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Autore: paoletta76    24/01/2016    1 recensioni
La verità era che dopo Praga non riusciva più a dormire. Gli bastava chiudere gli occhi, e lei era lì. Non l'immagine strafottente uscita dal cappuccio dopo il modo non convenzionale in cui l'avevano invitata a bordo, non quella allegra dei rari momenti di pausa. E neppure quella triste con cui gli aveva raccontato di non aver mai avuto una famiglia che l'amasse.
Il sorriso di Skye non si apriva. E quelle labbra appena socchiuse colavano sangue.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Grant Ward, Skye, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Non stava neanche in piedi.
 
Coulson aveva fatto irruzione nella stanza, munito di quattro uomini armati, di vestiti e manette. E non aveva perso tempo in spiegazioni né in più spicci mi dispiace.
 
La realtà era che non gli dispiaceva, non in quel momento. Forse se ne sarebbe pentito, e lo sapeva. Forse, più tardi, quando l’FBI avrebbe trovato da qualche parte un corpo senza vita e l’avrebbe chiamato per confermare l’identificazione. Forse soltanto quando l’avrebbe fatto salire sul blindato, oltre l’atrio, insieme alla scorta armata. Forse mai.
 
Ora non aveva altro spazio che per l’odio, in testa e nel cuore.
 
- Vuole me, vero? – gli aveva chiesto, rimanendo seduto sul bordo del letto, le dita intrecciate fra loro e lo sguardo fisso su quei vestiti – vuole me in cambio dello Shield.
- Direi che è un prezzo equo. – aveva replicato il direttore, guardandolo con disprezzo.
- Già..
- Vestiti; abbiamo fretta.
 
La terrazza della lounge appariva abbandonata, malinconica anche sotto il tepore del sole di quel mattino. Sara continuava a fissare l’orizzonte che si perdeva fra i grattacieli, desiderando poter scambiare il suo dono con quello di azzerare il tempo.
Tornare indietro. Le sarebbe bastato fino ai suoi primi giorni sul Bus, di fronte a quell’istruttore che sembrava fatto di roccia e d’acciaio. E che era veramente tanto, ma tanto antipatico..
 
Le sfuggì una lacrima, abbassando il viso sulle mani che stringevano la ringhiera fin quasi a far sbiancare le nocche.
No, che non è giusto.. Skye. Non c’è niente, di giusto. Non stanno incarcerando un traditore.. lo uccideranno, non c’è un come e non c’è un perché. O forse sì. E’ un traditore, punto. E lo odi. Lo odi con tutta te stessa, anche se non hai votato a favore.
 
O no?
 
- Io non lo farei, se fossi in te.- una voce le arrivò alle spalle, scura, leggera. Si voltò di tre quarti e scoprì l’immagine di James. Capelli scompigliati nella brezza, un accenno di barba a sporcargli il viso. Un passo dietro l’altro, tranquillo, e le era arrivato accanto con le mani sul metallo.
- Sai leggermi nel pensiero..? – mormorò, con la voce incrinata, tornando allo skyline.
- Quello lo puoi fare solo tu. E la bambina. Ma non serve leggere nel pensiero, quando basta guardarti negli occhi per capire che ci stai male.
- Non credo t’interessi.- lei provò a sfuggire, ma quella voce la bloccò solo una manciata di passi lontano:
- So cosa significa, Sara. Uccidere, tradire. Che tu lo faccia come un automa telecomandato o di tua spontanea volontà. Non sei più lo stesso, dopo. E forse è questo, che mi ha fermato.- adesso il giovane appoggiava la mano sul petto, chiusa a pugno, all’altezza del cuore – e so anche che non basterà mai, ripetere mi dispiace, anche se lo fai per un milione di volte. E non basta neppure-
 
Lo vide scavalcare la ringhiera, poggiare i piedi oltre, sul sottile bordo di cemento che lo separava dal vuoto, e d’istinto tese le mani a bloccarlo:
- Sei impazzito?! Torna indietro!
James voltò appena il viso, un sorriso gli stirò le labbra.
- Ecco. E’ il tuo istinto. Non lascerai che succeda; come stai facendo con me. E ti ho fatto del male anch’io.
- James, per favore..
- Vai con lui.
- James..
- Vai con lui; io ti coprirò le spalle. Te lo devo, Sara.
- Sì, ma ora..- gli fece cenno di rientrare, e lui sorrise più aperto, eseguendo e tornando con i piedi accanto ai suoi.
- Ecco. Ora vai.
 
Gli uomini armati a scorta del prigioniero adesso erano otto; come se un uomo ancora debole e dolorante avesse potuto scappare dopo averli abbattuti con uno spintone.
Ridicoli, pensò Sara, avanzando verso il furgone su cui lo stavano caricando, privi di ogni cautela o tatto.
- Ehi! – con uno sguardo da demone molto simile a quello della propria coach, li raggiunse bypassando anche suo padre ed ogni possibile obiezione – vengo anch’io.
- Signore..- uno degli uomini si rivolse al direttore, che rigido e scuro stava replicando con un leggero cenno della testa a dire no.
- Sono l’unico agente di massimo livello che avete ancora a disposizione, escludendo la Romanoff che al momento è impegnata sul campo – replicò lei, glaciale, raggiungendo l’anta del furgone e salendo l’unico gradino che la separava dall’interno del furgone – non vorrete rischiare che il prigioniero vi sfugga; ricordatevi che avete a che fare con un uomo dell’Hydra.
 
Un sospiro, pesante, ed il direttore si vide costretto ad approvare. Otto uomini, o dieci, o cento. Non aveva importanza, quando si trattava di un nemico tanto pericoloso e scaltro. Era comunque necessario che ci fosse qualcuno di pari livello, a fargli la guardia.
Sara rispose al cenno ed i portelloni si chiusero, isolandola dal resto del mondo.
 
Un tratto di strada, quasi infinito, sempre in silenzio, escluso lo scambio di ordini e direttive fra gli uomini della scorta. Fu solo una volta di nuovo coi piedi a terra, oltre il confine di doppio filo spinato del carcere di massima sicurezza, che il prigioniero osò parlare.
- Non dovevi farlo, Skye.
- Sei l’ultimo, in grado di darmi ordini, Ward.- replicò, seguendolo verso l’ingresso.
- Non ti avrei mai voluto coinvolgere in questa-
- In cosa, nella tua follia? Troppo tardi.
- Lo sai, dove stiamo andando.. vero?
- Carcere di massima sicurezza dello stato di New York.- replicò, lasciando la propria arma alla guardia che sedeva oltre il vetro della portineria – il posto in cui resterai fino al processo. E anche dopo.
 
- Alla mia esecuzione, Skye.- Disse quella voce, scura e leggera, dritta nella sua mente – vattene.
- Scordatelo.- rispose, allo stesso modo, proseguendo lungo il corridoio che li separava dall’area delle celle.
- Se rimani, faranno del male anche a te.
 
Lo lasciò voltarsi, arrivarle fronte contro fronte, a guardarla negli occhi. Uno sguardo lungo, intenso, che non aveva bisogno di parole.
 
Esattamente come quello che lui trovò in risposta.
 
Una frazione di secondo. Il cancello che si chiudeva, con il suo scatto secco e metallico. Al posto del rumore del secondo cancello in apertura, il suono stordente di uno sparo. Poi un altro, ed un altro, in rapida sequenza.
Si ritrovò a terra, sotto il peso del prigioniero e con la pungente sensazione di dolore che proveniva da una gamba.
- Via! Via! Via! – urlò, mentre gli spari si facevano sempre più fitti e il sibilo dei proiettili riempiva tutte le direzioni. Una mano ad artigliare i vestiti dell’uomo, trascinandolo via di peso dietro di sé, fino a quello che le apparve il primo luogo sicuro a vista.
 
Il magazzino all’angolo dell’atrio.
 
- Ti avevo avvertito..- mormorò Ward, spalle al muro e respiro accelerato – ma tu-
- Non sei la persona da ascoltare. Non per me, non più.
- Liberami.- lui tese i polsi in avanti, facendo cenno di togliergli le manette.
- Non ci penso nemmeno.
- Ammazzeranno entrambi, Skye! E’ questo, che vuoi? Toglimele!
- No.
- So quello che faccio. Per favore. Almeno per una volta, una sola. Fidati di me.- lui tese di nuovo i polsi, insistendo, e finalmente la vide cedere ed aprire le manette.
- E adesso?
- E adesso cerchiamo una via di fuga. Che non sia attraverso l’atrio, lì siamo circondati. E tu sei ferita.- un cenno del viso, ad indicarle la macchia di sangue che s’allargava sul tessuto dell’uniforme tattica – dobbiamo..- lo sguardo intorno, poi Ward sembrò illuminarsi, puntando in alto lungo la parete.
 
Il condotto d’aerazione.
 
- Ti sollevo; prova ad aprirlo.
Un cenno d’intesa, quello dei giorni in cui non c’erano state ombre né dolore. Sara strappò un angolo della giubba e lo usò per stringere la ferita in una fasciatura di fortuna. Lui attese, e mentre si faceva sempre più forte il rumore di colpi abbattuti sulla porta oltre le sue spalle, tese le braccia e lasciò che gli si appoggiasse addosso per darsi slancio.
 
Un brivido, lungo la schiena, osservandola mentre spaccava i sostegni della grata metallica e si intrufolava nel condotto.
Chissà se l’aveva provato anche lei.
 
- Andiamo! – lei lo vide bloccato, quasi esitante, e tese la mano.
- Vai.
- Tu vieni con me.
- No, Skye. Vai. Segnala la tua posizione alla squadra d’estrazione, e vai.
- Non mi muovo, senza di te.
- Vattene.- lui voltò lo sguardo verso la porta, che sotto i colpi delle guardie iniziava a cedere, poi tornò a lei – vattene! Non voglio che uccidano anche te..
 
Un colpo più forte, la porta che cedeva. Il prigioniero si voltava verso gli uomini armati, sollevando le braccia e coprendole la fuga.
 
Tutto quello che riuscì a sentire, nascosta oltre il profilo del condotto, fu una raffica di fuoco. Voltò le spalle, e si lasciò scivolare lungo il tubo, senza impedire a tutti i suoi muscoli di dolere e tremare in maniera incontrollata.
 
Muoviti.. muoviti..
La sua voce era rimasta sola, in testa, mentre il cuore sembrava scoppiare. Si trascinò come poteva avanti, ed avanti ancora, senza alcun punto di riferimento, finché non le comparve di fronte uno spiraglio di luce.
Sempre più nitido, sempre più grande. Una grata di aerazione. Il sole.
 
Era fuori.
 
Le mani sulla grata, pugni e spinte senza riuscire a muoverla, mentre si faceva strada dentro di lei la disperazione. Poi, una figura nera. Sopra di lei, armata. Puntava un fucile e sembrava decisa a mirare.
Chiuse gli occhi e scivolò indietro, raggomitolandosi su sé stessa a pugni chiusi.
 
E’ finita. E’ finita anche per te, Skye..
 
Uno sparo. Uno solo, secco e preciso. La cerniera saltava, l’uomo nero scardinava la grata e piombava coi piedi nel condotto, prima di piegare le ginocchia ed arrivare alla sua altezza.
Capelli lunghi, scompigliati dai suoi movimenti, a piovere sul ghiaccio degli occhi che la fissavano intensi.
 
James.
 
Il cuore rallentò i battiti, i muscoli si rilassarono appena e tornò a sentire, forte e chiaro, il dolore.
 
Una promessa è una promessa, Sara. Andiamo.
 
La voce era leggera e scura, nella sua testa. Il Soldato d’Inverno tendeva una mano, sollevandola e raccogliendosela addosso come fosse stata una piuma.
- Lui..- mormorò, appena, lasciandosi depositare sul quinjet, prima che l’uomo desse l’ordine di decollo con un cenno delle dita. James si sedette al suo fianco, incrociando le gambe e sfilandosi la mascherina:
- Mi dispiace.
- Dovrei.. dovrei esserne soddisfatta; comunque sia andata, abbiamo eliminato un nemico.. ma.. ma io..- lei lasciò che le perfezionasse la medicazione, lasciandosi andare ad un sospiro che si faceva lamento.
 
E non era solo la gamba, a farle male. Un male da morire.
 
L’uomo piegò il viso, lasciandosi andare a tendere la mano in una carezza. Poi se la raccolse di nuovo addosso, rispondendo al suo sospiro.
 
Ecco. Ora le lacrime non le lasciavano vedere più nulla.
 
Non si era mai sentita così piccola, così fragile. Così sconfitta.
Il senatore Ward mostrava rincrescimento e dolore, annunciando in conferenza stampa che il fratello terrorista era stato ucciso in un disperato tentativo d’evasione dal carcere di massima sicurezza. Se avesse potuto leggere nei suoi pensieri da oltre lo schermo gigante della lounge, avrebbe sentito forte e chiara la voce della gloria e del trionfo.
 
Ucciso. Ucciso. Ucciso.
 
La verità era quella risposta che non aveva mai voluto ascoltare.
 
Io ti amo, Skye.
  
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