaan – cantilenarono Jet e Droy percorrendo la distanza che li separava dalla famiglia Redfox in due secondi.
Rebi non credeva che anche Droy avesse le gambe così veloci…
- Non passatele germi – ringhiò Gajiru.
- Ehi, Testa da chiodo! – urlò Natsu. – Ora che hai una figlia femmina ti sei rammollito? Io ho un maschio degno del mio nome che ti batterà appena comincerà a camminare!
- Ah sì, deficiente? Per caso il tuo moccioso ti ha fatto combustionare i neuroni?
- Gajiru non esiste la parola combustionare – mormorò Rebi, ridacchiando, senza distogliere lo sguardo dai suoi nakama che si passavano Kinana con occhi adoranti.
- È così simile a te…
- È così bella…
- La adoro…
- No io l’adoro di più…
Gajiru era troppo concentrato su Natsu per ingelosirsi. Il ragazzo era a pochi passi da lui, Daiki in braccio con una sciarpa bianca simile alla sua al collo. – Le femmine sono più intelligenti, anche se persino Happy è più sveglio del tuo moccioso.
Gajiru cercò di mantenere un tono cattivo nonostante i grandi occhioni nocciola di Daiki che lo fissavano con curiosità. Il bimbo sorrise e iniziò a calciare l’addome del padre.
- Mi piace il tuo marmocchio – commentò allora, accarezzandogli la guancia paffuta con un dito guantato.
Daiki allungò le braccia per farsi prendere in braccio e Gajiru, ghignando vittoriosamente, lo prese in braccio. – Ehi, mini-Salamander, non diventare come quel cretino di tuo padre, mi raccomando.
- Eino! – farfugliò lui sgambettando contento.
- Non rubarmi il figlio! – ruggì Natsu sbattendo la fronte contro quella del nakama.
- Mia figlia è meglio, no che non rubo il tuo pargolo. Ma non è colpa mia se lui sa che io sono un padre migliore di te!
- Vuoi batterti con me?!
- Non vedo l’ora, così Ana vedrà che gran duro è suo padre!
- Lucy! – gridò Natsu. – Vieni a prendere mio figlio!
Esasperata, la ragazza aveva già preso in braccio il bambino e non aveva fatto in tempo a fare due passi che Gajiru e Natsu avevano iniziato a picchiarsi di brutto.
- Una sana rissa mi mancava – esordì Gray scrocchiandosi le nocche. – Teste vuote ora…
L’insulto fu bloccato da un pugno vagante di qualcuno, e alla rissa si unirono varie persone mentre Max, in un angolo, aveva già la scopa infilata dove non batte il sole.
- Gray-sama, metti almeno i pantaloni! – lo chiamò Juvia, seduta al tavolo con Erza, Kana, Lisanna e Lucy, appena tornata. – Yoshirou-kun, è inverno, prenderai freddo al pancino se non lo copri! – aggiunse riportando la sua attenzione al tavolo.
- Tale padre, tale figlio – mormorò Kana, già mezza ubriaca, ridendo come una matta di fronte allo spettacolo che le si presentava davanti: un piccolo Gray junior in pannolone e scarpe che aveva la tutina calda invernale afflosciata sui piedi. Era pur sempre dicembre, ma lui non ci faceva caso e camminava tranquillo per la gilda, mezzo nudo, quando Juvia si distraeva. Cioè mai. Ma lui ci provava sempre.
- Eccomi! – esclamò Rebi unendosi alle amiche. Finalmente era riuscita a sottrarre la figlia a Jet e Droy, che erano rimasti a litigare su quale dei due avrebbe sentito pronunciare il proprio nome dalla bimba per primo.
Kinana venne sistemata sulla coscia della mamma e con le manine artigliò il legno del tavolo. Arashi, Inazuma e Yoshirou, di nuovo coperto, si avvicinarono per osservarla, incuriositi. I quattro bambini si fissarono fra di loro e i tre più grandi osservarono la nuova arrivata cercando di capire se era una cosa brutta o bella. Quando Kinana sorrise mettendo in mostra le gengive e la piccola lingua, decisero che era un’amica e sorrisero a loro volta, compresi i due impassibili di Yoshirou e Inazuma.
- Lei è Kinana – disse Rebi ai bambini. Poi prese la mano della figlia e l’agitò: - Dì ciao ai tuoi amichetti, Ana.
- K…ana! – esclamò Arashi, mettendosi in piedi e indicando Kana con un ditino tozzo.
- Che brava piccola! Vuoi farti una bevuta? – propose lei offrendole la bottiglia.
- Evuta! Vuta! – urlò Arashi avvicinandosi al vetro della bottiglia di birra.
Le braccia di Erza arrivarono prontamente a salvarla dalla traumatica esperienza e Arashi si mise a scalciare e urlare.
Erza sbuffò: - Come farò con due?!
- Ce la farai benissimo! Due bambini sono una benedizione! – le disse Mirajane posando sulla tavola vari bicchieri di succo per i bambini.
Inazuma allungò le braccia e lei lo prese in braccio, rubandogli un piccolo e timido sorriso.
Alla vista dei succhi colorati, Arashi si calmò e ordinò imperiosamente di essere depositata sul tavolo. Era già un peperino.
- Per te, forse! A me ne bastava uno, per il momento – rivelò Erza.
- Be’, io due non posso averne, quindi…
- Cosa vuoi dire Mira-nee? – domandò Lisanna, dando voce alla muta curiosità delle amiche sgomente.
Mirajane non poteva avere più figli?
- Voglio dire che io e Laxus abbiamo scoperto che è un miracolo se ne abbiamo avuto uno, di figlio. Con le nostre magie la percentuale di successo di gravidanza è molto bassa e infatti ho già avuto due… aborti spontanei. Per cui abbiamo deciso di smettere di provare e goderci Inazuma.
Il bambino, come se fosse consapevole del dolore della madre, le posò la fronte sulla guancia e la chiamò. Mirajane gli baciò la nuca e sorrise come sempre, scacciando la pesantezza che si era creata nell’aria.
- Mi dispiace molto, Mira – sussurrò Erza, pentitasi di ciò che aveva detto.
- Tranquilla, sono davvero contenta di essere riuscita ad avere il mio piccolo ometto quando le probabilità erano al di sotto del venti percento.
Rebi osservò silenziosamente quella donna che in gilda veniva ammirata per la sua potenza distruttrice, per la sua bellezza, forza d’animo e bontà. Quanto dolore si nascondeva dietro alle apparenze? Finalmente gli ultimi mesi acquistarono un senso ai suoi occhi, e si rese conto di come la loro amica avesse sofferto in silenzio. Quando era uscita dal bagno con gli occhi rossi dicendo che la cipolla glieli aveva irritati, quando si era gettata tra le braccia del marito nascondendo il volto nel suo petto, le attenzioni quasi maniacali che dedicavano ad Inazuma.
Mirajane le sembrò più forte che mai. Allungò una mano per stringere la sua e trasmetterle calore, farle sapere che lei c’era. E improvvisamente qualcosa si sciolse nel sorriso della barista dai candidi capelli di Fairy Tail, dalla modella dal fisico invidiato, e i suoi occhi si riempirono di lacrime che sgorgarono, calde e salate, sul suo volto contrito.
I bambini si zittirono immediatamente e Inazuma fissò la mamma con curiosità, toccando le sue guance bagnate e dandole un bacio buffo da bambino per farle tornare il sorriso.
- Piange! No! No piange, Jane! – esclamò Arashi indicando la donna. Le si avvicinò caracollando sulle gambette e iniziò a piangere a sua volta, disperata. – No piange, Jane! – disse allungando le manine verso la mamma, che la consolò con una carezza sulla nuca.
Daiki, che fino al quel momento si era rotolato sul tavolo, osservava la scena spaesato. A soli otto mesi non aveva mai pianto ed era solare come il padre; il suo sorriso era dolce e caloroso proprio come quello di Natsu, ma aveva la spensieratezza di Lucy. Non faceva altro che ridere e fare casino, parlando da solo e toccando tutto quello che poteva. Vedere piangere qualcuno lo metteva sempre a disagio, così si diresse carponi verso Mirajane, sfuggendo al controllo della mamma.
Di fronte a quegli occhi vividi e sinceri da bambino, Mira sorrise tra le lacrime e si chinò alla sua altezza. – Se mi fate il sorriso più bello che potete, le mie lacrime si fermeranno per magia.
Arashi smise subito di piangere, ma fu lo statuario Yoshirou, inaspettatamente, a sorridere per primo. Si diresse lentamente da lei e batté le mani, cadendo poi sul sedere. Daiki sorrise e Mirajane vide il viso di Natsu nella sua allegria, mentre Arashi scalciava per essere messa sul tavolo. I bambini si agitarono e presero a dimenarsi sul tavolo, giocando ad un gioco tutto loro.
Kinana fissava tutto, bevendo ogni gesto e ogni reazione.
- Andiamo a casa – disse Laxus posando la sua pelliccia sulle spalle della moglie.
Sorridendo, grata, Mirajane salutò tutti e si allontanò, stretta al marito per avere la forza di procedere.
- Povera Mira-nee – sospirò Lisanna accasciandosi sul tavolo.
- Già – mormorò Erza, ringraziando il cielo di quella nuova vita che portava in grembo.
 
- Chi l’avrebbe mai detto – farneticò Gajiru cucinando mentre Ririi osservava Rebi che allattava.
- Mi dispiace molto per lei – ammise la ragazza. – Se non potessimo avere altri figli… sarei felice di Kinana, certo, ma mi mancherebbe comunque qualcosa.
- Ma voi avete fatto test. Analisi che sono state positive, al contrario di quelle di Mirajane e Laxus.
- Già – bofonchiò Gajiru.
Un’oretta dopo, quando gli uomini di casa stavano pulendo i resti della cena e Rebi era seduta sul divano con Ana, quest’ultima iniziò ad urlare per le coliche.
La mamma sospirò, ferita nel profondo da quelle strazianti urla, e iniziò a massaggiare la schiena della sua piccola.
Gajiru si materializzò davanti a lei due minuti dopo, con la chitarra in mano.
- Cosa fai? – chiese Rebi, incuriosita.
- La distraggo con la sua ninnananna.
Gajiru iniziò a suonare lentamente, finché non si scaldò e le sue dita affusolate iniziarono a volare leggere sulle corde. Dallo strumento sgorgava, limpida, la musica composta apposta per la figlia, quella che le suonava di notte quando era in pancia della moglie e non riusciva a stare ferma.
Come ipnotizzata, Ana smise pian piano di piangere e i suoi occhi furono calamitati dalle mani del papà.
Due minuti dopo, si era calmata e le palpebre avevano iniziato a chiudersi.
- Grazie -  disse Rebi sorridendo, allungando il collo per baciarlo.
Gajiru grugnì una risposta e si chinò a sua volta.
Ririi tolse Kinana dalle braccia della madre, che non attese un istante e infilò le dita tra i capelli del marito.
- La porto a letto, buonanotte – avvertì il gatto fuggendo via.
- Buon anniversario – mormorò Gajiru poco dopo, prendendo in braccio la moglie e portandola in camera.
Rebi ridacchiò e si lasciò cadere sul materasso, calciando via i vestiti.
- Sono esausta. Buon sesto anniversario – pigolò stringendosi al marito.
Alla fine i loro anniversari celebravano la prima data in cui si erano messi insieme, e non il loro matrimonio.
- Ho una cosetta per te – mormorò lui allungandole una scatolina.
Rebi scattò a sedere emozionata, negli occhi la stessa luce che spesso c’era in quelli di Kinana.
Fece scattare la serratura e prese in mano la catenina di ferro alla quale era attaccato un ciondolo a forma di cuore tridimensionale. Da un lato c’era intagliato il nome Gajiru, e dietro vi era quello di Kinana.
- Meraviglioso – mormorò la ragazza, rapita da quel cuore che sembrava ricavato da un cristallo scuro.
- Ti piace?
Annuì, incapace di parlare.
Gajiru gliela legò al collo e con orgogliò osservò come le stava bene, come le cadeva delicatamente sulla pelle e raggiungeva lo scollo del seno. Rabbrividì immaginandola con solo quello addosso e Rebi, che lo stava fissando, arrossì intuendo i suoi pensieri.
- Vuoi il tuo regalo? – sussurrò facendolo sdraiare sotto di sé.
Gajiru dovette schiarirsi la voce per essere sicuro di non fare uscire un miagolio voglioso. – Ho te e Kinana, che altro regalo vuoi farmi?
Rebi si fermò e lo fissò, riflettendo. – Hai ragione – concesse. – Allora buonanotte.
Ridacchiando spense le luci e si sistemò sotto al piumone.
Quando si rese conto che sua moglie non stava scherzando e che lui era stato un cretino, Gajiru si infilò borbottando sotto le coperte e andò a stringerla.
Si addormentò sorridendo, pensando che il regalo più grande che lei potesse fargli ce l’aveva già. Perché stava stringendo il ciondolo con i nomi suo e della loro figlia lì dove batte il cuore, scaldando con la sua pelle il metallo freddo e duro che un tempo lo rappresentava.
 

 
MaxB
Eccomi qui. Ihih. Non sono morta. Eh già.
Niente da dire, se non che spero di concludere entro 10 capitoli questa fic. Forse l’ho già detto la volta scorsa. Boh. Ho sempre meno fantasia signori e signore, sto invecchiando.
Detto questo (tecnicamente non ho detto niente, ma tralasciamo), vorrei ringraziare TANTISSIMO (ma issimo issimo issimo) Angelo_Nero, per una cosa che lei sa e voi no (ahahahah, ma no?) e mi ha riempita di gioia per giorni. Quando la cosa andrà in porto vi metterò al corrente perché, cavolo, è un regalo specialissimo che mi sta facendo e io voglio condividerlo con tutti quelli a cui piace seguire questa storiella, dando a lei tutti gli onori che merita.
Per cui a presto, grazie e a tutti per tutto, vi prego non abbandonatemi ahahah.
MaxB
  
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