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Autore: Shiren    18/03/2009    3 recensioni
Non ero innamorata, ma provavo un’irrefrenabile attrazione per lui. Era davvero il mio migliore amico, non avevo mai avuto un rapporto come lo avevo con Luca, ed era proprio questo il motivo per il quale non provavo più di un’attrazione per lui. Avrei odiato me stessa se l’avessi perso come amico. Mi sarei odiata terribilmente.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Verso le quattro erano tornati tutti in baita, compreso Thomas, che avrebbe dormito con Claudia sul divano letto che non avevamo ancora aperto.
A turno ci infilammo sotto la doccia e poi, noi ragazze ci chiudemmo nella mansardina per vestirci. Daniela si era portata praticamente tutto l’armadio e a me, che non sono il tipo che indossa spesso vestiti, prestò un vestito verde acqua, a maniche lunghe, con la gonna semi-stropicciata che lo rendeva un po’ meno serio. Sotto misi i pantacollant neri al ginocchio e le ballerine, dato che con i tacchi sono impedita.
Daniela invece indossò un paio di jeans aderenti che le evidenziavano le gambe lunghe e un top rosa piuttosto scollato, infine le decolleté.
Claudia fu la più lunga a decidersi e infine optò per un vestito nero e marrone con un ampio scollo sulla schiena e che le arrivava a metà coscia e ai piedi un paio di scarpe con il tacco dorate.
Ci truccammo e raggiungemmo gli altri, ma davanti ai nostri occhi trovammo una sorpresa. Mentre ci vestivamo avevano addobbato tutta la stanza con palloncini ovunque rossi e oro e avevano preparato la tavola. Ma la cosa che ci sorprese di più, soprattutto Daniela, era la presenza di Alessandro, il suo ragazzo, che fino all’ultimo aveva detto di non poter venire perché era malato.
Daniela gli corse incontro e io ebbi il tempo di fare le mie considerazione sull’abbigliamento della fauna maschile.
Erano tutti vestiti bene. Antonio, il solito elegante, indossava dei pantaloni di Burberry, una camicia a righe molto semplice e raffinata e infine una sciarpa di seta beige.
Thomas portava una camicia simile a quella di Antonio con pantaloni neri, mentre Alessandro aveva una camicia bianca e dei jeans scuri con una cintura di Gucci.
Infine c’era Luca, che in quel momento guardava il soffitto con aria di indifferenza e appoggiato sul tavolo con un braccio. Indossava anche lui una camicia, ma a differenza degli altri era nera, mentre sotto aveva un paio di jeans che come al solito lasciavano “intravedere” i boxer, quelli rossi con lo squalo.
Guardandolo mi venne in mente che anche noi ragazze avevamo messo dei completi intimi rossi, d’altra parte era Capodanno!
Quando raggiunsi l’ultimo gradino mi diressi verso la cucina per preparare la cena, ma mi sentii prendere per un braccio e, voltandomi, vidi Luca.
“Stasera non cucini tu, te l’abbiamo risparmiato. Fra poco arriveranno le pizze per tutti”
Lo guardai a bocca aperta.
“Grazie io…Siete stati grandi stasera, tra i palloncini e le pizze…”
“Ehm, ehm” si intromise Thomas. “Le pizze va bene. Ma per i palloncini lasciamo stare! Fortuna che avevo una pompa per gonfiarli in macchina, perché questi due fancazzisti non hanno alzato un dito!” esclamò ridendo. Nonostante il discorso accusatorio rideva, per fortuna.
Io sorrisi e guardai male Luca e Antonio. Poi mi venne in mente una cosa.
“Ma scusate, come avete fatto a ordinare le pizze se non sapete i nostri gusti?”
“Beh per Claudia, Thomas lo sapeva. Per Daniela c’era Alessandro, e per te…Antonio lo sapeva” mi rispose Luca facendo spallucce.
‘Ah’ pensai. ‘Lo sapeva Antonio. Oddio Giulia chi se ne frega! È una pizza!’ continuavo a rimuginare, da stupida.
Un’ora dopo arrivarono le pizze, sette cartoni fumanti che odoravano di pomodoro caldo e gusti misti.
La mia era ovviamente al salame piccante, mentre quella di Daniela era con melanzane e ricotta. Ale, Claudia e Thomas avevano una margherita ciascuno e infine Antonio una quattro formaggi e Luca wurstel e patatine.
Mentre mangiavamo ci raccontavamo qualche barzelletta, progetti per il nuovo anno e situazioni scolastiche, per noi cinque che ancora andavamo a scuola. Thomas e Ale, lavorando, erano un po’ esclusi dal discorso e infatti ne parlammo per poco. Ma penso che avrei preferito parlare di scuola piuttosto che farmi rovinare la cena da un commentò poco opportuno.
“Giulia, Mirko l’hai più sentito?” mi chiese Ale mentre addentava un pezzo della sua pizza.
Io, per tutta risposta, presi il bicchiere colmo di birra e trangugiai l’intero contenuto in due soli sorsi e nel frattempo vidi Daniela dargli una gomitata piuttosto violenta nel fianco. Evitai di incrociare lo sguardo di Luca per il tempo che rimaneva alla fine del pasto, ma quando non guardava nella mia direzione, con la coda dell’occhio osservavo i suoi comportamenti: rideva, mangiava, beveva…come tutti gli altri. Ma non c’era ombra di dispiacere. Io mi ero sentita morire, avrei voluto scavarmi una fossa ed infilarmici e lui niente. Era davvero così poco interessato a me?
Più tardi, mettemmo un po’ di musica, senza preoccuparci del volume grazie al fatto di essere in una baita circondata da alberi e io mi versai un bel bicchiere di spumante.
“Festeggi in anticipo?” mi chiese Luca scherzoso spuntando dal nulla, e comparendo proprio nell’angolino dove mi ero rifugiata.
“No…mi faccio solo un bicchiere in più…”
“Con tutti gli alcolici che abbiamo preso c’è da far ubriacare un esercito” constatò sempre scherzoso. Gli sorrisi e sorseggiai lo spumante.
A mezzanotte meno cinque, uscimmo portando i bicchieri e lo champagne che avevamo comprato con una colletta degli ultimi soldi che ci rimanevano e quando udimmo degli scoppi e nel cielo osservammo i fuochi d’artificio che esplodevano in fantastici giochi di colore e di fantasia, alzammo i calici e bevemmo tutti.
Con la testa che sentivo ormai un pochino pesante abbracciai e baciai tutti sulle guancie, facendo gli auguri, nel mentre bevevo un lungo sorso di champagne tra una persona e l’altra.
Mezzora dopo ero davanti al tavolo, con un bicchiere di birra in mano e quando riaprii gli occhi dopo averli chiusi un secondo di più, mi appoggiai al tavolo per non cadere. La stanza aveva cominciato a girare e mi sentivo un sorriso idiota sulle labbra che non riuscivo a controllare.
Ero ubriaca, schifosamente ubriaca.
Mi guardai intorno e riuscii a rendermi conto che distinguevo ancora le persone, così andai alla ricerca, per quanto la mia mente e le mie gambe me lo permettessero, di qualcuno in particolare. Ricordo che era tra Antonio, Daniela e Alessandro e stavano ridendo, forse per l’alcool, o forse per qualcosa che li aveva fatti effettivamente ridere…non saprei. Ma io imperterrita continuai a camminare (suppongo in modo decisamente storto) e raggiunsi Luca.
Lo abbracciai, o meglio, mi lasciai andare tra le sue braccia e poi, dopo averlo guardato in faccia mi avvicinai ancora di più e lo baciai. Davanti a tutti.
Penso che se me lo avessero raccontato da sobria avrei detto che non era possibile una cosa del genere, io non avrei MAI fatto una cosa del genere. Eppure era proprio quello che stavo facendo.
Ero ubriaca d’accordo, ma il fatto è che lo stavo baciando, anche se, cosa ancora peggiore, lui non sembrava essere dispiaciuto dalla cosa, anzi ricambiava.
I ricordi di lì in poi sono vaghi,le uniche cose che mi vengono a mente sono che salimmo le scale poco dopo, dei vestiti per terra (i nostri!) e una bella sensazione di calore.

La mattina dopo mi svegliai con un mal di testa impressionante e, prima di aprire gli occhi, constatai che ero abbracciata ad un corpo nudo che mi abbracciava a sua volta.
Aprii gli occhi e vidi quel volto fin troppo familiare a pochi centimetri da me e per poco non urlai. ‘Sono andata a letto con Luca! Oddio, oddio, oddio!’ pensai ‘E gli altri ci avranno visto, oltre che sentito! O-mio-Dio!’.
“Mmm…Buongiorno” lo sentii bofonchiare. Io non gli risposi e mi rannicchiai sotto le coperte.
“Oh, che hai?” mi chiese.
“Sei nudo” risposi con la voce da bambina.
“Non sono il solo” scherzò.
Volevo piangere. Volevo disperatamente piangere e mi stavo trattenendo con tutte le mie forze.
“È successa quella…cosa?” gli domandai aprendo gli occhi a fatica e osservando una sua spalla per non guardarlo negli occhi.
“Guarda che non è mica una malattia. E comunque si, anche se non eravamo molto presenti mentalmente, né io, né soprattutto te”.
Vidi che stava per alzarsi, ma io gli presi un braccio fermandolo.
“No, non te ne andare per favore. Resta qui con me ancora cinque minuti”.
Luca annuì, tornando ad occupare la metà del letto che, in teoria, era per una sola persona.


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Stavolta ho aggiornato presto! Ringrazio Nells per il suo commento!
  
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