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Autore: Chupacabra19    26/01/2016    1 recensioni
Kendra, una semplice ragazza, vittima anch'essa del nuovo mondo infetto. In queste pagine virtuali leggerete la sua storia, il suo passato, i suoi incontri, ciò che il destino le ha riservato dopo l'epidemia. Questa è la mia prima ff dedicata alla serie twd e segue parte della trama originaria, partendo dalla drammatica situazione della terza stagione.
[Dal capitolo 5] : Mentre Rick, ancora in preda al terrore, poggiava il viso fra i capelli del ragazzo, questo aveva gli occhi fissi su di me. Tornai in piedi lentamente, sperando che quella commovente scena terminasse. D'un tratto, bruciore. Una terribile fitta mi travolse. Un dolore acuto, straziante. D'impulso, mi irrigidii. La lima precipitò al suolo. Abbassai lo sguardo, per capire da dove provenisse tale sofferenza. Un dardo. Un dardo dalle alette verdi conficcato nel fianco. D'improvviso, mi sentii fiacca, debole. La vista mi abbandonò e tutto si fece scuro.
Genere: Avventura, Drammatico, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daryl Dixon, Il Governatore, Nuovo personaggio, Rick Grimes, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 33 : Aspettative



La notte era calata in fretta ed ora sfrecciavamo sull'auto di Aaron che il gruppo aveva trovato. L'uomo ci aveva detto la verità, lui e il suo amico erano arrivati separatamente, portandosi con sé una macchina ed un enorme camper pieno zeppo di cibo ed altre utili provviste. Nonostante ciò, Rick riteneva giusto non concedergli la fiducia all'istante. Voleva prima vedere con i suoi occhi la tanto acclamata comunità. Sebbene fosse stato più logico partire di primo mattino, lo sceriffo ci aveva imposto di attendere il calare del sole. In questo modo avremmo potuto osservare il posto passando inosservati. Se quello non ci avesse convinti, saremmo potuti fuggire senza dare nell'occhio. Era un vantaggio considerevole, dopotutto. Mi trovavo sul sedile posteriore, sul lato destro, accanto ad Aaron e Michonne. Davanti, invece, vi erano Rick e Glenn, quest'ultimo alla guida. Era buio pesto, ma riuscivo comunque a scorgere i deboli contorni degli alberi. Non mi sarebbero mancati affatto. Ero stanca di questa vita selvaggia, pregavo che il luogo in cui stessimo andando fosse davvero sicuro. Aaron mi aveva descritto nel dettaglio il posto, parlandomi di case, villette, prati, pannelli solari ecc. Tutto ciò che nel mondo passato era considerata la normalità. Sebbene egli ne parlasse con un enorme sorriso stampato in volto, io non potevo fare a meno di ritenerla una esagerazione, una possibile bugia. Insomma, non poteva essere vero. Non del tutto, almeno. Michonne continuava a sfogliare le foto, cercando di scorgerne ogni possibile sfumatura, quasi volesse trovare un difetto. Mi domandai cosa stesse facendo Daryl, a cosa stesse pensando. Come al solito mi aveva evitato dopo la discussione con lo sceriffo.

-Perché non ci sono persone in queste foto? – chiese confusa samurai.

Glenn ci osservò dallo specchietto.


-Ho sbagliato qualcosa con l'esposizione, avevo fatto una foto di gruppo, ma è venuta male. – tagliò corto.

Nessuno di noi parve convinto.

-Gli hai fatto le tre domande?

-No. – rispose Rick alla donna – Pensaci tu.

Mentre quella si occupava dell'interrogatorio, mi sporsi per vedere cosa stesse facendo lo sceriffo, dato un rumore metallico. Poggiai le mani sullo schienale del suo sedile e feci capolino sulla sua spalla, notando alcune targhe. Sembrava una collezione. Poi affondò le mani nel cruscotto e ne tirò fuori un registratore, dotato di tutta l'attrezzatura necessaria per catturare suoni pure da una buona distanza. Vidi i muscoli di Rick irrigidirsi.

-Ci stavate ascoltando?

-Sì, ve l'ho detto.. vi tenevamo d'occhio. – rispose di fretta.

Sbuffai, lasciandomi cadere sul mio sedile a gambe incrociate.

-Di che ti stupisci? – dissi ironica – In quella comunità hanno pure la macchinetta del caffè, il tostapane ed i videogiochi.


Mentre Rick stava per ribattere, l'auto sussultò rumorosamente. Vidi un corpo di un vagante sfracellarsi sul cofano, inondando di sangue il parabrezza. Dopo di lui, vi furono altri corpi. Viaggiavamo buttando giù un putrido dietro l'altro, quasi fossero birilli, lasciandoci dietro un scia di sangue granuloso e denso. L'auto sbandò a causa della poca aderenza delle gomme e Glenn perse il controllo di questa. Ruotammo di centottanta gradi, ritrovandoci immersi in una folla di vaganti eccitati. Cercai di scrutare le luci dei fanali del camper, ma non ve ne era traccia.

-Li abbiamo persi! – constatai.

Glenn cercava di rimettere in moto l'auto, ma il motore non voleva saperne. Il rumore dell'accensione non faceva che ripetersi e rimbombare in quella lamiera, offuscando i lamenti dei putridi. Rick era pronto a scattare, sapeva che da un momento all'altro ci saremmo trovati in mezzo a quei mostri. Un razzo segnalatore apparve in cielo, implodendo in un rosso acceso.

-Cazzo, cazzo! – gridò Aaron – È finita.

Gli chiesi di cosa stesse parlando, ma ormai il suo cervello era nel panico. Pur avendo le mani legate dietro la schiena, tirò un calcio alla portiera, spalancandola come fosse burro.

-Dobbiamo andarcene da qui, subito. – farfugliò agitato.

Senza pensarci due volte, uscimmo da quella latta e ci liberammo dei putridi a noi vicini. Aaron si gettò nella radura, correndo come un matto. Rick ordinò a l'uomo di fermarsi, ma egli non ubbidì.

-Meglio seguirlo. – consigliò Glenn – Qui non possiamo resistere a lungo, sono troppi.

-Dobbiamo cercare gli altri. – ribatté lo sceriffo.

Feci due conti veloci, controllando prima i vaganti e poi il razzo.

-L'unico modo per ritrovarli è raggiungere quel posto laggiù, dove è stato lanciato il segnale. – parlai, abbattendo un putrido – Penseranno che siamo stati noi.

Vidi Rick non indugiare oltre e acconsentì all'idea di seguire Aaron, rifugiandoci nella foresta. Corremmo scansando alberi e putridi, pur non vedendo niente. Più ci inoltravamo nella natura, più la nostra vista si faceva inutile. Attorno a noi vigeva una terribile oscurità, limitando ogni nostra azione. Scorgevo a malapena i contorni di Rick e Michonne, ma non vi era traccia degli altri due.

-Glenn, Glenn! – chiamò Rick.

Non gli importava dello sconosciuto, voleva soltanto assicurarsi che l'asiatico stesse bene. Ci fermammo un attimo, giusto per riprendere fiato ed eliminare qualche vagante.

-Deve essere qui vicino. – assicurò Michonne.

Udii qualcosa in lontananza e mi mossi in quella direzione, caricando la pistola.

-Non azzardarti a fare un solo passo! – mi riprese lo sceriffo, bloccandomi con un braccio teso a fare da sbarra.

-Potrebbe avere bisogno d'aiuto. – obiettai.

Intanto Michonne divise a metà un vagante, dissetando la katana.

-Non voglio averne due dispersi. – insistette Rick.

Sbuffai, rinfoderando l'arma.


-Non hai fiducia in me, eh? – bisbigliai.

Increspò le sopracciglia. Poi, dei passi si fecero sempre più vicini, alimentando in noi la speranza che si trattasse di Glenn. Esattamente dal lato in cui avevo udito provenire dei rumori, emersero Aaron e Glenn, annaspando nel fiato corto. Non avemmo tempo per esultare, altri vaganti ci stavano per raggiungere. Affrettammo il passo, correndo più veloce che potessimo. Chiunque avesse sparato il razzo, doveva essere in pericolo, inoltre ero sicura che si trattasse del compagno di Aaron, dato lo stato emotivo in cui egli si presentava. Dopo molti alberi, arbusti, putridi, proiettili, sudore e affanni vari, posammo i piedi nuovamente sull'asfalto. Notammo in lontananza il camper, parcheggiato su una stradina secondaria vicino ad una specie di fattoria fatiscente. Pregai che tutti stessero bene. Non appena vidi sbucare dalla via Daryl, sorrisi. Ci illuminò con una torcia, facendoci segno che era tutto a posto. Percepii i muscoli rilassarsi. Lo raggiungemmo a passo normale, stanchi dello sforzo fisico di prima.

-Cosa vi è successo? – ci interrogò.

Aaron non perse tempo e corse dentro, voglioso di assicurarsi che il suo amico stesse bene.

-Un fitto banco di vaganti. – rispose Glenn, guardandosi gli abiti sporchi.

Daryl ci illuminò uno ad uno, osservando le condizioni dei nostri vestiti.

-Lo noto. – rispose ironico.

-Chi ha lanciato il razzo? – domandò Rick, rinfoderando la colt – Ci avete pensato voi?

Michonne e Glenn entrarono nella casa, desiderosi di sedersi e conoscere il nuovo arrivato.

-Il compagno di teatro di quel chiacchierone. – disse con una smorfia, sottolineando la parola compagno.

Rick si asciugò la fronte con un lembo della maglia.

-Era rimasto bloccato, caviglia rotta, vaganti.. ed ha lanciato il segnale ad Aaron.

Lo sceriffo sbuffò. Credo non avesse voglia di avere a che fare con una seconda persona sconosciuta, ma oramai c'eravamo dentro.

-Bene, vado a parlarci. – parlò con malavoglia.


Era chiaro come il sole quanto Rick non credesse ad Aaron, era sicuro che la loro comunità sarebbe stata un buco nell'acqua, ma voleva comunque fingersi interessato per non distruggere la piccola fiamma di speranza che era nata in noi. Rick si incamminò lasciandoci soli. Sebbene entrambi facessero finta di niente, aleggiava nell'aria una leggera brezza di tensione.

-Quindi.. – dissi, lasciando in sospeso la parola per qualche secondo – È il fidanzato di Aaron?

-Non ci sono dubbi.


Doveva essere molto più delicato rispetto ad Aaron, se dava immediatamente l'impressione di essere omosessuale. Ad ogni modo ero felice che entrambi si stessero abbracciando in questo momento. Potevo immaginare il terrore che avesse provato Aaron a vedere espandersi in cielo quel razzo. Feci un passo in avanti, curiosa di fare amicizia con il nuovo ragazzo, ma egli mi bloccò.

-Che palle.. – sussurrai – Odio quando fate così.

-Che stai farneticando? – borbottò, puntandomi la torcia in faccia per infastidirmi.

Tappai la pila con il palmo, accecata da quella luce abbagliante.

-Tu e Rick avete questo orribile vizio di frenarmi sempre. – risposi brusca.

-Forse perché sei un danno per te stessa.

Incrociai le braccia al petto.

-Ne ho le palle piene di questa storia. Odio essere trattata come una mocciosa.

Si avvicinò al mio volto, come suo solito fare per deridermi o punzecchiarmi.

-Sei una mocciosa.

Gli feci la linguaccia, prendendolo di contropiede.

-Bene, se pensate che sia una mocciosa, tanto vale comportarsi come tale, no? – dissi, facendogli l'imitazione.

Egli si infuriò. Amava deridere, ma odiava essere preso di mira. Il moccioso rimaneva sempre e comunque l'arciere. Approfittai del suo stato nervoso per svignarmela, afferrando la maniglia della porta, pronta ad entrare nell'edificio, ma egli sussurrò qualcosa, dandomi le spalle.

-Volevo solo sapere se stavi bene.

Ciò mi impedì di terminare l'azione, di spalancare la porta e lasciarlo solo. Indietreggiai, facendo scivolare via la mano dal pomello.

-Riguardo a cosa, a Kio?


Mosse leggermente le spalle, come per dirmi che la domanda era generale. Fissavo il suo giacchetto di pelle, le ali cucite. Daryl era un angelo vestito da demone.

-Allora sto bene. – conclusi.

Egli ruotò leggermente la testa, il giusto per scorgermi con la coda dell'occhio ed annuire, come per darmi il permesso di andare. Al contrario, decisi di lasciare in sospeso la conoscenza dell'infortunato e mi avvicinai un poco all'arciere, pur restando alle sue spalle. Era più facile parlarci se i suoi occhi non erano posati su di me.

-E tu? – domandai, sperando che si aprisse.

-Tutto a posto.

Forse, se avessi risposto alla sua domanda con sincerità, egli avrebbe fatto lo stesso con me. Non ci avrebbe fatto male avvicinarci un poco, voglio dire, insieme ne avevamo passate tante e ci eravamo sempre aiutati l'un l'altra. Se non fosse stato per lui, avrei fatto una brutta fine con Joe. Gli dovevo molto, ma egli a volte aveva lo strano potere di farsi odiare. Bastavano due o tre parole ben studiate e ti mandava in bestia all'istante. Sapevo comunque che aveva un cuore tenero, lo aveva dimostrato più volte, sebbene amasse nascondere questa parte di sé.

-In realtà, mi manca. – ammisi – Certo, lo conoscevo da poco.. ma era divertente, a modo suo almeno.

Grugnì.

-A me dava solo sui nervi. Sfacciato, debole, ingenuo, incapace di difendersi, troppo fiducioso. Le persone come lui sono destinate a morire.

Non era proprio quello che mi aspettavo, ma almeno stavamo parlando.

-Me ne sto rendendo conto. Forse dovrei smetterla di fare amicizia, no? È uno spreco di tempo, dopotutto, alla fine, tutti se ne vanno.

Si voltò, puntando la torcia a terra in modo da non abbagliarmi, ma rendendo possibile vederci.

-Devi essere capace di non affezionarti. – consigliò - Così facendo fai male solo a te stessa.

Misi le mani in tasca, proteggendole dal freddo che si stava innalzando.

-Come ci riesci? Provo e riprovo ad isolare l'emotività, ma non faccio altro che ricascarci.

Assunse un'espressione dura, pur restando delicato.

-Kendra, niente dura in questo mondo. – disse, riferendosi alle persone.

Sfilai la mano dai jeans, ponendola sul suo petto all'altezza del cuore. Egli rimase immobile a fissarmi, rigido come una statua di marmo.

-Ma noi lo stiamo facendo, Daryl. Noi stiamo durando.

Mi alzai sulle punte dei piedi ed egli mi accarezzò una guancia, afferrandomi poi per la nuca, tirandomi a sé. Le nostre labbra però non si sfiorarono mai, restarono distanti di qualche millimetro, inappagate del desiderio che le infuocava. Le sue dita scivolarono via lungo i miei ricci ed io tornai a posare le suole a terra, cercando di nascondere l'imbarazzo.

-Perché noi siamo maledetti. – proferì.

Si incamminò verso l'edificio, piantandomi lì come una scema. Sorrisi amaramente, mi sentivo presa in giro.

-Cosa significa? – parlai arrabbiata.

-Di che parli? – borbottò.

-Non prendermi per il culo. Cosa c'è, hai paura ad avvicinarti ad una persona? Prevenire è meglio che soffrire poi, è questo il tuo stupido ragionamento?

Tornò su di me come un animale feroce, puntandomi l'indice sulla clavicola.

-Faresti meglio a chiudere quella bocca, a meno che tu non voglia farmi incazzare sul serio. – latrò.

-Sia mai che il povero Dixon si arrabbi. – ironizzai – Mi tremano le gambe al solo pensiero.

Afferrò la canotta, avvicinandomi nuovamente a sé, come se volesse vomitarmi addosso tutto il suo acido, la rabbia e la frustrazione che lo ingabbiavano. Mi trascinò sul retro della fattoria, evitando così occhi indiscreti.

-Cosa diavolo vuoi da me, uh? Sei solo un'idiota se pensi che io possa esserti d'aiuto, l'uomo che possa riempire i tuoi vuoti, esserti vicino, offrirti una spalla sulla quale piangere ecc. Guardati intorno, siamo immersi nella merda. Non è il momento di giocare a fare i fidanzatini, di tenersi per mano. Se è questo che vuoi, mi dispiace, ma non sono quel genere di persona. Né lo sarò mai.

-Non sai assolutamente niente di quello che penso, di ciò che voglio o desidero. Smettila di fare questi discorsi da stronzo ignorante. Cosa pensi che voglia da te, eh? Che mi prenda per mano, mangiare un gelato su una cazzo di panchina, passare la notte in un cinema? Sei completamente fuso.

-Non mi importa quali siano le tue cazzo di fantasie, non sarò io a fartele realizzare. Intesi? – abbaiò – Tornatene dal tuo caro sceriffo. O forse è questo il problema, non ti soddisfa abbastanza?

Scacciai la sua mano, afferrando il colletto del suo giubbotto di pelle.

-Mi stupisce quanto impegno tu ci metta per nascondere il fatto che anche tu abbia un cuore. Perché hai così tanta paura di esporti, cos'è che ti terrorizza realmente? – sibilai, guardandolo negli occhi – Mentirei se ti dicessi che le tue parole non mi feriscono, ma forse hai ragione te, sono solo una stupida. Quindi, ti prego, guardami negli occhi e dimmi che non ti interesso, che non provi niente nei miei confronti, che l'altra notte non avresti voluto dormire abbracciati. Dimmelo.

Le sue iridi vitree mi scaldavano il petto, sebbene stessimo discutendo.

-Non posso renderti felice. – confessò, fissandomi come se si sentisse in colpa di ciò.

-Non è quello che ti ho chiesto.

Udimmo una voce e subito ponemmo della distanza fra noi.


-Ah siete qui. – parlò Rick – La prossima volta gradirei essere informato dei vostri spostamenti.

Posò l'arma nella fodera e mi interrogò con lo sguardo, chiedendosi se era tutto ok.

-Hai ragione, ti chiedo scusa. – dissi, camminando nella sua direzione – È meglio rientrare.

Daryl non si mosse, anzi, abbracciò la balestra.

-Sto un po' di guardia. – ci informò.

-Bene. – disse Rick, poggiandomi una mano sulla schiena come per indirizzarmi in casa.

Costeggiammo l'edificio in silenzio, accompagnati solo dal rumore delle nostre scarpe a contatto con la ghiaia e i ciottoli presenti. Non riuscivo a formulare una spiegazione credibile, una motivazione per il mio comportamento "affettuoso" improvviso. Sapevo di essere un casino ultimamente, ma non riuscivo a capacitarmi di ciò che era appena avvenuto fra me e quel complicato di Daryl. Era come se mi fossi dichiarata, come se avessi capito di aver bisogno di lui non solo come semplice amico su cui contare, era come se mi fossi stancata del nostro tira e molla, e avessi deciso di darci un taglio. Volevo una risposta. Ma tutto questo non era da me, non mi sarei mai esposta tanto, eppure era appena successo, facendomi cadere in questo stato paranoico. L'arciere poi, non aveva negato le mie affermazioni, si era semplicemente defilato dalla domanda. Percepivo una stretta allo stomaco. Non sarei più riuscita a guardarlo in faccia.

-Parecchio su cui discutere? – chiese Rick, interrompendo il mio flusso di coscienza.

-Sì, cioè.. più o meno.

Arrivammo alla porta e non vedevo l'ora di lasciarmi tutto alle spalle, entrare, conoscere il compagno di Aaron, chiacchierare della loro comunità e fingere di non aver mai detto quelle parole a Daryl.

-Ad ogni modo, se hai bisogno di parlare.. voglio che tu sappia che io ci sono. Okay? – parlò gentile, sebbene fosse palpabile la tensione per questo viaggio enigmatico – Tienimi presente.

Lo ringraziai e finalmente fui dentro. L'interno non era tanto male, anzi, rispetto alle condizioni esteriori, ci era andata di lusso. Nonostante non avessimo avuto ancora conferme, vedevo tutti felici. Credevano davvero in questa comunità, non volevano affatto abbandonare la speranza, anzi, si erano attaccati all'idea che per una volta il destino si era fatto loro amico. Scorsi Aaron vicino ad un ragazzo mingherlino dai lineamenti lunghi, dava l'impressione di essere una vera frana negli scontri corpo a corpo. Ecco, non era certamente una di quelle persone che immagineresti bene in un'apocalisse zombie, eppure era lì. Questo mi fece capire che la loro casa era davvero sicura. Aaron stava raccontando qualche aneddoto, quando il compagno lo interruppe, sorridendomi amichevolmente.

-Eccola qua, l'unica che si è fidata! – si sporse per porgermi la mano – Io sono Eric, piacere di conoscerti.

Contraccambiai imbarazzata quel sorriso, notando le smorfie di Abraham e Carol. Allungai il braccio per stringere la sua mano delicata.


-Ho corso il rischio. – scherzai - Piacere mio, Kendra. Kendra Moore.

Rick mi superò, andando a poggiarsi su uno stipite di una porta.

-Quando io ed Aaron abbiamo visto che snobbavate l'acqua, ci è presa male. – disse, guardando lo sceriffo – Volevamo aiutarvi sul serio. Poi per fortuna, lei ha avuto fiducia e..

Mi sentivo gli occhi puntati addosso. Non era una bella sensazione.

-La fiducia non è una qualità positiva, oggigiorno. – sottolineò Rick, con una certa soddisfazione.

Eric si zittì, non aggiungendo altro.

-Perché mai? – domandò Aaron.

-Non porta mai a niente. – rispose secca Carol, spalleggiando lo sceriffo – Finisci solo col rimetterci la pelle.

Aaron posò una mano sulla schiena del compagno, come per fargli forza.

-Vi sbagliate. E ve lo dimostreremo.


Quei due non emanavano niente di negativo, anzi, più li guardavo e più si instaurava in me l'idea che stessimo facendo la cosa giusta. Valeva la pena seguire quei due uomini, credere alle loro parole. Rick ignorò il discorso di Aaron e ci ordinò di riposare. L'indomani saremmo partiti all'alba, era quindi necessario passare una notte immersa nei sogni. Judith dormiva già da molto, provocando in me un senso di gelosia. Ignorava ciò che aveva intorno. Ad ogni modo, i diversi componenti del gruppo si disposero all'interno della struttura, occupando i vari angoli della casa. Mi rannicchiai sotto la finestra, in modo da poter osservare il cielo. Ero sicura che avrei dormito poco, sarebbe stato difficile chiudere occhio con tutti i pensieri che mi frullavano per la testa. Daryl era ancora là fuori e sapevo che non aveva la minima idea di entrare. Avrebbe passato l'intera notte all'aperto, per poi poter sottolineare il fatto nel caso di discussioni od altro, tanto per passare dal tipo frustrato e selvaggio. Continuavo a pensare alla nostra chiacchierata, chiedendomi quali ripercussioni avrebbe avuto nel nostro rapporto. Temevo che le cose sarebbero cambiate, portandoci di nuovo a quello stadio iniziale, cioè agli antipodi del mondo. Era servito molto tempo per costruire quel poco che avevamo ed ora mi sembrava di averlo appena distrutto. Le mie relazioni all'interno del gruppo non stavano andando a gonfie vele ultimamente, anzi, erano nati parecchi battibecchi. Mi chiesi se fossi cambiata tanto, forse non riuscivo ad accorgermene. Udivo già qualche respiro farsi pesante. Avrei voluto dormire di gusto, impaziente com'ero di arrivare alla comunità, il tempo sarebbe passato così velocemente da non accorgermene. Invece ero lì, palpebre sbarrate e un enorme senso di colpa.

 

*


 

Non appena l'alba apparve timidamente, finsi di sbadigliare e di destarmi dal sonno, sperando che nessuno si fosse accorto della mia insonnia. Sebbene fisicamente, comunque, fossi riposata, la mente non lo era affatto. Almeno i muscoli erano in buone condizioni. Mi aggrappai alla finestra, tirandomi su lentamente per evitare rumori inopportuni che potessero svegliare gli altri. Per mia fortuna, chi avevo d'intorno era ancora nelle braccia di Morfeo. Daryl era sempre là fuori, intento a fumarsi una sigaretta. Era seduto su una grossa roccia, occhi puntati verso l'orizzonte e balestra al fianco. Aveva un'espressione cupa. Liberai i piedi dagli anfibi e mi mossi furtivamente fra i miei compagni, cercando di camminare nelle parti di pavimento più robuste, giusto per non sentire quel fastidioso scricchiolio tipico delle case dismesse. Non appena fui fuori, una leggera brezza mi investì facendomi rabbrividire. Calzai nuovamente gli anfibi, allacciandoli velocemente alla rinfusa. Raccolsi i capelli in una specie di chignon spettinato. Se tutto fosse andato come immaginavamo, fra qualche ora mi sarei fatta una doccia. Non appena girai l'angolo, una voce mi raggiunse.

-Te ne vai? – domandò Abraham ridacchiando – Senza nemmeno salutarmi?

-Beh, direi che saresti facilmente fra i miei pensieri ancora per qualche giorno. – replicai, indicandomi il labbro.

Si passò una mano lungo i baffi, seguendo la loro linea.

-Non ti ho ancora chiesto scusa per quello, eh? – parlò – Comunque, anche se non sembra, mi piaci Kendra.

Inarcai le sopracciglia, poggiando le mani ai fianchi.

-Hai proprio ragione, non si direbbe affatto sai?

Si avvicinò un poco.

-Dico sul serio. – sembrò sincero – Sei testarda, non hai paura di dire la tua, sai sporcarti le mani. Sono qualità che apprezzo.

Ridacchiai soffocando le risate ed egli mi guardò corrugando la fronte.

-Suvvia Abraham, non hai motivo di leccarmi il culo. – risposi secca – Vuoi qualcosa, non è così?

Si fece ancora più vicino.

-Solo che tu non faccia altre cazzate. – sussurrò acido – Quando saremo là, vedi di schierarti dalla giusta parte.

Mi stava avvertendo. Credeva che se le cose si fossero messe male, avrei cercato di mettermi in mezzo per evitare uno scontro armato, delle morti inutili. Sapeva che avrei cercato di difendere in qualche modo Aaron e la sua gente, facendo affidamento su qualche incomprensione. Mi aveva inquadrato davvero bene. Le persone a me intorno non facevano altro che morire, avrei fatto di tutto per evitare ciò, a meno che non fosse stato necessario, nessuno avrebbe dovuto puntare la pistola a qualcuno.

-Messaggio ricevuto, sergente. – dissi, senza sottomettermi a lui – Se permetti, andrei a pisciare adesso.

Alzò gli occhi al cielo e tornò dentro dopo essersi sgranchito la schiena, lasciandomi libera di agire come volessi. Sbuffai. Quell'uomo riusciva sempre a farmi agitare, mi innervosiva facilmente. Sentivo le farfalle nello stomaco all'idea di dover nuovamente parlare con Daryl, ma mi feci coraggio. Non appena udì dei passi alle sue spalle, sospirò sconsolato. Sapeva a priori che si trattava di me. Lo raggiunsi con calma in silenzio, sedendomi a lui vicino. Scorsi delle profonde occhiaie.

-Hai dormito?


Aspirò e la cima di quel veleno si colorò d'arancione vivo. La carta si consumava e il fumo divampava attorno ai nostri corpi, dando origine a varie forme astratte nell'aria circostante.

-Mh no. – tagliò corto.

Posai il mento sul dorso delle mie mani, avendo le ginocchia strette al petto.

-Almeno ci hai provato?

-Non avevo sonno. – sbrigò.

Annuii, fissando davanti a noi. Egli posò i suoi occhi su di me per un fugace istante, ma inaspettatamente incontrarono i miei. Imbarazzato, abbozzò un falso sorriso e tornò ad aspirare la sua droga preferita. M'isolai nei miei assurdi pensieri, lasciando che il silenzio più profondo ci avvolgesse. L' odore di fumo si permeava in me, ma tutto sommato non mi infastidiva. I minuti passavano e la sigaretta si stava consumando lentamente fra le sue dita. La cenere cadde ai suoi piedi e un'improvvisa folata di vento ci fece visita. Poi, sorrisi per le immagini che si proiettarono nella mia mente.

-Ti ricordi, alla prigione.. – parlai – ..quando mi facesti fumare una delle tue sigarette?

Vi fu una risata spontanea.

-La tua prima sigaretta, semmai.

Arrossii.

-Si notava così tanto?

Ricordai come stessi morendo per il bruciore alla gola, come lottavo con me stessa per bloccare la tosse.

-Eri inguardabile. – sottolineò divertito.

Bene, avevo sciolto il ghiaccio. O meglio, il primo strato almeno. La prigione sembrava così lontana nei ricordi.

-Ne è passato di tempo, eh?

Spense la cicca su un sasso antracite vicino a sé.

-Credo che questa comunità sarà una seconda prigione. – osservò con una smorfia.

Un sogno che diventa incubo, una possibilità da tenere in considerazione data la nostra particolare fortuna recente. Sospirai.

-Daryl, ascolta. Se ciò che ho detto ieri ti ha turbato, mi scuso. Non so nemmeno perché ho detto quelle cose o perché mi sono infuriata tanto..


-Invece lo sappiamo entrambi.

Mi lasciò lì come un soprammobile, una bambola di porcellana dagli occhi vuoti e vitrei, congedandosi con la scusa che era ora di svegliare il gruppo, di partire ed incamminarsi per questa nuova avventura. La sua ultima frase aveva peggiorato la situazione, mandandomi maggiormente in confusione. Era inutile tornare sull'argomento, io e Daryl avremmo sempre finto che non fosse mai avvenuto. Non era la scelta giusta, né quella sbagliata dopotutto. Tirai un calcio ad un sasso, facendolo roteare per qualche metro. Sbuffai nervosa ed aspettai fuori dalla porta, sperando che gli altri non ci mettessero troppo. Ero stufa di stare per strada, di avere continue discussioni con i componenti del gruppo. Desideravo la pace tanto vantata da Aaron. Dopo qualche minuto iniziammo a prendere posto sul camper. Nessuno parlava, tanta era l'ansia presente. Mi sedetti accanto a Michonne, poggiando lo zaino ai miei piedi. Il motore tossì un poco prima di accendersi del tutto. Rick era alla guida, concentrato più che mai sulla strada. Temeva che si presentasse una scena come la sera prima. Aaron ed Eric parlavano sottovoce, sorridendo. Eugene, invece, controllava maniacalmente fuori dal finestrino, come per osservare qualcosa che sfuggiva alla mia comprensione. Glenn e Maggie chiacchieravano con Rosita e Tara, ipotizzando varie teorie più o meno plausibili sulla comunità. Carl era seduto accanto al padre, con la piccola sulle gambe. Ero davvero incredula che stessimo affrontando questo viaggio. Chissà dove ci avrebbe portato questa scelta. Padre Gabriel sembrava abbastanza fiducioso. Borbottò qualcosa a Daryl, ma egli se ne uscì con un grugnito. Carol si intromise nel discorso ed Abraham si limitò ad ascoltarli senza metterci parola. Mossi le dita sul tavolo di legno, tamburellando compulsivamente su di esso.

-Eccitata? – chiese samurai.

Un poco lo ero, ma niente in confronto ad ella. Spruzzava gioia da tutti i pori, sebbene non avessimo ancora nessuna certezza, Michonne pareva averne ottenute.


-Non so proprio cosa aspettarmi.


-Io, non so perché, ma.. sento che sarà tutto perfetto. Ci troveremo bene, ne sono certa.

Le sorrisi, pregando con tutta me stessa che le sue sensazioni si avverassero.

-Spero proprio che tu abbia ragione.

Il camper cigolava ad ogni buca sull'asfalto, facendoci dondolare come statuette hawaiane. Non avevo mai sofferto il mal d'auto, ma tutto quel movimento ripetuto mi stava facendo venire il mal di mare. Era come essere in barca, sballottolati dalle violente onde salmastre. Cercai di concentrarmi su un punto, focalizzando un oggetto a caso all'interno dell'autovettura, in modo tale da isolare l'andatura affatto fluida del camper.

-Non sarà facile per noi integrarci. – commentò Carol.

-Aspetta a cantare vittoria. – obiettò Abraham – Non è ancora detto che ne faremo parte.

Una buca fece sussultare il camper, facendoci sollevare di qualche centimetro da terra.

-Se questa cazzo di scatola di latta non la smette di oscillare in questo modo, non ci arriverò nemmeno. – brontolò l'arciere – Morirò prima soffocato nel mio stesso vomito.

Rick si voltò a fulminarlo con lo sguardo, sottolineando che la colpa non fosse sua.

-Sto facendo di tutto per evitare queste dannate buche, ma la strada è un disastro.

Ero felice di sapere di non essere l'unica ad essere avvolta da un persistente senso di nausea. Daryl passò ad Aaron, rifacendosi su di egli.

-Spero che la tua comunità non sia una bella minchiata. – parlò bianco in volto – Non ho la minima intenzione di dover rifare questa strada.

Aaron era divertito dallo stato di salute dell'arciere. Non lo biasimavo. Faceva sempre uno strano effetto vedere qualcuno costantemente burbero e scontroso come Daryl mostrare un briciolo di umanità. Ti faceva credere che tutto sommato anch'egli non fosse poi tanto diverso da noi, che andava oltre all'immagine di selvaggio che tanto voleva far trasparire.

-Sarà come un sogno per voi. Lo capirete non appena saremo lì.

Rick strinse con forza il volante, contraendo i muscoli delle braccia.

-Staremo a vedere. Manca poco. – concluse accigliato.
 

Angolo autrice
Buon pomeriggio lettori :3 
Kendra e Daryl sono un bel pasticcio assieme, non trovate?
Peggio di cane e gatto u.u
Spero che come trama riesca sempre a coinvolgervi, e se così fosse, aspettate di leggere i prossimi capitoli.
Non voglio creare aspettative troppo alte, ma ne vedremmo delle belle, questo è sicuro.
Ringrazio tutti per l'appoggio e i commenti, vi stritolo in un abbraccio virtuale.
Ci sentiamo nelle recensioni walkers, non fatemi crogiolare nell'attesa :*

 

  
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