Salve.
No, non ti conosco.
Forse sė, un minimo.
Ma non ne sono certo.
Come mai sto scrivendo?
Boh. Non lo so neanche
io.
Come mai lo chiedi,
casomai.
Ne ho voglia.
I suoi occhi son azzurri,
profondi.
Come il cielo sopra il cielo dIrlanda, li ha
definiti lei.
Ma cerchiati di rosso, per il troppo poco
sonno.
Il fumo sale, dalla sigaretta accesa, in lente
volute. Nonostante sia a Muggia, non vč bora, quel
giorno.
Cč uno splendido sole. E fa anche caldo, tantč
che si sta bene in maniche corte.
Una canzone proviene dalla camera alle sue spalle.
Pare sia Shape of my Heart.
Si trova su un ampio terrazzo, con vista su Muggia
e sul mare.
La massa informe di capelli biondi gli ricade sulle
spalle.
Il suo sguardo č fisso verso Ovest. Pare
unapparizione, pių che una persona, dovuta a qualche fenomeno sovrannatarule.
Sė, sovrannatarule, che č peggio di sovrannaturale.
La canzone finisce, mentre una voce lo chiama,
dallinterno.
- Cesco! Vieni dentro,
forza-.
Cesco si volta.
- Non cho voglia, Vė. Lavoraci tu, a quella cazzo
di materia- risponde Cesco.
Vė sospira.
Vė č uguale a
Cesco.
Vė č Cesco.
Se non fosse che ha il volto pių
riposato, i capelli sistemati, la barba fatta e la camicia intonsa. La t-shirt
che Cesco indossa č la stessa su cui la scorsa notte ha rovesciato il rosso. La
barba di Cesco ha una settimana.
Ma gli occhi di Vė son pių
freddi. Sono razionali.
Fissi dentro gli occhi di Cesco e
vedi un mondo, vedi i cieli di posti che non hai visitato, che egli stesso non
ha visitato. Li vedi, nascosti nella nebbia dei suoi
pensieri.
Fissi dentro quelli di Vė e
beh
vedi le lastre dacciaio.
Lucide, fredde. Dure. Decise.
Troppo decise. Settate. Pragmatiche. Che vogliono la sicurezza del
domani.
Vė sospira.
Sospira e manda in repeat la
canzone.
Sospira, manda in repeat la canzone e ritorna a
sedersi.
Sospira, manda in repeat la canzone, ritorna a
sedersi e prende a scriver diagrammi matematici.
E Cesco, fuori, saccende unaltra
sigaretta.
Piedi nudi, t-shirt, jeans con gli strappi sul
fondo, dove son stati calpestati parecchie volte dai
talloni.
Sbadiglia.
No, quella demonica materia no. Non
esiste.
Cesco č di notte in bianco.
Cesco č quello che butta gių la
tequila a collo.
Vė č quello che la butta
fuori.
Cesco č quello che č andato in
calando, facendo buttar fuori Vė.
Vė č quello che porta Cesco a
letto.
Cesco č quello che fa riflettere
Vė e gli fa pensare che, dopotutto, non era una cattiva
serata.
Vė č quello che sorride, ma che
promette a Cesco che la prossima volta lo fermerā.
Cesco č quello che la prossima
volta fa ubriacare Vė per primo, per avere carta bianca.
- Cesco, guarda che per il prossimo vice non ti do
una mano, se non rientri!- grida Vė, dopo aver coperto di grafite il grafico
totalmente sbagliato del moto armonico richiesto
dallesercizio.
- Who gives a fuck! Poi, con la cicca accesa non
entro- risponde.
Vė ammette -mentalmente- che ha un punto: il fumo
in camera da letto non lo sopportano entrambi.
- Spegnila!- urla, di
rimando.
Cesco guarda la sigaretta, poi
Vė.
- Sono a tre quarti!-.
Vė non
fuma.
- Who gives a fuck!-
replica Vė.
Cesco sorride.
Risposte speculari, un gioco peggiore che le
citazioni.
No, non verranno alle mani, se č questo che ti stai
chiedendo.
Vė ha sequestrato e messo sotto chiave le spranghe,
dopo lultima commozione cerebrale.
Né sono omozigoti.
Vediamo come continua.
Vė non
fuma.
Se fuma, č perché Cesco tenta di
fargli capire che la cicca, sotto il cielo stellato, al freddo, ci
sta.
Vė neanche beve, in
veritā.
Ma Cesco lo fa
bere.
Cesco vuole che Vė
beva.
- Vė, molla quella roba inutile e vieni qua
fuori-.
Vė scuote la testa, seppur Cesco lo stia
tentando.
- No. Non posso. Uno dei due deve far qualcosa,
no?-.
- Mah. Non quando cč da
contemplare-.
Vė ride. Saspetta la citazione
latina.
Che puntualmente arriva.
- Nunc est contemplandum,
Vė-.
- Nunc est de diaboli re sclerandum, Cesco-
asserisce Vė, maccheronizzandosi a sua volta.
- Che, poi- borbotta Vė, preparandosi a tornare a
quel dannato modello armonico, - che cazzo cha da contemplare? La
ferriera?-.
- Movol guardo a Ponente, o mio Virgilio- risponde
Cesco. Lha sentito.
- Verso la valente dama, lontana?- domanda
Vė.
Anche glendecasillabi son divenuti un
gioco.
Vė cede. Poggia, sulla traballante pila di libri,
quelli di matematica, facendo scorrere lo sguardo sul resto del casino di quella
stanza.
Tralasciamo la scrivania.
Indescrivibile
Muoviamoci.
Cč il tappeto.
Ve lassicuro, cč.
Sotto quella pila di
libri.
O, meglio, cera, lultima volta che ho
controllato.
Cesco č quello che fa
casino.
Vė č quello che gli dice di
rimetter ordine.
Cesco risponde che cč
ordine.
Vė č pigro e non insiste, né fa
ordine egli stesso.
Cesco perde le cose, nel suo
stesso casino.
Vė impreca, per le cose
perse.
Cesco impreca solo perché la
tessera sanitaria gli serviva per comprare le cicche.
Vė esce.
Si siede, sulla balaustra di mattoni, accanto a
Cesco.
Cesco estrae il pacchetto. Porge una cicca a Vė, lo
sguardo sempre rivolto verso Ovest.
Vė la prende e laccende.
Sfuma, limmagine.
I due divengono uno.
Vestito come Cesco, ma non cosė
trasandato.
Ma con glocchi che son un misto dei
due.
Cesco e Vė.
Due.
Uguali e
diversi.
Diversi ed
uguali.
Che son
uno.
Cesco e Vė.
Vė e Cesco.
Cesco č Vė.
Vė č Cesco.
S.