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Autore: Magic Kismet    26/01/2016    1 recensioni
L'amore è l'unica cosa che trascende il tempo e lo spazio. Forse di questo dovremmo fidarci anche se non riusciamo a capirlo ancora.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Il tempo trascorso aveva creato i presupposti per nuovi interrogativi e nuove insicurezze da entrambe le parti. Cos’era successo, in quella notte fredda, oltre quelle transenne? Com’era possibile fare tutto così in fretta e decidere della propria vita in così poco tempo? Domande incessanti si facevano largo nella sua mente. Leonardo sembrava distante. Era distante. Come se l’incantesimo a cui era stato sottoposto fosse svanito.

 

Era trascorso oltre un anno dal meraviglioso viaggio on the road che ormai ai suoi occhi appariva così distante e surreale. Era cambiata da ogni punto di vista, il suo viso era infossato, la sua carnagione più bianca faceva risaltare le gote di un rosso malato, vivido e inspiegabile. Il suo corpo si era svuotato e appariva ai suoi occhi come un involucro vuoto e privo di forma. Era magra. Troppo magra. Si era sforzata per tutto questo tempo di migliorare il suo aspetto, e in parte ci era anche riuscita, l’agiatezza economica le aveva permesso di diventare come una di quelle tante bellissime scatole vuote che spesso aveva visto sfilare in passerella, davanti agli occhi di lui compiaciuti. I suoi capelli neri cadevano fluenti sottoforma di onde morbide sulle sue spalle ossute e scolpite dall’attività fisica. Il viso aveva assunto un’aria malinconica che le faceva acquisire maggiore bellezza. Era quasi simile a lui, come se fosse stata contagiata da un qualche virus. Si sentiva bella ma vuota, e forse, in parte lo era. 

Aveva terminato gli studi universitari, laureandosi in una prestigiosa università americana, anche se non con il massimo dei voti, aveva vissuto una vita a colori, intesa, fatta di momenti di pura gioia ed inspiegabile pienezza, pur restando nascosta agli occhi del mondo. 

Lui invece, appariva invecchiato, anche merito della barba sul suo viso lasciata lunga ed incolta per esigenze di copione, ma nonostante ciò, il suo enorme fascino non aveva subito ripercussioni. 

 

Da poco rientrata nella sua fredda casa di periferia, lontano dagli occhi indiscreti squillò il telefono: “Sono io” disse la voce aldilà del ripetitore

Stasera non posso” tre parole, solamente tre, in grado di far schiantare come un auto in corsa, ogni sua speranza. La tristezza era l’unico sentimento che in questi anni era riuscita chiaramente a distinguere, la consapevolezza di non poter mai uscire allo scoperto, di non poter rivelare chi fosse in realtà e vivere di briciole, nascosta in una parte del mondo difficile da raggiungere per tutti. Nessun amico con cui poterlo condividere, nessuno a cui poter chiedere consiglio o semplicemente sfogarsi, in quella inutile casa in cui lui l’aveva messa esistevano solo le pareti spoglie di un bianco candido e mobili ingombranti in su cui spesso rimbalzavano i suoi pensieri. Convinta che tutto sarebbe cambiato prima o poi, continuava, questo strano valzer di pensieri contrastanti ed inconsistenti. 

Entrambi non erano riusciti a spiegarsi che cosa fosse successo tra loro, che cosa li avesse spinti ad ignorare ogni convenzione e ad agire d’impulso. Certamente Leonardo non era tipo da lasciarsi andare a enormi manifestazioni emotive eppure quando erano insieme, in loro qualcosa inspiegabilmente cambiava. 

 

Era una giornata d’inverno fredda ma soleggiata, lui ormai era in viaggio, doveva presenziare alla Prima del suo ultimo film in una qualche città d’Europa di cui Christine non si chiese nemmeno il nome e a cui soprattutto non era stata invitata. Si ricordava però esattamente cosa era successo, quando aldilà delle transenne c’era lei e, la paura che lui potesse rivivere quell’esperienza con un’altra donna la fece sprofondare in un freddo e cupo oblio colmo di incertezza. La spinta irrefrenabile della gelosia le fece assaporare nuovamente il significato della vita, si alzò di scatto dalla poltrona a dondolo in su cui giaceva inerme e si decise a partire. 

 

Preparò l’occorrente in una borsa 24h, indossò uno dei suoi vestiti migliori, era un’abito violaceo decisamene corto, con un profondo scollo a “V” ed una lunga zip dorata che percorreva interamente la parte posteriore che le conferiva un look sensuale ma senza essere volgare. Uscì di casa con ai piedi delle Louboutin tacco 12 di vernice nera in direzione dell’aeroporto sul primo taxi disponibile, estrasse dalla sua borsa lo smartphone se lo rigirò tra le dita per un paio di minuti, ed alla fine si decise a scrivere un messaggio “Quale città?” domandò. La risposta non si fece attendere molto, aprì il messaggio con la curiosità di un bambino che scarta i regali di natale e lesse con foga “Roma”, sorrise, ma la sua gioia venne interrotta immediatamente dall’arrivo di un altro messaggio “Non è necessario che tu venga, anzi, preferirei se tu evitassi di venire”. Il suo sorriso si era trasformato ormai in una smorfia triste e colma di amarezza. 

Decisa a non tirarsi indietro, salì sul primo volo disponibile, con l’intenzione di chiarire che tipo di relazione avevano instaurato e quale doveva essere il suo ruolo reale. Il volo le era sembrato estremamente breve, per la durata reale, aveva smesso di pensare non appena salita sopra l’aereo, si era semplicemente goduta il viaggio, in silenzio, senza pensieri di nessun tipo. 

 

Arrivata a Roma la sua fermezza iniziò a vacillare. Non aveva idea di cosa fare e neppure di cosa dire, ma soprattutto come dirlo. Sapeva qual era l’albergo in cui avrebbe soggiornato a Roma, le aveva spesso raccontato, durante le notti passate insonni abbracciati, dei suoi viaggi e della sua vita e lei aveva sempre cercato di inglobare maggiori informazioni possibili con la certezza che prima o poi le sarebbero tornate utili. 

 

Roma era quasi completamente in tilt, il traffico in zona sembrava aumentato del 100%, la casa del cinema era completamente circondata da transenne e vi era già una notevole quantità di persone in attesa di poter incontrare il proprio idolo, anche se solo per pochi secondi. Tra urli e schiamazzi che invocavano il nome dell’uomo che aveva imparato ad amare, Christine si avviò di soppiatto verso l’albergo, certa di trovarlo lì.

Entrò dall’enorme portone in vetro e si trovò di fronte ad un’imponente scalinata in marmo grigio e ad una reception così grande da occupare l’intera parete centrale. Avvicinatasi al bancone di rovere chiese sottovoce al receptionist di farsi annunciare, consapevole del fatto che le improvvisate, a Leonardo, non erano mai piaciute. Le mani iniziarono a sudarle, l’emozione di poterlo vedere iniziava a fare i suoi effetti e tutto il suo corpo fu percosso da brividi di piacere e di paura. “Prego, può salire; quarto piano, suite 234” sorrise il receptionist indicandole l’ascensore. Christine si avviò a passo spedito all’interno, schiacciò il pulsante del quarto piano ed attese impaziente che le porte dell’ascensore si chiudessero. 

 

Il suono della campanella la avvisava che era arrivata al quarto piano, lentamente le porte si riaprirono lasciandola all’interno di un lungo e stretto corridoio con a terra una bellissima moquette rossa. La stanza 234 si trovava esattamente al fondo ed era anche l’unica stanza presente in tutto il piano. Ispirò ed espirò a fondo incamminandosi lentamente fino ad arrivare difronte a quella che era la porta della stanza di Leonardo. Bussò con le nocche ed ecco che immediatamente la porta si spalancò. 

Davanti ai suoi occhi apparve tutta la maestosità della sua presenza. Era appena uscito dalla doccia, indossava ancora l’accappatoio, i capelli bagnati e spettinati gli ricadevano lievi sulla fronte, i suoi occhi scintillanti la folgorarono immediatamente, facendola ricadere in quello che era uno stato di semi coscienza. Il mondo intero iniziò a girare vorticosamente, tutto intorno a lei iniziò a muoversi così velocemente da farle quasi perdere l’equilibrio 

“Entra” sussurrò

“Scusami per la confusione, sono arrivato da poco e sono stanco morto” sorrise e si voltò tornando nuovamente in bagno. La barba era scomparsa dal suo volto e questo permetteva una visione completa del suo viso statuario

“Ho bisogno di parlarti” disse Christine con un fil di voce 

“Era necessario arrivare fino qui? Non potevi attendere?” ribatté lui stizzito 

“Sento di dover chiarire alcune cose, per la mia sanità mentale, il prima possibile” sorrise amaramente lei

“Sono qui che ti ascolto, fai pure il tuo monologo” rispose mentre usciva dal bagno, ancora quasi completamente svestito, con indosso solamente un paio di boxer neri. Le sue gote si infiammarono ed i suoi pensieri iniziarono a confondersi, non aveva più idea di cosa dire, in realtà non l’aveva mai avuta, forse voleva solamente restare al suo fianco per tutto il tempo che le fosse stato possibile 

“Credo, di essermi innamorata di te” disse. Dopo un anno ancora non erano mai riusciti a parlare di sentimenti, le parole che li descrivevano rimanevano sempre così distanti da quello che era in realtà la loro realtà, niente riusciva a chiarire esattamente il tipo di relazione ed il loro rapporto. Leonardo si passò la lingua tra le labbra e scoppiò in una sonora risata che la fece immediatamente pentire di quell’affermazione

“Credi di esserti innamorata di me!” ribadì lui ridendo, “non ho tempo per questo, sono già in ritardo, ne possiamo riparlare?” disse con l’intento esplicito di chiudere la conversazione 

“Ti prego, ho bisogno di sapere cosa siamo” sussurrò Christine, socchiudendo gli occhi mentre un forte dolore iniziò ad irradiarsi lungo tutto il suo corpo, fino a diventare insopportabile
“Cosa siamo?” chiese nuovamente lui, mentre lei accennava un si con la testa,

“Non ne ho idea”  disse riprendendo fiato

Da quando ci siamo visti la prima volta, non sono mai riuscito a spiegarmi che cosa volessi in realtà da te e, credo che anche tu abbia questo problema” si interruppe nuovamente per poi riprendere il discorso, voltandosi questa volta verso l’enorme vetrata della suite e distaccandosi dal suo sguardo

“Chris, sento che c’è qualcosa che mi lega a te, non ho ancora capito bene di che cosa si tratta, ma sento che è come una calamita alla quale non riesco ad opporre resistenza. Non riesco a capire, dopo tutto questo tempo cosa sei per me” disse cercando di nascondere l’imbarazzo

“Sono sicuro che siano tutte sciocchezze, sai quelle cose sul destino. Ma credo che infondo ci sia qualcosa che non riusciamo a capire, che ancora non riusciamo ad afferrare, qualcosa che non ci è permesso comprendere, sapere o di cui essere certi e sono convinto, che tu ne sei in qualche modo la testimonianza” sussurrò voltandosi verso di lei, che restò impietrita accanto alla porta d’ingresso ancora socchiusa

“Sono certo che mi hai cercato. Mi hai chiamato, in qualche sogno, in qualche momento della tua vita. Quello che non so spiegarti è il perchè io ti abbia sentito” concluse, sdrammatizzando il tutto con una sonora risata.

   
 
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