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Autore: Le notti con Salem    28/01/2016    1 recensioni
Seguendo un suono nella sua testa, il giovane artista di strada Ravi giunge in uno strano palazzo, dove riceve in dono da uno spirito due oggetti magici che sembrano essere destinati a lui da tempo. Quello sarà l'inizio di una serie di avventure che lo porteranno attraverso le terre dei Tre Deserti.
Tutte le parti di questa storia, illustrazioni incluse, sono già state pubblicate sui miei account di Lokee e DeviantArt
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il richiamo del Corno

In ogni luogo dove c'è vita, a volte gli oggetti, edifici inclusi, possono acquisire una coscienza propria, per un motivo o per un altro, e i Tre Deserti non fanno eccezione.
Il Palazzo di Jizai, con le sue torri e le ampie balconate, ne è un esempio perfetto. Quando l'avevano costruito era poco più di un tempietto, eretto per custodire il suo prezioso Tesoro nei periodi in cui nessuno ne rivendicava il possesso, ma col passare dei secoli era diventato sempre più grande, allo scopo di sviare coloro che giungevano per caso nelle sue sale. Si spostava spesso, a volte di centinaia di chilometri, a volte di pochi centimetri, giusto per stare più comodo, e durante il suo peregrinare aveva ricevuto parecchi visitatori.
Osservandoli a lungo, aveva imparato a imitarne le parole e i pensieri, finché non fu in grado di averne di propri. Non fu un grande affare, perché la consapevolezza di sé lo portò alla scoperta di qualcosa di cui avrebbe fatto volentieri a meno: la noia.
Si annoiava tanto da quando aveva iniziato a pensare con la sua testa, se così si può dire. Per ammazzare il tempo iniziò a riorganizzare le proprie stanze, creandone di nuove, aggiungendo dettagli a quelle vecchie e costruendo torri, balconi, corridoi e tanto altro ancora seguendo un suo personalissimo progetto. Il suo compito era impedire che visitatori accidentali raggiungessero la stanza del Tesoro, ma questo non significava che non volesse presentarsi al meglio, e secondo la sua modesta opinione, Jizai come arredatore se la cavava piuttosto bene. Non che i suoi ospiti lo riempissero di complimenti...
Aveva pochissime occasioni per parlare con qualcuno e le volte che riusciva ad attaccar bottone rimaneva sempre insoddisfatto: tutti quelli a cui rivolgeva la parola scappavano a gambe levate o si trattenevano giusto il tempo di prendere il Tesoro. Mai una volta che qualcuno si interessasse solo a lui!
Non ne poteva più di questa situazione, e perciò prese la sua decisione.
Sì, non appena il nuovo proprietario si fosse fatto vivo, Jizai avrebbe messo a frutto tutti i suoi anni di osservazione e la sua abilità nel creare oggetti e ornamenti e una volta consegnatogli ciò che doveva, anziché nascondersi in profondità come faceva di solito, avrebbe rimodellato se stesso con sembianze umane e sarebbe andato in mezzo alla gente.
Aveva passato così tanto tempo a fantasticare e pianificare che quando finalmente il momento giunse, non avvertì la presenza del suo nuovo ospite finché quello non fu a pochi metri dal Salone Centrale.
Che errore imperdonabile. E se fosse stato un comune passante?
La cosa era tuttavia improbabile, dato che da un paio di settimane aveva scelto come luogo di sosta la cima di un enorme picco roccioso, circondato da chilometri di dune sabbiose e lontano dalla maggior parte dei villaggi e delle città del Deserto Dorato.
Quando poi Jizai percorse a ritroso i passi del suo ospite non ebbe più dubbi. La direzione che aveva preso attraverso le sue sale e i suoi corridoi era troppo precisa: era stato il Tesoro a chiamarlo.
Eccitato dal nuovo incontro che stava per fare, il Palazzo spostò la sua coscienza nel Salone Centrale, dove attese impaziente il suo visitatore.
E attese a lungo. Troppo a lungo.
Era vicino, lo sentiva, ma allora perché c'impiegava tutto quel tempo?
Con un misto d'irritazione e preoccupazione, ricontrollò tutte le proprie sale, finché non lo trovò e comprese il motivo del suo ritardo.
Di tutti i percorsi tortuosi che Jizai aveva disposto come accessi al Salone, il suo visitatore aveva scelto uno dei più particolari. A differenza degli altri, non aveva trappole – piazzate più per scena che per difesa – e poteva essere percorso in sicurezza, ma il tragitto non era per niente facile. Si trattava infatti di una complicata serie di cunicoli e gallerie scavati nelle sue mura e pieni di vicoli ciechi. All'inizio aveva trovato divertente creare quel percorso, ma alla fine lo aveva abbandonato perché man mano che lo costruiva lo mandava in confusione e col tempo se n'era pure dimenticato. L'assenza di luce nei cunicoli, a parte qualche breve e inspiegabile bagliore rosso, gli impedì di scorgere le fattezze del suo ospite, così rimase in attesa, chiedendosi chi si sarebbe ritrovato davanti. Solo quando quello fu arrivato a destinazione, si ricordò di non aver mai creato uno sbocco d'uscita per quel tunnel. Stava per provvedere, quando una serie di tonfi attirò la sua attenzione e vide uno dei pannelli di pietra che ornavano il muro tremare e iniziare a sfilarsi. A quanto pareva il suo ospite sapeva di essere giunto a destinazione e cercava di aprirsi da solo la strada. Il Palazzo allora lo aiutò e indebolì la pietra, così al colpo successivo quella si staccò e cadde a terra spaccandosi. In mezzo a una nuvola di polvere, il visitatore fece la sua entrata contorcendosi fuori dal cunicolo.
Era decisamente diverso da quello che Jizai si aspettava.
Aveva incontrato parecchie persone di tutti i tipi nel corso dei secoli.
Guerrieri e studiosi, uomini e donne, vecchi e bambini.
Il labirinto di tunnel che aveva creato era pensato apposta per questi ultimi, eppure quello appena uscito da lì era senza ombra di dubbio un uomo adulto.
 Lo studiò con attenzione mentre quello iniziava ad aggirarsi furtivo per la grande sala. Dalla sua carnagione olivastra, Jizai dedusse che fosse nativo del Deserto Dorato. Il suo fisico era snello e atletico, ma dubitava che fosse un guerriero: le sue movenze erano troppo fluide e per quanto si spostasse in silenzio, sembrava quasi che lo facesse per gioco più che per necessità. Magari era un acrobata. Un'imponente cresta di capelli rosso cupo svettava sul capo rasato ai lati e gli scendeva lungo la schiena, legata in una lunga coda. La mascella era coperta da una corta e folta barba nel tentativo di farlo sembrare più vecchio; guardando il suo viso però, si rese subito conto che doveva avere solo poco più di vent'anni. Dei larghi pantaloni rossi, lunghi abbastanza da coprirgli in parte i piedi scalzi, erano l'unico indumento che indossava.
Procedeva a zig zag fra le colonne, guardandosi attorno con occhi vigili, verso le grandi tende che nascondevano alla vista il Tesoro.
Jizai era tentato di lasciarglielo prendere e filarsela alla svelta, ma qualcosa in quel giovane gli fece cambiare idea.
In fondo erano passati anni dall'ultima visita che aveva ricevuto e il suo ospite non se ne sarebbe potuto andare finché non avesse reclamato il Tesoro, quindi perché non provare a fare quattro chiacchiere?

Dopo i cunicoli che aveva appena percorso, qualunque posto gli sarebbe sembrato immenso, ma il salone in cui era sbucato era di certo il più grande che gli fosse capitato di vedere. Si allontanò con cautela dall'imboccatura del cunicolo, facendo attenzione a non calpestare le grosse schegge di pietra sparse a terra. Si prese qualche secondo per stiracchiarsi prima di andare in esplorazione. Quel posto era davvero incredibile. Gran parte della sala era occupata da enormi colonne di pietra liscia che reggevano il soffitto. Quanto fosse alto non poteva saperlo, perché la visuale era coperta da decine, forse centinaia di drappi di varie forme e dimensioni e ricoperti di disegni dorati. Si fece avanti e col passo più leggero che l'emozione gli permetteva di usare, iniziò a ispezionare il posto, passando da una colonna all'altra, impressionato dalla vastità della sala. Non c'erano finestre e tutto era avvolto dalla luce arancione delle lanterne che pendevano dal soffitto nascosto. Gli ricordava un po' alcuni dei templi che aveva visitato qualche volta durante i suoi viaggi, anche se lì non c'era alcun tipo di mobilio.
«Benvenuto»
Una voce indefinibile rimbombò all'improvviso nel salone facendolo sobbalzare. Corse subito verso una delle colonne vicino alla parete e ci si nascose dietro. Provò a cercare con lo sguardo chi aveva parlato, ma finì col girare attorno alla grande colonna senza vedere nulla. A quel punto si lasciò scivolare a terra, sempre protetto dalla colonna, e con un sospiro iniziò a chiedersi se se l'era immaginato.
La risposta alla sua domanda non tardò ad arrivare.
«Puoi anche uscire da dietro la colonna, tanto ti vedo lo stesso»
La voce gli sembrava così vicina, eppure una rapida occhiata gli confermò che era solo lì. Si chiese se non era il caso di andarsene alla svelta. In fondo il cunicolo da cui era sbucato era poco più indietro.
Quasi gli avesse letto nel pensiero, la voce riprese a parlare:
«Oh, andiamo! Dopo tutta la fatica che hai fatto per venir qui, vuoi già andare via? Voglio solo fare quattro chiacchiere. Sai, è da un bel po' di tempo che non incontro qualcuno»
Poteva essere una trappola, eppure decise di rispondere lo stesso a quella voce misteriosa. Si puntellò con una mano contro la colonna per rialzarsi e dopo aver tratto un lungo respiro, urlò rivolto al salone vuoto:
«Se vuoi parlare, per me va bene, ma almeno fatti vedere» 
«Non c'è bisogno di gridare così, ti sento anche se parli normalmente» rispose la voce «e in quanto al farmi vedere, non sono affatto nascosto, anzi, è da quando sei arrivato qui che mi stai guardando: io sono questo Palazzo»
A quelle parole staccò la mano dalla colonna come se quella fosse diventata incandescente all'improvviso e iniziò a guardarsi attorno con ansia.
Palazzi parlanti? Aveva sentito parlare di cose simili, ma non ne aveva mai viste di persona, e per fortuna, visto che erano sempre al centro di storie di fantasmi e demoni che facevano sparire le persone. E adesso ci si trovava dentro.
E se fosse un palazzo carnivoro?
Uno strano suono si diffuse nell'aria. La voce stava ridendo.
«Immaginavo che avresti avuto una reazione simile. Se a te sta bene, ti renderò le cose più facili»
Poco dopo sentì un leggero clangore provenire dal soffitto e alzando lo sguardo vide uno dei lunghi drappi staccarsi e cadere a terra. A quel punto una brezza sottile attraversò il salone e gonfiò il drappo fino a sollevarlo. Quando la brezza cessò, il drappo rimase sospeso a mezz'aria, come se fosse poggiato sulle spalle di qualcuno. Con lentezza quello si girò. 
Dentro al drappo non c'era niente, o almeno così sembrava a prima vista, ma quando guardò con attenzione, vide delle sottili linee di luce dorata, che s'intrecciavano a formare un disegno simile a un albero e riempivano la stoffa come se fossero un corpo. Ai lati il drappo si sollevò e da sotto di esso uscirono altre linee luminose simili a braccia e mani. A completare la figura, due spirali allungate fecero capolino da sotto la stoffa, dove ci doveva essere la testa, e lo scrutarono come occhi scintillanti.
«Ecco. Non ti fa sentire più tranquillo avere qualcuno davanti?» fece la figura allargando le braccia e scuotendo il drappo come se fosse un mantello viola.
«Beh, s-sì, più o meno»
Soddisfatto della risposta, quella specie di fantasma scivolò verso di lui. Quando fu abbastanza vicino da poterlo quasi toccare, gli chiese il suo nome.
«Ravi» rispose e senza pensarci gli rigirò la domanda. L'essere davanti a lui disse che poteva chiamarlo Jizai e poco dopo iniziò a girargli attorno, studiandolo con aria pensosa.
«Davvero affascinante» borbottò a un certo punto «ogni volta che ne chiama uno è sempre diverso dai precedenti...»
Ravi non voleva irritare quell'essere, ma la sua curiosità prese possesso della sua bocca e prima di potersi controllare chiese a chi si stesse riferendo.
«Il Tesoro.» rispose Jizai con tranquillità «Quando ha voglia di uscire, chiama uno di voi esseri umani affinché veniate a recuperarlo e vi resta accanto finché non decide di tornare da me. Non ho mai capito perché faccia così; non ha mai dato segno di avere una coscienza come me, a parte quando chiama un nuovo padrone, e quindi non ho mai potuto chiederglielo. Forse gli sto antipatico...»
«Qui dentro c'è un tesoro? E anche quello è vivo?»
«Non dovresti esserne così sorpreso. In fondo è quello il motivo per cui sei qui, giusto?» Jizai lo scrutò con aria divertita.
Ravi si sentiva quasi in colpa ad ammettere che aveva ragione. Messa in quella maniera sembrava un comune ladruncolo in cerca d'oro, invece...
«È da un mese che mi ronza in testa un suono che non avevo mai sentito prima» iniziò a raccontare. «A volte, mentre mi spostavo, diventava più forte o più debole. Alla fine ho deciso di vedere se riuscivo a scoprirne l'origine e ho chiesto a dei mercanti se potevo viaggiare con loro. Siamo giunti qui ieri sera e loro si sono spaventati alla vista del palazzo... di te insomma. Avevano detto che passavano sempre di lì durante i loro viaggi e che non c'era mai stato nessun palazzo sul picco, così sono ripartiti subito per la paura. Ma io no. Mi sono arrampicato e...»
«... e ora sei qui» concluse Jizai per lui poggiandogli una mano trasparente sulla spalla. «Sì, lo immaginavo che le cose fossero andate in questa maniera. Il tuo arrivo era previsto, sai? Beh, magari non proprio il tuo in particolare, ma è così che funziona»
Circondandogli le spalle con un braccio, Jizai lo invitò a seguirlo lungo la sala e mentre camminavano continuò a fargli domande su quel che succedeva nei Tre Deserti: come palazzo, gli spiegò, l'unico svago che poteva concedersi oltre al riorganizzare le proprie stanze era guardare il paesaggio, ma così non capiva mai come andassero davvero le cose nel mondo. Ravi rispose come meglio poteva alle sue domande e rimase sorpreso vedendo l'interesse di Jizai per i piccoli dettagli di vita quotidiana. Lo spirito del Palazzo lo ascoltò affascinato, soprattutto mentre gli descriveva il suo modo di vita.
«Non mi era mai capitato di accogliere un'artista di strada, anche se devo dire che avevo intuito subito che tu fossi un'acrobata o qualcosa del genere. Ora capisco come hai fatto a percorrere quei cunicoli stretti così facilmente nonostante la tua mole»
In realtà il passaggio non era stato proprio facilissimo, ma Ravi si guardò bene dal rivelarglielo. Si esibiva da anni per strada, alternando le sue doti di contorsionista ad alcuni passi di danza imparati nei suoi viaggi, e quei cunicoli avevano messo alla prova la sua abilità.
Anche se non abbastanza da fermarmi. Eh eh...
Chiacchierarono a lungo, girando in tondo nella sala senza nemmeno accorgersene, finché Jizai non si fermò e con un cenno attirò la sua attenzione su ciò che avevano davanti.
Avevano raggiunto una delle estremità della sala e di fronte a loro un enorme arco si apriva nella parete, con una tenda rossa altrettanto grande a chiudere il passaggio.
«Ti ringrazio del tempo che mi hai dedicato, ma credo di averti trattenuto abbastanza. Ormai te ne sarai accorto anche tu che il Tesoro scalpita per uscire. Ecco, è proprio là, oltre la tenda»
Ravi annuì. In effetti il suono che gli ronzava in testa era diventato sempre più vivace da quando si trovava in quella sala. Mosse qualche passo verso l'arco e prima che potesse toccarla, la tenda si aprì da sola liberando il passaggio.
La stanza che si ritrovò davanti era un ripostiglio in confronto al salone alle sue spalle ed era occupata per intero da una pedana sopraelevata coperta da un soffice tappeto scuro privo di disegni. Salì i pochi gradini con calma e raggiunse il centro della pedana. Lì, posta su un piedistallo di vetro, c'era una conchiglia. Ne aveva già viste in giro, soprattutto sulle barche dei mercanti lungo il Grande Serpente, e per questo l'aveva riconosciuta subito nonostante non avesse mai lasciato il Deserto Dorato, anche se era molto più grande di tutte quelle che gli avevano mostrato. Era di un tenue rosa perlato costellato di venature blu e azzurre e la sua spira pasciuta ricordava la forma di un corno, con la bocca circondata da cinque lunghi spuntoni scarlatti simili a dita. La punta era circondata da un anello che sembrava d'oro, al quale era attaccata una lunga catenella che lo univa al più lontano degli spuntoni all'altra estremità.
Perplesso, Ravi si voltò verso Jizai, che nel frattempo lo aveva raggiunto sulla pedana, e senza dire una parola, indicò la conchiglia.
Jizai capì la domanda in quel gesto e confermò:
«Sì, il Corno è il Tesoro. Deluso?»
«Insomma...» rispose sincero «che non fosse una montagna di pietre preziose l'avevo intuito già da quando aveva iniziato a chiamarmi, però non mi aspettavo di certo una conchiglia!» Incrociò le braccia pensieroso e dopo un attimo di riflessione chiese:
«Cosa fa? Voglio dire, è riuscito a chiamarmi da chilometri di distanza, inoltre sei stato messo tu a fargli da guardia, quindi deve avere qualche potere spettacolare o roba del genere»
«Fa quello che ha fatto con te: chiama» fu la risposta di Jizai.
«E cosa, di preciso?»
«Qualunque cosa. Persone, animali... basta volerlo e il Corno lancia il suo richiamo. Certo, ci sono cose che è impossibile che rispondano, e altre che invece è meglio non chiamare affatto, ma voglio sperare che tu sappia da solo cosa si può provare e cosa è meglio evitare» concluse in modo grave.
Ravi guardò impressionato la conchiglia.
«Quindi posso prenderlo? Sei sicuro?»
Jizai annuì. «Se ti ha chiamato, devo consegnartelo, è così che funziona. Ma devo avvertirti. Anche se adesso sei tu il suo proprietario, chiunque lo suoni può usare il suo potere, perciò dovrai stare attento a non fartelo rubare. A questo proposito... » aggiunse poi con un tono più allegro «ci sarebbe un'altra cosa che devo darti»
Lo spirito fece un gesto rivolto al soffitto e ancora una volta Ravi sentì un suono metallico sopra la sua testa. Alzò lo sguardo giusto in tempo per vedere quello che sembrava un grande lenzuolo scuro cadergli addosso come una rete. Per lo spavento iniziò a dimenarsi, ma la stoffa gli si avvolse attorno sempre più stretta formando un bozzolo. Provò a strapparselo di dosso, finché non si accorse che il bozzolo aveva iniziato a sfaldarsi da solo. Morbidi fili rosso scuro e oro gli rimasero fra le dita e presero a scivolargli addosso. Gli fecero un gran solletico, ma era troppo sorpreso per ridere. I fili che lo ricoprivano gli si riunirono attorno ai fianchi e iniziarono a intrecciarsi fra loro, e nel giro di pochi secondi si tramutarono in una lunga fascia che lo avvolgeva, con i lembi che gli penzolavano sulle gambe.
Quando fu sicuro che non ci fossero più fili impazziti, toccò la fascia con cautela. Prima non se n'era reso conto, ma era stoffa di ottima qualità, la più morbida che avesse mai toccato. Simboli dorati ricoprivano la fascia per tutta la sua lunghezza formando un motivo geometrico.
Guardò Jizai e quello gli spiegò:
«Questo Manto è stato creato da uno dei tuoi predecessori. Non conosco tutti i dettagli, all'epoca avevo appena iniziato a pensare per conto mio, ma sembra che qualcuno fosse riuscito a rubargli il Corno e che lui avesse creato il Manto per recuperarlo e fare in modo che i suoi successori non corressero i suoi stessi rischi. Da allora il Manto accompagna i custodi del Tesoro, dandogli i mezzi di cui hanno bisogno e cambiando forma a seconda della situazione. Certo, nel tuo caso si dovrebbe chiamare Fascia, ma è un dettaglio insignificante»
Ravi fischiò: quello era proprio un suo giorno fortunato! Fino a quel momento aveva vissuto una vita povera ma tutto sommato tranquilla, e adesso si ritrovava fra le mani non uno, ma ben due oggetti magici lasciati apposta per lui.
Mentre questi pensieri gli frullavano nella testa, un'altra cosa s'insinuò nei suoi pensieri. Anzi, un suono.
Il Corno richiamò di nuovo la sua attenzione, invitandolo a prenderlo. Lanciò un'occhiata a Jizai e dopo averlo visto annuire rispose finalmente al richiamo e posò una mano sulla conchiglia.
Appena il Corno fu nelle sue mani, il suono che aveva sentito nelle ultime settimane, quella specie di canzone senza parole che lo chiamava ovunque andasse, si affievolì fino a svanire del tutto.
Finalmente un po' di silenzio!
Però ormai ci si era abituato, così non poté fare a meno di sentire un leggero senso di tristezza e di vuoto per la sua assenza.
Quasi a consolarlo, la conchiglia nelle sue mani sembrò diventare ancora più bella e lucida, ma era certo che fosse solo una sua impressione.
A quel punto non riuscì a trattenersi e ridacchiò a bassa voce.
«Caspita, sembra che oggi sia una giornata piena di sorprese per me: prima qualcosa mi attira attraverso mezzo Deserto, poi incontro un palazzo vivente e infine ricevo una conchiglia che chiama qualunque cosa e un pezzo di stoffa che cambia forma!»
«E le sorprese non sono ancora finite» rispose Jizai «Posso assicurarti che tutti quelli che sono usciti da queste sale con il Corno e il Manto hanno vissuto delle vite davvero avventurose. Forse è proprio per questo che il Corno vi chiama. Può darsi che senta anche lui un richiamo, magari per le avventure, e desideri parteciparvi»
Sì, era una possibilità, ma in quel momento a Ravi non interessava. Aveva altro per la testa.
«Per certi versi devo ammettere che sono un pochino deluso. Non fraintendermi, questi sono davvero tesori che non mi sarei mai aspettato di ricevere, ma... possibile che con tutto il loro potere non abbiano un nome vero e proprio? Solo “Corno” e “Manto”?»
A quelle parole, il disegno che formava il viso di Jirai si deformò in quella che doveva sembrare un'espressione confusa e divertita allo stesso tempo.
«Solo perché qualcosa è potente non significa che debba avere un nome altisonante. Se è per questo, neppure io ho un nome: Jizai in realtà era il mio creatore, ma presentarmi solo come “Palazzo” mi sembrava riduttivo e di tutti i nomi che conosco, quello mi sembrava il più adatto» affermò lo spirito, e subito dopo aggiunse «In realtà la cosa più strana qui sei tu! Te ne stai a parlare con me, un edificio parlante vecchio di secoli, con addosso due artefatti incantati che farebbero gola a chiunque, e accetti il tutto come se nulla fosse!»
Ravi scrollò le spalle.
«Che ti posso dire, sono uno che si adatta facilmente» gli rispose con un sorrisetto, che si spense in un secondo quando la sala del Tesoro fu riempita da un boato e tutto quanto iniziò a tremare.
«Cos'è stato?» chiese guardandosi attorno.
«Nulla di grave, solo i miei piani inferiori che crollavano»
«I tuoi... COOOSA?!»
Ravi non era sicuro di aver capito bene, e quando Jizai gli spiegò che aveva sentito giusto andò nel panico.
«Beh, il Tesoro è stato reclamato, non ho più motivo di rimanere qui e quindi mi sto sbriciolando»
«E me lo dici adesso?!?»
«Ero sovrappensiero e ho iniziato senza rendermene conto. Mi sa che inizio a perdere colpi...» 
Ignorando il commento dello spirito, Ravi scese dalla pedana con un balzo e si fiondò nel salone. A parte l'arco che aveva appena varcato, non riusciva a individuare altri passaggi, così si mise alla ricerca del cunicolo da cui era arrivato, finché Jizai non lo richiamò.
«È inutile, i tunnel sono già crollati» disse quello con calma.
«E come faccio a uscire allora?» gli rispose esasperato.
«Usa la scala, è ovvio»
«Scala? Quale sca...»
Quando si voltò verso Jizai, vide che la pedana su cui stava poco prima aveva iniziato a rompersi e le sue lastre di pietra iniziarono a fluttuare placide nell'aria, combinandosi e sovrapponendosi fino a formare una specie di grande scala a chiocciola che saliva verso il soffitto. Lo spirito scivolò verso la lastra più in basso e ci salì come fosse un gradino e voltandosi gli fece cenno di seguirlo.
«Puoi stare tranquillo» gli disse quando lo raggiunse di corsa «hai il tempo e i mezzi necessari per uscire da qui in completa sicurezza»
Detto questo, Jizai cominciò a salire con calma lungo quella scala improvvisata.
Ravi lo seguì cercando di mascherare la sua agitazione. Anni di pratica l'avevano reso bravo a capire le persone, e anche se Jizai in realtà non era neppure un essere vivente, aveva sentito che era uno di cui ci si poteva fidare, tuttavia non poté fare a meno di lanciare occhiate preoccupate alle pareti attorno a loro, che avevano iniziato a riempirsi sempre più di crepe mentre salivano.
La scala fluttuante fece due giri attorno alla stanza prima di terminare vicina a una rientranza nel muro vicino al soffitto. Quando Ravi ci mise piede, si accorse che la rientranza non era altro che una finestra che dava su un balcone grande almeno il doppio della stanza del Corno. Si avvicinò al parapetto e guardò giù, nella speranza di essere a pochi metri dal suolo.
Molto più in basso di lui, decine di cupole e balconi, tutti impegnati a crollare e schiantarsi gli uni sugli altri, lo informarono che si trovava nel punto più alto del palazzo.
«Un po' scomoda come uscita, a meno che non voglia buttarmi di sotto» borbottò mentre s'inginocchiava in preda allo sconforto. Jizai gli scivolò accanto, commentando con la solita voce divertita:
«In verità questa è un entrata. Credimi: ti stupirebbe sapere quanta gente è arrivata qui in volo!»
«Peccato che io sia sprovvisto di ali...»
«Questo non è del tutto esatto»
A quelle parole, Ravi si voltò perplesso e con un gesto Jizai gli ricordò che aveva con sé il Manto. In effetti prima gli aveva detto che quello poteva cambiare forma a seconda delle sue esigenze, perciò nulla gli impediva di diventare un paio di ali o qualcosa che avesse lo stesso scopo. L'unica cosa che doveva tenere a mente, gli disse Jizai, era che l'incantesimo che gli faceva cambiare forma aveva dei limiti di tempo legati alla forma stessa.
«Le ali non sono fatte per gli uomini, perciò il Manto non durerà molto in quella forma. Potresti arrivare fino all'oasi più vicina, poi dovrai aspettare che qualcuno passi di lì o che il Manto abbia recuperato abbastanza forze per riprendere il volo»
«Se lo facessi diventare un tappeto anziché delle ali, potrebbe volare più a lungo?»
«E da quando i tappeti hanno imparato a volare?» 
Ravi stava per ribattere, ma alla fine decise che quello non era il momento adatto per discutere della veridicità dei racconti popolari, così invece gli domandò come funzionasse la trasformazione.
La spiegazione fu di una semplicità disarmante.
Seguendo i consigli di Jizai, Ravi si limitò a chiedere col pensiero al Manto di assumere una forma che gli permettesse di lasciare il Palazzo volando, e quello obbedì subito.
Com'era successo prima, il Manto si sfaldò e i fili risalirono lungo la schiena di Ravi lanciando brevi bagliori dorati. Nel giro di pochi secondi, s'intrecciarono di nuovo fra loro attorno alle sue spalle, assumendo le sembianze di un lungo mantello con cappuccio, decisamente più appropriato al suo nome.
«Quindi adesso posso volare?» disse studiando il nuovo aspetto del Manto, la voce attutita dalla stoffa che gli copriva naso e bocca.
Jizai si sporse dal parapetto e guardò giù, infine rispose:
«Lo scopriremo presto. Ormai questo è l'ultimo pezzo di me rimasto in piedi»
Anche Ravi guardò giù e vide che lo spirito aveva ragione. I muri di pietra sotto ai loro piedi erano quasi tutti crollati e si stavano trasformando in un enorme vortice di polvere e sabbia che avvolgeva quel poco che era ancora intatto fino a sommergerlo. Entro pochi minuti anche il balcone su cui si trovavano sarebbe sparito sotto quella sabbia.
«Credo proprio che questo sia il momento dei saluti» fece Jizai con un sorriso.
«Tu non vieni?»
A Ravi non era sembrata una domanda strana da fare, eppure quando la pose allo spirito, i disegni del suo viso si deformarono in quella che aveva tutta l'aria di essere un'espressione sorpresa.
Vedendo lo sconcerto che la sua reazione aveva scatenato nel giovane, Jizai gli spiegò che era così che andava ogni volta che qualcuno reclamava il Corno e che avrebbe ripreso le sue sembianze di edificio solo al suo ritorno. Dopo aver appreso questi dettagli, Ravi si mostrò dispiaciuto, ma lo spirito gli disse che non era necessario.
«Per questa volta ho deciso di fare uno strappo alla regola e dedicarmi a un'attività diversa dall'attendere sottoterra. Quel che mi ha sorpreso, se devo essere sincero, è il tuo interesse per la mia sorte. Di solito quelli con cui parlo scappano appena mettono le mani sul Tesoro»
«Magari è per colpa di certe storie che girano...» azzardò Ravi, ripensando alla sua prima reazione quando lo spirito si era manifestato.
In quel momento il balcone iniziò a tremare. Le mura si riempirono di crepe e sbuffi di sabbia s'innalzarono tutt'intorno ai due. Mentre barcollava nel tentativo di rimanere in equilibrio, Ravi salutò Jizai e gli promise che se gli fosse stato possibile, alla fine gli avrebbe riportato di persona il Corno e il Manto, così avrebbero fatto un'altra chiacchierata, dopodiché si appese al fianco il Corno e si arrampicò sul parapetto.
Il vortice di sabbia che s'ingrossava sotto di lui aveva un aspetto terrificante e allo stesso tempo ipnotico. Deglutì a vuoto, consapevole che se il Manto non avesse fatto ciò che gli era stato detto, il suo volo sarebbe stato breve e con una conclusione per niente piacevole. Tuttavia, lui credeva alle parole di Jizai e il Manto era senza dubbio dotato di poteri, perciò prese un lungo respiro, allargò le braccia e iniziò a inclinarsi in avanti.
Mentre si piegava, sentì un forte vento iniziare a soffiare attorno a lui ed era certo che non fosse causato dal vortice più in basso. Il Manto si avvolse di nuovo come un bozzolo attorno al suo corpo, poi prese ad allungarsi e allargarsi lungo le braccia, finché i suoi lembi non assomigliarono a un grande paio di ali di stoffa.
Sì, avrebbe funzionato.
Ormai era del tutto oltre il parapetto e nessuna contorsione l'avrebbe aiutato a tornare indietro, così, quando si trovò faccia a faccia con l'abisso turbinante, si diede una spinta coi piedi e abbandonò l'appoggio.
La sabbia lo inghiottì poco dopo.

Jizai si avvicinò preoccupato al parapetto quando vide Ravi sparire nel vortice.
Che avesse saltato troppo tardi? O forse il volo non era tra le capacità del Manto?
Sondò quel turbinio senza trovare traccia dell'acrobata e quando si era ormai preparato al peggio, un movimento nella sabbia attirò la sua attenzione.
Qualcosa guizzò appena sotto la superficie del vortice, vicino al parapetto, per poi sparire e riapparire molto più lontano e alla fine una sagoma scura emerse a tutta velocità dalla sabbia, salendo in verticale verso il cielo ad ali spiegate.
Il drappo di Jizai si scosse come se tirasse un sospiro di sollievo alla vista del giovane che volteggiava nell'aria lanciando grida di esultanza.
Quello sorvolò un paio di volte il turbine sabbioso che poche ore prima era il Palazzo e prima che deviasse verso ovest per andare incontro al suo futuro, l'umano sporse un braccio da sotto il Manto e lo agitò in segno di saluto verso Jizai, che gli rispose a sua volta prima che la sabbia avvolgesse ciò che restava del balcone.
Tipo interessante, pensò mentre il suo involucro di stoffa e luce si sfaldava per unirsi al turbine.
Chissà, magari è possibile che mi riveda molto prima di quanto creda.
Dopodiché, la sua coscienza si unì alla sabbia e sprofondò nelle viscere del Deserto, dove iniziò a mettere in atto i preparativi per la sua avventura.


Testo e illustrazioni del sottoscritto.
   
 
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