Me ne sto qui appoggiata alla finestra del mio personale salottino, lo sguardo vaga oltre il vetro perdendosi nell'immensitá di questo verde che ricopre tutto e si staglia contro l'azzurro del cielo limpido, che dolceamaro accostamento di colori per il mio ceruleo sguardo che preferirebbe perdersi in ben altri smeraldini orizzonti.
Eppure un sorriso si dispiega sulle mie labbra mentre lo sguardo continua a vagare e la mano carezza distratta, eppur consapevole, il ventre gravido al di sopra della preziosa, rilucente e cangiante stoffa dei colori dell'aurora. "Buonasera, mia cara" - una voce mi distoglie dal mio distratto vagare, una voce di uomo melodiosa quanto virile, una voce che tempo addietro ha risvegliato dal torpore il mio cuore di donna.
Mi volto e lo vedo, Hans non è cambiato minimamente ne in bellezza ne nella gentilezza dei modi, difatti mi si avvicina e presami la mano mi fa dono di un bacio su questa prima di tornare a posarla sul mio rigonfiamento di madre assieme alla sua, intreccia delicatamente le dita alle mie e impercettibilmente, eppure con malcelata possessione, preme le nostre mani come a riscattare la sua proprietà, un gesto divenuto abitudine come il bacio cui fa dono la mia tempia posando le labbra virili tra i riccioli biondi che mi incorniciano il volto.
Se solo potesse sapere Hans, se solo potesse immaginare cosa realmente significhi appartenere a qualcuno.
Ma non lo saprà ne tanto meno sarà in grado di avermi realmente sua, perché c'è stato un tempo, nemmeno troppo lontano, in cui ho già fatto dono di me stessa a qualcuno.