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Autore: Chaosreborn_the_Sad    17/03/2009    0 recensioni
Sono due. E sono uno. Francesco e Virgilio, presentati in brevi volumi.
Genere: Commedia, Malinconico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cesco e Vė - Vol. 1

 

 

Salve.

No, non ti conosco.

Forse sė, un minimo.

Ma non ne sono certo.

Come mai sto scrivendo?

Boh. Non lo so neanche io.

Come mai lo chiedi, casomai.

Ne ho voglia.

 

I suoi occhi son azzurri, profondi.

Come il cielo sopra il cielo d’Irlanda, li ha definiti lei.

Ma cerchiati di rosso, per il troppo poco sonno.

Il fumo sale, dalla sigaretta accesa, in lente volute. Nonostante sia a Muggia, non v’č bora, quel giorno.

C’č uno splendido sole. E fa anche caldo, tant’č che si sta bene in maniche corte.

Una canzone proviene dalla camera alle sue spalle. Pare sia Shape of my Heart.

Si trova su un ampio terrazzo, con vista su Muggia e sul mare.

La massa informe di capelli biondi gli ricade sulle spalle.

Il suo sguardo č fisso verso Ovest. Pare un’apparizione, pių che una persona, dovuta a qualche fenomeno sovrannatarule. Sė, “sovrannatarule”, che č peggio di “sovrannaturale”.

La canzone finisce, mentre una voce lo chiama, dall’interno.

- Cesco! Vieni dentro, forza-.

Cesco si volta.

- Non c’ho voglia, Vė. Lavoraci tu, a quella cazzo di materia- risponde Cesco.

Vė sospira.

 

Vė č uguale a Cesco.

Vė č Cesco.

Se non fosse che ha il volto pių riposato, i capelli sistemati, la barba fatta e la camicia intonsa. La t-shirt che Cesco indossa č la stessa su cui la scorsa notte ha rovesciato il rosso. La barba di Cesco ha una settimana.

Ma gli occhi di Vė son pių freddi. Sono razionali.

Fissi dentro gli occhi di Cesco e vedi un mondo, vedi i cieli di posti che non hai visitato, che egli stesso non ha visitato. Li vedi, nascosti nella nebbia dei suoi pensieri.

Fissi dentro quelli di Vė e… beh… vedi le lastre d’acciaio.

Lucide, fredde. Dure. Decise. Troppo decise. Settate. Pragmatiche. Che vogliono la sicurezza del domani.

 

Vė sospira.

Sospira e manda in repeat la canzone.

Sospira, manda in repeat la canzone e ritorna a sedersi.

Sospira, manda in repeat la canzone, ritorna a sedersi e prende a scriver diagrammi matematici.

E Cesco, fuori, s’accende un’altra sigaretta.

Piedi nudi, t-shirt, jeans con gli strappi sul fondo, dove son stati calpestati parecchie volte dai talloni.

Sbadiglia.

No, quella demonica materia no. Non esiste.

Cesco č di notte in bianco.

 

Cesco č quello che butta gių la tequila a collo.

Vė č quello che la butta fuori.

Cesco č quello che č andato in calando, facendo buttar fuori Vė.

Vė č quello che porta Cesco a letto.

Cesco č quello che fa riflettere Vė e gli fa pensare che, dopotutto, non era una cattiva serata.

Vė č quello che sorride, ma che promette a Cesco che la prossima volta lo fermerā.

Cesco č quello che la prossima volta fa ubriacare Vė per primo, per avere carta bianca.

 

- Cesco, guarda che per il prossimo vice non ti do una mano, se non rientri!- grida Vė, dopo aver coperto di grafite il grafico totalmente sbagliato del moto armonico richiesto dall’esercizio.

- Who gives a fuck! Poi, con la cicca accesa non entro- risponde.

Vė ammette -mentalmente- che ha un punto: il fumo in camera da letto non lo sopportano entrambi.

- Spegnila!- urla, di rimando.

Cesco guarda la sigaretta, poi Vė.

- Sono a tre quarti!-.

Vė non fuma.

- Who gives a fuck!- replica Vė.

Cesco sorride.

Risposte speculari, un gioco peggiore che le citazioni.

 

No, non verranno alle mani, se č questo che ti stai chiedendo.

Vė ha sequestrato e messo sotto chiave le spranghe, dopo l’ultima commozione cerebrale.

Né sono omozigoti.

Vediamo come continua.

 

Vė non fuma.

Se fuma, č perché Cesco tenta di fargli capire che la cicca, sotto il cielo stellato, al freddo, ci sta.

Vė neanche beve, in veritā.

Ma Cesco lo fa bere.

Cesco vuole che Vė beva.

 

- Vė, molla quella roba inutile e vieni qua fuori-.

Vė scuote la testa, seppur Cesco lo stia tentando.

- No. Non posso. Uno dei due deve far qualcosa, no?-.

- Mah. Non quando c’č da contemplare-.

Vė ride. S’aspetta la citazione latina.

Che puntualmente arriva.

- Nunc est contemplandum, Vė-.

- Nunc est de diaboli re sclerandum, Cesco- asserisce Vė, maccheronizzandosi a sua volta.

- Che, poi- borbotta Vė, preparandosi a tornare a quel dannato modello armonico, - che cazzo c’ha da contemplare? La ferriera?-.

- Movo’l guardo a Ponente, o mio Virgilio- risponde Cesco. L’ha sentito.

- Verso la valente dama, lontana?- domanda Vė.

Anche gl’endecasillabi son divenuti un gioco.

Vė cede. Poggia, sulla traballante pila di libri, quelli di matematica, facendo scorrere lo sguardo sul resto del casino di quella stanza.

 

Tralasciamo la scrivania.

Indescrivibile

Muoviamoci.

C’č il tappeto.

Ve l’assicuro, c’č.

Sotto quella pila di libri.

O, meglio, c’era, l’ultima volta che ho controllato.

 

Cesco č quello che fa casino.

Vė č quello che gli dice di rimetter ordine.

Cesco risponde che c’č ordine.

Vė č pigro e non insiste, né fa ordine egli stesso.

Cesco perde le cose, nel suo stesso casino.

Vė impreca, per le cose perse.

Cesco impreca solo perché la tessera sanitaria gli serviva per comprare le cicche.

 

Vė esce.

Si siede, sulla balaustra di mattoni, accanto a Cesco.

Cesco estrae il pacchetto. Porge una cicca a Vė, lo sguardo sempre rivolto verso Ovest.

Vė la prende e l’accende.

 

Sfuma, l’immagine.

I due divengono uno.

Vestito come Cesco, ma non cosė trasandato.

Ma con gl’occhi che son un misto dei due.

 

Cesco e Vė.

Due.

Uguali e diversi.

Diversi ed uguali.

Che son uno.

Cesco e Vė.

Vė e Cesco.

Cesco č Vė.

Vė č Cesco.

 

S.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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