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Autore: Arbiter Ex    24/01/2016    1 recensioni
Il regno di Boletaria, governato da Re Allant XII, fa fronte alla più grande crisi che l'umanità abbia mai affrontato. L'Antico si è risvegliato, e una densa Nebbia incolore è scesa sulla terra. Da essa, terribili Demoni emergono, rubando le anime degli uomini, e facendole proprie. Chi perde la propria anima perde il senno, e i folli attaccano i sani, mentre imperversa il caos. Presto o tardi la Nebbia ammanterà ogni terra, e l'umanità è soggetta ad una lenta estinzione. Ma Boletaria ha ancora una speranza: un prode guerriero, che ha attraversato la Nebbia. Nella sua lotta non sarà da solo, e di lui verrà raccontata la sua storia, narrata da chi lo ha seguito nella speranza che portasse la fine della Piaga e ristabilisse l'ordine del mondo.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Cross-over | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Demon’s Souls:
Le cronache dell’uccisore di Demoni
Capitolo 13
 
L’Arcipietra che un tempo venne affidata ai capi delle tribù degli Uomini d’Ombra risplendeva opacamente nella perenne ed impetuosa pioggia che affliggeva l’Isola delle Tempeste. Successivamente alla prima discesa della Nebbia, l’Arcipietra venne donata con l’intento di creare un fiorente scambio tra la cultura degli sciamani e quelle degli altri popoli, ma il destino volle che venisse dimenticata e, con essa, anche il suo scopo. Unica traccia rimanente di quei tempi antichi, ora la pietra sopportava in solitudine le feroci intemperie che si abbattevano su quell’isola sperduta, incastonata in una lugubre scultura per i riti religiosi dimenticati, posta al centro della via principale per il grande tempio. Nuove nubi portavano un potente temporale sulle ripide pareti di scogliera dell’isola, abbattendosi con veemenza sugli scogli e sulle rocce inermi ed ammantando l’intera area in una cappa oscura ed impenetrabile. Un vento spietato correva e strappava tutto ciò che trovava sulla nuda terra dell’isola e lo trascinava via, sollevando la polvere ed i resti delle rovine delle antiche costruzioni in vortici violenti ed impetuosi. In quel disordine affannato e caotico, comparvero le figure di Firion, Claire e dello Spettro. Tutti e tre vennero sorpresi dalle condizioni proibitive del tempo: Claire non ebbe nemmeno il tempo di ambientarsi che quasi rischiò di essere sbalzata e spinta via dal vento, e come lei anche il cavaliere etereo che li accompagnava. Il diluvio che si riversava sui loro piccoli corpi impiegò così poco ad inzuppare le loro vesti che a malapena avvertirono la transizione dall’aria chiusa ma confortevole del Nexus a quella gelida dell’isola, e la differenza di temperatura traumatizzò la loro pelle ed i nervi. Solo Firion sembrava restare impassibile difronte alla manifestazione di una natura così selvaggia, ma ruppe subito quell’immagine per accorrere al fianco dei suoi compagni. Si portò vicino Claire tenendola per la vita per darle un supporto saldo a cui aggrapparsi, mentre teneva per la spalla lo spirito accanto.
“Dobbiamo trovare un riparo!” gridò Claire per farsi sentire oltre il frastuono della tempesta. Teneva gli occhi socchiusi per la polvere e la pioggia che l’accecavano e per i capelli che le venivano scompigliati e continuamente buttati sul volto. Si riparava come meglio poteva dietro un braccio teso davanti a lei, mentre con l’altro si teneva stretta a Firion.
“Entriamo nel tempio! Attraversa l’intera isola e ci porterà dall’altra parte!” urlò lo Spettro, tentando di distinguere le loro sagome nella terra bagnata sollevata dal vento. Firion fu tentato di chiedergli come facesse a saperlo, ma non era il momento di trattenersi sotto quel cielo burrascoso.
“Fai strada!” rispose lui con un accenno affermativo. Il fantasma si voltò e cominciò a marciare controvento, sforzandosi di non cedere a quella pressa vorticosa che aveva del soprannaturale. Firion mosse i primi passi insieme a Claire, parandole davanti il lungo mantello impermeabile che portava sulla schiena per difenderla dalle folate graffianti che le impedivano la vista. La reggeva e la incoraggiava, spingendola a continuare sotto la sua guida. Claire faceva come le veniva detto, concentrandosi sul mettere un piede davanti all’altro sul suolo fangoso che minacciava di inghiottirla ogni volta che poggiava il piede. Sbandava spesso, e lo sforzo che faceva per muoversi consuma velocemente le sue energie. Tenne lo sguardo quasi sempre basso nel tragitto che li portò al tempio di cui aveva sentito parlare poco prima allo Spettro, lasciando che fosse Firion ad indirizzarla correttamente. Benché non fosse molta la strada che li separava dalla loro destinazione, a Claire ogni secondò sembrò un’eternità, spesa a contrastare l’incredibile forza del vento che la voleva portare via. In esso, percepiva quasi una volontà ostile, una che voleva dirle che quello non era luogo per lei e che avrebbe fatto bene a tornare sui suoi passi finché poteva. Più si convinceva ad andare avanti, più si sentiva respinta ed in procinto di essere scagliata via, in preda ai venti furiosi come una foglia secca. Le poche volte che pensò di alzare gli occhi per vedere cosa la circondasse, le sembrò di vedere forme strane ed inquietanti ai lati della strada che percorrevano: macchie bianche ed informi, per dei lunghi momenti si facevano più vicine per poi sparire nell’impeto delle raffiche. Scoraggiata da quelle visioni, tornò a guardare basso. Trasse forza dalla presenza di Firion, attento a non lasciarla nemmeno per un istante, e dopo una lotta interminabile contro il nubifragio, arrivarono all’entrata del tempio. Salirono rapidamente i rozzi scalini che ammettevano all’ingresso per poi scendere nelle viscere dell’isola e del sito sacro. Quasi leggendosi i pensieri a vicenda, si fermarono alcuni attimi sui gradoni consumati dal tempo per ricomporsi e riprendersi dalla difficile traversata: per quanto odiasse ammetterlo, Claire si rese conto che non le fu affatto facile, nonostante non sembrasse una cosa così complicata. Si sedette su uno dei gradoni con la schiena alla parete e si diede un’occhiata intorno. La struttura in cui erano entrati era molto grande ma assai scarna e scarsamente realizzata. Chiunque l’avesse costruita, pensò, non doveva essere stato un bravo architetto. In un battito di ciglio, perse interesse in quell’ambiente vecchio di più secoli di quanti volesse immaginare quando si accorse quanto era bagnata ed infreddolita. Tremava e non riusciva fermarsi, le battevano i denti e, per attenuare un minimo il freddo, incrociò le mani sotto le ascelle e si strinse le gambe al petto. Sia Firion che lo Spettro se ne accorsero: il primo poggiò l’enorme spadone che portava al muro e si sedette accanto alla ragazza, offrendo il mantello ed il suo calore. L’altro cercò qualcosa nel borsello da viaggio che portava alla cinta, uno dei tanti che si ritrovava Thomas. Ne fece uscire un grosso fagotto di stracci ed una piccola boccetta d’olio. Costruì una sorta di letto con dei ciottoli e porzioni di pietre sparse per la sala e vi posizionò sopra la stoffa unta. Un attimo dopo schioccò le dita ed una piccola fiamma s’accese sui suoi polpastrelli. Diede fuoco al piccolo falò sotto di lui e lasciò che le fiamme crescessero. Claire guardò meravigliata, Firion un po’ sorpreso.
“Anch’io ero un Cacciatore, no? Non mi limitavo alla spada…” disse in un sussurro accennando un sorriso.
“Quella là fuori…non è una tempesta normale, vero?” chiese Claire avvicinando le mani intorpidite al piccolo groviglio fumante e dando un’occhiata interrogativa ai due cavalieri. Firion confermò il suo sospetto annuendo concisamente.
“L’ho avvertito chiaramente. Dovremo essere estremamente cauti nell’aggirarci al di fuori del tempio…”
Passarono alcuni minuti tranquilli a godersi il modesto fuocherello che si consumava velocemente. Fortunatamente, le azioni congiunte dei due Cacciatori permisero a Claire di ristabilirsi e di tornare presto in piedi. Purtroppo avrebbero dovuto continuare ad indossare delle vesti bagnate, non avevano i mezzi per poter risolvere quel problema con un tempo pessimo come quello che li aveva accolti. Avrebbero potuto solo sperare che facessero abbastanza in fretta da poter tornare velocemente tra le ben più calde e familiari mura del Nexus.
“Allora? Qual è il piano?” chiese Claire. Fuori, la tempesta infuriava ancora, ma veniva ovattata dalla pietra del tempio, smorzando il fragore che non accennava a calmarsi. Il fuoco ai loro piedi si spegneva e rilasciava le ultime nuvolette di fumo.
“Percorreremo i corridoi del tempio che portano alla spiaggia dall’altra parte dell’isola; lì, ci aspetta un Arcidemone” disse il guerriero etereo.
“Tu sei già stato in questo tempio, ho ragione?” chiese Firion. Era ormai ovvio che lo Spettro avesse già visitato quel luogo arcano, data la sicurezza con cui voleva guidarli. L’altro si limitò a sorridere affermativamente. Poi si portò sottò l’architrave petrosa che li avrebbe ammessi alle regioni più intime della cripta, ispezionando, per quanto possibile, il percorso immerso nell’oscurità che avrebbero preso. Firion e Claire rimasero fermi a guardarlo alcuni secondi quando alla ragazza balenò un ricordo di qualche tempo prima.
“E tu, Firion? Ricordo che tu hai detto di aver già visitato questo posto…”
“Infatti è così. Tuttavia, non ho mai esplorato il santuario. Abbattei dei Demoni Maggiori che trovai agli estremi dell’isola, senza trovare alcun Arcidemone, quindi pensai che non ce ne fossero affatto. Ammetto di essere stato decisamente superficiale, ecco perché sono tornato. Che sciocco sono stato a non farlo subito…” disse Firion scuotendo la testa deluso. Claire gli mise una mano sulla spalla, stringendola leggermente.
“Non prendertela così tanto. Immagino che avrai modo di rifarti…” disse con una piccola risata. Poi, imboccò l’apertura da cui era passato poco prima il componente mancante del loro piccolo gruppo.
“Dai, andiamo o ci lascerà indietro.”
Firion le fu subito alle spalle. Lo Spettro li aspettava a qualche metro dall’entrata, dove già la luce era tanto minima da permettere a malapena di vedersi in volto.
“Ammetto di non aver portato delle torce. Potrebbe essere un problema…”
“No, non lo sarà. Guardate.”
Claire ed il secondo Cacciatore poterono solo sentire Firion combinare qualcosa con la sua sacca da viaggio, poiché le sue mani erano poco altro che sagome nere nel buio del corridoio. Dovettero aspettare alcuni momenti. D’un tratto una calda luce s’irradiò dalle mani di Firion, illuminando il passaggio oscuro. Il giovane aprì i palmi e fece vedere le luminose pietre magiche che gli furono consegnate a Latria da Saggio Freke, porgendone una ad entrambi i suoi compagni. I due osservarono i piccoli fenomeni un po’ stupiti, ma si soffermarono per poco: ormai la realtà in cui vivevano era totalmente avulsa dalla ben più semplice vita di una volta, che anche gli avvenimenti più impensabili erano diventati cosa comune e facili da credere. Con lo Spettro in testa e Firion in retroguardia, i tre s’inoltrarono nei bassi tunnel dell’edificio di quel culto estinto. Nel giro di una ventina di minuti tra svolte, salite e discese, Claire perse totalmente l’orientamento e la cognizione del tempo, resi ancor più difficili da mantenere a causa del gelo trattenuto dalle pareti che annebbiava i suoi pensieri. L’aria era glaciale e l’umidità si attaccava alle membra come un sudario stretto: ogni secondo che passava, poteva sentirla affondare come tante punte acuminate nella sua pelle e nelle sue ossa. Il freddo minava la sua tempra e la sua resistenza, facendola rabbrividire ingovernabilmente, accentuando ancora di più la sensibilità alle vesti fradice. Cominciò a strofinarsi il più rapidamente possibile le braccia ed incavò la testa tra le spalle per tentare di conservare un po’ del calore che le era rimasto.
“Claire, tutto bene?”
La mano di Firion sulla sua spalla ed il suo tono interessato la fecero voltare leggermente, senza però smettere di camminare.
“N-Non preoccuparti, s-s-sto bene. Certo che f-fa freddo qui, eh?” disse lei rivolgendogli un debole sorriso. Firion la fece fermare e le mise addosso il suo mantello, allacciandolo per lei. Lei non riuscì ad obiettare, grata del caldo che il tessuto trasmetteva.
“Meglio adesso?”
“Sei troppo gentile per un’ingrata come me…” commentò lei con uno sbuffo ironico, stringendosi nella pesante cappa.
“Non serve che mi ringrazi. Tutto per quel sorriso.”
Claire lo guardò silenziosa. In quel momento le fu molto facile credere a quel che Serah le aveva detto. Per un momento pensò che non potesse essere vero, che Firion non potesse essere innamorato di lei, spinta dal senso di inadeguatezza. Se si fosse trattato di chiunque altro, la cosa non l’avrebbe toccata, ma Firion non era uno qualunque. Lei non era tagliata per quel genere di cose. Non le aveva mai provate e, per molto tempo, credette che non le avrebbe provate con nessuno. Aveva sempre pensato esclusivamente al benessere della sorella, non aveva tempo per le smancerie delle contadinelle sue coetanee. Lei non avrebbe saputo come comportarsi in una relazione, e sapeva che Firion ne sarebbe uscito ferito e deluso. Abbassò il capo e tenne gli occhi lontani dal suo viso, cercando le parole tra le mattonelle sotto i piedi.
“Firion…io…”
“Sì?...”
“Che state facendo voi due? Non vorrete perdervi ora che siamo quasi arrivati?” chiese il fantasma loro amico dal fondo del passaggio, la sua voce un’eco sommessa proveniente da un’ombra bluastra tra le altre nero pece. Firion gli rivolse una veloce richiesta per trattenersi un attimo in più ad ascoltare Claire.
“Un momento!”
“No, no arriviamo. Non era niente, Firion. Andiamo.”
Claire non attese una sua risposta e si affrettò dietro il cavaliere spettrale. Firion si scrollò recalcitrante l’argomento mozzato dalla ragazza e li raggiunse senza fretta. Non appena tornarono uniti, il Guerriero Avvilito li guidò attraverso poche altre svolte e passaggi, dove soffi lamentosi potevano essere uditi mentre s’insinuavano nella pietra porosa. Camminarono finché raggiunsero una larga stanza dall’aspetto cavernoso, il soffitto poco più alto di una dozzina di piedi. Dei bassi scalini portavano poco più in basso, dove numerose piccole pozzanghere si allargavano continuamente, alimentate dallo sgocciolare dell’acqua invasiva che erodeva le rocce. Lo stanzone dava sull’esterno, una grossa apertura lasciava che il vento aggressivo penetrasse anche negli interni riservati dell’edificio sacro. La scarsa luce grigia del cielo diradava le ombre più superficiali della camera, mentre quelle più estese non accennavano a ritirarsi. I tre viaggiatori misero via le pietre magiche, accontentandosi della luminosità spenta del giorno nuvoloso. Il Guerriero Avvilito si portò alla bocca della caverna e si sporse cautamente per controllare la situazione fuori, attento a non farsi portare via dalla tempesta nel pieno della sua furia.
“Pensavo che fossimo arrivati. Questo è solo un vicolo cieco” disse Claire alle sue spalle.
“No, questa è la strada giusta. Qui fuori, una sporgenza della scogliera copre per intero la parete rocciosa fino ad un ultimo passaggio tra le stanze del tempio. A quel punto, la spiaggia sarà ad uno schiocco di dita. Tuttavia, non possiamo rischiare di uscire allo scoperto con un tempo come questo. Dobbiamo aspettare che almeno il vento perda intensità, o potremmo essere sbalzati giù sugli scogli aguzzi in preda alle acque mosse e gelide, come se la caduta non fosse già fatale. Quindi, mettiti comoda: un po’ di riposo non può farci male.”
Claire cominciò ad infastidirsi nel sentire lo Spettro continuare a decidere per tutti loro cosa fosse meglio fare e che andatura prendere. Odiava soprattutto l’aria del capo che sembrava essersi costruito attorno. Ma non aveva voglia di discutere, e di certo non aveva intenzione di mettersi inutilmente in pericolo: solo uno stolto avrebbe potuto ignorare l’avvertimento del guerriero trapassato, il suo stato a cavallo dell’oblio un monito sempre presente contro gli atti sconsiderati ed imprudenti. Soppresse l’insofferenza e si sedette alla parete, lontano dalla grossa breccia nel muro, cogliendo l’occasione per asciugare almeno un po’ i capelli ancora fradici.
“Vieni, Firion: ti spiego come faremo a passare” disse lo Spettro al giovane Cacciatore. Quando fu vicino, abbassò la voce il più possibile per non farsi sentire oltre i gemiti del vento.
“Fai finta di guardare fuori.”
Firion lo guardò insospettito, ma fece come diceva.
“Che progetti hai per il futuro?”
“Sai bene che non posso più aspirare ad un futuro…”
“Ne sei davvero convinto? Allora lascia che ti faccia un’altra domanda: quanto sei disposto a perdere prima di renderti conto di ciò che hai?”
Firion gli rivolse uno sguardo confuso, non avendo intuito il suo messaggio.
“Quella ragazza: tu la ami, e anche lei prova lo stesso per te, anche se ancora non lo sa...”
“Come fai a-”
“Abbandona questa folle missione, portala con te dove potrete essere felici, e vivete insieme una vita degna di essere vissuta.”
“Come puoi suggerirmi una cosa simile? Finché esisterà anche un solo Demone, questo mondo non sarà un luogo sicuro per nessuno. Non posso permettere che viva in un posto simile…”
“Quindi credi che la cosa migliore da fare sia diventare tu un demone e buttare via la tua vita per tenere fede ad una promessa fatta ad un Monumentale, il cui unico interesse è porre rimedio ai peccati suoi e della sua gente?”
“Di cosa stai palando?” chiese Firion, spaventato dalla durezza delle parole del compagno, che minavano i propositi della sua missione.
“Come credi che abbia fatto l’Antico a liberarsi dalla morsa del Nexus in passato? Come credi che abbia fatto Allant a liberarlo di nuovo? Te lo dico io: sono stati loro, loro hanno causato le Piaghe! Hanno fatto ricadere le loro colpe su di noi! Ci stanno manipolando per farci espiare i loro crimini! Sei davvero disposto a sacrificarti per loro?!”
Un sentimento nel profondo dell’animo di Firion si frantumò dolorosamente. Non aveva mai visto la sua missione da quella prospettiva, forse perché non avrebbe mai potuto accettarlo. Solo in quel momento cominciò a capire veramente il quadro degli eventi in cui era rimasto invischiato e che ruolo rivestiva in esso. Gli era stato detto che un male devastante era ricaduto sulle terre, un male che avrebbe posto fine ad ogni forma di vita, uno che non poteva proliferare. Per questo, anime forti e senza paura erano state scelte per combattere le orde demoniache e respingere quell’orrenda minaccia. Era tutto solo una bugia. Solo in quel momento Firion capii veramente come il Monumentale dovesse aver scelto accuratamente le parole da rivolgergli per non rivelargli che erano stati loro a causare le Crisi dei Demoni e per invogliarlo a focalizzare il suo odio su quelle aberrazioni. Solo in quel momento capii che era stato manovrato sin dall’inizio.
“Credi di essere stato scelto perché sei speciale? No, non lo sei. Eri un cavaliere di Boletaria, nulla di più nulla di meno. Sei solo uno dei tanti sfortunati caduti vittima della rete d’inganni dei Monumentali, e se fallirai, nessuno ricorderà il tuo nome…”
Il Guerriero Avvilito posò le mani sulle spalle di Firion e lo spinse a guardarlo negli occhi. Il giovane sembrava sconvolto dall’improvvisa rivelazione sulla vera natura della sua missione, era agitato ed in cerca di una risposta.
“Per cosa, secondo te, io ho abbandonato? Quando lei mi fu portata via, io non avevo più niente per cui valesse la pena di vivere. Avevo dato tutto al mio impegno, eppure loro non hanno mosso un dito per proteggerla, nonostante tutti i miei sforzi loro sono rimasti a guardare! Non rimarrò in disparte mentre fai il mio stesso errore. Io non ho più niente da perdere, ecco perché tornerò a combattere, ma tu…Dimentica questa storia. Porta Claire e gli altri via con te, portali dove potrete ricominciare. Fa come ti dico, ora che sei ancora in tempo…”
Lo Spettro batté le mani sulle spalle del giovane. Poi lo lasciò e si fece scivolare alla parete opposta a Claire. Firion perse lo sguardo nelle indistinte linee della scogliera alterate dalla tempesta, poi ne fissò uno impensierito sulla ragazza alle sue spalle: lei era ignara di tutto, intenta com’era a badare alla sua chioma. Inquieto nell’animo e turbato come non fu mai, la raggiunse e si sedette accanto a lei, ansioso di non lasciarsi sfuggire un solo momento per poterle stare vicino.
Nel tempo che i tre viandanti passarono dentro la caverna, le nubi del cielo si fecero più dense e pesanti, imbrunendosi e marcando il grigiore del giorno lugubre. La tempesta non perse una frazione del suo impeto, mentre la pioggia intensificò la sua caduta: precipitava vertiginosa sospinta dal vento, trasformandosi in aculei gelidi. Quando fu ovvio che era possibile aspettarsi solo un peggioramento, lo Spettro propose il rischio di raggiungere l’altro capo dell’isola mentre vi era ancora luce sufficiente: se fosse calata la sera, non avrebbero avuto alcuna possibilità di passare lungo il fianco della scogliera, e l’impresa alla cripta sarebbe stata solo una perdita di tempo. Dopo una sofferta riflessione, Firion e Claire si dissero d’accordo nel tentare la traversata. Con estrema cautela, quindi, si sporsero in fila oltre il bordo dell’apertura, poggiando sul cornicione proteso a strapiombo sugli scogli. Il camminamento era abbastanza largo da permettere a due paia di persone di camminare l’una di fianco all’altra, ma le forti raffiche e la visibilità estremamente ridotta spinsero i tre ad avanzare rasentando la parete. Gli abiti ondeggiavano selvaggiamente, e la pioggia li colpiva ripetutamente sugli occhi e sul volto, costringendoli a proteggersi con un braccio e farsi guidare dall’altro. Intanto che Claire si sforzava di vedere dove stesse mettendo i piedi, un colpo d’aria più forte degli altri le scompigliò violentemente i capelli. Il fermaglio di giada tra di essi perse attrito e volò giù dal percorso sospeso.
“No!”
Claire tentò di riagguantarlo tendendo disperatamente le mani e sporgendosi più che poteva, ma venne trattenuta da Firion che la spinse indietro al suo posto. Lei protestò rabbiosa, ma un secco movimento del capo di Firion la fece fermare, dicendole che il ricordo della figlia di Thomas era ormai perduto per lei. Venne esortata a tornare a muoversi. Claire spese ogni secondo dei lunghi minuti che seguirono ad incolparsi per aver perso il ricordo che Thomas le aveva affidato, temendo il momento in cui avrebbe dovuto dire al Collezionista di essere venuta meno alla sua promessa. Avanzarono a tentoni scorgendo a malapena la strada davanti a loro per un tempo che sembrò incalcolabile, attenti a non scivolare sulla roccia bagnata e friabile. Stavano ancora camminando quando Firion si fermò di colpo, sollevando la testa al cielo.
“Fermi!” chiamò ad alta voce.
Claire ed il Guerriero Avvilito lo guardarono sorpresi attraverso le strette fessure a cui erano ridotti gli occhi. Una forte inquietudine montò in entrambi quando videro il compagno agitare il capo in cerca di qualcosa tra le nuvole nere, tanto che cominciarono a scrutare anche loro. Improvvisamente, l’espressione di Firion mutò in una maschera di spavento, e fece per spingere avanti i suoi amici.
“Corret-!”
Non fece in tempo a finire che una specie di aguzza zagaglia interamente ossea penetrò lo spazio tra il suo pettorale e la spalla. Il colpo lo portò su un ginocchio, mentre il sangue esplose tutt’intorno. Il cuore di Claire rischiò di sfondarle il petto davanti all’attacco improvviso, e lei non poté fare a meno di cadere all’indietro. Quando si rese conto delle condizioni di Firion, accorse prontamente per dargli aiuto.
“Firion!”
Il Cacciatore si portò velocemente in piedi e l’allontanò. Spezzò la punta che sporgeva dal suo corpo ed estrasse il resto dell’asta, rivelando un grosso foro rosso dove era stata prima: la vista raggelò i compagni atterriti. Piroettò su se stesso e lanciò la grossa punta acuminata nella direzione da dove giunse. Un momento dopo, una creatura alata e deforme, dal corpo piatto, due grosse protuberanze nere per occhi ed una lunga coda, cadde stridendo dallo schermo di nubi, prima sul cornicione e poi giù di esso nel vuoto sottostante.
“Ci hanno accerchiati! Correte senza fermarvi!”
Abbandonando la cautela di prima, Claire e lo Spettro accelerarono più che poterono verso la meta invisibile davanti a loro. Da ogni angolo sopra le loro teste, cominciarono a cadere altre di quelle punte mortali, conficcandosi duramente ai loro piedi ed alle loro spalle. Più e più volte vennero sfiorati dai lunghi aculei, evitandoli per puro miracolo. Lo Spettro salvò una volta Claire spingendola di lato e scagliando la sua spada ad una di quelle creature nascoste nella pioggia, colpendola a morte. Claire pensò di fare lo stesso con il suo arco, ma imprecò quando si rese conto che le sue frecce, in quel vento, non sarebbero servite a niente. Continuò a correre finché si accorse che l’assalto sembrava essere terminato, lei ed il Cacciatore spettrale non erano stati più inseguiti dopo gli ultimi attacchi. In uno spiazzo più largo del resto della strada si guardò dietro e vide con orrore il motivo: Firion era rimasto indietro, faceva da esca attirando i demoni volanti con le pietre luminose. Avanzava roteando fulmineo lo spadone, distruggendo le lance in volo, ma erano così tante che alcune riuscivano a superare le sue difese, trafiggendolo. Claire fece per correre da lui, ma venne trattenuta per un braccio dal fantasma.
“Dobbiamo andare!”
“Non lo lascio da solo!” rispose lei tirando via il braccio.
“Ce la farà! Lo impacceremmo e basta! L’unico modo che abbiamo di aiutarlo è metterci al sicuro!”
“Non posso-!”
Un fulmine scarlatto si abbatté a pochi metri da dove stavano entrambi, distruggendo una porzione della piattaforma su cui stavano. Il Guerriero Avvilito sentì la roccia crollare sotto i suoi piedi, cercando freneticamente un appiglio che gli evitasse la tremenda caduta verso una morte definitiva. La pietra tagliente lo respinse e gli tagliò i palmi. Si rassegnò alla sua imminente scomparsa quando avvertì la presa di Claire sul suo braccio. La ragazza lo aveva afferrato con entrambe le mani, era in ginocchia sul bordo della sezione crollata a sfruttare ogni fibra del suo corpo per non lasciare la presa. Digrignava i denti per lo sforzo, gemendo nell’avvertire che veniva lentamente trascinata sul margine mentre l’altro scivolava via. Lui lo aveva capito: Claire non avrebbe mollato, nonostante stesse cadendo anche lei. Avrebbe preferito precipitare nel tentativo piuttosto che accettare di non essere stata in grado di salvarlo.
Per alcuni secondi, il mondo dello Spettro si fermò. Ripensò alla sua vita, al dolore delle innumerevoli perdite che dovette sopportare anche oltre la sua morte. La sua terra, la sua famiglia, la sua amata. La vita degli uomini è dolore, quindi non ha senso tentare di essere felici: troppo tardi l’aveva capito. Per molto tempo rimase certo di quella sua convinzione. Tuttavia, qualcosa cambiò quando comparve un ragazzo di nome Firion, uno stupido che credeva di poter cambiare il mondo e salvarlo dal baratro in cui era caduto. Credeva di poter riaccendere il calore dell’umanità negli uomini, da molto dimenticato sotto le ceneri dell’egoismo e della paura. Ammetterlo fu un duro colpo al suo orgoglio, ma finì anche lui per credere al sogno del ragazzo, e come lui coloro che lo accompagnavano. Decise di non poter accettare di restare a guardare mentre quel sogno rischiava di diradarsi in una nebbia di inganni e sotterfugi. Decise che la speranza si sarebbe sostituita all’angoscia, e alla fine della sua tragica esistenza, la speranza era tutto ciò che aveva.
“Avrei voluto conoscerti meglio, Claire…”
“Ne avrai tutto il tempo quando torneremo a casa!” gridò lei nervosamente.
“Non credo che tornerò…”
“Usa il fiato per issarti su!”
“Stai accanto a Firion. Non abbandonarlo…”
Il Guerriero Avvilito si strattonò seccamente via dalla presa di Claire e si lasciò cadere. Claire emise un verso soffocato e protese la mano, sgranando gli occhi increduli. Lo vide cadere sempre più in basso finché divenne indistinguibile nella furia del vento. Rimase ferma a fissare il punto in cui scomparve, incapace di muoversi. Un’ombra dietro di lei emerse alle sue spalle: era Firion, sanguinante da ferite ancora aperte. Dietro, lo seguivano instancabilmente i mostri alati. Claire venne sollevata di peso e messa in spalla. Rapidissimi percorrevano ciò che rimaneva del cornicione, la cui struttura indebolita cedeva e crollava facilmente sotto il peso del Cacciatore. Tutt’intorno, la tempesta peggiorò di nuovo: funesti fulmini rossi si scaricavano ovunque con fragore. Firion slittava incontrollabile sulla roccia, spintonato dal vento, mentre accelerava forsennatamente per non venir inghiottito dal vuoto che stava aprendosi sotto di lui. Quando arrivò finalmente in vista della piccola arcata che segnava la fine della traversata, diede fondo a tutte le sue energie per coprire lo spazio che li separava dalla salvezza. Superò l’architrave, lasciò andare Claire, e si abbatté a terra, sfinito. Le pareti della piccola galleria in cui entrarono faceva eco dei respiri affannosi del cavaliere che si sforzava di rallentare i battiti del suo cuore. Un tenue bagliore verdastro dal fondo lanciava piccole ombre dei due girovaghi sopravvissuti. Claire sopraggiunse apprensiva sul corpo maltrattato del Cacciatore per prestare aiuto in qualunque modo possibile. Firion aveva ferite ovunque, alcune ben più gravi di altre, ma tutte si stavano magicamente risanando. Era uno spettacolo incredibile.
“Starò bene. Non ti preoccupare” disse lui un po’ a corto di fiato.
Si appoggiò alla parete per riposare e si rilassò per lasciare che il processo di guarigione procedesse placidamente.
“Tu sei ferita?”
“N-No…” rispose lei distrattamente.
“Ti ho vista ferma vicino alla sporgenza, ho temuto che ti fosse accaduto qualcosa. Grazie al cielo sei sana e salva. Ma dov’è lo spirito?”
Non venne alcuna risposta. La ragazza teneva gli occhi bassi e non proferiva parola, mordendosi invece il labbro.
“Claire?...”
“E’ colpa mia! Non l’ho salvato!” esplose la ragazza, battendo rabbiosamente il pugno a terra.
“Aveva detto di muoverci, io non l’ho ascoltato, ed è caduto! Non ho avuto la forza di salvarlo!”
Pianse lacrime esasperate. Firion, ancora dolorante, la cinse con un braccio e la portò alla parete, dove sedettero vicini. Le sfregò dolcemente la mano sul braccio, consolandola in silenzio. Lei poggiò la testa sulla sua spalla, lasciando che il suo affetto lenisse, almeno in parte, il suo dolore.
Stettero in quel modo a lungo. Firion preferì non pensare troppo all’accaduto: un altro membro del loro piccolo gruppo di sopravvissuti se ne era andato e lui non aveva potuto evitarlo. Ormai era evidente che la loro resistenza era al limite. Pian piano, avrebbero ceduto tutti. Non s’illuse più dicendosi che non sarebbe accaduto finché lui avesse continuato a combattere. Doveva agire, ed in fretta. Quando credette che Claire si fosse calmata, si alzò e le tese la mano. Lei si asciugò un’ultima lacrima con un dito ed accettò l’aiuto.
“Mi dispiace di essere così fragile. Vorrei essere forte come te” disse lei con espressione amareggiata.
“Tu sei più forte di quanto pensi. Anche adesso dimostri una forza che molti non avrebbero.”
“Ma non sono riuscita a-”
“Lui ha riposto la sua speranza in noi. La nostra vera debolezza adesso sarebbe tradire quella speranza” la interruppe lui poggiando le mani sulle spalle dell’altra. Lei sembrò riflettere in silenzio alcuni momenti. Poi, la sua espressione mutò in quella decisa che aveva sempre tenuto e diede un deciso cenno del capo.
“Brava.”
Si diedero uno sguardo eloquente e poi s’indirizzarono verso il fondo della galleria. Quello che sembrava il termine dello stretto canale nascondeva, in realtà, una lunga discesa verso il basso. Percorsero guardinghi il dislivello, arrivando in fine in una larga stanza decorata, illuminata dallo strano alone delle rocce e dal grigiore di un’arcata dal lato opposto. Era l’ambiente più elaborato dell’intero edificio, con statue, mosaici e rappresentazioni. Quelli che dovevano essere stati antichi e potenti guerrieri erano stati immortalati nella pietra con le armi in pugno, fieri ed orgogliosi; sulle pareti, invece, erano incise numerosissime scritte antiche ed immagini evocative. Una in particolare colse la loro attenzione: un’enorme oscurità nel cielo incombeva minacciosa, un uomo solo con la sua spada a combatterla tra costruzioni imponenti, vicino ad un grande e rigoglioso albero. Firion guardava affascinato, ma Claire osservò attenta i simboli di quelle scritture antiche. Aguzzò bene la vista, finché riconobbe quei segni primitivi.
“Posso leggerlo…” sussurrò involontariamente.
“Cosa?” chiese incredulo Firion.
“Riesco a capirlo.”
“Dici davvero?”
“Beh, solo in parte. Questi simboli erano in una delle opere più voluminose di Saggio Freke. Lo ricordo perché mi colpì l’accurato parallelismo che fece con la nostra lingua” disse lei distaccatamente mentre si avvicinava a quelle scritture. Passò le dita sulle incisioni per seguirne meglio la successione.
“Proverò a tradurlo al meglio che posso. Spero di non fare errori: “…Viene dalle nuvole. Dio furioso. Dio malvagio. Il peccato…è la sua mano. Ci uccide malvagio. Prendi…la lama di vittoria. Re del vento. Trafiggi il cielo…tra le case dei morti…albero della vita…”
“Che significa?”
“Non ne ho idea” ammise Claire scuotendo la testa.
“In ogni caso, non credo che ci avrebbe aiutato contro l’Arcidemone. Prepariamoci alla battaglia” disse lui tornando a muoversi verso il fondo della sala.
Claire dimenticò il murale e lo seguì tra le numerose altre raffigurazioni. Raggiunsero il capo opposto della camera. L’arcata di uscita era impegnata dalla familiare nebbia bianca e viscosa. Ovattava i suoni di fuori, quasi sfidandoli ad accumulare il coraggio di tornare tra i lampi ed i venti rabbiosi. Claire s’imbracciò l’arco tenuto sulla schiena e lo guardò dubbiosa.
“Questo potrebbe non servire…”
“Confido in te, Claire. Niente potrà mai farmi cambiare idea.”
Lei sorrise malgrado l’intensa lotta che li aspettava e le loro difficili circostanze.
“Grazie.”
Firion le diede un cenno deciso. Poi attraversò il muro spettrale e si ritrovò dall’altra parte. Claire lo seguì, e subito venne investita da una raffica potente che minacciò di scagliarla via. Nella pioggia, nel vento e nei lampi, Claire osservò sbigottita il paesaggio che aveva difronte: la spiaggia di cui aveva parlato il Guerriero Avvilito, dove alti monoliti neri si stagliavano ombrosi ed un enorme albero resisteva incredibilmente alle sferzate continue, era stravolta da vortici violenti di polvere ed acqua. Numerosi massi giacevano erosi al suolo, inermi sotto il cielo nero e pieno di mostruose belve volanti. Quello in cui erano capitati era un inferno, ed in qualche modo loro avrebbero dovuto porvi rimedio. Improvvisamente, dalle nubi prese forma una sagoma oscura ed immensa, illuminata sinistramente dai fulmini spietati. L’Arcidemone si mostrò in tutto il suo orrore, abbattendo il morale dei due viaggiatori: un essere volante le cui dimensioni rivaleggiavano con quelle di una città, ventose, scaglie disgustose e lembi monchi, una bocca orrenda di tentacoli lunghi ed orridi, ed un unico enorme occhio, senza palpebre, fissato su di loro.
“Quell’affare è la causa di questa tempesta…” pensò Claire inorridita.
Firion l’afferrò e la trascinò veloce con sé dietro uno dei massi vicini, riparandosi dalla mostruosità.
“Come dovremmo fare ad uccidere quell’essere?!” esclamò Claire. Firion sporse la testa oltre il misero riparo. Guardò alcuni istanti: l’Arcidemone stava lentamente virando in basso, richiamando a sé le bestie più piccole. Tornò giù e tentò di farsi venire un’idea, ma non venne niente. Il bersaglio era irraggiungibile, e anche se si fosse abbassato abbastanza da essere colpito, non poteva sperare di infliggergli colpi fatali da terra, senza contare le decine di altri demoni che stavano solo aspettando che si mostrassero allo scoperto. Firion guardò Claire con espressione persa.
“Claire, torna al Nexus. Tenterò di ucciderlo da solo” gridò sopra il vento.
“Ti aspetti veramente che ti lasci qui?! Dopo quello che abbiamo passato?!”
“Non mi aspettavo un essere del genere! Non ho idea di come affrontarlo! Non ti chiederò di metterti in pericolo inutilmente, torna al Nexus!”
Detto ciò, Firion estrasse lo spadone e saettò fuori dal nascondiglio, attirando subito l’attenzione dei molteplici nemici. L’immenso Arcidemone emise un verso come un tuono, ed immediatamente tutte le bestie che lo circondavano fecero cadere una pioggia di lunghi aculei sul Cacciatore. Firion si riparò sotto la sua spessa lama, ma solo alcune di quelle punte s’infransero contro di essa, mentre le altre lo ferirono ripetutamente. Imperterrito, avanzò inesorabile oltre i monoliti e sulla riva, aspettando la seconda offensiva.
“Così si farà ammazzare! Non potrà difendersi da un altro attacco come quello!” pensò Claire disperata.
“Ci deve essere un modo per noi di contrattaccare…Qualunque cosa…”
Claire osservò ogni punto visibile della spiaggia, facendosi venire ogni sorta d’improbabile idea. Purtroppo, si rese conto che Firion aveva ragione: non avevano alcun modo di colpire l’immenso demonio. Scrutò ancora, in cerca di un miracolo che potesse salvarli. D’un tratto, scorse uno scintillio nel nero dei grossi monumenti che adornavano macabramente la spiaggia: nella confusione della tempesta, la visibilità limitata faceva intravedere solo una piccola forma. Si riparò dietro un masso più vicino per poter vedere meglio. Fu allora che la vide: l’elsa di una spada, incastonata nel pilastro nero. A Claire tornò subito in mente la storia e l’immagine dentro il tempio. Riconobbe tutti i punti di riferimento: i monoliti, l’albero, la spada e la grande oscurità nel cielo. Senza pensare oltre, si liberò dell’impaccio del suo arco e si precipitò sulla lama nascosta, conficcata nel pilastro più vicino all’albero. Alcune delle belve volanti la videro e cominciarono a bersagliarla. Una della lance la sfiorò di pochi centimetri, ma lei non si fermò. Quando fu abbastanza vicina, serrò le mani sull’elsa e tirò con tutta la sua energia. Fece forza con un piede contro il monolite e strinse fino a far diventare bianche le nocche. L’enorme sforzo la ripagò facendo venire fuori l’arma mitica: una splendida spada dalla lama a spirale, dalla leggerezza sorprendente.
“Fa che funzioni!”
Corse sulla spiaggia, a pochi metri da dove stava Firion, ed alzò la spada sopra la sua testa. Firion si accorse di lei e le gridò di ritirarsi all’istante, ma Claire non lo ascoltò.
Di colpo il vento mutò direzione, scombussolando i demoni volanti, che apparvero disorientati e spaventati. Claire cominciò ad avvertire forti formicolii alle mani, che presero a tremare senza controllo. L’aria prese a vorticare impetuosamente, turbinando attorno alla spada che Claire teneva in alto. Firion stentava a crederci e fu costretto a ripararsi mentre vedeva Claire diventare l’occhio di un ciclone. Tutta quell’energia si condensò in unica, altissima colonna, che originava dall’elsa della spada e toccava il cielo. La paura dell’Arcidemone divenne tangibile, e tuonò di nuovo, ordinando ai suoi seguaci di attaccare. Fu allora che l’aria si fermò, e fu allora che Claire abbassò la lama. Il fendente colossale colpì nel giro di pochi attimi: le nubi sopra il grande demone alato si squarciarono, facendo tornare la luce del sole, intanto che il mare sottostante si apriva in due. Claire abbandonò la spada, che perse il suo potere, e cadde all’indietro, svuotata. Per dei lunghissimi secondi, null’altro accadde: Firion e Claire guardavano immobili il mostro gigante fermo nel cielo, e la ragazza temette di aver mancato il bersaglio. Subitaneamente, una striscia rossa si aprì sul corpo dell’immenso abominio. La linea si allargò sempre più finché divenne chiaro che il demone era stato squarciato a metà. Quando le due sezioni cominciarono a cadere, esse si convertirono nel bagliore opaco delle anime. Anche le numerose altre bestie svanirono, il cielo tornò a risplendere di luce solare ed il vento venne sostituito da una calda brezza. Successe tutto talmente in fretta, che fu quasi impossibile pensare che poco prima la peggiore tempesta di sempre si stesse scatenando. L’anima dell’Arcidemone venne assorbita da Firion, che diversamente dalle altre volte, ebbe come unica reazione alcuni colpi rumorosi di tosse e la caduta su di un ginocchio. Non appena si riprese, corse da Claire, che nel frattempo si era rimessa in piedi, anche se a fatica. Sorrise di gioia nel vederlo sano e salvo. Provò a camminare verso di lui, ma il risultato fu un barcollio scoordinato che la vide quasi cadere. Firion la prese al volo e, capendo quanto dovesse essere spossata, la portò al tronco del grande albero sulla spiaggia, dove la fece appoggiare.
“Grazie.”
“Sei stata incredibile poco fa. Ci hai salvato.”
“Solo fortuna.”
Tra loro cadde un profondo silenzio, accompagnato solo dalle onde del mare, ora più dolci e calme. Si fissarono a lungo negli occhi, silenziosamente in preda ad una strana euforia. Poi Firion tese le mani per stringerla, entrambi si mossero l’uno verso l’altra e Claire lo baciò sulle labbra. Indugiarono alcuni momenti, si staccarono brevemente, e poi si unirono di nuovo, con passione maggiore. Si abbandonarono sul tronco, lasciandosi scivolare, e presto non riuscirono più a fermarsi. 
             
   
 
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