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Autore: nikita82roma    24/01/2016    0 recensioni
Ziva è a Tel Aviv, Tony a Washington con il resto della squadra.
Sono passati 3 anni da quando lei decise di rimanere in Israele, ma un evento inatteso sconvolge le loro vite e le loro decisioni: Tony viene rapito e portato a Tel Aviv e solo Ziva che ormai non fa più parte nè dell'NCIS nè del Mossad viene contattata.
Comincia così un percorso difficile per capire la verità sulle reali motivazioni e su quello che questo vorrà dire per il futuro privato dei protagonisti ed anche di tutta la squadra dell'NCIS.
Tony e Ziva si ritroveranno uno davanti all'altra e ricominciare da dove erano rimasti non sarà facile nonostante i sentimenti reciproci non si siano mai sopiti.
"Tra due giorni sono 3 anni, o forse dovrei dire domani, dato che è già mattina. 1096 giorni, 1096 notti. E mi chiedo ancora perché. "
Storia ad alto contenuto TIVA :)
Genere: Romantico, Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anthony DiNozzo, Leroy Jethro Gibbs, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Ziva David
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie '3 Years Later'
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… I'll wait for you
Sleight of hand and twist of fate
On a bed of nails she makes me wait
And I wait without you …
Washington DC

Tic Tac. Tic Tac. Tic Tac.

Gli orologi da parete sanno essere terribilmente fastidiosi quando scandiscono il rumore dei tuoi pensieri che ti martellano dentro la testa toccando ogni più nascosta corda dell’anima.
Odio la notte quando non dormo, il che vuol dire che praticamente odio tutte le notti quando sono da solo. Quel maledetto orologio nell’altra stanza. Ogni notte vorrei buttarlo via. Mi chiedo perché non l’abbia ancora fatto.

Tic Tac. Tic Tac. Tic Tac.

Tra due giorni sono 3 anni, o forse dovrei dire domani, dato che è già mattina. 1096 giorni, 1096 notti. E mi chiedo ancora perché. 
Nel cassetto del mio comodino ho 3 biglietti aerei mai usati. Chissà, forse ne comprerò anche un quarto e non userò nemmeno quello.
Forse se Gibbs quella mattina non mi avesse chiamato per convocarmi subito in ufficio, poco prima di arrivare in aeroporto, gli altri due non li avrei mai comprati, sarei andato la prima volta. Poi c’è sempre una scusa, un motivo per rimandare e per non partire. E l’impulsività di comprare un altro biglietto e la ragione che mi fa rimanere. E così i mesi sono diventati anni ed adesso penso che forse è troppo tempo, che si sarà rifatta una vita e mi avrà dimenticato. Come è giusto che sia.

Tic Tac. Tic Tac. Tic Tac.

Odio queste maledette notti che mi fanno pensare. A me, a te, a noi. A quello che sarebbe potuto essere e che non è stato, a quel negozio di hot dog. Ma perché ti parlo come se fossi qui? Come se potessi sentirmi? Che poi chissà se tu a tutto questo ci hai pensato mai o a quello che è stato e se anche per te è stato come per me.
Penso a quell’ultimo bacio e al fatto che fino all’ultimo ho pensato che tu mi avresti chiamato mentre salivo sull’aereo. Bastava una sola parola e sarei rimasto o ti avrei portato via con me.

Tic Tac. Tic Tac. Tic Tac.

Mi sono sempre chiesto se eri gelosa di Jeanne e se quando le ho detto che tra di noi non c’era niente era perché in realtà non volevo legarmi a lei, perché poteva accadere. Zoe non l’hai conosciuta e se l’avessi conosciuta voleva dire che eri qui e quindi non poteva accadere nulla. Ora sto con una ragazza fantastica, Michelle una testa da secchiona su un corpo da Miss America. Mi ama, insieme a lei sto bene mi fa anche divertire. Però mi sento terribilmente in colpa perché non riesco a lasciarmi coinvolgere totalmente, non riesco ad essere suo. Perché ho sempre in mente te.

Tic Tac. Tic Tac. Tic Tac.

Quanto sono stupido a parlare di notte, quando dovrei dormire, con qualcuno che mi ha lasciato andare via come hai fatto tu, come se tu potessi sentirmi. Ma ho solo bisogno di dire a me stesso tutte queste cose e quando voglio parlare con qualcuno, vorrei farlo con te. E lo faccio a modo mio.
Michelle vorrebbe sposarsi. E’ un brillante avvocato di un importante studio qui a DC. Io ci sto pensando e prendo tempo. Ma se non sono bastati 1096 giorni a dimenticarmi di noi, non basteranno altrettanti. Ho una tua foto a casa mia, a Michelle ho detto che sei una mia ex collega morta anni fa, così non le da fastidio che ti tenga lì, proprio all’entrata. Ah ed ho anche il tuo ciondolo. Lo porto sempre adesso e non sai le risate. Una volta un signore mi si sedette vicino sulla panchina al parco dopo che avevo fatto jogging e cominciò a parlare in ebraico. Io non capivo una parola e annuivo fino a quando non fu chiarito l’equivoco.
Pensa se mi avesse visto mia nonna con quel ciondolo, lei che tutte le mattine andava in chiesa e si raccomandava che diventassi un buon cristiano come da trazione familiare.

Tic Tac. Tic Tac. Tic Tac.

Sai cosa penso, che non ti metto da parte perché non voglio farlo in fondo. Mi sento un verme quando guardo Michelle e le parlo come vorrei parlare a te. Però devo andare avanti. Devo metterti in quel cassetto con i biglietti aerei, perché se non ho avuto il coraggio di venirti a riprendere, devo avere almeno quello di non lasciarti in sospeso nella mia vita. Devo continuare a vivere senza di te. Lo devo a me stesso e lo devo a Michelle. Ma non so perché dico tutto questo, se già so che non ci riuscirò.
Sono le 4 passate. Tra meno di 3 ore suonerà la mia sveglia e devo ancora dormire. In Israele ora sarà quasi ora di pranzo invece. Chissà se almeno tu hai dormito bene stanotte…

DRIIIIIIIN

Giù dal letto di corsa. Mi guardai allo specchio e mamma mia che faccia orribile mio caro Tony! Certo con 3 ore scarse di sonno non potevo aspettarmi di meglio. Doccia. Barba. Il vestito è ok. 
Squillò il cellulare. Michelle. 

-  Ciao Amore! Dormito bene senza di me stanotte?
- Come un bambino, mi sono addormentato pensandoti.
Mentii spudoratamente. 
- Allora questa sera ci possiamo vedere, così non avrai bisogno di pensarmi quando ti addormenterai.
- Mi pare un’ottima idea, non vedo l’ora che sia stasera. Ti chiamo dopo che adesso sono in ritardissimo com al solito ed il mio capo lo sai che tipo è! Ti amo!
Non aspettai nemmeno la sua risposta, misi giù il telefono ed uscii di casa.

Gli alberi carichi di foglie rosse, arancioni e gialle coloravano i viali di Wahington. Nelle vetrine già si vedevano le prime decorazioni di Halloween che sarebbe stato poche settimane. Una folata di vento alzo un mucchio di foglie dal marciapiede e mi avvolsero come in un girotondo. Mi strapparono un sorriso malinconico. Le temperature si stavano abbassando, alzai il bavero della giacca ed entrai nel mio solito coffeeshop. 
Doppia razione di caffè stamattina. Arriverò tardi, ma non se ne accorgerà nessuno, se ne accorgerebbero se arrivassi puntuale, magari si preoccuperebbero anche come già McPsicologo aveva fatto quando mi aveva trovato in ufficio alle 8 di mattina.
Non capisco perché a Gibbs il mio caffè non piace. Non l’ho mai capito, eppure è buono, ma lui si sa è di gusti difficili e… 

- Agente Speciale Di Nozzo? Chi è che mi chiama la mattina prima che abbia finito il mio caffè, dopo aver passato una notte insonne e non essere ancora in ufficio. Mi voltai contrariato e vedo una macchina scura dai vetri scuri con il finestrino posteriore abbassato.
- Agente Speciale Di Nozzo? Le dobbiamo parlare
Sì, ce l’ha proprio con me. Sfodero il mio miglior sorriso possibile 
- Agente Super Speciale Di Nozzo. Chi mi sta cercando?
- Non è il momento di fare battute Agente, entri e ci ascolti.
Ok, i tizi sono più seri del previsto, la versione Di Nozzo special non è piaciuta, facciamo i seri.
- Non so chi siete nè cosa volete da me, quindi signori, se mi volete parlare sarò tra… 30 minuti nel mio ufficio al NCIS che voi immagino sappiate bene dove si trova visto che mi avete cercato e ne possiamo parlare lì.
- No Agente Speciale Di Nozzo, non si tratta di lavoro. Si tratta di Ziva. Ci vuole ascoltare adesso?

Ziva.
Sentii una vampata di calore avvolgermi tutto il corpo, poi come all’improvviso il sangue gelarsi nelle vene e non scorrere più. Perchè mi stavano cercando per parlarmi di Ziva? Cosa le era successo?

- Agente Speciale Di Nozzo, non abbiamo molto tempo è urgente. Salga in macchina.
Lasciai cadere il caffè a terra, aprii la portiere a salii dentro come un automa. Le parole “Ziva” e “urgente” rimbombavano nella mia testa. Perchè dopo 3 anni dopo 1096 giorni Ziva mi faceva cercare? Doveva essere qualcosa di grave non c’era altra spiegazione.
- Cosa sta succedendo e voi chi siete, Mossad?
- Esatto Agente Speciale. Ziva è stata gravemente ferita in una missione in Siria qualche giorno fa. Non sappiamo se supererà la crisi, i medici sono molto preoccupati e lei ci ha chiesto solo di trovarla e di accompagnarla da lei. 

Balbettai qualcosa come a dire “va bene” ma i miei pensieri non erano più lucidi. Credo che le mie mani stessero anche tremando. Avevo paura, paura che non sarei arrivato in tempo. Avevo paura che non l’avrei più rivista.
Loro evidentemente non stavano aspettando una mia risposta ed appena salito in auto chiusero le portiere e partirono di corsa.

Ziva ed il Mossad. Pensai che ero uno stupido, che lei non voleva cambiare vita. Voleva la sua vecchia vita. Ed evidentemente la voleva più di quanto non volesse stare con me, di quanto non volesse la sua nuova vita qui negli Stati Uniti, con i suoi amici prima ancora che colleghi.
Forse, pensai ancora, il richiamo delle origini era più forte di tutto il resto. E se sei del Mossad non smetti mai di esserlo a costo di sacrificare la tua vita.
Avrei pensato solo a quanto ero stupido se gran parte della mia mente non fosse stata occupata da quel freddo pensiero di paura di perderla per sempre, anche se in fondo non si può perdere qualcosa che non è mai stato tuo se non per un breve istante utile a sovvertire tutto l’universo. Qualcuno che probabilmente tua non ha mai voluto esserlo.

Lo stordimento iniziale divenne sempre maggiore, la testa era pesante e vedevo solo la sua faccia. Mi addormentai in macchina. Ma non era per il sonno…

--- --- --- --- ---

Tel Aviv - Il giorno dopo

Sul tavolo si accumulavano i fascicoli da tradurre, il computer lì vicino era in standby. Avevo bisogno di una pausa e di un caffè.

Sorseggiavo lentamente guardando fuori dalla finestra sul retro. E’ bello l’autunno in Israele, quella stagione in cui il vento soffia leggero e ti accarezza la pelle e ti abbraccia con il suo tepore, ti coccola, ti scompiglia i capelli e scaccia via i pensieri.
Questo a Washington non c’è. E’ sempre troppo freddo o troppo caldo, anche nella stessa giornata.
Oggi sarebbe uno di quei giorni, da lasciarsi accarezzare dal vento nella speranza che si porti via anche i pensieri ma non sarà così. Perché oggi più degli altri giorni la mente inevitabilmente ritorna a quella scelta.

Il suono del campanello mi fece sussultare. Non aspettavo visite, nessuno di solito veniva qui, perché ben pochi sapevano dove fossi, Tamar e pochi altri, ma lei aveva la chiave, non aveva bisogno di suonare.
Presi la pistola dal cassetto del mobile, caricai mi avvicinai alla porta chiedendo chi fosse.
Rispose una voce giovane e squillante

- Fiori per lei!
Fiori? Per me? Stupita aprii la porta e davanti a me c’era un ragazzo sorridente capelli corti ed una strana kippah con un fiore disegnato al centro. Mi strappò un sorriso.
- Sei sicuro ragazzino che siano per me?
- Signora è lei Ziva David?
- Sono io.
- E allora i fiori sono per lei!
Lo guardai con aria interrogativa e lui per un attimo si preoccupò ma poi tornò a sorridere gentile come sempre.
- Sono per lei, mi creda! Il signore che ha voluto che glieli consegnassi ha lasciato anche un busta per lei, ci ha chiesto il mazzo più bello del negozio e che venisse consegnato a Ziva David il prima possibile lasciandomi anche una bella mancia!
- Ah allora è per questo che sei così sorridente!
Dissi cercando di rompere la tensione che più che altro era mia per quel regalo inaspettato…
- E chi sarebbe questo signore? 
Chiesi quindi incuriosita
- Non lo so signora. Magari glielo ha scritto nella busta che le ha lasciato. Ora mi può firmare questo foglio per la consegna? 

Scarabocchiai qualcosa ed entrai con il grosso mazzo di fiori che appoggiai sul tavolo.
Erano effettivamente dei bellissimi fiori ed emanavano un profumo intenso di rosa e menta. I più belli che abbia mai ricevuto. Ci pensai un attimo. Non avevo mai ricevuto dei fiori e sorrisi tra me e me amaramente. 

Presi la busta, non badai alla forma e l’aprii strappandone un lato. Potevano essere di Calum? Ma certo, da quella volta aveva cominciato una serrata ma discreta corte, mandare fiori poteva essere nel suo stile. Non feci in tempo a razionalizzare che Calum non conosceva il mio indirizzo che sulla mano scivolò un ciondolo ed il cuore saltò un battito.
Era il mio ciondolo. Il mio scudo di David che avevo dato a Tony l’ultima volta che ci eravamo visti prima che lui salisse quelle maledette scalette di quel maledetto aereo.
Nella busta c’era anche una foglio piegato a metà lo aprii velocemente cercando spiegazioni ma quello che trovai all’interno mi fece involontariamente emettere un urlo soffocato.
Una foto di Tony legato ad una sedia imbavagliato e privo di conoscenza in quello che con tutta probabilità era un vecchio hangar. E sotto solo un indirizzo scritto in ebraico. Tony era in Israele e qualcuno voleva che io lo sapessi.
Corsi in camera da letto aprii l’armadio e dall’ultimo cassetto presi la mia fondina ormai da tempo inutilizzata, la indossai facendo dei gesti automatici e vi riposi la pistola che avevo riposto dietro la schiena. Presi anche due pugnali e li legai uno per caviglia e un altro caricatore per sicurezza.
Gettai uno sguardo all’angolo della stanza, chiusi gli occhi e scossi la testa. Tony. Dovevo andare da Tony.

Uscii di corsa da casa, presi la macchina e lasciai il mio kibbutz guidando più velocemente che potevo verso quell’indirizzo e mentre guidavo scorrevo i numeri sulla rubrica del telefono. Non ne avevo cancellato nemmeno uno. Arrivai velocemente alla T. Chiamai il suo numero. Squillava e poi qualcuno rispose.
- Shalom Ziva.
Non era Tony, evidentemente. La cadenza era sicuramente israeliana ed in ebraico gli parlai.
- Chi sei? Cosa ci fai con il telefono di Tony? Dov’è lui?
- E’ qui con me, ti stiamo aspettando Ziva, fai presto, il tuo Tony non ha più molto tempo.
Riagganciò senza il tempo di farmi dire altro.

Cercai di nuovo sul telefono. Esitai per un attimo e poi lo chiamai.
Perché quando avevo qualche problema era sempre lui che chiamavo, perché come un padre, più di mio padre mi era stato vicino e mi aveva aiutato nei momenti di difficoltà, con tenerezza e con fermezza. Non pensai nemmeno che a Washington in quel momento era piena notte.
- Ciao Gibbs.
- Ziva? Ma…
- Lo so che è notte fonda, ma ho bisogno di te Gibbs. Si tratta di Tony
- Devo pensare che se mi chiami nel cuore della notte dopo 3 anni che non ti fai sentire sia urgente ma mi dispiace, non so dov’è Tony, oggi non è venuto a lavoro e non ha risposto al cellulare.
La sua voce era sarcastica ma nascondeva nemmeno troppo velatamente del risentimento. In altri momenti questo mi avrebbe ferita, mi avrebbe fatto dare spiegazioni e fare altre domande, ma non ora, non c’era tempo e se anche Gibbs mi avesse odiato ora non era importante.
- Lo so io dov’è Tony. E’ qui in Israele. Prigioniero di non so chi. Mi hanno appena mandato una sua foto. Io sto andando dove mi hanno appena detto, ma non so cosa mi aspetta.
- Cosa vuoi che faccia Ziva?
- Non lo so Gibbs. Volevo avvisarti, volevo sentirti, volevo qualcuno che mi dicesse che andrà tutto bene.
- Ziva… Stai attenta. Noi arriviamo.

“Arriviamo” di Gibbs voleva dire che sarebbero stati qui non prima di quanto, 12 ore forse 10 o 8? Non lo sapevo in quel momento ma Tony non aveva tutto quel tempo. Non potevo aspettarli. Mandai un messaggio al telefono di Gibbs con l’indirizzo di casa e di dove stavo andando.
Accelerai ancora, se era possibile, non c’era traffico su quelle strada a quell’ora ed io volevo solo arrivare il presto. 
Sentivo l’adrenalina scorrere nelle mie vene come da tanto tempo non accadeva, quel brivido dell’azione che volutamente avevo messo a tacere negli ultimi anni perché dovevo cambiare vita.
Presi di nuovo il telefono composi velocemente il numero a memoria.
- Tamar, sono io. Oggi non verrò.


Nota: Come vedrete poi anche in seguito, ogni capitolo si chiama con il nome di una canzone, la cui citazione sarà l’inizio del capitolo stesso. Alla fine della storia potrete avere spero una bella playlist. La scelta dei titoli è una cosa che mi ha sempre mandato in crisi, le canzoni mi aiutano a scrivere, quindi ho unito l’utile al dilettevole ed è venuto fuori questo. 
Ho cercato di usare canzoni i cui significati si sposassero bene con quello che era il senso del capitolo, anche se non sempre ricalcano esattamente quello di cui si parla. 
Anche il nome della storia è ovviamente una canzone, The Memory Remains dei Metallica, ma in questo caso il testo non c’entra nulla con il senso della storia. Ma la memoria e la sua importanza sia in fatto di ricordi sensoriali che ricordi concreti è il centro di tutta la storia per i personaggi principali e non solo. 
Ho cominciato a scrivere questa storia un po’ di tempo fa, creando la trama e l’intreccio, quindi anche se ho cercato di essere il più possibile vicino alla serie, può accadere che in alcune parti delle puntate più recenti si possa discostare.
   
 
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