Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Diomache    31/01/2016    3 recensioni
Immaginate una prima stagione diversa da quello che abbiamo visto. Viserys muore, il matrimonio con Drogo salta, Sir Jorah deve consegnare Daenerys ma la porta al Nord, da Eddard Stark, che sa che non l'ucciderà mai. Dany viene accolta ed adottata dal Nord, ma la sua vita ha un prezzo per la casata Stark e tutto sembra andare a rotoli. Sansa la odia, Catelyn deve darle in sposa il suo primo figlio, eppure lei si innamora del bastardo, Jon, che la ama dal primo momento ma ha già promesso che prenderà il nero e mai nella vita tradirebbe suo fratello. Con i Lannister di nuovo sul piede di guerra, i sensi di colpa, le strane visioni, e le uova di drago, sarà così semplice per loro mettersi contro il destino?
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daenerys Targaryen, Jon Snow
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Non ho saputo resistere ed eccomi qua, con la seconda parte! Buona lettura! :*

D.

 

 

I’m Daenerys Stark.

(After all, dragon plants no tree)

 

 

PART 2

 

La spazzola scendeva veloce e lucidava i lunghi capelli ramati della giovane Stark, seduta davanti ad uno specchio che rifletteva la sua immagine e quella di sua madre, alle sue spalle, intenta a governare la sua chioma. Le ricordava moltissimo la sua, alla sua età, ed amava particolarmente pettinarle i capelli. Il ricordo di sua madre che lo faceva per lei era tra le cose più tenere che conservasse nel suo cuore, insieme ai suoi sogni di ragazzina, alle sue speranze e alle paure che ancora non avevano lasciato alcun segno sul suo viso.

“Madre, ci sono novità? Ieri sera quando sono arrivati i Mormont eravate sereni...ma dopo cena c’è stata una discussione e siete tutti cambiati d’umore. Ci sono novità?”

“Sei astuta ed un’ottima osservatrice, Sansa. Mi piace.”

Ed un’ottima spiona, anche. La verità era che rincorrendo Lady, che quella sera sembrava stranamente attiva, aveva per sbaglio origliato Rob confabulare con Theon, preoccupato. Non aveva capito molto ma le parole Lannister e Sud erano state sufficienti per attirare la sua attenzione.

“Beh è importante per una donna accorgersi di quello che complottano gli uomini.”

“Altroché. Per una Lady lo è ancora di più entrare in quei complotti, per far valere le proprie ragioni. Gli uomini tendono a dimenticare le donne, nei loro ragionamenti, ma sono loro che reggono la casa e la famiglia.”

Gli occhi chiari di Sansa intanto la spiavano dallo specchio, trepidanti. “Dunque è così. Ci sono novità”

Da qualche tempo e, precisamente, da quando Joffrey Baratheon spinto da sua madre aveva ritirato la sua proposta di nozze, si era lasciata andare ai sentimenti più sbagliati per la sua giovane età: tristezza, risentimento, noia. Ma qualcosa le diceva che il vento stava di nuovo cambiando ed un’eccitazione febbrile la rendeva contenta.

La madre incontrò il suo sguardo, dallo specchio. “A quanto pare, sì.”

“Raccontatemi madre, ve ne prego”

Sansa sapeva essere melensa, quando voleva.

“A Sud, sembrano esserci dei… malcontenti.”

“Che genere di malcontenti?!”

“Malcontenti legati ai Baratheon, tesoro. Ogni monarchia ha i suoi difetti.”

Sansa fece spallucce. “Re Joffrey non ne avrà, ne sono sicura. È solo un ragazzo ma…”

“Appunto cara.- il tono di sua madre si era fatto un po’ duro adesso.- è solo un ragazzo. Suo padre invece è un uomo e commette degli sbagli. Uno di questi, l’ha sposato.” Entrambe sogghignarono. Lady Cersei Baratheon non era nelle grazie di nessuno, a Grande Inverno.

“E che cosa gli contestano?”

 “Non è questo il punto- tirò una ciocca più forte delle altre ma Sansa era talmente presa da non accorgersene- Il punto è, come ci hanno detto i Mormont a cena, che coloro che hanno da sempre avuto qualcosa contro la gestione e anche la conquista dei Baratheon e gli omicidi dei Baratheon, come la Principessa di Dorne… adesso hanno un motivo in più per far valere la loro voce. E soprattutto adesso possono appiccicarla ad un volto, il volto della loro legittima Regina sul Trono di Spade.”

Sansa sgranò gli occhi e spalancò le labbra dallo stupore. “Che cosa? Vorrebbero Daenerys sul trono? Ma è assurdo! È troppo giovane e non sa nulla di come si governa!”

“Ma no- la Tully appoggiò la spazzola ed iniziò ad intrecciarli. - non è così assurdo. Daenerys è solo una ragazza ma è l’erede al trono, la legittima figlia di Aerys. Che sappia governare è cosa secondaria, nemmeno gli adulti spesso sanno farlo. E loro contano di … manovrarla, in ogni caso.”

“Re Aerys Il folle.” Puntualizzò.

“Già. Aerys era folle ma molti sentono comunque la nostalgia dei Draghi e mal sopportano di vedere lo Sterminatore dei Re che prende potere, e con lui la sua famiglia, giorno dopo giorno. Non dimenticare che I Lannister hanno commesso molti crimini in guerra.”

 “Che succederà a Daenerys?” Soffiò Sansa.

Nel frattempo sua madre aveva terminato l’acconciatura. “Il fermaglio, tesoro.” La figlia le passò un piccolo fermaglio d’osso in cui era intagliata una foglia con cui la donna fermò le trecce, all’altezza della nuca.

“La domanda giusta, è cosa succederà alla nostra famiglia.- Sansa involontariamente tratteneva il respiro.- Ma tu non preoccuparti. Tuo padre e tutti gli Stark hanno appoggiato i Baratheon e questo non si può dimenticare. Quanto a Daenerys… sì, è complicato. Ma dimmi, ci tieni ancora ad andare in moglie al Principe Joffrey?”

La ragazza iniziava a distrarsi, i discorsi politici non l’attiravano particolarmente, ma improvvisamente sua madre ebbe di nuovo tutta la sua attenzione. “Che cosa? Ho sentito bene?” sentì il cuore saltarle in gola, si girò immediatamente verso la genitrice, che le annuiva.

 “Oh sì, madre! Con tutto il cuore!”.

Questa reazione smodata allarmò Lady che scattò in piedi come per un imminente pericolo ma Lady Stark scoppiò semplicemente in un sonora risata e anche il lupo ritornò quieto, a leccarsi le zampe.

“Dite che c’è una strada?”

“Forse bambina. Forse”

 

 

***

 

Quello che era successo nel bosco, quel piccolo bacio che si erano reciprocamente rubati, lei e Jon Snow, andava dimenticato.

Eppure, non era possibile. Si era infilato come un insetto nella sua mente e non voleva andarsene, non riusciva a lasciarla in pace. 

Di giorno mangiava poco e male, aveva spesso mal di testa e la notte, prima piena di premonizioni e visioni, era diventata incredibilmente vuota. Soffriva d’insonnia e per lei coricarsi era diventata l’eterna attesa del mattino e così restava le ore a fissare il soffitto sempre uguale della sua stanza, o perdeva lo sguardo nello spettacolo senza fine dei boschi neri che circondavano il castello.

  Passava il tempo facendo le solite cose ma niente sembrava più essere uguale a prima e si ritrovava di frequente a maledire se stessa incastrata in quell’inutile esistenza priva di ragione e di speranza, e anche quelle dannatissime uova di drago, sì, le sue amate uova di drago, che avrebbero dovuto schiudersi e salvarla, come nei suoi sogni, e invece continuavano ad essere delle lucenti ed inutili masse di pietra.

E poi era in collera con lui, Jon Snow, perché l’aveva resa folle, l’aveva sottratta dalla quotidianità in cui si rifugiava e l’aveva attirata a quel bacio.

Lei si trovava bene a Grande Inverno, si trovava bene con l’idea di dover sposare Robb, e si trovava bene anche con l’idea che lui, Jon Snow, le restasse accanto, in una qualche rocambolesca maniera, e di certo non poteva andarsene, non poteva confonderla e nemmeno baciarla, perché ecco, l’aveva resa instabile. E pazza.

“Come tutti i Targaryen” mormorò, prendendo un uovo nelle mani. Era verde, lucente, bellissimo. “Siamo pazzi, vero?”

Il sole intanto stiracchiava i suoi deboli raggi invernali fin dentro la sua camera in lunghe unghiate di luce.

“Dany… Dany!”

Una voce femminile ed impaziente l’attendeva dietro alla sua porta di legno. Per un momento la ragazza ebbe un salto in gola, era già passato qualche giorno dalla cena e dopocena nel bosco, ma ancora si sentiva un po’ a disagio, con tutti. Persino con Arya. Temeva che passandoci troppo tempo in solitario non sarebbe riuscita a nascondere quello che il suo cuore folle celava e non poteva in nessun modo essere scoperta. Quindi, per non offenderla, aveva finto una recrudescenza della febbre.

“Dany, sei sveglia? Stai bene?”

Alla fine si risolse ad aprire. “Ehi!” era effettivamente lei. La piccola indomita di casa Stark. Si accorgeva di provare per lei un’ammirazione crescente, giorno dopo giorno.

“Hai ancora la… febbre?” domandò lei, inarcando il sopracciglio castano.

Dany aveva ragione, non le si poteva nascondere niente. “Ehm, no. Diciamo. Entra dai.”

“Ancora dormi con le uova, per gli dei, hai davvero bisogno di un uomo!”

Entrambe risero, gettandosi nel letto. Il sole stava inondando la stanza. “Ho una notizia.” Iniziò Arya, e difatti Dany se l’aspettava, perché di solito non era così mattutina.

“Che notizia?” domandò, a pancia in giù, accanto alla Stark.

“oh è stato grandioso!”

“Chi?”

“Mio padre. Ieri sera… io e Sansa abbiamo discusso. Una cosa sciocca, una cosa da… Sansa!”

“Dai, smettila!”

“E lui mi prende in disparte, per parlarmi! Io penso: mi farà nera e piccola come i topi nelle stalle- Dany intanto se la rideva, divertita- e invece. Inizia un discorso serio, sul mio futuro. Brividi, brividi ovunque. Si parla di castelli, di lady e io… mi sono messa a piangere”

“Cosa? Non è da te.”

“Lo so! E mio padre… oh Dany dovevi esserci! Ha detto che mi capiva. Lui mi capiva. Ha detto che avrei avuto tutte le occasioni che volevo per ripensarci e rimettermi in corsa per trovare uno sposo ma nel frattempo, potevo cercare la mia strada.” Gli occhi violetti della ragazza strabuzzarono sinceramente di sorpresa. “Ma… è magnifico! E… che farai?”

“Potrei diventare una cacciatrice. Insomma, ancora non so farlo ma imparando e facendo carriera potrei comandare io le truppe di caccia, un giorno. Ha chiamato un uomo che verrà dal Sud, a farmi lezioni. – si rotolò a pancia in su- All’inizio dovevo andare a Sud anche io, secondo la mamma, ma poi hanno capito che mi sarei gettata dalla Torre piuttosto che seguire Sansa ad Approdo del Re.”

La cristallina risata di Daenerys le morì in gola. Un macigno alto come un monte fece la comparsa nel suo stomaco ed un brivido leggero s’impossessò della sua schiena. “Partire, Sansa, di che stai parlando?”

Arya la fissò. “Che ti prende? Quella sciocca va con nostro padre, a Sud. La settimana prossima, pare.”

L’ansia aumentava. “E perché?”

“Vogliono piangere miseria finché non le facciano sposare mr-labbra-gigantesche”

Un presagio infausto le attanagliò la gola. “Perché… perché io non lo so?”

“Perché hai avuto la febbre, drago.”

“Giusto.” Dannazione.

“Ehi, non ho finito di raccontarti” Arya riprese, piena di entusiasmo. La ragazza accanto a lei la guardava, ma la sua testa viaggiava oltre, oltre le mura di pietra di quella stanza e cercava gli intrighi che si erano consumati senza di lei, alle sue spalle, qualcosa che poteva costarle la vita, o forse la vita di chi amava, forse andava consegnata, legata di nuovo in un sacco di juta, per il Re, ma se così fosse, perché Jon non l’aveva avvertita? E se nemmeno lui ne era al corrente?

“… sono diretti alla barriera, come Jon, ma loro partono tra meno di quindici giorni. Però lei è una grande cacciatrice e si dice che sia molto abile con arco e frecce”

Tutto aveva un senso, infondo. Le visioni infauste che aveva avuto nei giorni precedenti, erano un presagio di morte, erano la sua fine? E se anche fossero stati beneauguranti per gli Stark, non lo erano per lei. Lei era una Targaryen, una pazza, una povera sciocca che persino i bastardi osavano baciare nei boschi e poi abbandonare al suo destino, come una bambola usata, come se fosse di pietra anche lei, come le sue dannate uova di drago.

“… si chiama Ygritte.”

Ci fu silenzio subito dopo e Dany fu costretta a riallacciarsi con la realtà. “Chi?”

“Ygritte, la mia insegnante. Per quindici giorni. Poi partirà per la barriera e verrà Sirio, quello del Sud.- gli occhietti ancora un po’ appannati di Arya la spiavano di sottecchi.- sicuro che stai bene? C’hai una faccia…”

“Certo. Scusami. Un mare di scorpioni popola la mia mente.”

Disse, stanca, appoggiando la faccia al giaciglio. Arya l’imitò. “Te la febbre ce l’hai perenne. Fidati.”

Riusciva sempre a strapparle un sorriso.

 

 

***

 

“Ah, chi è il migliore, chi è!”

Ovviamente sei tu, Robb.  Avrebbe voluto dirgli, mentre si rialzava senza difficoltà dal terreno. Stavano duellando da circa tre ore e sebbene solo a tratti Robb dimostrasse una tecnica migliore della sua, alla fine dei conti riusciva sempre a metterlo al tappeto e a mostrarsi, e autoproclamarsi, migliore in campo.

“Jon, sei giù di corda, oggi, che hai? Mio padre ti ha detto della cena?”

Cadde un po’ dalle nuvole.

“Cena? Che cena.”

Robb rise e gli lanciò per l’ennesima volta la spada di legno con cui si esercitavano. “Ancora, riprendiamo dal penultimo schema.” Attorno a loro, il solito manipoletto di servi ed amici del castello. “Vogliono parlarci, a tutti noi. Del resto, che ci fossero delle novità era nell’aria, no?”

Avevano ripreso. Jon era in vantaggio e i suoi fendenti precisi facevano arretrare Robb. “Già” mormorò, ad un certo punto. L’unica novità davvero sconvolgente per lui era stato scoprire che Dany s’era inventata una febbre per non vederlo. Insomma, che credeva, che avrebbe fatto una scenata davanti a tutti e si sarebbe fatto scuoiare vivo per lei? Non c’era affatto bisogno di nascondersi!

Immerso nei pensieri, scoprì il fianco e il fendente di Robb gli ricordò di non farlo ancora. “Cazzo, ci vai giù pesante.”

“E sono solo di legno!” se non fosse stato suo fratello, Jon avrebbe profondamente detestato un uomo dal temperamento di Robb. Ma lui, non era solo suo fratello. Era, a suo modo, adorabile. Nessuno poteva odiare la sua faccia buona, la sua battuta sempre pronta e il modo in cui si fidava ciecamente delle proprie valutazioni; inguaribile ottimista, fedele, forte. Non aveva che aggettivi positivi ai suoi occhi e agli occhi di tutti.

Ed era così anche per Daenerys, senza dubbio.

Il pensiero gli fece ribollire il sangue. E Robb se ne accorse, perché Jon riprese a battersi con molta più passione e maestria. “Oh così ti voglio!”

Ripensare a lei quasi lo annebbiava di rabbia. Invece di cercarlo, di chiarirsi, si era chiusa nel suo rifugio per almeno tre giorni, tre infiniti giorni in cui aveva rimuginato ogni momento, solo, come un cane, mentre lei fingeva la febbre della donna arsa dai sensi di colpa. E lui? E i suoi sensi di colpa?

Era suo fratello, Robb Stark, ed erano gli Stark la famiglia che lui deludeva per l’ennesima volta. Già la sua intera vita era fonte di imbarazzo, non bastava questo a macchiare la sua infinita lista di azioni inadeguate? Doveva anche baciare la futura moglie del fratello che amava di più?

“Ottimo, Snow!” esclamò l’altro, entusiasta della rabbia dell’avversario.

“Io non direi.”

Una terza voce, femminile, interruppe per un istante il combattimento. I due fratelli si fermarono, ansanti, alla vista della nuova ospite nella loro arena. Era una donna, quella che avevano di fronte, seppure molto singolare. Vestita di pantaloni e tunica marrone, coperta con una grossa pelliccia, l’arco inforcato sulla spalla ed un cespuglio di capelli rosso fuoco a contornarle il viso.

“Tu… cosa?” prese parola Robb.

“Ho detto che non direi che è ottimo, né che è eccellente.” Continuò, ammiccando alla direzione di Jon. “Tiene il peso spostato troppo in avanti e scopre il fianco ogni cinque minuti, è distratto ed impreciso quando carica, inoltre…”

“Credo. - Jon l’interruppe con una certa stizza- che mio fratello, ti stesse chiedendo il tuo nome.”

La ragazza rise, mostrando una bianchissima bocca di denti imperfetti. “Oh certo. Mi chiamo Ygritte. Sarò l’insegnante di Lady Arya, per qualche settimana. Ho accordi firmati da Lord Eddard Stark.” Concluse con un piccolo inchino del capo.

Jon sorrise, senza quasi conoscerne il motivo.

“Bene, Ygritte. Puoi andare dal nostro fabbro, ti farà vedere dove sono le armature e i poligoni di tiro con l’arco. E manderemo un servo ad avvisare Arya del tuo arrivo.”

La ragazza sorrise ad entrambi e si avviò nella direzione indicatale poco prima da Robb. “Bellissima, eh” commentò questi, dando una sonora pacca sulla spalla al fratello.

Jon non rispose ma la seguì con lo sguardo, mentre si allontanava.

 

***

 

“Ehi.”

Era l’imbrunire. Il sole aveva percorso tutto il cielo prima di abbassarsi di nuovo, su Grande Inverno, prima che arrivasse la cena, con Lord e Lady Stark, prima che tutto sarebbe stato messo di nuovo in discussione. Erano passate tutte queste ore, ore che lui aveva passato ad allenarsi duramente, con Robb e poi anche con Arya e la sua insegnante cercando quasi di … legare con lei, di farci amicizia, con la rossa, perché come Theon diceva sempre una donna scaccia l’altra. Ma ovviamente, non aveva funzionato.

Ad ogni modo, poco importava. Non si era fatta viva per tutto il giorno, di nuovo. Di nuovo l ‘aveva evitato ed umiliato. Poco importava che Ygritte non l’avesse scansata, poco importavano i suoi costanti pensieri su di lei o che lei, adesso, fosse lì.

Sì, adesso, proprio adesso che tutti li aspettavano nella Sala Grande, adesso che la tensione era palpabile nell’aria, adesso, e non prima, lei e la sua piccola ed aggraziata figura sbucavano dal buio di un angolo qualsiasi, a degnarlo della sua presenza.

“Ehi, Jon. Sono io. Dany.”

“Non ho dubbi che sia tu.” Era furioso. Stava finendo di sistemare la sua nuova armatura nella piccola armeria e le sue mani quasi tremavano dall’ira. Si voltò, per incontrare il suo volto ma la penombra del luogo ne nascondeva parzialmente i tratti. “Che cosa vuoi.”

La ragazza trasalì. “Che hai.”

“No, dimmi che hai tu. Il drago ha parlato e adesso è finalmente pronto a degnare un bastardo come me di almeno una parola?”

Le sue parole erano soffocate, graffianti come gli artigli di un lupo. Daenerys fece un passo in avanti. “Non essere ingiusto con me. Ero sconvolta, avevo bisogno di tempo.”

“Tempo?” rise, amaramente. “Qui non ne abbiamo più di tempo, altezza. Lord Stark sta per partire e vuole parlarci, e solo gli dei sanno come cambieranno le vite di tutti quanti!”

La donna si morse le labbra. “Non urlare.” Soffiò mentre sentiva l’ira riempirle il petto. “Sono spaventata quanto te. Mi dispiace non dovevo nascondermi ma… per me- si passò una mano sulla fronte, un po’ umida.- per me è stato sconvolgente. Non riuscivo a guardare in faccia nessuno.”

Questo gli fece bruciare il sangue nelle vene. Senza l’intenzione di farle del male, le afferrò il polso e lo strinse tra le sue rudi dita di guerriero. I loro occhi si trafissero vicendevolmente, come pugnali. “E.. io? Non hai pensato a me? Come potevo sentirmi io, nei confronti di Robb? Avevo bisogno di te, perché stare con qualsiasi altra persona mi distruggeva di rimorsi!”

Dany strattonò il braccio. Era vero. Non poteva dare torto a Snow ma non voleva cedere. Aveva aspettato di incontrarlo tutto il giorno, aveva fantasticato tutto il giorno sul loro incontro e, gli dei non vogliano, lo aveva immaginato diverso. Si malediceva, per quelle stupide romanticherie, adesso.

Jon non accennava a calmarsi. Ma se lei aveva detto una cosa giusta, quella era che non dovevano urlare. Lui non poteva urlare e quindi nemmeno parlare giacchè parlare ed urlare erano per lui la medesima cosa, in questo istante. Si sentiva febbricitante d’odio e la gelida perfezione della figura di lei gli dava la nausea.

Comunque non si aspettava che fosse lei a rompere il silenzio. “A breve dobbiamo rientrare ma…” si avvicinò a lui, così tanto che l’uomo poteva sentire il profumo dei fiori con cui doveva aver fatto il bagno. Dany tornò a fissarlo negli occhi; non sapeva come continuare, aveva sperato che le parole venissero da sole ma sembravano piuttosto timide. “Non so perché ti ho voluto vedere stasera, non so perché non l’ho fatto prima, Jon, io volevo chiederti…”

“Lo so io, invece.”

Lui era freddo, distante. La odiava, anche lui? “Faremo finta di niente, non temere.”

Un coltello d’acciaio di Valyria si conficcò, immaginario, nella sua tenera schiena ed arrivò a trafiggerle cuore e polmoni, tanto che restò così, senza sangue e senza fiato, alla mercé dell’ira dell’uomo che aveva sconvolto la sua mente. “Cosa?”

“Non sapevi come dirmelo, immagino. Beh, spero non avrai creduto che per te avrei rinunciato al nero e all’amore per la mia famiglia.” La giovane continuava a non riuscire a parlare. “Non parliamone più, è tutto passato.”

Con un movimento veloce appese definitivamente la sua armatura alla parete e la sorpassò, curandosi bene di urtarla, mentre se ne andava. Daenerys non voleva quella conclusione, ci aveva pensato, in quei giorni, a quella conclusione e certo era la più comoda e semplice per tutti, ma solo il pensiero le aveva scatenato le più profonde angosce. Ed invece s’era avverata.

Sentì le lacrime premere forte sulla soglia dei suoi occhi ma non poteva che ricacciarle, non aveva tempo adesso.  L’aspettavano dentro. Toccava anche a lei, rientrare.

Ma mentre si incamminava verso il castello, sentì di nuovo qualcosa urlare dal profondo della sua mente.

Ricordati chi sei, Daenerys. Il drago lo sa. E tu?

Il destino tornava a tormentarla.

 

***

 

“Adesso basta, però” le sussurrò Sansa ad un certo punto. Anche quando non voleva essere antipatica riusciva a risultare un po’ sgradevole, nel riprendere gli altri.

“Eh?”

“Sei inquietante ed iniziano ad accorgersene tutti. Anche Robb.” La maggiore delle figlie Stark si portò alla bocca un boccone di pollo dolce alle albicocche mentre lo diceva, e Dany, colta in flagrante, riabbassò veloce lo sguardo sul proprio piatto.

Era vero. Per tutta la durata del pranzo lo sguardo ametista della ragazza non aveva fatto altro che saettare dal proprio piatto a quello di Jon. E se lui chiedeva una pietanza o che gli si passasse il vino o l’acqua, lei lo seguiva con gli occhi, in maniera involontaria, o forse sperando di cogliere qualcosa, un segno, un indizio, sui suoi pensieri. Era una giornata informale, un pranzo come tanti altri e lui era distante, dalla parte degli uomini, vicino a Theon e a Robb.

“Hai ragione. Sono ancora un po’ scossa per quello che mi ha detto Lord Stark, l’altra sera”

“Sicura che non avete litigato?” chiese Arya, con un osso che le usciva dalla bocca. “Lui pure è strano, Jon. Si allena con me e la rossa e credo stiano flirtando quei due. O come si dice. Si annusano, ecco.”

“La rossa?” chiese la sorella. “Oh per gli dei, sputa quell’osso, sei disgustosa.”

“Ygritte.” Continuò Arya, sputando letteralmente l’osso e centrando il piatto. Sansa protestò ancora ma non poteva lamentarsi, Arya aveva seguito le sue istruzioni, forse solo un po’ troppo alla lettera.  “è troppo figa.”

“Modera il linguaggio, per favore. Inizia ad essere sconveniente essere in tua compagnia, Arya, parli come un bruto!”

La castana tracannò un sorso d’acqua, stralunata. “Sansa, ma ti senti quando parli?”

Improvvisamente calò il silenzio nella parte femminile del tavolo. “Ehi, Daenerys.” Era Robb.

“Fratello se sei venuto a rubare il pollo da questa parte del tavolo sei fuori strada.” L’ammonì Arya servendosi ancora.

“Sì, qui le lady si abbuffano, se non lo sai, come delle affamate che non toccano cibo da giorni!”

Sorridendo di quei piccoli bisticci, Dany alzò lo sguardo. “Ciao” disse, arrossendo lievemente.

“Senti, ti va di fare due passi, più tardi?”

Arya sogghignava divertita e Sansa non faceva che riprenderla.

Lei cercò un’ultima volta lo sguardo di Jon ma di nuovo, l’evitava. 

“Certo.”

 

 

***

 

C’è una rivolta, a tuo nome.

Passeggiavano distrattamente. Lui le porgeva il braccio, come si conviene nell’etichetta tra Lord e Lady. Esploravano a piedi solo il bosco attorno al castello, solo fin lì potevano arrivare d’ora in avanti, le passeggiate senza scorta, senza un’arma, senza un cavaliere a proteggerli; ma non importava. Aveva piovuto molto quella settimana ma oggi era il classico giorno di pausa dopo la tempesta, il bosco era umido e profumato, come piaceva a lei, anche se rimaneva freddo e distante, come tutti i boschi, dall’incollatura in su.

 

Ci sono sempre stati, i ribelli e gli scontenti, ma adesso hanno un motivo per combattere. Un volto. Una Regina.

 

 

Robb l’accompagnava e visto che non si sentiva a suo agio nel restare in silenzio, chiacchierava distrattamente a ruota libera. Dany l’ascoltava con piacere ma, com’era prevedibile, la sua mente non faceva che ritornare alla conversazione di qualche sera prima, con Eddard Stark, il Lupo, e la sua pelle continuava ad orripilarsi al ricordo di lui che, sguardo imponente e rassicurante, le parlava.

 

Io non voglio essere la Regina!

Loro lo sanno ma sperano che ti convincerai, sperano che vorrai essere, per loro, l’ultima dei Targaryen.

Impossibile. Questo era Vyseris, questo era il suo sogno! Non è il mio! Io sono … io voglio diventare una Stark. Daenerys Stark. Tu… tu puoi dirglielo per me, Lord Stark?

Posso dirlo ai Lannister e al Re. Ed è quello che farò. Io e Sansa partiamo, la settimana prossima. Che lo sappia il Re è molto più importante che lo sappia un manipolo di ribelli, perché è lui che dobbiamo temere, Daenerys.

 

 

“Mi piacerebbe che tu mi raccontassi di nuovo la storia di Grande Inverno. Di come è stato unificato al Sud in un unico Regno.”

Robb sorrise. “Sei fortunata. Sono in vena di racconti, oggi.”

 

Ma… la famiglia Stark è al sicuro?

Anche di questo voglio sincerarmi. Vedi, quando hanno orchestrato il tuo matrimonio con Robb tutti noi abbiamo pensato che il loro duplice scopo fosse quello di prendere l’occasione per tenere buoni due piccioni con una fava soltanto. Il Nord e i Targaryen.

 

Svoltavano per sentieri un po’ più isolati. Il sole penetrava a fatica tra i rami degli alberi e quell’atmosfera cupa e malinconica rendeva tutto più surreale. “Le battaglie si susseguirono senza quartiere…”

 

Questa ribellione potrebbe ritorcersi contro di noi. I Lannister vogliono distruggerci da sempre, potrebbero iniziare a mettere in giro voci come che la nostra famiglia appoggia la rivolta. Che tu vuoi essere Regina e Robb il Re. E questo è molto pericoloso, per la nostra famiglia.

 

 

“Per di qua” Robb scostò un ramo e dietro di esso il sentiero prendeva una via diversa da quella maestra. “Hai mai visto il campo di primule che c’è dietro il castello?” La ragazza negò col capo. “Dai, ti ci porto. Non so se sono fiorite in questa stagione ma è comunque una bella radura, quando eravamo piccoli andavamo a giocarci spesso.” Le prese la mano e la condusse con sé. “Dov’ero rimasto?”

 

 

Questo è quello che faremo. Rimandiamo il matrimonio finché non siamo sicuri che sia un modo per proteggerci e non per dichiararci traditori del Re, nel frattempo torniamo a caldeggiare l’unione di Sansa con Joffrey, per rimarcare la nostra fedeltà… e perché è quello che lei vuole. Da sempre.

Per il Re sarebbe l’ideale se potesse imprigionarti semplicemente per Alto Tradimento. Per cui, non fare niente, non dire niente che non sia completamente innocuo, esci il meno possibile, ricorda che gli assassini dei Baratheon vi hanno trovato ai confini del mondo, non hanno problemi ad ucciderti qui al Nord. Stai attenta.

 

“…e a quel punto, i draghi diventarono fontane di fiori e sputarono ghirlande sugli avversari. Giusto Dany?”

 

Tutti noi faremo la nostra parte. Mentre io non ci sono Robb prenderà il comando della casa assieme a sua madre, Jon rimanderà il nero e resterà a proteggere i fratelli, ma non sarete comunque soli, un uomo, che mi deve ancora tutto, verrà ad aiutarci e a vegliare su di te e sulla mia famiglia, finché non ci sono. Si tratta di Sir Jorah Mormont, Daenerys, e ti prego di accettare il suo aiuto, anche se vi ha traditi.

 

Si erano fermati, all’improvviso. “Dany?”

 

Questo è l’Inverno, Daenerys. Ma se il branco resterà unito, se tutti noi faremo la nostra parte, il cucciolo si salverà.

 

“Ehi, sei tra noi?”

La ragazza sussultò. “Sì.” Rispose prontamente, nemmeno sapendo a cosa. “Sì, è così. È l’inverno e il cucciolo non sopravvivrà.” S’accorse d’aver parlato a sproposito perché nel bel volto di Robb si dipinse un sorriso obliquo. “Ne sono sicuro, che questo sia l’inverno, piccola Targaryen.”

La ragazza sospirò, avanzando di qualche passo. “Scusami. Che pessima figura.”

“Ho anche insultato i tuoi draghi mentre parlavamo … ma sono ancora vivo, devo preoccuparmi?” la raggiunse, circondandole la vita con un braccio. “Dimmi, come può un uomo attirare la tua attenzione?”

La ragazza negò col capo, sorridendo. Indossava abiti tipici del Nord, marroni e neri ed un lungo mantello grigio-verde le pendeva dalle spalle. Cercava di mimetizzarsi, ma la sua capigliatura era bianca come la neve e il suo sguardo, anche senza voler far caso al colore degli occhi, era palesemente straniero. Un po’ come quello di Robb, uomo del Nord ed esempio di tutti i loro valori ma, innegabilmente, figlio di Delta delle Acque, che avevano mitigato i suoi lineamenti e il suo sentire. “Ripensi a quello che vi siete detti, vero? Tu e mio padre.”

Daenerys distolse lo sguardò ma annuì. “È difficile non farlo.”

“Dany, ascolta. Anche per questo ho insistito per portarti a passeggiare.” Le girò il volto e tornò ad incontrare i suoi occhi. “Io non ho intenzione di piegarmi al volere del Re, qualsiasi esso sia. Ti ha messo nella mia vita e adesso non può privarmi di te solo perché quella donnaccia della moglie decide che è sbagliato.- Dany stava per parlare ma lui riprese.- so chi sono, Daenerys. Sono un uomo del Nord. Ho le mie responsabilità, ho il mio destino da compiere. Ma voglio che tu sappia, che non mi arrenderò tanto facilmente, voglio che tu sappia che io troverò un modo.”

Il fascino di Robb sarebbe stato in grado di rapire chiunque egli avesse voluto. L’attirò a sé per baciarla ma delle improvvise e vicine urla ruppero l’idillio del momento. Daenerys ne approfittò per fare qualche passo indietro pur rimanendo agganciata a lui. “Chi sono?” chiese nella direzione delle urla. “Provengono da…”

“Dalla radura delle primule. Qualcuno deve aver avuto la nostra stessa idea.” Sorrise Robb. Erano delle risate allegre ed entrambi riconobbero sia quella di Arya che di Jon. “Uniamoci a loro, ti va?” ma mentre si avvicinavano Dany inziava a distinguere sempre più chiaramente anche una terza risata, a lei sconosciuta, ed una voce scintillante ed argentina, di donna, provenire dalla stessa direzione.

“Oh per gli dei e quello cos’è?? Un ragno! Salvatemi Jon Snow!” Man mano che si accostavano le risate aumentavano d’intensità, al pari dell’angoscia, nel petto della ragazza, che cresceva misurata solo dal battere forte del suo cuore. Quando svoltarono per l’ennesima volta si aprì davanti a lei una piccola radura senza alberi, leggermente incuneata, protetta dai venti, e forse per questo, casa di un tappeto di gialle primule selvatiche che si apriva ai loro occhi, incontaminato.

“Ehi!” li salutò Arya, non appena li vide spuntare. “Venite!”

Robb la precedette mentre i suoi occhi puntavano le tre sagome, soprattutto quella della donna, Ygritte, che sedeva vicino a Jon e rideva con lui. Si avviò anche lei, l’angoscia che lenta si mutava in rabbia.

Jon l’osservò avvicinarsi, fingendo disinteresse. Ygritte, al contrario, era estasiata. “Per la barba dei bruti, tu sei la Targaryen! Io sono Ygritte, insegnante di Arya! Oh, i tuoi capelli sono leggendari!” la sua allegria era contagiosa ma Dany continuava a stringere le mandibole, per l’ira. “e poi non sembrate la solita lady impomatata, mi sbaglio, Arya?”

Tutti risero, soprattutto Rob e il suo modo di stravaccarsi fece ridere ancora di più la compagnia.

“Lo sai che ha tre uova di drago che prende come se nulla fosse… da un braciere?”

“Un braciere?”

“Sì e non si scotta, l’ho vista centinaia di volte mentre lo faceva. E anche con l’acqua calda è così, lei non la sente!”

“è proprio vero: Fuoco e fiamme!

“Sangue.” La sua voce suonò più fredda del dovuto, o del voluto.” Fuoco e sangue.” Il sorriso di Ygritte si spense velocemente.  “Dai, riprendiamo gli esercizi! Robb unisciti a noi, fai coppia con Jon”

Dany restò a guardarli mentre tiravano con l’arco e le loro frecce arrivavano più o meno lontano dal bersaglio.

Ecco perché Jon aveva chiuso con lei, ecco cosa stava accadendo, c’era Ygritte e lui poteva dimenticarla come qualsiasi donna avesse già dimenticato prima, come se anche prima del bacio non ci fosse stato niente tra loro, niente al di fuori della sua mente. Poteva fingere fino a questo punto? Dany s’accorse che lo stava fissando di nuovo e non voleva allarmare nessuno con il suo comportamento, tanto più che era stata palesemente antipatica, con quella ragazza.

Chiuse gli occhi ed inspirò profondamente lasciandosi cadere supina in quel profumato letto di primule appena nate. Forse non voleva più essere nemmeno la Targaryen che tutto il regno continuava a tenere d’occhio. Voleva essere solo se stessa o al massimo, voleva essere una Stark, nascosta per sempre in quelle montagne di pietra. “L’inverno sta arrivando” mormorò tra sé, cercando di capire a fondo quello che diceva.

Ricorda le tue parole.  

Sì, le ricordava bene, disse a se stessa. Le aveva appena fatte ricordare a tutti i presenti e il fuoco con cui le aveva pronunciate l’aveva resa degna della sua dinastia. Ma lei non le voleva più.

Sei il sangue del drago.

Sì, ma i draghi sono estinti. Un’ape le volò sopra il viso e si appoggiò un istante al suo naso. Era troppo freddo per loro e quella piccola apetta sembrava confusa. Si riposò un istante per smangiucchiarsi le zampe come le mosche e Dany richiuse gli occhi. Ricorda cosa sei destinata a fare.

Non lo so. Non lo so cosa sono destinata a fare, dannazione. Come posso averlo dimenticato?

Per un istante, ebbe l’impressione che suo fratello Vyseris stesse chinandosi su di lei. “Che delusione, cara sorella.”

Riaprì di scatto gli occhi. “No” mormorò rialzandosi col busto. L’ape non c’era più e nessuno sembrava averla vista delirare.

“Adesso basta. Non devo pensarci più. Se mi guardo indietro, sono perduta.”

 

***

 

La luna era rossa, quella sera.

Sansa e Lord Stark sarebbero partiti all’indomani.

Dopo la cena lei e le altre donne avevano fatto un bagno, come un rito di partenza, e Lady Stark aveva tenuto banco raccontando aneddoti sulle figlie e cose curiose che solo loro potevano capire. Erano comunque una famiglia affiatata e quando lo realizzava Daenerys rimpiangeva di non aver mai conosciuto sua madre. Rimpiangere di essere nata non aveva senso, non era dipesa da lei, quella morte; anche se, probabilmente, aveva sconvolto per sempre la predisposta mente leggera di suo fratello.

Si ritrovò con Sansa quasi per caso, in un attimo di silenzio, mentre tutti facevano dell’altro.  La rossa la fissò intensamente negli occhi ma entrambe avevano paura di rompere quel silenzio con le parole sbagliate. Aveva delle scuse, sulla punta della lingua, che non poteva pronunciare. Perché non aveva ancora imparato che la vita non è facile, non è bella e non è romantica, non aveva ancora capito che Daenerys non sarebbe stata il fastidio più grande della sua esistenza. Pensava ancora a lei come la sorella che l’aveva tradita e le aveva fatto uno stupido sgambetto frapponendosi tra lei e Joffrey, tra lei e la sua felicità.

Così fu Dany a parlare, ricordando come quel giorno di quattro mesi prima Sansa avesse sfidato la timidezza, per venire a fare la sua conoscenza. Sebbene le sue intenzioni non erano proprio nobili, quella visita le aveva scaldato il cuore e l’aveva fatta sorridere, per la prima volta, ad uno Stark.

“Buon viaggio, Sansa.” Disse.

La ragazza annuì, tormentandosi le mani. “Se riuscirò a parlare con Joffrey in privato, a fidanzarmi con lui, tutto questo finirà.”

La bionda non se l’aspettava. “In che senso”

“Lui capirà. Lui metterà a posto tutto quanto; gli spiegherò che tu non hai alcun interesse per quel Trono e le cose andranno per il verso giusto. E quando sposerai Robb, ci chiameremo sorelle.”

Il sorriso ingenuo e dolce della Stark, la commosse. Ricordò di aver sentito molto parlare di Joffrey ed era sicura che Arya fosse a ragione molto preoccupata per la sorella, riguardo quel tipo. Sansa non lo conosceva affatto eppure era sicura che sarebbe stato un uomo buono, addirittura che avrebbe risolto i problemi della sua famiglia; ma Joffrey Baratheon era un leone mascherato da cervo e purtroppo la sua natura sarebbe venuta fuori, un giorno o l’altro.  

“Abbi cura di te” disse Dany, prendendole la mano. “E, tieni duro, d’accordo?”

“Anche tu.”

Si abbracciarono.

Daenerys non sapeva che non l’avrebbe vista mai più.

 

***

 

Era appena rientrata nella sua stanza, aiutata dalla fioca luce della candela. La luna rossa non sembrava avere luce se non per se stessa e quella era una notte molto buia. Meccanicamente si richiuse la porta alle spalle ed abbassò il chiavistello in legno.

“Non spaventarti. Sono io.”

“Chi sei?” disse cercando subito di mettere mano alla porta, per uscire, ma lo sconosciuto fece un passo in avanti e comparve il suo volto, seppur malamente illuminato. Il suo cuore non smise di trasalire. “Jon…? Che ci fai qui…?” Ammiccò alla porta ma lui la rassicurò “Non mi ha visto nessuno. È l’unico posto in cui possiamo parlare, se sai restare quieta.”

Dany rise amara. “Sei tu quello che urla tra noi.”

“Giusto. Tu sei più tagliente…- si avvicinava.- tu minacci, dico bene?”

La ragazza aggrottò la fronte. “Di che minacce parli?” Intanto iniziò a fare luce. Teneva molte candele nella stanza ed anche un braciere, quasi sempre acceso, perché sentiva che le sue uova dovevano restare al caldo.

“Parlo di come hai trattato Ygritte, questo pomeriggio.”

Dany si morse il labbro inferiore ma lui non lo notò. “Mi spiace, ero un po’ tesa. Le puoi dire da parte mia che per sangue non intendevo il suo.” Appoggiò la candela. “È tutto? Ti sei intrufolato in camera mia per difendere l’onore della tua nuova fiamma?”

Jon si passò una mano sulla faccia. “Che diavolo stai dicendo? Ygritte non è…”

“Forse non è.” L’interruppe lei. “Ma tu avresti voluto, non è così? Magari i tempi non sono ancora maturi, magari devi solo lavorarci su” i suoi occhi ametista saettavano al pari della sua lingua.

“E anche se fosse.” Ribatté lui. “Non devo renderti conto, mi pare. Tra noi è stato uno sbaglio ed eravamo d’accordo di non parlarne ancora.”

“Tu.” L’ira, come sempre, le chiudeva la gola. “Tu hai deciso di non parlarne più. Io non sono stata neanche interpellata.”

“E che cosa c’è ancora da dire? Cosa vorresti chiedermi o che io ti dicessi? Sei la donna di mio fratello e lui non rinuncerà a te. Sarebbe disposto a portare l’Inverno a Sud, piuttosto!”

Era concitato, sudato, stravolto. La verità era che nemmeno lui sapeva perché si trovava in quella stanza. Si sentiva come una falena, prigioniero ed ucciso dalla sua ossessione. “Io sono solo un bastardo, Daenerys.”

Il fuoco del braciere scoppiettava nella sua stanza. Lei si avvicinò per l’ennesima volta e s’azzardò a toccargli i capelli, quegli indomiti ricci neri che sempre aveva ammirato. Poi, con la punta delle dita, prese ad esplorare la sua fronte, piana, umida, il suo naso e l’arcata dolce delle sue sopracciglia.

“Smettila.” Sospirò lui.

Ma lei seguiva il suo filo dei pensieri. “L’altro giorno ero venuta nella stalla per farti una domanda. – si vergognò improvvisamente di quelle parole, ma il dado era tratto e non poteva tornare indietro. – volevo chiederti… la sola cosa che mi interessa sapere… è se sei mio, Jon.”

Sentì lui cambiare respiro e vide le sue mani tremare leggermente.

“Non ha senso, lo so. È inutile che tu me lo ripeta. Ho passato tante ore, a ripetermelo.” Negava leggermente col capo, gli occhi bassi. “Io sono inquieta. La mia mente è sconvolta, da sempre credo. Forse sono pazza anche io, come tutti gli altri, forse- lo guardò- moriremo prima di quello che crediamo. Jon, io non posso fermarmi.”

Il suo sincero turbamento lo colpì, a tal punto che d’istinto le prese le mani. “Non ha senso quello che dici.”

“Invece sì.” Lei gliele strinse, di nuovo. “Sta per accadere qualcosa di terribile, l’Inverno sta veramente arrivando per questa famiglia.”

“Parli proprio come una Stark” la prese in giro, con un piccolo sorriso.

Ma lei era molto più seria di quello che pensava. “Per questo ho bisogno di sapere, adesso.” Si alzò con la punta dei piedi e le sue labbra sfiorarono appena quelle del ragazzo. Si retrasse. “Sei mio o no, Jon Snow?”

Il ragazzo la fissò un secondo, in trance. Poi mise le mani sui suoi fianchi e l’attirò a sé, con urgenza, e si riprese quel bacio che lei gli aveva solo fatto annusare. La baciò con impeto, passando una mano sulla nuca mentre l’altra premeva forte sul suo delicato viso. Quando la sua lingua entrò nella bocca, Daenerys l’accolse, e sebbene nessuno dei due sapesse come si faceva, la natura guidò entrambi in movimenti veloci, urgenti, bisognosi, mentre lui la trascinava verso un giaciglio, per una volta, vuoto, delle sue uova.

Dany si sdraiò sulla schiena e lui esitò per un secondo, quasi riacquistando lucidità. Cercava una conferma, Dany lo capiva, e in risposta lei mise mano alla sua casacca, cercando il punto in cui si slacciava, in vita.

A quel punto, fermarsi sarebbe stato arginare una valanga. O un masso che rotola piano fino all’orlo del burrone, sembra fermarsi, piano, indugia sul ciglio, finchè, semplicemente, cade.

E Daenerys cadde, quella notte, finalmente, nel fuoco che sognava ogni sera.

Jon la liberò dei vestiti, poi, ebbro del suo corpo nudo, mangiò il suo collo mentre le sue piccole dita da gatta s’aggrappavano a quella schiena a cui troppe volte aveva pensato. Jon le baciò il seno, il ventre, le sue mani lisciarono tante volte la pelle morbida delle sue gambe, avvolto dal fascino bianco dei suoi capelli, dal suo abbraccio. “Non ti farò male” le sussurrò ad un certo punto. Non era vero, il dolore c’era e lasciò un’ampia chiazza rossa a testimone, ma passò prima che lei potesse veramente accorgersene. Si amarono disperatamente e quando Jon, tremando, cadde al suo fianco, lei poteva dire di essere morta e tornata alla vita, almeno due volte.

Il suo cuore non accennava a smettere di rimbombarle nella testa e il soffitto sembrava fluttuare sotto i suoi occhi.

“Sì. Sempre”

Sospirò lui, al suo fianco.

Dany sorrise, cercando il suo sguardo, mentre i suoi occhi viola si scioglievano in qualche lacrima salata.  

 

 

 

 

[… to be continued..]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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