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Autore: ehi_boo    25/01/2016    1 recensioni
Una triste storia d'amore tra una ragazza e un ragazzo a cui rimane soltanto un anno di vita.
"Da quando scoprii il tuo segreto, decisi di rimanere 365 giorni accanto a te. Inizialmente non volevo lasciarti solo, volevo prendermi cura di te, non pensavo mi sarei innamorata.
Innamorata di un ragazzo senza futuro, un amore con un tempo stabilito"
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Grazie mille per le recensioni allo scorso capitolo e scusate per il ritardo di questo:)
Continuerò dopo altre due recensioni:)



 

''Amelie, com'è andata oggi a scuola?'' chiese premurosamente la signora Moore, sedendosi a tavola.

''Il solito'' La ragazza fece spallucce.

Sua madre di tutta risposta annuì, sorridendo, dopodiché iniziò a parlare con il marito.

Amelie giocò per un po' con il cibo che aveva nel piatto, prima di decidere ad interrompere la loro discussione.

''Mamma, posso farti una domanda?''

Lei smise di parlare, prestando attenzione. ''Si, tesoro''

''Ricordi Noah? Quel mio compagno di classe?'' continuò a parlare dopo un suo cenno d'affermazione. ''Ecco...è da un po' di giorni che non viene a scuola, una settimana circa. Il coordinatore ci ha solo detto che sta male, ha parlato di un'influenza''

Amelie aveva un brutto presentimento.
Sin dall'inizio non aveva creduto alle parole del suo professore, forse per la sua poca convinzione, forse per il suo sguardo fin troppo dispiaciuto.
Lo aveva notato, quello sguardo, quegli occhi che celavano un velato dispiacere.

Dall'inizio aveva sospettato che non si trattasse di una semplice influenza, ma sperava di sbagliarsi.

Ogni mattina, una volta entrata in classe, guardava il banco di Noah, sperando di trovarlo lì seduto, ma così non fu.

Aveva rimandato nel parlarne con sua madre, perché aveva paura della sua risposta. Aveva paura di una conferma.

''Amelie'' pronunciò sua madre, dopo un momento. Dal suo sguardo poté giurare che fosse combattuta.

''Voglio saperlo'' disse, debolmente.

Ci fu un breve silenzio, dopodiché parlò.

''Si trova in ospedale. Lui ha avuto una ricaduta''

Amelie sentì il respiro mozzarsi. Nonostante da un parte lo sospettasse, desiderava essersi sbagliata.

''Non è la prima volta, Amelie'' continuò. ''Ieri ero nella sua stanza, insieme al dottore che lo segue, e non voglio mentirti. La sua salute fisica va a peggiore con il tempo''

Quelle parole si ripeterono nella sua testa. Con il tempo, Noah peggiorava. Il tempo lo avrebbe portato via presto.

''Tesoro...''

''E' ancora ricoverato?'' chiese, debolmente.

La madre capì. ''Stanza 58, piano terra. Dove l'hai visto la prima volta''





La ragazza avanzò per il corridoio a passo felpato, diretta verso la stanza 58.
In macchina aveva pensato a cosa poter dire a Noah, quali parole utilizzare, ma non ne era venuta a capo. Così si ritrovava a camminare spedita, per evitare ripensamenti e insicurezze.

Si fermò di scatto quando arrivò davanti alla porta di quella stanza. Prese un respiro, avanzò di un passo, ma dovette fermarsi quando quella stessa porta venne aperta.

Ne uscirono un dottore ed un'infermiera.

''Lui è il primario che si occupa del suo caso'' le spiegò la madre, affiancandola.

Il dottore osservò critico la cartella dei valori che l'infermiera gli aveva appena consegnato. Scosse la testa, mentre un lungo sospiro fuoriuscì dalle labbra schiuse.

La madre la richiamò toccandole un braccio, attirando la sua attenzione.

''Amelie, tesoro, mi dispiace, ma devo dirtelo'' iniziò, guardandola dritto negli occhi. ''Ricordati che Noah non ha possibilità. Lui morirà. Non voglio che tu rimanga ferita''

Amelie rimase ferma, immobile, si limitò ad annuire meccanicamente.

Dannazione, lei sapeva tutto ciò. Sapeva che sarebbe morto. Ne era a conoscenza, ma non riusciva ad accettarlo.

Non riusciva a sostituire l'immagine che lei aveva avuto fino a poco tempo prima di Noah, del ragazzo felice, spensierato, proprio non ci riusciva.

''Io ora devo andare, tesoro''

La madre la salutò, prima di allontanarsi lentamente lungo la fine del corridoio.

Amelie rimase da sola, difronte alla 58.

Una volta varcata quella soglia, sapeva che tutto sarebbe cambiato. E che alla fine di tutto, lei ne sarebbe rimasta ferita. Sarebbe stato quasi inevitabile.

Amelie poggiò la mano sulla maniglia, aprì lentamente la porta ed entrò.

La stanza era fredda, vuota e bianca, come il resto dell'ospedale. Gli unici colori erano dati da alcuni fiori, dai petali un po' appassiti, lasciati sul comodino.

Accanto a quest'ultimo un letto, sopra una persona, una figura familiare.

Guardava fuori dalla finestra, busto appoggiato contro il cuscino sollevato.

La luce del sole illuminava il suo viso, i suoi occhi lucidi, arrossati. Lacrime secche sulle sue guance.

Aspettò che fosse lui a voltarsi, cosa che fece dopo un momento.

Vide i suoi occhi spalancarsi, le labbra schiudersi. Vide i pugni stingere il lenzuolo, come se volesse nascondersi.

''Noah''

La sua voce risultò più lieve, più debole di quanto avesse immaginato.

''Che ci fai tu qui?''

Il suo tono apparentemente grave, serio, tradì una punta di insicurezza.

''Ti racconterò tutto. Posso sedermi?''

Lui non rispose, si limitò a seguirla con lo sguardo, mentre prendeva una sedia poco lontana, avvicinandola al letto, sedendosi su essa.

Amelie alzò timidamente lo sguardo, puntandolo sul volto del ragazzo. Era distrutto.

Forse lui se ne accorse, dato che velocemente voltò il viso, puntandolo sulla parete difronte.

''Perché sei venuta qui?''

Amelie scrutò il profilo del ragazzo. ''So tutto, Noah''

Confessò, provando ad essere il più controllata possibile.

Noah si irrigidì, lo notò dalle sue spalle, dalla mascella serrata. Poi annuì, voltando nuovamente il capo in direzione della finestra.
Rimase in silenzio, non le chiese più nient'altro, non domandò come ne fosse venuta a conoscenza.

Amelie pensò che con il suo silenzio lui stesse cercando di farle capire di andare via.

Poi Noah parlò.

''Mi piace guardare la città in movimento, le persone'' iniziò, tono piatto. ''Progettano il loro futuro, hanno degli obiettivi, provano a raggiungerli. Ridono, parlano, piangono, vivono. Guardano in avanti, come se niente potesse stravolgere la loro vita da un momento o l'altro''

''Avere sentito dal dottore che morirò presto mi ha fatto pensare che tutto ciò che ho costruito fino ad adesso, tutto quanto è stato inutile''

''Anch'io ero spensierato, anch'io avevo in mente un futuro, come tutte quelle persone lì fuori, ma non mi è rimasto più niente. Tutto dissolto. Io non avrò un futuro''

Prese una pausa. Non la guardò nemmeno una volta. Teneva lo sguardo fermo fuori dalla finestra, seguendo le persone che si muovevano per le strade.

''Sai? Più guardo quelle persone più mi sento tremendamente solo, Amelie''

Continuò con quel tono pacato, piatto.

Tuttavia, traspariva ad ogni sua parola un dolore celato.

Lo percepivi sulla pelle.

''Io non voglio separarmi dalle persone e rimanere davvero solo. Ma stare insieme a tutti gli altri, ai miei amici, alla mia famiglia, mi fa sentire ancora più solo''

''Li guardo e penso soltanto che presto io non esisterò più''

Amelie guardò le lacrime scorrere lungo le sue guance.

Non era riuscito più a tenere il dolore dentro. Era troppo da sopportare.

Piangeva silenziosamente, continuando a guardare fuori dalla finestra. Non emise un singhiozzo o un lamento.

Amelie preferì non dire niente. Le parole non sarebbero servite. In quel momento voleva solo rimanergli vicina.

Un momento dopo, qualcosa cambiò.

Le sue mani strinsero convulsamente il lenzuolo, chinò il capo, spalle ricurve.

Pianse ad alta voce, urlò.

Amelie spalancò gli occhi, schiuse la bocca.

''Non voglio morire! Non voglio rimanere da solo!'' gridò, tra le lacrime. ''Ho paura! Ti prego, non voglio!''

Passò le mani nervosamente tra i capelli.

Amelie si alzò dalla sua sedia e si avvicinò al letto. Chinò il busto e poggiò una mano sulla spalla del ragazzo.

La sua schiena tremava.

Continuò a buttare fuori tutto per un altro paio di minuti, poi smise di urlare e ritornò a piangere silenziosamente.

Respirò affannosamente.

''Non...non voglio morire...'' disse debolmente.

Circondò il suo corpo con le braccia, poggiando il capo su quello del ragazzo.

''Noah'' lo chiamò. ''Da questo momento in poi io ti prometto che non ti lascerò mai da solo. Qualsiasi cosa tu dirai o farai, io rimarrò comunque accanto a te. Starò con te, sempre, finché l'ora non giungerà, te lo prometto''

Amelie sapeva che oltre questo non avrebbe potuto fare altro. Tutto ciò che sarebbe stato in suo potere, lo avrebbe fatto.

Per lui, per Noah, per il fardello che portava.

Voleva alleviare il suo dolore, la sua solitudine, per quanto le fosse possibile. Almeno un po', solo un po'.

Lo guardò annuire silenziosamente, capo chino, senza ancora averla guardata una sola volta, mentre notò che altre lacrime cadevano sul lenzuolo.

Continuò a stringerlo tra le sue braccia.

<<Voglio stare sempre con lui per questi 365 giorni.

Voglio vivere con lui>>


  
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