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Autore: No_Alibi    26/01/2016    1 recensioni
Quello con i capelli rosa, che doveva essere il cantante mi fissò per un lasso di tempo non ben definito, decisamente troppo, visto che senza rendermene conto sbottai qualcosa come "che cazzo guardi?" guadagnandomi un'occhiataccia da Marie mentre gli altri due ragazzi se la ridevano. Marie si alzò dalla sedia, pronta a scusarsi per i miei modi da scaricatore di porto, ne sono certa, ma il tipo fu più veloce.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jared Leto, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un rumore assordante mi face venir voglia di strapparmi le orecchie. Ma che cavolo era? Insomma non si poteva  neanche riposare gli occhi per un po’ – vedi: dormire come un sasso per ore – in santa pace? Aprii gli occhi controvoglia e mi sforzai di guardare l’ora sulla sveglia. Erano passate le due del pomeriggio, il sole mi stava accecando, avevo un gran mal di testa e quel cazzo di telefono continuava a squillare, sembrava quasi provare un sadico piacere nel vedermi soffrire.
Guardai lo schermo. Marie, ovvio. Era proprio una gran guastafeste, e ne aveva dato prova anche la sera prima.
Assodato che per quella settimana ne avevo avuto abbastanza, avevo così deciso di andarmene un po’ in giro per locali con amici. Insomma, capitemi, avevo bisogno di dimenticare la settimana passata tra il prostrarmi ai piedi del grande e potente Jared Leto – tse – per quel piccolo incidente avvenuto in radio e incontrarli di nuovo poi, tra un servizio fotografico e un altro, per parlare del nuovo progetto che mi vedeva, ovviamente, come protagonista. Dai, almeno un’idea buona l’aveva avuta…
Dovevo ammettere che chiedere scusa a quel pallone gonfiato mi aveva messo di cattivo umore ed ero stata intrattabile per giorni. Quindi l’idea di non pensare per un po’ al lavoro, anzi dimenticarlo del tutto bevendo fino a sentire il mio fegato chiedere pietà in lacrime – alcoliche – mi aveva risollevata.
OVVIO che ci fosse qualcuno che non la pensava così. Marie sembrava non aver capito che fossi una modella e non un prigioniero di Azkaban, e quindi più o meno alle sei del mattino era venuta a prendermi di peso e portarmi a casa, nera di rabbia per non aver avuto mie notizie per ore. Manco fossi Cappuccetto Rosso nella foresta.
Mi alzai svogliatamente, composi quel numero che ormai era il mio peggiore incubo e telefonai a Marie. Mi sarebbe dispiaciuto farle venire una crisi di nervi, o forse no… mmm…
“Buongiorno Bella addormentata nel bosco.”
La voce di Marie mi perforò l’orecchio come una lancia scagliata da Achille in persona.
“Anche se di bello non devi avere proprio niente in questo momento, visto come eri conciata ieri sera. A proposito spero che quel mostro che hai sul braccio non si indelebile o considerati pure morta.”
Sempre simpatica Marie, come un dito nel cu… Un attimo. Che mostro avevo sul braccio? Mi guardai il braccio sinistro, girandolo e rigirandolo come se avessi un ragno addosso e non trovando niente che non andasse, era perfetto. Porta il telefono alla mano sinistra per controllare quello destro ed eccolo lì, un… ehm… un… disegno? già ma dalla forma e il significato incomprensibile che mi copriva tutto il braccio, dal polso alla spalla, e neanche la parte interna era stata risparmiata, era ricoperta da quello che sembrava essere un numero di telefono con un cuoricino. Oh mamma, sperai di non aver scritto il mio sul braccio di qualcuno, ne su qualche altra parte del corpo.
“Trovato?”  Avevo quasi dimenticato di essere al telefono.
“Si, Marie, l’ho trovato. E’ solo un disegnino fatto a pennarello, non un tatuaggio tribale. Sei sempre disfattista, tu. Andrà via con una doccia.” – speriamo, o come minimo me lo avrebbe amputato  –
“A proposito, posso farmi una doccia? Prometto che sarò veloce”
“E perché dovresti esserlo? Non hai mica impegni oggi.”
Niente impegni? cioè niente impegni?
“Marie…” Ero tranquilla, lo giuro. Stava solo per scoppiarmi la testa ed ero tentata di comprarmi un macete, ma ero tranquilla. “Marie… potrei sapere per piacere… perché cazzo hai deciso di svegliarmi se non ho niente da fare?” Okay, urlavo ma ero tranquilla. “Sul serio? Sei una persona orribile. E considerati licenziata.” Potevo vedere il fumo uscirmi dalle orecchie e Adam, l’unicorno, era diventato verde di rabbia e non faceva altro che scalciare. Bravo piccolo, adesso va’ e spacca la faccia a Marie.
“Ehi, non te la prendere tanto, non sapevo dormissi ancora… e comunque sai che senza di me non sopravvivresti mezza giornata. Ciao El.” Mi aveva pure staccato il telefono.
E poi mezza giornata? senza di lei avrei campato fino a 100 anni, altro che mezza giornata.
 
Ero in giro per negozi, decisa a spendere tutti i miei soldi in vestiti e scarpe. Già, lo shopping era l’unica soluzione dopo una serata – e un risveglio – del genere. Quello e tutto il cassetto dei medicinali.
Era strano, una volta non potevo permettermi di comprare quello che volevo, quando lo volevo. Già, adesso potevo avere tutto quello che volevo. Ma a che prezzo? Da un po’ di tempo non riuscivo a non pensare al fatto che forse un po’ mi fossi venduta. Cioè no, non proprio venduta ma che, nel passaggio da sfigata pazzesca a star superfiga, avessi perso qualcosa, pezzi di me che non sarebbero più tornati. Per non parlare di come fossero cambiati gli altri. Tutti quelli che conoscevo, ora mi trattavano in modo diverso per via del mio lavoro e della mia notorietà, e non solo loro, chiunque mi riconoscesse come la modella del momento o la tizia che aveva partecipato a qualche lavoro cinematografico, mi trattava in modo quasi reverenziale. Era snervante.
L’unica che mi trattava sempre allo stesso modo era Marie, forse perché mi conosceva da prima, sì, lei conosceva la vera me, quella che anche io adesso sembravo aver dimenticato.
Camminavo per Rodeo Drive guardandomi ancora un po’intorno quando davanti a me vidi due uomini dall’aria conosciuta, uno dei quali vestito proprio di merda. No, era impossibile che conoscessi un tipo così eppure il suo viso, anche se coperto dagli occhiali, aveva un non so che di familiare. Mi ritrovai a strizzare gli occhi per capire di chi si trattasse e quando fui abbastanza vicina ebbi l’illuminazione.
No, era uno scherzo o cosa? Avevo fatto di tutto per non pensarci e alla fine Jared Leto mi si parava davanti agli occhi quando meno me l’aspettavo, e per giunta vestito da stupratore? Ma che cavolo si era messo addosso? Okay, no, non era il momento di pensarci, dovevo teletrasportarmi subito da qualche parte, molto lontana da lì e da quei due, che per fortuna si erano fermai a guardare una vetrina. Forse a Jared mancava un impermeabile affinché il suo outfit fosse perfetto.
Che dovevo fare? Erano pericolosamente vicini. Mmm, pensa El, pensa. Okay, semplice, avrei cambiato direzione. Sì, ma poi me li sarei trovati alle spalle. No, decisamente no. Avrei attraversato la strada. Molto bene.
NO! Cavolo, il fratello basso mi aveva vista, cioè, mi stava più fissando, come avevo fatto io pochi attimi prima, per capire chi fossi. Potevo sempre correre fino a consumarmi i talloni ma ormai era troppo tardi. Mi aveva riconosciuta e adesso era lì che mi salutava con la mano facendomi cenno di raggiungerlo. Ecco, avete mai desiderato di farvi colpire in pieno da un fulmine? Io mai, ma speravo che il fulmine colpisse loro. Guardai il cielo speranzosa, era azzurrissimo e il sole splendeva come sempre. Peccato.
“Hei, scimmietta.” Shannon mi aveva raggiunta e io volevo solo scaraventargli un estintore su quel sorriso da scemo, ma sarebbe stato piuttosto controproducente colpire una persona in pieno viso davanti a così tanti testimoni. La verità era che non avevo estintori a portata di mano, quindi mi limitai a sorridere. Infondo lui non era male, anzi… simpatico, a parte il fatto che si ostinasse a chiamarmi con quel nomignolo, dalla volta scorsa, quando avevo finto di essere pentita del mio comportamento. E comunque meglio del fratello.
“Wow, ma guarda un po’ chi c’è qui, la simpaticissima… com’è che ti chiami?
Appunto.
“Eleonor.” Risposi fredda, guardandolo in cagnesco e sperando che un pianoforte gli cadesse in testa.
La situazione doveva essere delle peggiori, dato che Shannon, dopo aver fatto una specie di risata imbarazzata, aveva cercato di stemperare la tensione facendo una cosa che la peggiorò del tutto.
“Ehm, Eleonor, non è che ti va di bere qualcosa con noi? Così per conoscerci meglio.”
Io e suo fratello lo trucidammo con lo sguardo.
E lui sorridendo colpevole si passò una mano dietro la nuca. “Beh, dobbiamo comunque lavorare insieme” provò a giustificarsi.
Dieci minuti più tardi ero seduta in un bar con Shannon e Mr. Simpatia, che non mi aveva più rivolto uno sguardo da quando eravamo arrivati. Aveva la faccia appiccicata allo schermo del telefono, come un adolescente idiota e io maledissi Shannon per avermi costratta – letteralmente – ad unirmi a loro.
 
 
Eccomi qui, sono tornata. Scusate la mia estenuante lentezza ma sono sotto esame – nuooooo – e non ho sempre tempo di scrivere qualcosa di nuovo.
Allora, volevo solo dirvi che questi capitoli iniziali sono un po’ un’introduzione a quella che poi sarà la storia, tanto che non è ancora successo niente di particolare. Ma vi giuro che accadrà. Intanto vi lascio questo capitoletto per farvi capire un po’ come sia fatta la nostra protagonista, il suo carattere, i suoi pensieri…
E niente, spero che vi sia piaciuto, se vi va lasciate un commentino, che è sempre ben accetto, e alla prossima. Baci baci baci! 
   
 
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