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Autore: Blablia87    30/01/2016    8 recensioni
[Omega!verse]
[Alpha!Sherlock][Omega!John]
Pezzi di una filastrocca come briciole di pane lasciate da un passato pronto a riscuotere la sua vendetta.
Genere: Angst, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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“Vive… qui.” Lestrade mosse lentamente l’indice della mano destra verso il portone, accompagnando il gesto con un fischio prolungato.
John alzò un sopracciglio, appuntandosi mentalmente di non chiedere mai più in futuro all’ispettore dove si trovasse un dato luogo durante una delle loro serate al pub, per scongiurare il rischio di ripetere nuovamente la sfiancante camminata che avevano appena compiuto.
Non era stata tanto la distanza percorsa a risultare sfinente, per il medico, quanto lo sproloquio infinito sulle doti accezionali dell’Alpha che aveva dovuto subire durante il tragitto.
Quando finalmente Lestrade si era fermato, John aveva immagazzinato così tante nozioni su quell’uomo da aver quasi la sensazione di conoscerlo (anche se non era del tutto sicuro che alcuni avvenimenti che Greg aveva raccontato non fossero nati dalle birre bevute.)
“Perfetto. Grazie. Sei stato gentilissimo.” John posò una mano sul braccio teso del commissario ed esercitò una piccola pressione come invito ad abbassarlo.
“Dovresti venire a vivere qui.” Continuò Lestrade, ignorandolo. “Sarebbe divertente.”
John alzò gli occhi al cielo. “Sì, Greg. Prenderò seriamente in considerazione la cosa. Per questo ti avevo chiesto di ricordarmi dove avesse detto di vivere anche se… - scosse la testa in modo rassegnato – mi sarei accontentato anche di un semplice appunto su un foglietto.”
Greg si girò a guardarlo, confuso.
“Ma se devi venire a vivere qui, tanto vale venire direttamente qui, no?” Domandò, chiaramente incapace di compiere i passi intermedi di un ragionamento logico.
Il punto di partenza e di arrivo, nel suo processo mentale, si erano fusi assieme.
“Sì, hai ragione.” John gli rivolse un sorriso rassegnato “Ma sono le due del mattino, e non credo sia il caso di bussare adesso. Sei d’accordo?” Chiese, parlando lento in modo accondiscendente.
“Mhm.” Commentò l’altro, allontanandosi dalla porta.
“Andiamo, chiamiamo un taxi. Ti riaccompagno a casa.”
John appoggiò una mano sulla spalla di Greg e la strinse leggermente.
Sentì la scia dell’ispettore diventare zuccherina, segno che il gesto lo aveva rilassato.
Per un attimo si trovò a pensare a quanto strano fosse che la natura avesse dotato Alpha e Omega di feromoni potenti, lasciando ai Beta solo una piccola scia innocua.
Probabilmente erano proprio loro i più fortunati. Non avevano posizioni di comando, non erano potenti. Ma potevano essere liberi, più di quanto nessun Alpha od Omega sarebbero stati mai.
John accompagnò dolcemente Lestrade verso il bordo del marciapiede, allontanandosi un po’ dal portone, ed estrasse il cellulare per chiamare un taxi.
Alle loro spalle un’ombra scura li superò, fermandosi quasi subito e tornando su i suoi passi.
John percepì chiaramente la scia, riconoscendola. Chiuse gli occhi ed emise un sospiro.
“Sherlock!” salutò Greg, voltandosi verso l’uomo alle sue spalle ed alzando una mano.
“Lestrade.” Rispose quello, avvicinandosi, nella voce un misto di sorpresa e vago divertimento.
“Dottore.” Terminò, puntando gli occhi su John.
“Signor Holmes.” Gli concesse lui, continuando a guardare dritto davanti a sé.
“Che succede? Problemi col cadavere? Siete riusciti a farvelo scappare?” Domandò ironico Sherlock, e John non riuscì a resistere a girarsi verso di lui per lanciargli un’occhiata furente.
“Ma no! John voleva sapere…” incominciò Greg, ricevendo in cambio una leggera gomitata.
La sua scia si macchiò di una leggere nota amara, tornando neautra un secondo dopo.
“Volevo sapere se c’erano stati sviluppi con le sue analisi sul biglietto.” Concluse il medico, veloce.
Sherlock lo guardò per qualche secondo, muovendo velocemente gli occhi sul suo viso, e John ebbe l’istinto di voltarsi e scappare. La sola idea gli fece rovesciare lo stomaco, tanto che in tutta risposta assunse la migliore postura militare della quale fosse capace.
“Perché non salite?” Chiese Sherlcok, girandosi ed avviandosi verso il portone.
“Non mi sembrano argomenti da affrontare al freddo.” Infilò la chiave nella serratura, facendola scattare.
Greg fece l’occhiolino a John, e gli diede una leggera spinta in direzione della porta.
Ringhiando sommessamente (aveva imparato a farlo al liceo quando, osservendo con attenzione i suoi compagni Beta per riuscire a fingersi nel miglior modo possibile uno di loro, si era reso conto che quasi tutti lo facevano, in momenti di pericolo, o fastidio) seguì l’Alpha oltre la porta.
 
Entrati nel salotta al primo piano, Sherlock scoparve velocemente in quella che doveva essere la sua camera da letto, bofonchiando un rapido “torno subito.
Lestrade si era lasciato cadere sul divano, allargando le braccia sullo schienale, e aveva reclinato leggermente la testa all’indietro.
John aveva buttato una rapida occhiata alla cucina a vista, notando con un certo spaesamento  il tavolo pieno di strumenti da laboratorio, compreso un microscopio.
“Che accidenti combina qui dentro quell’uomo?” sussurrò in direzione di Greg, che si limitò ad alzare un sopracciglio e ad assumere un’espressione che significava “te l’avevo detto”.
Sherlock riemerse dalla camera da letto senza più cappotto e sciarpa, e si diresse a grandi passi verso la poltrona di pelle alla destra del camino, acceso e scoppiettante.
Si sedette, accavallando con un movimento fluido le gambe.
“Dottore, prego, si sieda.” Disse, indicando con un rapido gesto della mano la poltrona in stoffa davanti a lui.
John la osservò per qualche secondo.
Tutto, nella stanza, aveva l’odore dell’Alpha, e non era qualcosa di cui sorprendersi.
Incredibile era invece l’intensità. Forte, denso, sembrava quasi palpabile. Sedersi su una poltrona impregnata fino a quel punto da una scia così forte lo metteva a disagio.
Sherlock sembrò intuire i suoi pensieri, perché si alzò e diresse verso la finestra alle sue spalle, aprendola.
Tornò quindi a sedersi, con movimenti lenti e misurati.
“Allora, scoperto qualcosa dall’autopsia?” domandò, tenendo gli occhi fissi sul viso di John.
Lui aspettò ancora qualche secondo, poi si sedette sulla poltrona, mentenendosi in punta.
“No, nulla. Ad esclusione del cianuro, chiaramente. Nessun segno di costrizione, nessun’altra sostanza sospetta, ad una prima analisi. I risultati completi sul sangue li avremo domani nel pomeriggio, ad ogni modo.”
Sherlock annuì, congiungendo le mani tra loro e portandosele sotto il mento.
“Tu? Scoperto qualcosa?” chiese Lestrade dal divano, la voce impastata dal sonno che evidentemente iniziava a prendere il posto dell’euforia da birra.
“Mhm. No.” Sherlock si alzò di scatto, passando accanto a John e dirigendosi in cucina.
Il medico si voltò per seguirlo con lo sguardo, rimanendo seduto.
“Niente, neanche la più piccola traccia.”
Sherlock tornò dalla cucina con il foglio in mano e andò a consegnarlo a Lestrade, che lo asservò per qualche secondo, confuso, prima di riuscire a realizzare cosa fosse e allungare una mano per prenderlo.
“Forse era solo il suo biglietto di addio.” Azzardò John, e l’Alpha si voltò a guardarlo.
“Un biglietto d’addio particolare, direi.” Gli rispose, asciutto, tornando verso la poltrona.
“Sette e otto e nove, ora il buio è in ogni dove! E se il buio ancora dura, possiam solo aver paura. Che soltanto può la luce, ammazzare chi deduce!” recitò John, e Sherlock alzò l’angolo della bocca in un rapido sorriso.
“Ottima memoria, dottore.” Disse. John sentì la scia dell’uomo davanti a lui cambiare. Curiosità. Soddisfazione.
“Grazie. Ne serve molta per riuscire a ricordare tutti i termini medici con i quali infarciscono i manuali.” Rispose, azzardando un sorriso a sua volta.
Sherlock annuì, sovrappensiero.
“Già che si trova qui, vuol provare a dare un’occhiata a quella che sarebbe la sua stanza, se decidesse di accogliere il mio invito?” Propose poco dopo, scuotendosi dai pensieri nei quali si era immerso per qualche momento.
John lanciò uno sguardo a Lestrade, trovandolo ad un passo dall’addormentarsi.
“Va bene. Una cosa veloce, altrimenti dovrò portarlo in spalla fino al taxi.” Disse, e Sherlock emise uno sbuffo, simile ad breve risata.
Si alzò e gli fece strada verso le scale che conducevano al piano di sopra.
La stanza, l’unica del piano, era perfettamente arredata, anche se spogli di ogni orpello. Chiaramente l’Alpha non la utilizzava mai, tanto che la sua scia era appena percepibile in quell’ambiente.
John si trovò a pensare che anche avesse accettato l’invito, quella camera non sarebbe mai stata veramente sua. Gli inibitori gli permettevano di condurre una vita normale, ma lo privavano anche di una parte fondamentale di se stesso: una scia, e con lei il diritto di reclamare qualsiasi cosa come sua.
“Se deciderai di trasferirti non metterò mai piede quassù. Non che sia un grosso sacrificio, non lo faccio comunque mai.” Disse a bassa voce Sherlock alle sue spalle, mentre John passava una mano sul materasso ancora incelofanato. Il passaggio al “tu” non fu percepito come un pericolo da nessuno dei due. Era sicuramente più naturale del “lei” formale che si erano rivolti fino a poco prima.
“Perché mi hai chiesto di venire a stare qui?” Domandò John, voltandosi verso di lui.
“A quanto ho capito stai per perdere il posto dove vivi e…”
“No, il vero motivo.” Lo interruppe, serio.
Sherlock fece vagare gli occhi sul suo viso, soffermandosi su ogni piccola piega dai muscoli facciali del medico.
“Non ho mai conosciuto un Omega che fosse riuscito a fare quello che hai fatto tu.”
John valutò se rispondere che era un Beta, e che si stava sbagliando, ma decise di lasciar pardere. Era chiaro che quell’uomo sapesse, e da quanto Greg gli aveva raccontato lungo la strada per andare da lui, mentire sarebbe servito a poco.
“Sono piuttosto rari anche gli Alpha come te.” Commentò quindi.
“Sì, lo so.” Sherlock emise un lungo sospiro. “La natura determina, la società ordina. Non lo trovi assurdo?”
“Lo stai davvero chiedendo a qualcuno che per le nostre regole dovrebbe già essere sposato da anni e aver partorito almeno due volte?” chiese ironico John, voltandosi nuovamente verso il letto e assumendo un’aria disgustata. “Non sono un maledetto utero.” Terminò, più rivolto a se stesso che non a Sherlock.
“Ed io non voglio passare la mia vita confinato dietro ad una scrivania. Piuttosto la morte.”
Aveva proferito queste parole con una tale gravità, che John provò quasi pena per lui.
“Siamo simili, quindi. Per questo mi vuoi qui?”
“Siamo la polvere negli ingranaggi. Mal vista, pericolosa. Da eliminare. Quelli come noi hanno sempre bisogno di qualcuno che gli guardi le spalle.”
“Soprattutto se si divertono ad andare in giro per scene del crimine e ad inimicarsi tutta la rete criminale di Londra, dico bene?” Rise John, rendendosi conto solo in quel momento, con stupore, che fosse la prima volta in vita sua che si trovava da solo con un Alpha senza sentirsi minacciato.
“Ad ogni modo mi occorre davvero un coinquilino. Mio fratello mi ha tagliato i fondi, data la mia “testardaggine nel mantenere uno stile di vita inadeguato”, come dice lui.  Ma fino ad oggi non avevo incontrato nessun possibile candidato: condividere casa con un Alpha è fuori discussione. Un Beta? Noioso. Un Omega? Pericoloso. Ma tu… Non sei nessuno dei tre, sei semplicemente un uomo che ha deciso di vivere la propria vita, esattamente come me.”
Sherlock si fermò un attimo, e John sentì un peso – che fino a quel momento non si era accorto di avere - abbandonargli il petto. Fu come se la fatica di anni vissuti tra bugie e maschere  fosse improvvisamente sparita, lasciandolo solo, libero di essere davvero se stesso di fronte a qualcuno.
“Sei un medico militare, poi. Uno bravo?” Riprese Sherlock.
Molto bravo” Rispose John, sottolineando con malcelato orgoglio la prima parola.
“Hai visto molti feriti, quindi. Morti violente.”
“Certo, sì.”
“Un bel po’ di guai, scommetto.”
“Abbastanza per tutta la vita.” John aveva iniziato a fremere. Qualcosa, ben nascosto nella sua anima, si era messo in moto.
“Quello che ti propongo è di uscire dal laboratorio. Di venire sul campo. Senza timore. Senza preoccuparti della tua scia.” Sherlock si era avvicinato di qualche passo, e John si ritrovò del tutto avvolto dal suo odore, ma non ci badò. L’adrenalina aveva iniziato a scorrergli nelle vene, e si era appena ricordato cosa lo avesse spinto ad arruolarsi, oltre alla voglia di fuggire e al desiderio di aiutare gli altri (soggetti Omega, soprattutto, che nelle zone di guerra erano i più dimenticati ed i primi a venir sacrificati).
“Ti propongo pericolo. Guai. Ma anche la quantità di adrenilina che un Omega non vedrebbe mai in tutta la vita. Che ne dici?”
John ingoiò a fatica la saliva, sentendo un grumo di impazienza risalirgli lo stomaco.
“Oh, dio, sì.” Esalò, e Sherlock sembrò molto soddisfatto della risposta.
Annuì compiaciuto, e si girò in direzione della porta.
“Molto bene allora. Puoi iniziare a portare qui le tue cose anche domani. Adesso pensiamo a Lestrade. Ho come il sospetto che si sia addormentato sul mio divano.”
“Il nostro.” Lo corresse John, affiancandosi a lui.
“Come?” Sherlock lo osservò accigliato.
“Dico: il nostro divano.” Ripeté l’altro.
“Assolutamente, dottore. Il nostro divano.” Sherlock cominciò a scendere le scale, sorridendo con aria divertita. “E dato che adesso è nostro, credo che tocchi a te annunciare all’ispettore che non abbiamo nessuna intenzione di farcelo dormire sopra.” 


Angolo dell'autrice:
Ok, alla fine pare che John si sia convinto. XD
Complici le parole di Greg al pub e uno Sherlock che lo descrive semplicemente come un uomo e non per la sua categoria, il nostro medico si è capitolato.
In fondo in questo AU era necessario che John avesse dubbi e paure, ma non potevo del tutto stravolgere il suo carattere.
Il "ho detto pericoloso, ed eccoti qui" doveva funzionare anche qui, anche se coadiuvato da rassicurazioni varie e dalla sensazione di aver trovato un luogo dove (ed un uomo davanti al quale) poter essere se stesso senza mentire costantemente.
È vero, John tende ad isolarsi. Ma qualcosa deve pur averlo spinto ad arruolarsi, oltre che alla voglia di aiutare. Ho pensato che il suo bisogno di adrenalina (sopratutto in gioventù), fosse una "risposta" esasperata al suo odio verso l'idea di essere passivo che gli spettava.
E quindi... eccoli qui.
Sherlock "gentile" tanto da aprire la finestra nasce da una mia idea di lui. Con John, in qualche modo, Sherlock è sempre stato "carino". Non parlo di non dargli dell'idiota, figurarsi. XD Ma già nella scena da Angelo, ad esempio, lo si può vedere comunque "educato" (soprattutto nel Pilot). Non vuole mangiare, ma sa che John ne ha bisogno, quindi gli dice di prendere tutto ciò che desidera dal menù. Avrebbe potuto evitare di farlo, come avrebbe potuto non aprire la finestra, ma l'ha fatto.
Secondo poi, il suo apprezzamento per John aumenta dopo aver capito che è stato lui a sparare al tassista, così come il suo modo di approcciarsi a lui si ammorbidice da quel momento. Diciamo che per me il "sei un Omega ma te ne stai qui a fare la tua vita" può essere una situazione analoga: hai vinto la mia stima, ti tratterò "un po' meno peggio (che non si può proprio sentire! XD) rispetto agli altri.

Ok, ho terminato questa folle disquisizione.
Come sempre GRAZIE. Davvero.

PS: 
Ancora un capitolo "d'assestamento", e torneremo sulla scena di un crimine!  ^_^
   
 
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