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Autore: A_Just Me    30/01/2016    1 recensioni
Quasi le scivolò dalle braccia, ma riuscì a prenderla e gli sussurrò forse impulsivamente
" Ti ho presa.".
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capelli raccolti in una coda molto alta ed alcune ciocce lasciate cadere sul viso forse volutamente o forse lasciate lì per la troppa fretta nel farla. Sguardo dritto difronte a lei, uno sguardo serio, ma intenso. Spalle e gambe scoperte e una semplice stola o lenzuolo a coprire la parte destra del corpo e quindi ad impedire la visuale ad un possibile fotografo o pittore, ed infine un drago che si scorge sull' avambraccio destro.

Avrebbe dato tutto ciò che di più caro gli appartenesse per poter incontrare lo sguardo di quella ragazza bellissima ma al contempo così cupa.
Non riusciva a capire come a tutta quella bellezza potesse essere fatto del male, se solo fosse stata sua avrebbe fatto di tutto pur di tenerla al sicuro, tutto pur di non farle mai assaporare quel sapore che ha la rabbia, l'angoscia, il risentimento, la paura.
Lucas era intento a fissare quella fotografia sulla quale per puro caso gli si era poggiato lo sguardo.
La guardava come se non avesse mai visto niente di più bello.
Li nel suo appartamento a Brooklyn, sfogliando i suoi album, aveva trovato una foto che non gli apparteneva. Forse era finita lì per sbaglio quando la sera prima era intento a sistemare le sue cose dopo il corso di fotografia e la sua cartellina gli era caduta, forse nella foga del momento aveva raccolto qualcosa che non gli apparteneva.

Per un momento il suo sguardo si spostò e notando l'orologio si accorse dell'immenso ritardo, cosi si catapultò nelle sue stanze e prese le prime cose che gli capitarono dinanzi e corse giù dalle scale antincendio, aveva sempre preferito quelle sin da bambino. Prese la sua fedelissima bici e iniziò a pedalare il più velocemente che poteva e alla fine, rischiando anche di essere investito, riuscì ad arrivare sano e salvo a lavoro.

"Sei fortunato ragazzo, un altro ritardo e ti avrei licenziato." Gli ripeté per l'ennesima volta l'uomo dietro il bancone, nonché il suo capo. Sarebbe dovuto rimanere serio di fronte a tale affermazione, ma non ci riuscì e scoppiò a ridere. Adorava quell'uomo, un po' panzuto, scuro di pelle e calvo. Nonostante le mille minacce che gli rivolgeva ogni giorno, non lo avrebbe mai licenziato. Corse nel retro per adagiare il giubbotto di pelle e il cappello da football e prendere il suo "amato" grembiule. 

Dopo aver servito chissà quanti cocktail a chissà quante persone anche quella serata giunta al termine, si stava accingendo a chiudere il locale quando sentì come delle urla e procedendo a passo svelto nella direzione di queste trovò una ragazza stesa sull'asfalto priva di sensi, cosi decise di aiutarla, la voltò per prenderla in braccio, ma rimase lì a fissarla, quel volto lo aveva già visto da qualche parte, ma mentre stava per prenderla in braccio questa si sveglio.

-"Chi sei?"
-"Fai piano, fino ad un attimo fa eri svenuta." E delicatamente la aiutò ad alzarsi. "Chiamo un ambulanza?"
-"No!" disse lei quasi in preda al panico.
-"Okay allora ti accompagno a casa?" Lei scosse la testa.

 Decise di portarla a casa sua, infondo non poteva lasciarla li, era sola mezza nuda e, fino ad un attimo prima senza sensi, non era da lui, non l'avrebbe mai lasciata li.
Questo suo viziaccio di mettere prima gli altri gli si sarebbe ritorto contro un giorno. 

-"Bene, vuoi venire da me? Premetto non sono un maniaco voglio solo aiutare." Le sfuggì un sorriso e Lucas non poté far altro che pensare che era la cosa più bella, ma poi si bloccò.
Era lei, era la ragazza della foto. Forse qualcuno li su l'aveva ascoltato pensò. Intanto lei si accorse della sua assenza.
-"Ehy tutto bene?"
-"Eh sì scusami, allora dicevamo casa mia."
Così si incamminarono verso il suo piccolo appartamento, forse un po' troppo in disordine per accogliere qualcuno, ma ormai era troppo tardi erano arrivati. Si accinsero a salire le scale, questa volta quelle all'interno del palazzo, quando ebbe un mancamento quasi le scivolò dalle braccia, ma riuscì a prenderla e gli sussurrò forse impulsivamente " Ti ho presa."
 
Era li stesa sul suo letto. Lucas continuava a fissarla. Pian piano l'alba fece capolino e un raggio interruppe il suo fissarla. Dopo essersi ripreso raccolse la sua giacca da terra, ma non trovò ciò che stava cercando. Così si alzò, si diresse in cucina, aprì il ripiano in alto e prese dal suo pacchetto di riserva una sigaretta, e dopo che l'acqua fu pronta ci immerse una bustina ed uscì dalla finestra. Aveva sempre amato quel posto, era lì che si rifugiava quando i suoi litigavano, quand'era bambino. Era lì che componeva le sue canzoni, era lì che poteva ammirare il paesaggio più bello di tutti gli Stati Uniti, se non del mondo intero: New York.

Aveva la fortuna di vivere nella città più bella del mondo. Si sentiva il rumore delle auto che correvano da un lato all'altro della città, la gente che si ammassava nelle strade anche a quell'ora del giorno. Ed era proprio questo a renderla così bella. Chissà quanti segreti racchiudeva, chissà quante storie aveva da raccontare. Mentre pensava a tutto questo la sigaretta pian piano finiva così come il suo tè. E per un attimo la sua attenzione si spostò, si spostò sull' unica cosa che avrebbe potuto paragonare a New York.
Quella ragazza lo aveva destabilizzato. Si sentiva un estraneo in casa sua. Il quel momento non si sentiva giusto. Non aveva nessun diritto nel voler sapere qualcosa di lei o della sua vita, o persino di volerne fare parte. Ed eppure in quel momento era la cosa che avrebbe voluto di più al mondo. Voltò nuovamente la testa e notò che era sveglia, finalmente si era svegliata.

Tornò dentro e posando la tazza in cucina notò che erano già le sette. E quindi le si avvicinò fermandosi sullo stipite delle due ante che dividevano il suo appartamento.
-"Buongiorno." Disse.
-"Grazie per ieri sera. Non mi conosci, non sai niente di me, eppure mi hai aiutato."
-"Oh ma, tranquilla." Oh ma tranquilla, davvero? Solo dopo aver detto quello che aveva detto, se ne rese conto. Che scemo. Era entrato nel pallone. Quella ragazza lo innervosiva.
Lei accennò un breve sorriso.
-"Comunque grazie davvero."
Non ce la faceva, il suo sguardo su di lui era troppo, cosi si girò e si diresse in cucina.
-"Vuoi qualcosa da mangiare?" Disse e si girò. Cosi senza accorgersene si ritrovò a pochi centimetri da lei che un istante prima si era seduta sulla cucina. Scosse la testa e tentò di allontanarsi, ma lei lo attirò a se.

Lo stava fissando, le sue labbra lo chiamavano, come un opposto di una calamita chiama l'altro. Pose la sua mano sulla sua guancia, così che il pollice poté sfiorare ciò che le sue labbra desideravano ardentemente. Le si avvicinò lentamente ma lei anticipò tutte le sue mosse e lo baciò. Un bacio cosi voluto. Nella foga del momento non si accorse di ciò che stava accadendo. Lei iniziò a sfilargli la maglia, per poi lasciargli una serie di baci sul petto. Fu quando torno su ed iniziò a lasciargli baci sul collo che finalmente prese coscienza di ciò che stava accadendo. Così decise di ribaltare la situazione. Con molta foga prese l'orlo della maglia che indossava e la gettò nella parte più buia della stanza. Poi senza distogliere lo sguarda da lei, le sfilò il reggiseno. E fu lì che finalmente comprese che aveva aspettato quel momento per tutta la vita, era lei ciò che aspettava. Continuava a baciarla senza fermarsi.

-"Dove sei stata per tutto questo tempo?"
-"Sarebbe stato meglio se non mi avessi mai incontrato."

Sentì queste ultime parole e senza accorgersene qualcosa lo trapassò all'altezza dell'inguine. Guardò verso il basso e lo vide, un coltello da cucina. E poi vide lei, con un’espressione in viso quasi sovrumana. Come se ciò che aveva appena fatto non fosse stato nulla. Anzi sembrava serena. Poi sentì il coltello uscire e trapassarlo non una, non due, ma altre tre volte e capì che era arrivato alla fine. E finalmente capì ciò che gli era sempre stato detto, la sua più grande debolezza erano gli altri e alla fine gli si era ritorta contro. Fissò la ragazza e con la poca forza che gli era rimasta asserì un ultima frase.
-"Credevo fossi una dei buoni." E lei nella maniera più fredda disse:
-"No, evidentemente non lo sono." Per poi far scivolare via una lacrima sulla sua guancia e con essa quel poco di umanità che le era rimasta.




 

ANGOLO AUTRICE

La storia partecipa al contest "Malia: il canto delle sirene".

Anyway, spero che la storia sia di vostro gradimento e se volete lasciare una recensione, bella o brutta che sia, la leggero molto volentieri.
Alla prossima.
Baci

A_Just Me

 
  
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