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Autore: FatSalad    30/01/2016    4 recensioni
Giulia ha 17 anni ed è in tutto e per tutto ciò che si potrebbe definire “normale”. Tutto tranne la sua eccessiva timidezza, che le impedisce di farsi molte amicizie tra i coetanei, anche se dentro di sé sente il desiderio di essere apprezzata e amata per quello che è.
Grazie a Spartaco, suo fratello, che ha tante qualità da sembrare la reincarnazione di un qualche eroe dei fumetti ed è tutto ciò che si potrebbe definire “extra-ordinario”, Giulia farà la conoscenza di Nathan.
Giulia e Nathan si parlano regolarmente ormai da diverso tempo. Scherzano, flirtano, si confidano... ma sempre tramite sms. Come mai lui la evita sempre quando si incrociano faccia a faccia nei corridoi del liceo? Prima o poi il mistero dovrà venire a galla, perché Giulia da quel ragazzo dall'aria malinconica e sfuggente è sempre stata inspiegabilmente attratta.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dall'altra parte dello schermo'
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Capitolo 9 – Il Diavolo Veste Prada

 

«Allora, com'è andata sabato?» Lilla la stava fissando con un sorriso genuino sul volto, ma non riuscì ugualmente ad avere una risposta da Giulia, che dopo aver mugolato un po' rispose:

«Possiamo aspettare di vedere le altre? Così ti raccontano anche loro e lo facciamo una volta per tutte»

Non era esattamente la risposta che l'amica si era aspettata, ma dedusse che non fosse il caso di insistere. Vedendo l'espressione demoralizzata di Giulia non c'era bisogno di grande acume per rendersi conto che qualcosa nella serata era andato storto e Lilla attese pazientemente la ricreazione per avere un resoconto dettagliato del sabato appena trascorso.

Giulia avrebbe voluto spiegare apertamente la situazione all'amica, raccontarle quei particolari che non poteva confessare apertamente alle altre ragazze, come il fatto che si fosse sentita a disagio fin dai primi minuti in cui aveva raggiunto Marta e Selene in auto. Ma come poteva spiegare il resto?

Non c'era nulla di strano a passare una serata con due amiche, “Assolutamente nulla di strano”, si era ripetuta Giulia nella mente. Sì, però, uscire con le amiche di Lilla insieme a Lilla era un conto, le piaceva e stava bene con loro, ma non era mai uscita con loro senza Lilla. Si era sentita quasi indifesa, sotto inchiesta e non era normale che avesse passato più tempo davanti allo specchio di quanto ve ne avesse passato prima di uscire con Andrea. Andrea, che quel sabato (proprio quello, tra tutti!?), aveva dovuto rifiutare la sua proposta di uscire perché era già impegnato. Lilla aveva una qualche cena ed Emma usciva con Stefano, il tipo dark, quindi Selene, che quando non usciva con nessuno, evidentemente, diventava il doppio più attiva e il triplo più attenta alla propria immagine, aveva proposto un'uscita tranquilla ad un pub. Giulia non aveva trovato argomenti per rifiutare e si era ritrovata in macchina di Marta, ad ascoltare le chiacchiere di Selene, di dubbia veridicità, su come fosse ingrassata negli ultimi tempi. Che tragedia passare da una 36 a una 38! Soprattutto con quel balcone che si ritrovava a trasportare davanti! Davvero tutti avrebbero notato la differenza, focalizzando l'attenzione sul presunto rotolino di grasso attorno al suo ombelico! Di nuovo Giulia, come al solito, si era sentita intimorita dalla presenza della bellissima amica, vestita in modo impeccabile e con i tacchi a spillo, mentre lei, adeguandosi all'invito ad una “serata tranquilla al pub”, aveva indossato un paio di jeans e un cardigan semplicissimi.

Forse Giulia sarebbe riuscita a raccontare la parte del viaggio a Lilla, ma come avrebbe espresso la parte seguente all'arrivo al pub? Tutto quello che le era rimasto erano dei flash, delle sensazioni, dei particolari e le sembravano già troppo. Avrebbe voluto cancellare quelle ore dalla propria mente, se fosse stato possibile.

«Oddio, Giulia... mi dispiace tanto!» le avrebbe detto più tardi Lilla.

«Mi sento un po' in colpa, a dir la verità... ma chi se lo sarebbe mai aspettato?» continuava a ripetere Marta.

Giulia continuava a scrollare le spalle, cercando di rassicurare le amiche sul fatto che stesse bene, che fosse tutto a posto, ma non doveva risultare del tutto convincente se continuava a fissare un punto imprecisato per terra.

Come Marta e Selene avevano raccontato al suo posto, sabato Giulia era entrata con le amiche in un pub molto affollato e si erano dirette verso un tavolino minuscolo che contava solo due sedie.

«Usa le tue doti!» aveva bisbigliato Marta a Selene che ridacchiando aveva slacciato i bottoni della giacchetta e aveva individuato dei ragazzi a cui chiedere gentilmente una sedia.

Vicino al loro tavolino rotondo c'era una tavolata di ragazzi più o meno loro coetanei, già piuttosto allegri. Probabilmente stavano festeggiando qualcosa, anzi, sicuramente qualcuno aveva compiuto gli anni, sì, c'era un ragazzo con la barba che rideva ed esibiva un cappello ridicolo con su scritto “AUGURI”.

«Quel ragazzo bacia da dio» aveva detto Marta, sottolineando la frase con un sospiro, accennando al festeggiato.

Giulia aveva rivolto uno sguardo fugace al ragazzo in questione prima di farsi sfuggire un:

«Se bacia come balla, ti credo...»

Marta si era messa a ridacchiare in modo imbarazzato, ma nella mente di Giulia era sorta una nuova consapevolezza. Se era il compleanno di Marco della 5a D, il ragazzo che Marta aveva baciato una volta al Big Bang, doveva aveva invitato... i suoi amici, ovviamente.

Uno sguardo di sfuggita e Giulia aveva scorto ad un lato della tavola Andrea, si era chiesta se fosse il caso di andare a salutarlo, ma magari bastava fissarlo con la sua potente “vista perforante”, ovvero aspettare che si girasse nella sua direzione e salutarlo con la manina... come una bambina. Stava valutando l'ipotesi quando con la coda dell'occhio si era accorta della presenza all'altro capo della tavola di un biondino smilzo che ridacchiava accando a un ragazzo che occupva due sedie: su una sedeva e sull'altra aveva steso la gamba stretta in un tutore.

«Niente da fare, ragazze, nessun cavaliere mi ha voluto cedere una sedia» aveva detto Selene in quel momento, tornando come una sconfitta con un broncio infantile.

«Dev'essere perché hai chiesto a quei tardoni» aveva fatto Marta, come a volerla rassicurare che non aveva perso il suo fascino.

Selene, infatti, sembrò riacquistare subito animo e individuò il bersaglio seguente.

«Oh, perfetto!» disse, dirigendosi verso Nathan.

Giulia trattenne il fiato e le sembrò che via via che Selene si avvicinava anche i ragazzi della tavolata smettessero di parlare per fissare sguardi sognanti su di lei. Per questo fu facile udire la conversazione, nonostante il consueto chiacchiericcio da pub.

«Ciao, Nat»

«Ehi» fu la semplice risposta del ragazzo.

«Ti stai rimettendo?»

«Bah... lentamente, diciamo così»

Giulia era assorta dall'incontro dei due. Non li aveva mai visti parlare da quando si erano lasciati, ma dalla tranquillità della conversazione e dei loro volti capì che i loro rapporti erano rimasti civili se non amichevoli. Per la prima volta si ritrovò a chiedersi chi dei due avesse lasciato l'altro.

«Mi dispiace chiedertelo così, ma non è che per caso potresti lasciarmi la sedia? Ci manca un posto» disse calma indicando Marta e Giulia con la testa.

«Certo, fai pure» aveva risposto Nathan con un mezzo sorriso, ritirando subito la gamba prima di gettare uno sguardo oltre le spalle della ex e osservare le sue amiche. Giulia si era resa immediatamente conto di come il volto del ragazzo si fosse fatto all'improvviso più cupo.

Ce l'aveva con lei, per caso?

Stava fissando la magnifica, rovinata superficie del tavolino, assalita da una vergogna insensata, ma alzò lo sguardo quando avvertì che dal posto accanto a Nathan si era alzato un ragazzo che le stava venendo incontro.

«Ehi, ciao Giulietta!»

Poco prima aveva notato la presenza del compagno di classe di Nathan, Luigi, ma non si era accorta che dall'altro lato il ragazzo era affiancato da un tipo alto con i capelli castani. L'alcol accentuava la rotondità della sua faccia provocando la presenza di due chiazze rosse sulle guance. Lo riconobbe come il portiere della squadra di calcetto e gli andò incontro per salutarlo.

«Ciao Paolo!» disse timidamente e si mise a ridere quando il ragazzo le lasciò un caloroso bacio per guancia. Era sempre stato un tipo espansivo e simpatico, la salutava così o con un abbraccio fraterno ogni volta che la vedeva.

«La prossima settimana giochiamo in casa, vieni a vederci, vero?»

Giusto, le partite di calcetto. Da quando Nathan si era fatto male Giulia aveva smesso di interessarsene. Stava pensando a come rispondere, ma fu in quel momento che la serata cominciò a precipitare.

Una serie di offese che non voleva ripetere o ricordare la interruppe e la cosa più orribile era che a gridargliele era... Andrea. Com'era possibile che lo stesso ragazzo con cui tecnicamente stava uscendo e che sembrava pendere dalle sue labbra le stesse dando della poco di buono, in modo colorito e pubblicamente, per giunta? Giulia era scossa, non riusciva a far altro se non starsene con la bocca spalancata, incredula.

Giulia non voleva ricordare di come Andrea le si fosse avvicinato continuando a offenderla con espressioni sempre più volgari ed elaborate e urlando storie su di lei assolutamente false, smanettando con un boccale di birra mezzo pieno in mano il cui contenuto era finito inevitabilmente anche addosso a lei. Non voleva ricordare il volto ubriaco di Andrea che gridava, quello piccato di Selene che aveva tentato di difenderla ricevendo altrettanti insulti dal ragazzo, quello minaccioso di Nathan che si era intromesso con un «Attento a come parli». Non voleva ricordare di come gli amici di Marco si fossero dovuti dividere per tenere a freno un po' Andrea un po' Paolo, che aveva fatto le veci del compagno di squadra infermo, anche se determinato, dopo che Andrea gli aveva urlato di tacere, dandogli dello storpio.

Non voleva, però continuava a ricordare.

Poi era arrivata una cameriera per dire loro «Ragazzi, calmatevi o chiamo il titolare!»

«Tranquilla, bellezza» aveva risposto Andrea, ostentando sicurezza nonostante non riuscisse nemmeno a stare fermo sulle gambe. Non aveva smesso di dare di matto ed era arrivato davvero il titolare, un omaccione enorme e calvo che aveva intimato «O vi date una calmata o vi sbatto fuori, intesi?»

Data la confusione era stata Selene, decisa e impreturbabile, a prendere in mano la situazione affermando «Tranquillo, ce ne andiamo noi» e aveva trascinato fuori Giulia e Marta, entrambe poco reattive in quel momento, mentre i ragazzi continuavano a cercare di tenere a freno Andrea.

Una volta fuori le ragazze si erano precipitate all'automobile e appena in tempo era arrivato Paolo a bloccarle, prendendo Giulia per una mano prima che aprisse la portiera.

«Scheggia mi ha detto di portarti questo, il tuo sarà sporco di birra» aveva detto porgendogli un giacchetto e cominciando a insultare Andrea con ogni sorta di epiteto offensivo.

«No, davvero, non importa» aveva risposto Giulia, sempre più stordita.

Nathan ce l'aveva con lei e le prestava il suo giacchetto? Cos'era che le stava sfuggendo?

«Ha detto che insiste e di lasciartelo comunque» disse il portiere posandogli il giacchetto tra le braccia.

Giulia si voltò istintivamente verso le finestre del locale, scorgendo il profilo di Nathan in lontananza e chiedendosi come fosse possibile che tutti i ragazzi che aveva conosciuto ultimamente fossero degli enigmi viventi.

«Paolo?»

«Mh?»

«Non dire nulla a Spartaco, per favore»

Paolo aveva sospirato «Ho come l'impressione che lo verrà a sapere comunque... ma non da me, d'accordo» aveva aggiunto notanto lo sguardo implorante della ragazza. «Quello lascialo perdere, ok?» aveva aggiunto riferendosi con disprezzo ad Andrea e salutandola poi con un sorriso e un buffetto e con un «Buona serata» rivolto alle altre.

Qui si concluse il racconto di Marta e Selene tra lo stupore delle altre per le quali Colombo era diventato Faccia-di-Culombo. Discutevano senza riuscire a trovare spiegazioni o giustificazioni.

«In realtà era così perché era ubriaco, si sa che quando si alza un po' il gomito...»

«“Si sa” un cazzo! Come si permette di trattarla così? Quel cretino e le sue camicine firmate!Sai dove gliele ficcherei le sue belle camicie?»

«E il fatto che mentre ci provava con Giulia si trastullava con altre ragazze? Vogliamo parlarne?»

«Puttaniere!»

«Com'è possibile che prima non se ne sapesse niente?»

«Io non me ne capacito..!»

«Non mi sembra possibile!»

«Dev'essersela presa perché con te, Giulia, non aveva ancora fatto niente, insomma, perché non vi eravate messi insieme...» aveva azzardato Marta rivolta a Giulia.

«Come se ci fosse qualcosa di male!» ribattè Lilla «Non è che se ha un bel faccino allora tutte le ragazze devono essere pronte ad aprire le gambe per lui... quel narcisista... faccia-di-culombo!» concluse incrociando le braccia.

«E sembrava un tipo a posto...» diceva Selene scuotendo la testa.

«Certo, se non l'hai baciato prima, ora non ti incoraggerei di certo, anzi!» diceva Marta.

«In effetti non so come cazzo tu abbia fatto a non saltargli addosso, ma...»

«Ma tu non uscivi con Stefano?» chiese Lilla.

«Sì, e lo ritengo abbastanza intelligente da non considerarsi un gran figaccione! E poi lui lo sa che mi piace solo lui...» ribattè Emma «Ma non è che tutte queste remore a baciare Culombo sono... perché non hai mai baciato nessuno?»

Il silenzio di Giulia fu l'unica risposta.

«Cazzo, sei più pura e casta di quanto pensassi! E quella faccia-di-culombo ti ha insultato il quel modo? Allora non c'è dubbio che si stesse solo rodendo il fegato per non essere riuscito ad abbattere le tue difese»

Ascoltando tutti gli insulti che le amiche stavano vomitando su Andrea, Giulia sentì che poteva riuscire a chiudere quel capitolo, dimenticare quella storia e andare avanti. Si sentiva forte sapendo di avere tutto quel supporto alle spalle, come se la sua energia fosse la somma di quella delle amiche.

Neanche a quelle amiche, però, Giulia era riuscita a rivelare un altro segreto, o rompicapo. Non aveva raccontato che in macchina si era decisa ad indossare il giacchetto di Nathan, in sottofondo le esclamazioni indignate delle amiche. Si era tolta il giacchetto che puzzava di birra e istintivamente aveva cacciato le mani nelle tasche di quello di Nathan appena indossato. Nella destra aveva percepito un foglietto e, pur non volendo essere invadente, le era venuto naturale estrarlo, doveva trattarsi di uno scontrino o una cartaccia. Invece era rimasta di sasso ritrovandosi a fissare un rettangolo di carta colorata su cui era scritto con un pennarellino: “Buono Acquisto: Ti perdono 19 volte”, accanto al disegno stilizzato di una fata sorridente.

Quello era il suo regalo di compleanno per Nathan, anzi una parte del regalo. Non sapendo cosa regalargli e considerando quanto si fosse incrinato il loro rapporto, Giulia aveva deciso di regalargli qualcosa di scarso valore pecuniario, ma che potesse trasmettere i propri sentimenti. Aveva ritagliato con cura una serie di cartoncini che dovevano ricordare buoni d'acquisto, il cui oggetto erano tutte azioni che avrebbe potuto fare per lui, legate al numero 19, gli anni che compiva. C'erano “Ti faccio compagnia per 19 minuti”, “Ti racconto 19 barzellette”, “Ti consolo 19 volte” e simili, sempre accompagnati dalla faccina tonda della fatina. Accanto ad ogni frase, scimmiottamento delle ridicole condizioni dei normali buoni sconto, c'era un asterisco che rimandava a una minuscola frase che informava che “il presente buono ha validità di un anno”, fino al 15 Febbraio dell'anno successivo e altre clausole simili.

Ricordava a memoria quei pezzetti di carta, le sembravano un'idea sdolcinata e ridicola, adesso, ma... perché Nathan ne teneva uno in tasca? In primo luogo, dato che non si parlavano da mesi, (escluso l'incontro ai giardinetti insieme a Lorenzo), e che non aveva ricevuto dal ragazzo alcun ringraziamento o segno di apprezzamento, si era aspettata che avesse buttato via tutto. Poi, perché quel particolare foglietto si trovava nel giacchetto che le aveva prestato? Stava cercando di dirle qualcosa? Cosa voleva Nathan? Perdonare o essere perdonato? I messaggi subliminari della Disney non erano il suo forte, figuriamoci se poteva lambiccarsi il cervello per lui! Se aveva qualcosa da dirle che le parlasse faccia a faccia!

Aveva ricontrollato quello stupido foglietto in cerca di... qualcosa anche quando era tornata a casa, ma gli eventi della serata, che alla fine si era conclusa con incoraggiamenti delle amiche direttamente in automobile, erano stati troppo pesanti per lei, voleva solo riposare.

 

Passarono un paio di giorni prima che rivedesse Nathan. Andrea lo aveva rivisto, invece, mentre cercava implorante di chiedere scusa. Giulia aveva optato per un freddo «Accetto le scuse, ma non penso che dovremmo più uscire», a cui Andrea aveva risposto con altre insistenze, che erano poi cessate misteriosamente. Giulia sospettava che Spartaco ci avesse messo lo zampino, ma non aveva prove e a casa il fratello non mostrava comportamenti sospetti.

Era mercoledì pomeriggio quando Giulia decise di andare a studiare al parco, nonostante tirasse un venticello poco piacevole. Dal momento che aveva ancora il giacchetto di Nathan aveva deciso di portarlo con sé, per ogni evenienza. Il ragazzo, in effetti era ai giardinetti insieme al fratellino, che le corse incontro appena la riconobbe da lontano.

«Ciao bellissimo!» gli disse prendendolo in braccio «Ma senti che manine fredde che hai! Aspetta, ora ti riscaldo io!» e con un lampo di genio decise di avvolgerlo nel giacchetto di Nathan. In quel modo sarebbe tornato al suo legittimo proprietario senza che Giulia dovesse avere un contatto diretto con lui.

A causa del tempo incerto non c'era quasi nessuno al parco e Giulia decise che la cosa migliore da fare, ora che aveva sistemato il giacchetto, era mettersi a studiare.

«Ora vai a giocare con tuo fratello, da bravo, che io devo studiare» gli aveva detto dopo avergli fatto fare un paio di giravolte. Il bambino aveva obbedito e da lontano Giulia aveva seguito i movimenti dei fratelli, che quel giorno sembravano non volersene andare mai. Quando cominciò a fare freddino finalmente si mossero.

Giulia li aveva seguiti con lo sguardo prima che sparissero dietro le siepi che circondavano il parco, nascondendo in parte la fermata dell'autobus. Aveva atteso di veder sfilare un paio di autobus, poi aveva deciso che era passato abbastanza tempo per andare alla fermata in sicurezza. Perciò fu non poco sorpresa quando, girando l'angolo formato dalla siepe, si ritrovò davanti Nathan con Lorenzino che gli scorrazzava intorno. Nathan aveva tolto di dosso al fratellino il giacchetto che gli era stato restituito. Giulia cercò di fare finta di niente, mantenendosi a qualche passo di distanza, ma appena la vide Lorenzo le corse incontro come aveva fatto poco prima. La ragazza lasciò che tutte le proprie attenzioni si focalizzassero sul bambino, ma fu costretta ad alzare lo sguardo quando Nathan le chiese:

«Come stai?»

Non erano due parole uscite a caso dalla sua bocca, suonavano serie e neanche quando parlavano tramite whatsapp le aveva mai rivolto quella domanda. Di solito usava un più generico “come va?”, quindi Giulia si convinse che quello che voleva chiederle era “stai bene dopo quello che è successo sabato?”. Ok, Nathan era un tipo strano, mooolto strano, quensto ormai era appurato, ma non poteva essere scortese con lui in quel momento. Decise comunque di mantenere una certa distanza, non solo fisica, prima di rispondere:

«Sto bene, grazie»

Sembrava che il ragazzo non volesse aggiungere altro, ma Giulia non voleva che la situazione si facesse troppo imbarazzante e si ritrovò a parlare di nuovo.

«Grazie per il giacchetto, tra parentesi. L'ho portato in lavanderia, anche se ho tolto la gruccia e il resto perché...»

«L'hai portato in lavanderia?» Nathan ora la guardava con occhi sgranati.

Aveva fatto male? A lei sembrava un gesto carino per ringraziarlo.

«Ehm... sì...» rispose indecisa.

Natahn si era precipitato a frugare nelle tasche del giacchetto.

«Oh, cerchi questo?» fece allora lei porgendogli il “buono acquisto”, che aveva tenuto in tasca, con aria imbarazzata.

Il ragazzo allungò una mano per prendere il foglietto, sembrava ancor più imbarazzato di lei, sorrideva senza guardarla in faccia.

«Sì, beh...»

«Penso che stia arrivando il vostro autobus» lo interruppe Giulia alla vista dell'autobus 8.

«No»

«Ah, non prendete il numero 8?»

«No!» «Scì!» risposero contemporaneamente Nathan e Lorenzo.

«Cioè, sì, di solito prendiamo l'8, ma oggi dobbiamo fare... delle... cose»

C'era qualcosa di strano nel comportamento di Nathan, quel giorno più del solito. Giulia tentò di mostrarsi indifferente.

«Speriamo che arrivino presto, perché ho paura che si metta a piovere» disse la ragazza fingendo di controllare gli orari degli arrivi. Non aveva finito di parlare che dei grossi goccioloni le bagnarono il naso, le scarpe oltre a tutto lo spazio circostante.

«Ooops!» fece Nathan, come suo solito. Il “vecchio” solito.

Benissimo, Giulia si trovava insieme a Nathan sotto un acquazzone primaverile in piena regola con un bambino di tre anni a carico. Giusto! Il bambino!

«Ehi, non pensi sia meglio aspettare all'asciutto? Tuo fratello potrebbe ammalarsi»

«Sarebbe meglio, sì. Perché non mettono una pensilina?»

«C'è una fermata poco più in là che è coperta»

«Andate, io vi seguo... al mio passo» disse Nathan porgendole il giacchetto che teneva in mano.

Giulia prese in braccio Lorenzo e lo avvolse il più possibile nel giacchetto prima di mettersi a correre e ripetere in modo buffo “Corri, corri!” al bambino.

Raggiunsero la pensilina davanti alla biblioteca in cui Giulia andava spesso. Era un'ottima alternativa al parco per giornate come quelle, era la vecchia biblioteca della città, meno luminosa e moderna di quella che avevano inaugurato da poco, quindi frequentata pochissimo, giusto dalle anziane affezionate, o da utenti occasionali che cercavano dei volumi specifici. Giulia si ritrovò ben presto nella sala di lettura insieme a Nathan e a Lorenzo, tenuto impegnato da un paio di libri per bambini.

«Scusa, non ti ho chiesto prima che autobus avresti preso» si giustificò la ragazza, poiché, come avevano constatato poco prima, l'autobus che serviva a Nathan non passava da quel punto.

«Fa niente» rispose Nathan con una scrollata di spalle. «Senti, volevo dirti...»

«Tieni, bella! Ho trovato questo tra gli oggetti smarriti. Io mi portavo sempre dietro un ombrello, ma i giovani d'oggi...! »

«La ringrazio, Aldo» rispose Giulia con un sorriso.

Aldo era l'anziano bibliotecario con cui Giulia si intratteneva ogni tanto a parlare, vedendola arrivare bagnata e con un bambino era subito andato a cercarle un ombrello. Aveva interrotto Nathan mentre stava per chiedere qualcosa, ma non sembrava garbato interrompere adesso i racconti di gioventù di un vecchietto schietto e mezzo sordo su come una volta fosse stato aiutato da un uomo con un asino durante un temporale.

«E come diceva Pasolini...»

Oh, e naturalmente adorava citare i suoi autori preferiti.

«Dì al tuo giovanotto qui...»

Inutile tentare di spiegare che quel ragazzo non era “suo”.

«...che anche io una volta facevo avanti e indietro davanti al negozio del pescivendolo. Non me ne importava una zucchina degli sgombri, ma se usciva la figliola del pescivendolo... tenevo pronto l'ombrello per ripararla!»

Però era divertente.

Giulia sorrise e scambiò uno sguardo fugace a Nathan, che, a quanto pareva, stava trattenendo una risatina divertita.

«Aspettate che spiova un po', comunque» stava concludendo Aldo prima di tornare al suo posto di lavoro.

«Simpatico» disse Nathan allungando un angolo della bocca in un sorriso.

«Beh... oggi non era nella sua forma migliore, sai, la pioggia lo mette di malumore»

Nathan rise e Giulia si rese conto che non aveva più lo sguardo cinico che gli aveva visto le ultime volte.

«Senti, volevo chiederti...» Giulia cominciò a sperare che qualcosa di buono potesse rinascere tra loro, e pensò che forse era merito di Lilla «se sabato vai a vedere la partita, perché volevo andare, ma devo anche tenere Lorenzo e con te sta più buono»

Giulia rimase come ghiacciata. Bene, quindi voleva solo che le facesse un favore. Le parve che Nathan non fosse tanto diverso da Andrea, in quel momento. Andrea che l'aveva sempre chiamata “bellezza” e le aveva fatto credere di essere l'unica “bellezza” per lui, mentre invece era l'appellativo con cui si rivolgeva a tutte le ragazze, incluse le cameriere sconosciute. Come a una cameriera le aveva chiesto di soddisfare i suoi desideri e probabilmente le avrebbe chiesto il conto una volta accontentato.

Giulia era rimasta a rimuginare, senza rispondere. Si vide allungare davanti agli occhi un fogliettino azzurro.

“Buono Acquisto: Ti faccio 19 piaceri” recitava il pezzetto di carta. “Non posso, non voglio” avrebbe voluto ribattere, ma perché mai tra le clausole di quegli stupidi bigliettini non aveva incluso “farò tutto ciò se e quando pare e piace a me”?

«Ehm... credo... di poterci essere»

«Grande!» disse Nathan con un sorriso da bambino «Ti darò la mia paga per guardare Lorenzo, ma ti avvero: non è molto»

«Eh? No, figurati, sarei andata comunque alla partita» mentì Giulia, perché era troppo degradante dal suo punto di vista accettare dei soldi da parte di Nathan.

«Ok, diciamo che sono i soldi per pagare la merenda del pestifero. Cosa vuoi che ci faccia io di solito?»

«Oh...»

«E poi... volevo chiederti...»

Altri favori? Era giusto, gliene aveva regalati altri 18, sua sponte. Che imbecille che era stata!

«Scusa»

Forse non una completa imbecille.

«Per... per cosa?»

Un po' imbecille però sì. Beh, ma non sapeva cosa altro dire!

«Dunque... per tante cose... così tante che penso di aver consumato il “buono del perdono” tutto in una volta!» Sorrideva, Nathan, ma sembrava incapace di alzare la testa dalle proprie unghie e guardarla negli occhi. «Scusa per averti trattato male; scusa per non essermi fidato di te; scusa se ti ho offeso; scusa per come mi sono comportato; scusa per non essermi fatto più sentire senza una spiegazione; scusa se ti ho evitata un giorno, al parco; scusa per... non averti chiesto prima scusa!»

Dire che Giulia era sorpresa era un eufemismo. Cosa avrebbe dovuto rispondere? Non era nemmeno sicura di cosa volessero dire quelle parole e poi perché tra tutti quei motivi non chiedeva scusa per averla scambiata per un'altra? Rimase in silenzio per qualche secondo.

«Se non sbaglio ti rimangono ancora 12 perdoni»

 

Il mio angolino:
_____________

Mi dispiace per chi tifava per Colombo...
E lo so che questo capitolo è un po' lungo, ma non volevo rimandare ancora un dialogo con Nathan.
Un grazie ENORME a chi segue, recensisce e anche a chi legge silenziosamente,
FatSalad

   
 
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