“Non
posso nuotare.”
Volarono per tre giorni fermandosi solo
per riposare e per cibarsi. Daiki cacciò un cervo e
lo divorò in pochi minuti poi ripresero la loro corsa. Fortunatamente il drago
riusciva a percepire l’uovo e la loro strada fu sempre chiara.
Il quarto giorno arrivarono davanti al
mare. Daiki atterrò sulla bianca spiaggia, gli
unghioni che artigliavano il suolo, fremente di rabbia per l’ostacolo.
“E’ solo acqua.” Gli disse Shira, osservando la placida distesa.
“Non
posso nuotare.” Rispose frustrato Daiki. “Non…”
La testa di Shira
si rivoltò indietro mentre il drago stramazzava al suolo.
Aki era a terra,
il corpo nudo era ricoperto di lividi e ferite.
“L’uovo
sarà qui a breve, dimmi come si lega ad un uomo!” Aki
voltò la testa e uno schiaffo la colpì rapido e violento facendo gemere la
ragazza. “A quanto pare non ti è bastato quello che ti hanno fatto i miei
uomini, ne vuoi ancora?” Aki sputò addosso all’uomo e
i colpi caddero come pioggia sul suo viso già martoriato.
Shira urlò mentre il
contatto con Aki si spezzava. Rotolò dal drago e
cadde a terra, si alzò sulle ginocchia vomitando mentre lacrime calde le
scendevano sul viso. Daiki la raccolse e la attirò a
sé, prendendola tra le ali e richiudendola in un bozzolo grigio e caldo.
“Va
tutto bene.”
Mormorò il drago nella sua mente, come se non fosse la sua metà ad essere stata
riempita di botte e violentata.
“No.” Gemette lei, incapace di
cancellare quelle terribili immagini dalla sua mente. “Dobbiamo salvarla.”
“E
lo faremo, hai sentito, l’uovo e lei saranno presto nello stesso luogo.” Shira alzò gli occhi, ricordando le parole dette
dall’aguzzino di Aki.
“Ma, il mare…”
“Non
hai prestato attenzione, dietro all’uomo vi era una finestra da cui si poteva
vedere il mare. Deve essere un’isola e io posso arrivarci.”
“E se fosse stata una nave?”
“Non
c’era nessun rollio. Aki ha condiviso quel momento
con noi per una precisa ragione. Sa che stiamo seguendo l’uovo, sa di essere su
di un’isola e sa che io avevo bisogno di conoscere questo dettaglio per andare
a prendere entrambi.”
Era folle, eppure avrebbe fatto
qualsiasi cosa per salvare Aki. Sentì Daiki prendere un grande respiro, poi il drago spiccò il
volo, inoltrandosi sulla grande massa d’acqua.
Il primo giorno Daiki
volò altissimo, sfruttando le correnti d’aria e sbattendo le ali il meno
possibile. Il secondo Shira iniziò a sentire che il
suo respiro si faceva faticoso, la loro quota si abbassò a causa della
frequenza ancora più lenta dei battiti d’ala. Il terzo giorno Shira seppe che sarebbero morti. Il drago non comunicava
più, tutta la sua energia era concentrata nel battito delle ali. Ormai i suoi
respiri erano ansiti dolorosi e lei non poteva aiutarlo. Quella stessa notte
rinunciò a tutto il peso superfluo, gettando nel mare il cibo che le restava e
i suoi cambi d’abito. Non era molto, ma non sapeva come aiutare il drago in
altro modo. All’alba Daiki sussultava di dolore ogni
volta che sbatteva le ali Shira, si chiese se non
dovesse alleggerirlo anche del suo peso. Forse da solo sarebbe riuscito ad
arrivare all’isola che ormai sembrava un miraggio lontano e irraggiungibile.
“No.” Fu il secco
ordine che giunse da Daiki quando lei si staccò
dall’imbragatura.
“Sarai più leggero, devi pensare ad Aki e all’uovo.” Urlò, cercando di contrastare il rumore
del vento.
“Senza
di te vivere non ha nessun senso. Lo abbiamo capito, forse troppo tardi.” La voce era
doppia e Shira sentì la presenza di Aki.
“Non sono riuscita a salvarti.” Mormorò,
le lacrime che le scendeva lungo il viso.
“Mi
sembrava di aver appurato che avevi un ottimo senso dell’osservazione…” Anche se la
voce di Aki era venata di sofferenza e dolore Shira percepì l’ironia presente nel suo tono. Alzò gli
occhi e allora la vide.
Un piccolo promontorio si innalzava
fiero sul mare. Avevano trovato l’isola.
Le piccole casupole erano di legno e
paglia, quando Daiki piombò su di esse le distrusse
senza fatica. Shira era nella sua mente e condivideva
la furia della battaglia. Le fauci del drago trovarono la prima vittima in un
attimo e poi furono le sue zampe ad artigliare, strappare e squarciare. I pochi
soldati presenti non si aspettavano di dover combattere contro un drago e
furono massacrati o schiacciati in pochi istanti. Quando un’ombra passò sopra
di loro Daiki balzò di nuovo in volo, era stremato,
ma la rabbia gli dava energia. Con un grido Shira
avvisò Daiki che uno dei Roc
stava calando dall’alto, attaccandolo alle spalle.
Il possente drago chiuse le ali
lasciandosi cadere a picco e non appena il Roc lo
oltrepassò, fallendo il suo attacco, spalancò le ali bloccando bruscamente la
discesa a pochi metri dalle onde del mare.
I Roc, però,
non erano privi di esperienza in battaglia. Fallito l’attacco del primo Roc, il secondo
animale, con veloci colpi d’ali, si gettò sulla preda sfruttando la posizione
superiore. Shira si aggrappò all’imbragatura con
entrambi le mani, un secondo dopo Daiki protendeva
gli artigli delle zampe e delle ali verso il possente Roc
e lei si ritrovò a dover lottare con la gravità. Il drago proruppe in un
possente ruggito poi le due bestie si scontrarono. Di nuovo caddero verso
terra, Roc e drago erano impegnati a lacerarsi con
unghie e zanne o becco e nessuno dei due apriva le ali. Shira
urlò di nuovo un avvertimento: il primo Roc stava
attaccando. Daiki si disimpegnò con un terribile
colpo di artigli e riaprì le ali. Ebbe il tempo di girarsi e questo salvò Shira, il Roc infatti trovò il
collo del drago, ma non lei. Daiki ruggì dal dolore,
ma morse con tutte le sue forze, il sangue del Roc
inzuppò le fauci di Daiki che non lasciò la presa
finché l’animale non morì. Solo allora il drago lo lasciò cadere e senza
indugio raggiunse il secondo Roc che, ferito, stava
cercando di fuggire. I suoi unghioni colsero l’animale prima che potesse
sottrarvisi e Daiki lo lacerò senza pietà.
Quando la lotta finì il drago ruggì
verso la nave che cercava di fuggire.
“Hanno
l’uovo.”
Comunicò loro Aki che era sulla spiaggia con un uomo
che la teneva per la gola. Daiki rimase immobile
nell’aria indeciso su cosa fare.
“Mettimi a terra, tu pensa all’uovo.”
Il drago obbedì, atterrando poco lontano da Aki. Shira si lasciò cadere e qualche secondo dopo Daiki si avventava sull’indifesa nave.
“Quei codardi moriranno tutti, ma a me
non farete nulla, anzi, mi lascerete andare via con l’uovo, altrimenti ucciderò
la sacerdotessa.” Shira riconobbe l’uomo e percepì
quasi come uno schiaffo l’odio che Aki provava per
lui. Strinse i denti, la sua mente ancora connessa con Daiki
era pervasa da furia omicida. Poteva sentire i lividi di Aki,
come se fossero stati impressi sulla propria pelle.
“Lasciala andare.” Intimò, ma l’uomo
rise.
“Il mio Signore desidera quell’uovo, è
andato troppo oltre, ha distrutto Hellis per averlo, se
lo deludo sarà lui a uccidermi.”
“Dove sono Harry e Sansone?”
“Il cavaliere e il drago? Servivano da
diversivo, non hanno importanza, lasciatemi l’uovo.”
“Mai.” Sibilò Shira.
Non aveva armi e l’uomo stringeva Aki per il collo,
una semplice torsione e glielo avrebbe spezzato, eppure la rabbia era come un
fuoco caldo dentro di lei e le impediva di ragionare.
“Abbandonati
a noi.”
Nella sua mente Aki era una lama aguzza e Daiki una bufera di fuoco, Shira
fece come le aveva detto il Maestro, lasciando da parte tutto ciò che era, estinse
la propria volontà e nel suo corpo ci furono loro.
Quando riaprì gli occhi l’uomo era a
terra, la gola squarciata da denti umani.
Shira sputò il
sangue che le era rimasto in bocca, evitando di pensare a quello che il suo
corpo, guidato dalla mente di Aki e Daiki, aveva fatto.
Non pensò più a lui, invece corse da Aki che, riversa al suolo, era scossa dai singhiozzi. La
prese tra le braccia, ricordando la prima e unica volta in cui l’aveva fatto.
Quel giorno al ballo avrebbe dovuto dire di no a suo fratello eppure aveva ceduto
e così aveva trovato lei: Aki. La donna che ormai
sapeva di amare. Con estrema delicatezza le allontanò i capelli dal viso,
osservando con dolore lo scempio che era stato compiuto sui lineamenti che
tanto amava. Non parlò, non ce n’era bisogno, invece lasciò che Aki percepisse tutto ciò che provava: il suo amore, la sua
profonda gioia nel ritrovarla, il suo dolore e la sua rabbia. Sentì che la
sacerdotessa aveva paura di trovare in lei del disgusto per quello che le era
stato fatto così si piegò delicatamente su di lei e le depose un bacio sulla
fronte, poi due sugli suoi occhi, altri sulle sue guance coperte di lividi e
lungo gli zigomi, infine trovò le sue labbra e le baciò cercando di infondere
nella giovane tutto l’amore che provava.
Quando si separò da lei vide che
piangeva ancora, ma il dolore che proveniva da lei era attenuato. C’era però
ancora qualcosa.
“Aiutami ad andare da Daiki.” Chiese la voce, roca per le urla strappatele nella
tortura e nella violenza. Shira la sollevò tra le
braccia, stupita da quanto fosse leggera e fragile.
Daiki era atterrato
sulla spiaggia alle loro spalle, l’uovo nero al sicuro tra le sue zampe sporche
di sangue, ed era già profondamente addormentato, spossato dal lungo volo e
dalla battaglia, ma aprì un occhio e accolse entrambe tra le sue ali quando gli
si avvicinarono poi si riaddormentò. Shira sorrise,
consapevole che quello era il suo posto, che mai sarebbe stata sola. Aki però era tesa e Shira le
prese le mani, baciandole e cercando di darle il coraggio di dire quello che
aveva sul cuore.
“Qualsiasi cosa sia io sono qui e lo
sarò per sempre.”
“Shira…” La
voce le si spezzò e allora la ragazza usò la mente. “Il mio corpo era pronto. Quando… quello che mi è stato fatto…” La
principessa sentì il cuore accelerare, mentre il dolore di Aki
divampava di nuovo in lei, mescolato a ricordi orribili. Sulle prime volle
chiudersi ad essi, l’orrore di sentire il proprio corpo violato da quella massa
di uomini era insopportabile, ma poi comprese che doveva accettarli, lo doveva
fare per Aki. Forse se avesse condiviso quei ricordi
con la sacerdotessa avrebbe potuto aiutarla a portarli, a sopportarli e, magari
un giorno, a dimenticarli. Mentre si lasciava sommergere capì che quello che
voleva dirle Aki andava oltre. Aveva detto che il suo
corpo era pronto e ora Shira capì cosa volesse dire.
Una piccola vita stava crescendo in lei, una mente così fragile da essere
appena un abbozzo, ma che c’era già.
“Sono
sicura che con un’erba possiamo…”
“No!” La risposta veemente di Shira fece aprire un occhio a Daiki,
il drago strinse l’uovo un po’ più contro di sé e poi tornò a dormire.
“Shira…”
“Aki, amore
mio, questa vita è parte di te.” La ragazza arrossì e sorrise nel sentirsi
chiamare così, ma poi scosse la testa.
“E’
frutto di una violenza, non di un atto d’amore, se lasciassimo il bambino
nascere non abbiamo nessuna certezza che riuscirà a legarsi al cucciolo
nell’uovo.”
“Anche il draghetto è stato lontano da Daiki per, forse, troppo tempo, non sappiamo se il loro
legame si creerà, ma dobbiamo provare. Non voglio perdere entrambi, non posso
sopportare di perdere entrambi.” Shira sentiva le
lacrime salirle agli occhi e quando Aki le accarezzò
il viso dolcemente smise di cercare di trattenerle. “Daremo noi l’amore che
serve al bambino. Ce la farà, li salveremo.” Aki
rimase in silenzio a lungo, la mente che lottava tra le scene di violenza e
l’amore per Shira. La principessa seguì quella lotta
interiore senza intervenire, sapeva che la decisione ultima spettava ad Aki e al drago e qualsiasi essa fosse Shira
l’avrebbe appoggiata.
Una settimana dopo una nave con una
grande piattaforma improvvisata per il trasporto di Daiki
arrivò assieme a Kimi per riportarli a casa.